Reina d'Oriente/Cantare primo

Cantare primo

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Reina d'Oriente Secondo cantare

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PRIMO CANTARE
1
Superna Maiestá, da cui procede
ciò che nel mondo dá ogni sustanza.
e sei cortese a chiunque ti chiede
divotamente con fede e speranza;
umilemente ti chieggio mercede
che doni grazia a me, pien d’ignoranza,
ch’io rimi si la presente leggenda,
che tutta gente diletto ne prenda.
2
Avendomi io, signor, posto nel core
di non perder piú tempo a far cantare,
un libro, che mi par degli altri il fiore,
cosi leggendo mi fe’ innamorare.
Poi che rimato l’ho per vostro onore,
pregovi che vi piaccia d’ascoltare,
però ch’io credo che a la vostra vita
si bella istoria non avete udita.
3
Trovo che la reina d’Oriente
fu senza pari al mondo di sapere,
e non fu mai da Levante al Ponente
donna che fusse di si gran podere.
E1 suo marito era vecchio e da niente,
ond’ella si facea molto temere:
era giovane e bella oltra misura,
piú ch’a quel tempo fosse creatura.

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4
Questa reina di grande eccellenzia
era devota ed amica di Dio,
vivea casta e facea penitenzia
secretamente e senza nessun rio,
e digiunava con gran riverenzia,
perché del paradiso avie disio.
Ma, se al mondo avea alcun diletto,
costei li volea tutti al suo cospetto,
5
siccome s’eran canti di vantaggio
ed istormenti d’ogni condizione,
con cento damigelle d’un paraggio,
cantavan e suonavan per ragione.
EH’eran tanto belle nel visaggio,
che agnoli parean piú che persone.
Questo facevan quand’ella mangiava,
quando dormia e quando si levava.
6
Per guardia avea l’altissima reina
mille buon cavalier pien d’ardimento,
e mille turchi, gente palladina,
ch’eran piú neri che carbone spento.
Con questa forza e con la sua dottrina,
facea si grande e giusto reggimento,
che simil noi fe’ mai signor né dama,
si che per tutto ’l mondo avea gran fama.
7
Quando lo ’mperador di Roma intese
le sue bellezze e ’l senno, eh’avea tanto,
subitamente del suo amor s’accese,
e pensò d’accusarla al Padre santo,
acciò che a Roma andasse a far difese
per ubbidienza del papale ammanto,
dicendo: — S’ella viene in mia balia,
quel ch’io vorrò pur converrá che sia. —

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8
E disse al papa: — In cotal parte regna
una che fa del mondo paradiso;
e, fòr di questa, ogni altra vita sdegna,
mondan diletti vuol per non diviso.
Se questo è vero, ella è di morte degna,
e tutto ’l suo reame esser conquiso:
però richieder la fate in persona
che vegna inanzi a voi, Santa Corona. —
9
E ’l papa fu con tutti i cardinali,
e comandò che ella fusse richesta:
che comparisse in cento di, fra’ quali
fatta avesse sua scusa manifesta,
gravandola con scritte e con segnali,
acciò che del venir fusse piú presta:
che, a pena del fuoco, si movesse,
come ’l suggel papal veduto avesse.
10
E ’l messo cavalcò tanto che puose
a la reina in man quella ambasciata.
Ella la lesse, e poi si gli rispuose:
— La tua richesta fia ben osservata,
però che sopra tutte l’altre cose
ho disiato di far questa andata,
per veder Roma e le reliquie sante,
e baciar dove il papa pon le piante. —
11
Quando si parti ’l messo, un palafreno
donar gli fece con cento once d’oro;
ed ei, contento piú ch’altr’uom terreno,
al papa ritornò senza dimoro,
e raccontò dello stato sereno
de la reina e del suo gran tesoro,
e la risposta ched ella avea fatta.
E ’l papa disse: — Questa non è matta. —

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12
Lo ’mperadore, ch’avea gran vaghezza
d’udir parlar di lei, mandò pel messo,
e domandolli della sua bellezza.
Rispuose il saggio messaggiere ad esso:
— Non domandate della sua adornezza,
ché non è lingua che ’l dicesse a presso:
di nobil baronaggio e dell’avere
non ha nel mondo pari, al mio parere. —
13
Quando egli udiva sua biltá contare,
gli crescea voglia di vederla al core,
e spesso andava al papa a ricordare
che li facesse il termine minore.
— E s’ella vien, faretela scusare;
se non ha colpa, faccialesi onore;
ché molti giá son stati accagionati,
che sanza colpa si son poi trovati. —
14
Il papa, udendo li suoi prieghi adorni,
fèlli un comandamento via piú forte
che comparisse: infra cinquanta giorni,
a pena della vita, fosse a corte;
e, se piú tempo vien ch’ella soggiorni,
fará bandir lo stuol per darli morte.
Ond’ella, udendo ciò, per ubbidire,
molta sua gente a sé fece venire,
15
fra’ quali aveva principi e marchesi,
duchi, conti, baroni e castellani,
cavalieri, mercatanti e borghesi,
ed altri gentiluomini cattani ;
donne e donzelle, che di lor paesi
il signoraggio avean traile lor mani,
vedove donne, rimase contesse,
ed altre marchisiane e principesse.

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16
E, ragunato ch’ebbe il parlamento,
l’alta reina in piè fússi levata,
e lesse, dopo il bel proponimento,
la lettera che ’l papa avea mandata.
Poi lesse l’altro gran comandamento
che in breve tempo fosse apparecchiata
dicendo: — Consigliate che vi pare, —
E dopo lei un conte andò a parlare,
17
e disse: — Alta reina, perch’io sono
un de’ minor del vostro baronaggio,
duomila cavalier profero e dono
per la difesa di cotanto oltraggio.
Ma, s’io fallasse, chieggiovi perdono:
lasciate fare a noi questo viaggio,
e voi vi state con diletto e gioia.
Chi contro a ciò vuol dir, dico che muoia. —
18
Disse un marchese, che si levò poi :
— Per Dio non si sostenga tal vergogna !
10 vi vo’ dar, per difesa di voi,
tremila cavalier senza menzogna.
Dama, lasciate far la scusa a noi :
le spade acconceran ciò che bisogna. —
Quand’ebbe detto, scese il parlatore.
E montò suso un grande barbasore,
19
il quale stava al fine d’Oriente,
campion de’ner gioganti, s’io non erroi
e disse: — Io vi darò della mia gente
duomila turchi con baston di ferro,
e vo’ morir con tutti lor presente,
se dieci tanti di lor non disserro. —
E dopo costui molti altri baroni
11 proferian cavalieri e pedoni.

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20
Ed ella ringraziò in lor presenza,
baroni e donne col viso giocondo,
dicendo: — Poi ch’io so la vostra intenza
lo ’ntendimento mio non vi nascondo,
lo son pur ferma di far l’ubbidienza
del papa, che è vicario di Dio al mondo:
però mi date quella compagnia,
che a voi par ch’onorevole mi sia. —
21
La gente sua, vedendola si magna,
l’un piú che l’altro andava volentieri,
ma della sua partenza ognun si lagna.
Piangon le donne, baroni e scudieri.
E ordinaron che avesse in sua compagna
ad elmo diecimilia cavalieri,
che la metá di lor fosson gioganti
dell’Oriente, neri tutti quanti.
22
L’alta reina si levò e disse:
— Grazia ne rendo alla vostra bontade: —
poi comandò che, infin ch’ella redisse,
stessono in pace ed in tranquillitade.
Appresso comandò che si partisse
ciascuno e ritornasse in sue contrade;
si che si dipartiron lacrimando,
e la reina si venne acconciando.
23
Io vo’, signor, che voi siate avvisati
che quella donna di sua terra mosse
con diecemila cavalieri armati,
che per tre tanti non temean percosse,
di pedon sanza numero pregiati
menò con seco molte schiere grosse,
mille dottor con batoli di vaio,
vestiti d’un color allegro e gaio.

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24
Appresso si menò mille donzelle,
di seta d’un color tutte vestite,
di musica maestre e tanto belle,
ch’allor parean del paradiso uscite;
e mille donne per guardia di quelle,
da cui la notte e ’1 di eran servite;
e mille carra coverte a scarlatto,
ch’andavano, a lor modo, piano e ratto.
Li carri, ch’io vi dico, eran tirati
ciascun da due destrieri ambianti e forti ;
per due maestri turchi eran guidati,
attenti a’loro uffici e bene accorti;
presso alla donna andavano ordinati
con canti e suon perch’ella si conforti;
sopra ogni carro aveva la bandiera,
lá dove Tarme di quella donna era.
26
Appresso un carro v’era d’oro fino,
tratto da dieci grossi palafreni,
lattati e bianchi quanto Termelino,
e d’oro aveano tutti quanti i freni ;
sopra ciascuno avea un saracino,
perché soavemente il carro meni,
il qual di perle e gemme avea cortina,
e dentro si posava la reina.
27
Or chi potrebbe raccontar le some
de’ muli a campanelle d’ariento,
che ben valeano piú di sette Rome?
Del trionfante e magno fornimento
se avete voglia di sapere il come,
io vel dirò, per far ognun contento,
com’ella potea far piú ch’io non dico,
se vero è ciò che conta il libro antico.

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28
Per lo reame suo correva un fiume
ch’uscia del paradiso deliziano,
e pietre preziose per costume
menava, ed oro ed ariento sovrano.
Non era fiumicel, ma di vilume,
per la larghezza un miglio intero e sano,
e per lunghezza tenea trenta miglia:
se questo è ver, quel non è maraviglia.
29
E, quando a Roma giunse quella donna,
che mille turchi menava d’intorno,
e sopra al capo, in sur una colonna,
aveva uno istendardo molto adorno,
veracemente ben parea madonna
di ciò che ’n questa vita fa soggiorno;
e tutta Roma correva a furore
dicendo: — Chi sará questo signore? —
30
Quando la gente la donna vedia
piú rilucente che non è il cristallo,
e riguardò la sua gran baronia,
ch’eran con lei a piede ed a cavallo,
e le donzelle, che venian per via,
agnoli le credeano sanza fallo;
diceva l’uno a l’altro de’romani:
— Di vero quelli non son corpi umani ! —
31
E, dismontata al palagio papale,
l’alta reina, siccome saputa,
mille turchi menò su per le scale,
ché a torto non volia esser tenuta:
e, quando vide il papa naturale,
con riverenzia lo inchina e saluta;
poi disse in ginocchion con umiltade:
— Che mi comanda Vostra Santitade? —

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32
Il papa disse: — Tu mi se’ accusata
di questo mondo paradiso fai,
e l’altra vita in tutto hai disprezzata
e ne’ mondan diletti sempre stai. —
Ed ella disse: — Io sono accagionata,
Padre, di cosa che ma’ non pensai,
ch’io credo in Dio e vita eterna spero:
chi altro dice non vi porge il vero.
33
Diletto prendo per considerare
l’eternai vita che mai non ha fine,
e penso, udendo mie dame cantare,
che debbian esser le voci divine!
E, disiando udirle, star mi pare
in questo mondo tra pungenti spine.
Di questa vita non curo una fronda;
ma, sperando aver l’altra, sto gioconda. —
34
Appresso disse: — Acciò ch’io non v’inganni,
fate cessar tutta la gente vostra. —
Quando con lui fu sola, alza li panni,
una camicia di setole mostra,
e dice: — Padre santo, quindici anni
fatto ho con questa col Nimico giostra. —
Poi mostrò un ferro in sulle carni cinto;
laonde il papa disse: — Tu m’hai vinto. —
35
Levossi ritto e presela per mano,
dicendo: — Donna santa, grazia chiedi; —
ed ella, lagrimando umile e piano,
disse: — Per quello Iddio a cui mi diedi,
vi priego, Padre mio, Pastor sovrano,
che m’assolviate innanzi a’ vostri piedi. —
E poi che l’ebbe di tal voglia sazia,
ed ella disse: — Io voglio un’altra grazia.

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36
Voglio, Santa Corona, che vi piaccia
di pregare il Signor che mi conceda,
eh’un figliuolo col mio marito faccia,
che del tesoro mio rimagna reda. —
Il Padre santo disse: — Va’, procaccia,
ché ’l ventre tuo avrá di corto preda. —
Ed ella se ne andò con gran letizia
ad albergo, al Castel della milizia.
37
Quando l’imperadore ebbe spiato
ch’eil’era sciolta sanza suo pregare,
subitamente a cavai fu montato
ed all’albergo l’andò a visitare.
E la reina l’ebbe ringraziato,
ed e’ si parte sanza dimorare,
e manda alle milizie pel maestro
de’ cavalier, sempre alla guardia presto.
38
E disseli:—Tu hai molto fallito,
che la reina ha’ messa in tal fortezza;
ma guarda pur che tu non sie tradito,
ch’ella vuol prender la romana altezza;
ché seco ha gente per cotal partito
la piú fiorita che sia di prodezza,
e Roma vuol, per aver lo papato
e per signoreggiare lo ’mperiato. —
39
Disse il maestro: — Tal cosa m’è nuova.
Ma non temete per cotal cagione;
ché, se di ciò si metterá alla prova,
farò sonare ad arme lo squillone.
Quando suona al bisogno, si ritrova
trenta milizie d’uomini in arcione,
e cento legion di popol franco,
che a sua difesa non si vede stanco.

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40
Le milizie sapete sono tante,
centosessanta con mille ducento,
e le legion di populi altrettanto,
si che saria si grande assembramento,
che, se costei n’avesse sei cotanto,
di sua venuta arebbe pentimento.
Ma priego voi che, a si fatto periglio,
mi diate il vostro discreto consiglio. —
41
Ed e’ rispose: — Fa’ che a’ suoi cavagli
sien tolti tutti e’ freni e’ loro arnesi.
Appresso, lo squillon fa’ che battagli,
e’ traditori saran morti e presi. —
Disse il maestro: — Io temo non v’abbagli
altro pensier che sopra a ciò vi pesi:
che vogli alquanto procurar sua vista,
ché mal per voi, se tal briga s’acquista! —
42
Mentre che ’l maestro tai parole dice,
a quello ’inperador venne un presente,
un altro alla sua madre imperadrice
da parte della donna d’Oriente.
Quel de lo ’mperador fu si felice,
eh’una cittá valeva certamente;
onde e’ disse: — Piú son che ’n prima preso. —
Quel maestro di botto l’ebbe inteso,
43
e disse: — Se di donna si gentile
amor v’ha preso, non so ch’io mi dica,
ch’io non ne vidi mai una simile,
con tanti buon costumi si nutrica.
Se di lei volete esser signorile,
la ’mperadrice vi fia buona amica:
manilestate a lei vostro talento,
ed ella vi fará di lei contento. —

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44
Lo ’mperador. per seguitar sua voglia,
a la sua madre il fatto ebbe contato,
dicendo: — Madre, io mi moro di doglia
per la reina, che m’ha inamorato.
Se le potessi far passar la soglia
d’esto palagio, ben saria sanato. —
Ed ella, udendo allora il suo volere,
disse: — Io anderò per lei, e non temere. —
45
E l’altro di in persona andò per lei:
e settanta reine menò seco,
e ringraziolla. Poi disse: — Io vorrei
nel mio palagio alquanto esser con tcco:
non mel disdir, eh’ io non mi partirci
se ’n prima mossa non fussi con meco. —
E la reina sospettò nel core;
ma pur disse: — Io verrò per vostro amore.
46
Poi ordinò che mille turchi armati
la seguissen vestiti come donne;
alli altri disse: — State apparecchiati
a seguitarmi, se bisogno avronne; —
e molto ammaestròe turchi velati,
e poi con quella ’mperadrice andonne,
e portò sotto una spada forbita,
che a qualunque feria, toglie la vita.
47
E, giungendo al palagio imperiale,
lo ’mperador incontro se li fece,
e per man prese la donna reale,
che di color nel viso si disfece.
La ’mperadrice, ch’era accorta al male,
menolla dentro, dove piú le lece;
e poi disse al figlio!: — Fa’ciò che dèi; —
e volle serrar dentro lui e lei.

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48
E quelle donne turchíe non lascierò
serrar la porta, ch’èrno ammaestrate:
apresso loro stavano a riparo,
e preso avean prima tutte l’entrate.
I baron del signor allora andáro,
e ispinsono le donne piú fiate,
ma no’che le smagliassi d’in sull’uscio,
ch’a petto loro non valeano un guscio.
49
Disse lo imperador: — Tre donne quinci
non potrete cacciar, tristi baroni!
Non fia nessun di voi che incominci
a dar lor delle pugna e de’bastoni? —
Allor vi trasser gli scudieri e i princi,
dando e togliendo su per li gropponi:
correndo la reina a tale offesa,
e quella ’mperadrice l’ebba presa.
50
E la reina in su quella fu presta,
e mise mano a la spada attoscata,
e die’ alla ’mperadrice in sulla testa
tal colpo, ch’ella cadde stramazzata.
Nel secondo cantar si manifesta
come vi fu battaglia ismisurata,
e chi ne scampò allora in su quel tratto.
Antonio Pucci al vostro onor l’ha fatto.