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di vittorio alfieri | 143 |
Necessità, che a render prode arriva
4 La stessa pavidissima colomba:1
Ecco al forte squillar, da un’ampia tomba2
Repente uscir la turba rediviva,
Che ben trenta e piú lustri ivi dormiva;3
8 E il suo libero dir già al ciel rimbomba.
Deh! se intera la Gallia, onde voi sete
Il nobil fior, pietade in sen vi desta;
11 Sommerse omai sian le discordie in Lete!
Popol, Patrizi, Sacerdoti,4 è questa
La via, per cui quel sacro allòr si miete
14 Che il ben d’ogni uom nel ben di tutti innesta.5
ODE.
I.6
All’armi all’armi, un generoso grido
Fa rintronar di Senna ambe le rive:
- ↑ 3-4. Similmente nel Capitolo allo Chénier, vv. 21 e segg.
- ↑ 5. Da un’ampia tomba, da’ suoi tuguri.
- ↑ 7. Dal 1614, anno del quale si erano per l’ultima volta riuniti gli Stati generali, al 1791, corsero precisamente 35 lustri, il che dà ragione dell’espressione dell’A.
- ↑ 12. Indica con queste parole i 3 stati.
- ↑ 13-14. Quella via per la quale, provvedendo al bene dell’uno, si provvede al bene di tutti.
- ↑ I. Tutte le strofe di questa canzone hanno il seg. schema: ABcABcADEeDFEFgHgH. Per comprendere il contenuto di questa strofa, è necessario ricordare in modo sommario i fatti che immediatamente precedettero la presa della Bastiglia: dinanzi al contegno assunto dai rappresentanti del terzo stato, che avevano con tanta energia e tanta fermezza sostenuti dinanzi alla Francia i loro diritti, la nobiltà aveva ceduto di mal animo e con la promessa che le adunanze dell’Assemblea Costituente sarebbero state di breve durata; la Corte viveva nella speranza che qualche cosa accadesse, per cui tutto andasse a rifascio, e intanto ne preparava se-
luglio 1789, alla distruzione di quella Bastiglia che era come il truce simbolo della tirannia feudale, l’A. danzò, scrive Gaetano Polidori (in Varietà stor. e lett. di Aless. d’Ancona, art. cit.) sui ruderi della fortezza smantellata, e dal 17 al 21 luglio scrisse la surriferita canzone. La quale, se non ha grandi pregi di forma e spesso procede stentata e contorta, è pur notevole nella storia della poesia italiana, notevolissima per chi vuol rendersi conto delle variazioni alle quali andò, nel corso della sua vita, soggetto il pensiero del nostro poeta. Anzi, per meglio vedere quale enorme divario passi tra l’A. del 1789 e l’A. degli ultimi anni, possono utilmente leggersi quelle pagine del Misogallo, ove vengono narrati i fatti stessi a cui si accenna in quest’ode, e nelle quali vengono gratificati coi nomi di «canaglia, gente degna di frusta e di forca» quei medesimi che nelle strofe di quest’ode vengono esaltati come «di poema dignissimi e d’istoria». L’ode su Parigi sbastigliato (cosí scrive sempre l’A.) vide la prima volta la luce nel 1789, a Parigi, con i caratteri del Didot in un sol volume col Panegirico di Plinio a Traiano, la cui ristampa giungeva opportuna in quel memorabile anno.
1. Questo sonetto fu composto alquanto prima della canzone, il 18 di maggio dell’89, il che vuol dire che non ne porse occasione la presa della Bastiglia, ma la convocazione degli Stati generali, invitati a riunirsi la prima volta, come si è detto, il 5 di maggio.