Ricerche di geometria analitica/Introduzione

Introduzione

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Ricerche di geometria analitica 01

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Dedico queste Ricerche alla memoria del mio compianto collega ed amico Domenico Chelini, non perchè l’importanza degli argomenti trattati, o la novità dei metodi e dei risultati, siano pari al merito eminente di quell’egregio Geometra, ma perchè esse mi pajon tali che a Lui, zelantissimo in escogitare e diffondere metodi agevoli ed intuitivi per lo studio delle scienze matematiche, sarebbero forse riuscite accette come contributo, modestissimo invero, al più facile studio di una dottrina che gli era cara, voglio dire della Geometria analitica.

Nè questa è la sola giustificazione ch’io possa addurre dell’aver posto il nome rispettato del Chelini in fronte a queste pagine. Nel corso delle presenti Ricerche ho avuto più volte occasione d’invocare, con vantaggio di speditezza e di eleganza, un principio algebrico che accennerò fra un momento, e che è stato da Lui per la prima volta introdotto in Geometria analitica: dove adesso è usato da tutti, senza che la sua apparente naturalezza tolga punto di merito a chi se ne seppe primamente giovare.

Aggiungerò infine che alcune delle considerazioni svolte in questo scritto hanno stretta connessione con quelle d’un mio breve articolo del 18711, del quale il Chelini ebbe già la benevolenza d’occu[p. 4 modifica]parsi nella sua Memoria Sopra alcuni punti notabili nella teoria elementare dei tetraedri e delle coniche2.

Il principio algebrico cui ho fatto allusione dianzi, e che fu dal Chelini adoperato in una sua Memoria del 1849 per la deduzione delle formole relative alle coordinate ellittiche3, sarebbe suscettibile d’essere formulato con una grande generalità. Ma, per non andar troppo lontano dal campo delle applicazioni che se ne debbono far quì, si può enunciarlo nei termini seguenti:

Abbiasi un’equazione della forma

,


dove ed sono quantità indipendenti da (le ultime n tutte diverse fra loro), m è un numero intero e positivo e sono funzioni intere di , che supporremo prime fra loro, e tali inoltre che per non sia divisibile per . Posto

,


e moltiplicata tutta l’equazione per , essa non conterrà più che potenze intere di e, se si designa con p la più alta di queste potenze e con le radici dell’equazione stessa, si avrà l’identità

,


dove M è un fattore indipendente da e diverso da zero. Facendo in quest’identità , si ottiene

,

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donde

(I)

.


Il principio, o lemma algebrico, del quale si tratta consiste semplicemente nel passaggio dalla primitiva equazione in a queste ultime formole. La necessità di tale passaggio si presenta molto spesso nel corso delle seguenti Ricerche.

Occorrerà eziandio ricorrere sovente alla nota formola per lo spezzamento delle frazioni razionali (nel caso più semplice delle radici tutte diseguali)

(II) ,


dove è la stessa funzione di pocanzi e è una funzione intera del grado al più. E parimenti occorrerà ricordare spessissimo quest’altra formola nota, conseguenza della precedente (anzi non diversa sostanzialmente da essa)

(III) ,


dove è una funzione intera di del grado al più. Ambedue queste formole potrebbero essere ricavate, come corollarii, dal Lemma (I): ma esse sono così generalmente note che sarebbe inutile, od almeno fuori di luogo, il far quì una digressione in proposito.

Quanto all’indole ed allo scopo delle presenti Ricerche, facili e piane tanto per l’argomento quanto pei metodi, dirò ch’esse s’aggirano principalmente sulle linee razionali, piane e gobbe, e sono fondate quasi interamente sull’uso di certe forme d’equazioni, locali o tangenziali, assunte a rappresentare l’elemento variabile che si considera come generatore della linea stessa. I primi cinque §§ sono relativi alla teoria delle coniche. I §§ 6° e 7° mostrano la possibilità e la convenienza, di trattare, con analoghi procedimenti, le curve piane razionali d’or[p. 6 modifica]dine o classe qualunque. Il § 8° tratta delle curve piane generali di 3° ordine, e mostra che le formole quì adoperate, benchè più specialmente idonee allo studio dei luoghi razionali, possono nondimeno recare vantaggio anche nella teoria generale delle curve. I §§ 9° e 10° sono consacrati alle cubiche gobbe. Il § 11° tratta delle curve gobbe razionali in genere, con più particolare riguardo alla linea di 4° ordine e di 2a specie . Il § 12° ed ultimo tratta della superficie di Steiner, come saggio d’applicazione dei metodi adoperati nei §§ precedenti a luoghi geometrici generati da un elemento doppiamente variabile.

Il principio di dualità è perfettamente applicabile in ogni parte di queste Ricerche; talchè, meno qualche esempio datone in casi semplici, ho quasi sempre ommesso di svolgere i due aspetti di ciascuna questione, per non ripetere inutilmente parole e formole.

Mio unico scopo, nel redigere questo lavoro, fu di esporre un sistema di equazioni e di procedimenti, fondato sulla più elementare analisi algebrica, ma non indegno d’attenzione, a quanto mi pare, per la molteplicità degli usi e, direi quasi, per la non comune sua flessibilità. Certo non mancano esempii già noti di procedimenti siffatti: io stesso ne ho svolto uno fin dal 1868, attingendolo nella teoria delle cubiche gobbe4. Ma forse non è stato ancora esplicitamente osservato che il campo della loro applicazione è molto più vasto di quello che sembri a prima giunta. Sarei ben lieto se qualche giovane geometra riuscisse, con nuove applicazioni, a mostrare, meglio che non abbia saputo far io, l’utilità dei metodi che ora procedo senz’altro ad esporre.

Note

  1. Giornale di Battaglini, t . IX, p. 341.
  2. Memorie dell’Accademia di Bologna, T. V della Serie III (1874).
  3. Sull’uso sistematico dei principii relativi al metodo delle coordinate rettilinee. Nella Raccolta scientifica di Roma (Agosto e Novembre 1849).
  4. Atti del R. Istituto Lombardo.