Capitolo 3

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§ 3.

Passiamo ora a considerare simultaneamente due coniche, l’una inscritta, l’altra circoscritta al triangolo fondamentale.

Rappresenteremo coll’equazione

(1)


la tangente variabile della prima conica, conica che può essere una qualunque, fra le inscritte, per la presenza delle arbitrarie a, b, c; e coll’equazione

(2)

[p. 16 modifica]il punto variabile della seconda conica, conica che può anch’essa essere una qualunque, fra le circoscritte, per la presenza delle nuove costanti A, B, C.

L’equazione

(3) .


esprime manifestamente la condizione perchè la tangente della prima conica passi per il punto della seconda. In virtù di quest’equazione ad ogni valore di corrispondono due valori di , individuanti i punti d’intersezione della retta colla conica circoscritta, e, reciprocamente, ad ogni valore di corrispondono due valori di , individuanti le due tangenti che dal punto si possono condurre alla conica inscritta. Ciò posto consideriamo l’equazione

(4) ,


dove k è una costante arbitraria e x un nuovo parametro. Designando con , , le tre radici, che per ora supponiamo diseguali, di quest’equazione, sostituendole nell’equazione medesima, ed eliminando k colla sottrazione, si ottengono tre equazioni del tipo

(5)


delle quali una qualunque è conseguenza necessaria delle altre due. Queste equazioni esprimono proprietà delle terne di radici , , indipendenti da ogni valore particolare di k. Dando a k tutti i valori possibili, si ha una serie infinita di terne formate di valori generalmente distinti, e nelle quali una qualunque delle radici, per esempio x_1, può prendere ogni valore possibile: infatti ponendo nell’equazione (4) si ottiene sempre per k un valore individuato. Ma, fissata , le altre due radici associate , e , restano determinate dall’equazione di 2° grado in x

(5)’ .
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Consideriamo ora una di queste terne, e sia ; poscia poniamo

, ,
, , .

La terna di valori di determina i tre lati di un triangolo circoscritto alla prima conica, e la terna corrispondente , formata di valori numericamente eguali, determina parimente i tre vertici d’un triangolo inscritto alla seconda. Ma poichè si ha, in base alle equazioni del tipo (5),

,


,


è chiaro, avuto riguardo al significato geometrico della relazione (3), che il lato , del primo triangolo contiene i vertici e , del secondo. E poichè ciò vale anche per gli altri lati e vertici, se ne conclude che i due triangoli , non ne formano che un solo, simultaneamente circoscritto alla prima ed inscritto alla seconda conica. I valori eguali di e , cioè , , corrispondono a lati ed a vertici rispettivamente opposti di quest’unico triangolo. Siccome poi, variando k, , può assumere, come si disse, ogni valore possibile, ne segue che ogni tangente della prima conica può essere lato di un tal triangolo, come ogni punto della seconda può essere vertice d’un altro di tali triangoli. In altre parole: facendo variare con continuità nell’equazione (4), si determina un triangolo che varia con continuità restando sempre circoscritto alla prima ed inscritto nella seconda conica1. [p. 18 modifica]

Di quì risulta che se due coniche ammettono un triangolo inscritto nell’una e circoscritto all’altra, qual’è per le nostre due coniche il triangolo fondamentale, essendo del resto arbitrarie, esse ammettono necessariamente una serie infinita e continua di tali triangoli, talchè ogni punto della conica circoscritta può diventar vertice, come ogni tangente della inscritta può diventar lato d’uno di tali triangoli. E poichè è d’altronde evidente che, per due coniche assolutamente arbitrarie, non può un punto scelto a caso sull’una essere vertice di un triangolo inscritto ad essa e circoscritto all’altra, segue senz’altro la verità del teorema di Poncelet che due coniche in un piano o non ammettono alcun triangolo inscritto all’una e circoscritto all’altra, o ne ammettono una serie infinita e continua.

Resta da considerare il caso, lasciato finora in disparte, che l’equazione (4) abbia due radici eguali, caso che interviene sempre, per certi valori particolari di k. Per discutere questo caso, osserviamo anzitutto che se , , sono le tre radici diseguali corrispondenti ad un valore arbitrario di k, si ha dal Lemma (I)

,
,
.


Quindi se, per un valor particolare di k, le due radici e diventano eguali fra loro, designando con il loro valor comune, si ha

(6)
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Da queste formole, in virtù del Lemma (III), si traggono le equazioni seguenti:

,
,


la prima delle quali non è altro che la derivata della (4) rispetto a x postovi , e fornisce quattro valori di che son quelli delle radici doppie possibili, corrispondenti ad altrettanti valori di k che si ottengono sostituendo i primi nell’equazione (4) al posto di x. La terza equazione, che è lineare rispetto a , (in virtù della prima), fornisce il valore della radice semplice associata a ciascuna radice doppia. La seconda e terza equazione poi, insieme prese, esprimono il carattere peculiare dei triangoli corrispondenti alle quattro terne comprendenti una radice doppia. Se si pone infatti

, ,
, ,


le dette due equazioni si possono scrivere così:

,


;


oppure così:


.


Sotto la prima forma le due equazioni esprimono che il lato , contiene il punto ed il punto contiguo; sotto la seconda, che il punto , [p. 20 modifica]è contenuto nella tangente e nella tangente contigua. Dunque il lato è una tangente comune alle due coniche ed il vertice opposto è un punto comune ad esse medesime; il lato è la tangente della prima conica in uno dei punti comuni ad essa ed alla seconda, ed il vertice è il punto di contatto della seconda conica con una delle tangenti comuni ad essa ed alla prima.

In base a ciò, ecco com’è costituito ciascuno dei quattro triangoli singolari che corrispondono ai quattro valori di k: Il vertice , è uno dei punti comuni alle due coniche, e i due lati concorrenti in esso coincidono colla tangente alla prima conica in quel punto; questi due lati coincidenti incontrano di nuovo la seconda conica nei due punti , che coincidono nel punto in cui la seconda conica è toccata dalla tangente , comune ad essa ed alla prima: questa tangente funge da terzo lato del triangolo, cioè da lato opposto al vertice punto comune alle due coniche.

Di quì risulta manifestamente questo teorema: Quando due coniche ammettono un triangolo circoscritto alla prima ed inscritto alla seconda, le tangenti della prima conica, nei punti comuni ad essa ed alla seconda, incontrano di nuovo la seconda conica nei punti di contatto di questa colle tangenti comuni ad essa ed alla prima conica. Al qual teorema si può aggiungere quest’altro: Se, date due coniche in un piano, la tangente alla prima, in uno dei quattro punti comuni, incontra di nuovo la seconda conica in uno dei quattro punti di contatto colle tangenti comuni, la proprietà medesima ha luogo per le tangenti negli altri tre punti comuni, e le due coniche ammettono una serie infinita e continua di triangoli simultaneamente circoscritti alla prima ed inscritti alla seconda conica.

Non ci occuperemo del caso che l’equazione (4) ammetta radice tripla, caso che in generale non può verificarsi. Infatti, ponendo nelle formole (6) ed eliminando questo valor comune delle radici si trova

,


relazione fra i coefficienti delle due equazioni (1) (2) che non è generalmente soddisfatta. Questa relazione esprime la condizione del contatto fra le due coniche. È una circostanza interessante, sulla quale tuttavia non intendiamo di trattenerci. [p. 21 modifica]

Osserviamo, per ultimo, che se si designano con , , le tre radici dell’equazione (4) per un valore individuato, , di k, e se per un momento si pone

,


la suddetta equazione (4) può scriversi così

.


Dunque, in virtù del teorema dimostrato nel § precedente, la conica rappresentata dall’equazione

(7)


è conjugata con tutti i triangoli simultaneamente inscritti e circoscritti alle due coniche considerate in questo §. Ma, per ipotesi, si ha identicamente

,


epperò

.


Inoltre si è già trovato nel § precedente,

, , .


Sostituendo questi valori nell’equazione (7), si riconosce subito che la conica conjugata con tutti i triangoli inscritti e circoscritti è quella rappresentata dall’equazione semplicissima

(7)’ .

Note

  1. Qui non facciamo distinzione fra valori reali e valori complessi dei parametri. È chiaro che i triangoli reali possono corrispondere ad una parte soltanto del campo di variabilità dei parametri, e possono anche mancare del tutto. Ma la questione della realità dei triangoli non ha a che vedere con quella della loro possibilità astratta, che è la sola di cui quì ci occupiamo.