Prediche volgari/Vita di San Bernardino

Vespasiano da Bisticci

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Introduzione Prologo

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VITA DI SAN BERNARDINO

SCRITTA

DA VESPASIANO DA BISTICCI


Santo Bernardino nacque a Massa d’onestissimi parenti. In età d’anni dieci il padre lo mandò a stare in Siena, e cominciò a imparare grammatica. Parve a’ parenti sua, che desse opera a ragione canonica, nella quale istudiò anni tre. Ora, avendo istudiato questo tempo, gli pareva perderlo, perchè questa scienza non gli piaceva, volendo andare donde ella aveva origine, ch’era la teologia, sendo più necessaria alla salute sua; e per questo il dì e la notte non attendeva ad altro, come quello per lo quale mezzo l’onnipotente Iddio voleva istirpare molti peccati del mondo. Era di natura umanissimo, e ne’ poveri liberalissimo, e agl’infermi sovveniva in ogni loro bisogno. Avendo fatto questo abito, e conoscendo le fallacie e le insidie del mondo, ogni dì più gli veniva in odio la vita de’ secolari, parendogli per quella vita difficile potere venire alla via della salute, conoscendo i secolari essere in uno mare pieno di naufragi; e seco [p. xx modifica] medesimo pensando, dubitava assai della morte seconda, cioè della morte eterna. Istando a questo modo più anni, venne in sè medesimo in grande timore, e rivoltandosi queste cose più volte per l’animo suo, venne in tanto dispregio e delle pompe e de’ fastidi del mondo, che si gittò drieto alle spalle ogni cosa, e cominciò seco medesimo a pensare di volgersi alla vita religiosa, la quale era la vera vita. Volsesi a pigliare una delle dua religioni, o santo Francesco o santo Domenico. Avendo fatto questo proposito in età d’anni ventidua, vendè tutto quello ch’egli aveva, per ispiccarsi in tutto dal mondo, e ogni cosa dette per Dio, ch’erano assai buone sustanze.

Avendo esaminato più volte seco medesimo di pigliare uno de’ dua Ordini, come è detto, in fine si volse all’Ordine di santo Francesco; ed entratovi, cominciò in tutto a darsi di farsi perfetto nella vita ispiritule, e in quella fermare l’abito. E parendogli la via delle predicazioni via di grandissima salute, si volse a quella; nella quale predicazione era cosa mirabile quanto egli vi s’accomodò e colla voce e co’ modi e con la mirabile detestazione de’ vizi ed esortazioni alle virtù; e vi durò lunghissimo tempo. Non s’è trovato uno in che abbino concorso tante parti, quante in lui. Parve che questa singulare dota non solo l’avesse dalla natura, ma egli parve che l’onnipotente Iddio glie l’avesse data singularmente, e tutti questi doni e dell’anima e del corpo. Aveva una universale perizia d’ogni cosa; e questo ufficio della predicazione, come innanzi abbiamo detto, lo faceva maravigliosamente; nella quale illuminò tutto il mondo, che in questo tempo era acciecato e ottenebrato, e massime l’Italia, ch’era piena di queste tenebre, e aveva lasciata ogni norma di buoni costumi, e non era [p. xxi modifica] più chi conoscesse Iddio; tanto erano sommersi e sepulti ne’ maladetti e abomineboli vizi nefandi! Gli avevano in modo messi in uso, che non temevano nè Iddio nè l’onore del mondo. Maladetta cecità! In tanto eccesso era venuto ogni cosa, che gli scellerati ed enormi vizi non era più chi gli stimasse, per lo maledetto uso che n’avevano fatto.

Era ne’ sua tempi, che in una città d’Italia era in modo moltiplicato ogni vizio, che andavano infino al cielo, e massime il maladetto e abominando e detestando peccato della sodomia. Erano in modo stracorsi in questa cecità, che bisognava che l’onnipotente Iddio facesse un’altra volta piovere dal cielo zolfo e fuoco, come egli fece a Sodoma e Gomorra.1 Santo Bernardino veduto questo eccesso sì grande, cominciò colle sua prediche a detestare e maledire gli operatori di tanta iniquità, e con maledizioni e terribili esclamazioni nelle sua prediche, fece in modo, ch’egli spense tanto vituperio quant’era in quella città; e fece loro venire in orrore e detestazione questo maladetto e abominato peccato, e non solo quello, ma tutte le specie de’ vizi; ed ebbono tanta forza le sua parole, che purgò non solo quella terra, ma tutta Italia da ogni iniquità, che n’era tutta piena. E partitosi di quella città, ne venne in più città e castella d’Italia. Venendo a Firenze, la trovò molto corrotta ne’ vizi; attese a fare come aveva fatto negli altri luoghi, ch’era detestargli e dannargli; di natura che, sendo i Fiorentini assai bene disposti alla via della verità, dannando ogni vizio nella sua natura, condusse in modo questa città, ch’egli la mutò, e félla, si può [p. xxii modifica] dire, rinascere. E per levare via i capegli alle donne, che li portavano, che non sono loro, e giuochi e vanità, fece fare uno capannuccio in su la piazza di Santa Croce, e disse a ognuno che aveva di quelle vanità, che ve le portasse, e così feciono; misevi fuoco, e arse ogni cosa; che fu cosa mirabile a vedere di mutare gli animi di chi s’era volto in tutto alle pompe e fasti del mondo. Perchè dice santo Giovanni Grisostomo, ch’egli è più facile a Dio di potenza ordinaria creare il cielo e la terra un’altra volta, di nuovo, che mutare l’animo d’uno uomo, per la libertà dell’arbitrio che gli ha dato. Predicò santo Bernardino anni quarantadua per tutta Italia, che non ci fu nè terra nè castello dove egli non predicasse, a fine di ridurre Italia a conoscere Iddio, che prima non lo conoscevano. Ridusse e rimutò la mente e gli animi degli uomini maravigliosamente; e molti che per la loro cecità erano istati tempo che non s’erano confessati, gli ridusse a confessarsi; e non solo a confessarsi, ma fece restituire assai robba e la fama a molti; di molte nimicizie e di morte d’uomini fece fare pace, e levare odi mortali; a infiniti principi che avevano nimicizie capitali, santo Bernardino si mise di mezzo, e tutte le compose, e pacificò molte città; e molti popoli, avendo differenza insieme, santo Bernardino gli unì ed accordògli2 . Mai attendeva ad altro che a fare pace, dove vedeva alcuna discordia. Molti ribaldi e scellerati gli mutò della loro mala vita e costumi, e fece fare infiniti religiosi, così in quella di santo Francesco, come in altre religioni d’Osservanza. Innalzò e magnificò molto il divino culto, di fare edificare molti luoghi d’Os[p. xxiii modifica] servanza del suo Ordine, e molto lo fece moltiplicare e crescere, e dettegli colla fama della sua virtù, grandissima riputazione. Puossi dire, santo Bernardino questo Ordine dell’Osservanza averlo stabilito e fermo nella forma ch’egli è; perchè ognuno sa come i generali di quello Ordine sono conventuali. E innanzi a santo Bernardino, tutti i frati così gli Osservanti come non Osservanti, erano sottoposti al generale.

Ora avendo fatto santo Bernardino tanto bene, e ampliata questa religione, come aveva, pensò volerla istabilire e fermare, a fine che ognuno istesse a’ termini sua. E perchè questo effetto seguitasse, adoperò tanto con papa Eugenio, che fece uno vicario, che si chiamava vicario generale, ch’era fatto a tempo e non perpetuo, il quale vicario l’avessino a fare i frati Osservanti, e altri non se n’avessino a impacciare, e ogni anno avesse andare al Capitolo loro, e loro lo potessino raffermare per fino in tre anni, e non più; e così lo potevano privare in fine dell’anno, e farne uno altro. Di questo vicario generale la giurisdizione fusse solo sopra i frati Osservanti, e potesse in ogni cosa tanto quanto il generale, e il generale non s’avesse a impacciare nulla dei frati, nè avesse autorità ignuna sopra di loro. Il vicario fusse sottoposto al generale con certe condizioni, secondo fece ordinare. Santo Bernardino è quello che ha stabilita questa religione dell’Osservanza, come si vede. I vicari si fanno per provincie, ed ogni provincia ha il suo. Non fece meno bene per la conservazione di questo Ordine santo Bernardino, che si facesse in ampliarlo, come fe’.

Ora, sendo la fama delle universali virtù di santo Bernardino tanto cresciuta, sendo dimandato di grazia [p. xxiv modifica] da’ Sanesi, che, sendo morto il vescovo loro,3 facesse santo Bernardino, elesselo papa Eugenio, e andò la elezione a Vinegia, predicandovi una quaresima; e avutala, gli funno appresso molti cittadini sua amici a confortarlo che l’accettasse, e massime uno uomo da bene e di buona coscienza, molto a lui noto, che si chiamava Michele di messer Piero Pennini, uomo litterato, e nel quale erano molte laudabili condizioni. Dopo più ragioni che aveva mostrato a santo Bernardino perch’egli doveva accettare questo vescovado, e di quanto bene sarebbe cagione, istato santo Bernardino a udire le ragioni df Michele, finito che ebbe dire quello che voleva, se gli volse e sì gli disse: — se voi mi vedete mai altro abito che questo di santo Francesco in dosso, dite che io non sia frate Bernardino; così io ho fatto proposito, e così ispero, piacendo a Dio, di osservare. — Allegovvi tante ragioni, che Michele non potè rispondere; e così scrisse a papa Eugenio4, che fusse contento a dare questa degnità a uno altro, e lasciarlo perseverare in questo ufficio delle predicazioni, come aveva fatto infino al presente dì. Papa Eugenio, veduta la sua volontà, e veduto il frutto che faceva nelle sua predicazioni, none lo volle isforzare più che si volesse. Fu eletto a dua altri vescovadi,5 e fece il simile come aveva fatto di questo. In ogni cosa mostrò la sua integrità dell’animo e la sua immutabile costanza. Dannava ogni vizia universale, e massime la mala[p. xxv modifica] detta voragine della usura, chè è è quella che disfa le case, le città e le provincie. Avendo una mattina predicato in santa Maria del Fiore, de’ contratti e delle restituzioni, e massime del Monte6 e delle dote delle fanciulle, venendo una sera, come era sua usanza alcuna volta, dai cartolai, s’abbattè a caso che v’era messer Giannozzo Manetti. Disse a santo Bernardino: — voi ci avete mandato tutti a dannazione. — Egli rispuose: — io non vi mando persona, e i vizi e mancamenti degli uomini sono quelli che ve li mandano. — Cominciò a entrare con santo Bernardino in sul contratto delle dote, dove il capitale istà fermo. Santo Bernardino provò per potentissime ragioni, questo contratto essere illecitissimo. Dipoi disse che questo contratto delle dote delle fanciulle, dove il capitale istà fermo, era più cattivo contratto, che non era quello di giudeo che prestava colla veletta rossa. Così gli solvette tutti i dubbi, e con una grandissima umiltà, in modo che messer Giannozzo Manetti, e tutti quegli che v’erano, ne rimasono assai soddisfatti. Ogni dì venivano a lui infiniti per consiglio o di contratti o di restituzioni o di altre cose; a tutti soddisfaceva. E a fine che ognuno gli potesse vedere più chiaro, compose uno degno libro, che lo intitolò De restitutione;7 qual libro tratta tutte le specie de’ contratti leciti ed inleciti, e la forma dell’uno e dell’altro; dove molti c’erano drento assai. E santo Bernardino alquanto più istretto in questi contratti, che non è l’arcivescovo Antonino.8 [p. xxvi modifica]

Trovò santo Bernardino una forma di predicare molto utile e necessaria a’ popoli, di dannare e mettere in abominazione i vizi quanto fusse possibile, e laudare e mettere in alto le virtù. E perchè dopo la sua vita fusse chi ne potesse pigliare frutto, compose dua degnissime opere da predicare; l’una si chiama il Vangelo eterno,9 dove dà grandissima notizia delle virtù, e della natura degli abominevoli vizi, acciò che ognuno se ne potesse guatare; e l’altro è il libro de’ Sermoni, pure predicabili; dove in questi dua libri ha ordinate tutte le prediche che si possine predicare in uno anno; ed evvi drento grandissima notizia; in modo che i più de’ frati della Osservanza di quello Ordine, seguitano lo stile di santo Bernardino. Erano in modo moltiplicati i vizi nel tempo suo, che non bastava nè santo Tommaso nè Buonaventura; bisognò che venissino nuovi scrittori, come vennono santo Bernardino e l’arcivescovo Antonino, che scrivessino e cavassino il mondo di tanta cecità in quanto egli era; e così feciono.

Avendo predicato santo Bernardino anni quarantaquattro per tutta Italia, e in città e castella e ville, acciò che il verbo di Dio fusse comune a tutto il mondo, bene che fusse d’assai buona complessione, secondo le fatiche che si vede aveva durato, ch’erano insopportabili, gli vennono le gotte, ed era tormentato dal male di fianco, che gli dava sì veementi dolori e passione: aggiugnevasi un’altra infirmità delle morici, ch’era tormentato di flusso di sangue. Avendo queste tre infirmità, non lasciava che quando lo tormentavano; come egli poteva punto riavere gli spiriti, non lasciava che egli non predicasse, o componesse, o desse consiglio a chi glie ne doman[p. xxvii modifica] dava. E dove ognuna di queste infirmità di sua natura suole fare gli uomini bizzarri e spiacevoli, egli non si mutava di nulla, ma sopportava ogni cosa pazientissimamente. Intervenne, che sendo egli di anni sessantaquattro, e predicando a Milano, gli fu commesso dal suo vicario che andasse all’Aquila a predicare, terra piena di parte e sedizioni; a fine che per virtù delle sue prediche, gli levasse di tanti errori in quanti si trovavano. Innanzi che giugnesse all’Aquila, si ammalò di febre, e in pochi dì, sendo indebolito per le molte infermità che aveva, si morì santissimamente come era vivuto; e assai giovò agli Aquilani per infiniti miracoli che vidono de’ sua; dove si feciono molte paci, e seguitonne grandissimo frutto.

Fu portato questo santissimo corpo all’Aquila, e quivi istette tre dì, innanzi che si seppellisse. Fu mirabile il concorso de’ popoli che vennono a questo corpo, non solo della città ma di tutte le castella e ville d’intorno; e fece in questo tempo infiniti miracoli, come fu dipoi nella canonizzazione diligentemente trovato con solenne esamina. Vollono che nella sua esamina apparisse il luogo donde erano, il nome del padre dello infermo liberato, e di che infermità; acciò che fusse chiaro a ognuno. Sendo già la fama di tanti miracoli venuta per tutto il mondo, di vari luoghi venivano peregrini a visitare questo santissimo corpo; onde papa Nicola, ch’era pontefice in questi tempi, fatta una diligente esamina, come è detto di sopra, il papa insieme col collegio dei cardinali feciono consiglio solenne, dove furono infiniti singulari uomini; e nel mille quattrocento cinquanta in santo Piero, nel cospetto di tutta la corte romana, fu solennemente canonizzato e messo nel numero de’ santi. Chi volesse vedere la vita sua più distesa, legga quella che [p. xxviii modifica] ha fatta Maffeo Vegio in latino, e messer Giannozzo Manetti nel libro che fa contra Indaeos et gentes. Questa brieve notazione per via di comentario l’ho fatta a fine che, appresso di chi non sa lettere, ne sia qualche notizia; e perchè sendo suto assai noto alla sua persona, alcune cose delle quali avevo cognizione, non ho voluto che periscano.

Note

  1. Il sermone XV nel secondo volume delle opere di S. Bernardino è appunto De peccato Gomorrhaeorum.
  2. Intende specialmente i partiti de’ Guelfi e de’ Ghibellini.
  3. Il cardinale Antonio Casini; non morto, ma trasferito nel 1427 ad altra sede. Il che avvenne non già sotto il pontificato di papa Eugenio, come Vespasiano scrive, ma bensì al tempo di Martino V, che fu papa dal 1417 al 1431 (V. in questo a pag. 121, nota 2).
  4. Cioè, a papa Martino. E così correggasi poco sotto.
  5. Di Ferrara e di Urbino.
  6. Vuol dire, del Monte Comune, dove si tenevano i Libri del Debito che lo Stato aveva verso i cittadini, e delle piaghe, o interessi, che loro si corrispondevano.
  7. Nel primo tomo delle opere, i discorsi dal XXXIII al XL trattano l’argomento della restituzione.
  8. Nel secondo tomo i discorsi dal XXXII al XLV contengono la dottrina de’ contratti e delle usure.
  9. È il secondo tomo delle Opere.