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vita del santo xxvii


dava. E dove ognuna di queste infirmità di sua natura suole fare gli uomini bizzarri e spiacevoli, egli non si mutava di nulla, ma sopportava ogni cosa pazientissimamente. Intervenne, che sendo egli di anni sessantaquattro, e predicando a Milano, gli fu commesso dal suo vicario che andasse all’Aquila a predicare, terra piena di parte e sedizioni; a fine che per virtù delle sue prediche, gli levasse di tanti errori in quanti si trovavano. Innanzi che giugnesse all’Aquila, si ammalò di febre, e in pochi dì, sendo indebolito per le molte infermità che aveva, si morì santissimamente come era vivuto; e assai giovò agli Aquilani per infiniti miracoli che vidono de’ sua; dove si feciono molte paci, e seguitonne grandissimo frutto.

Fu portato questo santissimo corpo all’Aquila, e quivi istette tre dì, innanzi che si seppellisse. Fu mirabile il concorso de’ popoli che vennono a questo corpo, non solo della città ma di tutte le castella e ville d’intorno; e fece in questo tempo infiniti miracoli, come fu dipoi nella canonizzazione diligentemente trovato con solenne esamina. Vollono che nella sua esamina apparisse il luogo donde erano, il nome del padre dello infermo liberato, e di che infermità; acciò che fusse chiaro a ognuno. Sendo già la fama di tanti miracoli venuta per tutto il mondo, di vari luoghi venivano peregrini a visitare questo santissimo corpo; onde papa Nicola, ch’era pontefice in questi tempi, fatta una diligente esamina, come è detto di sopra, il papa insieme col collegio dei cardinali feciono consiglio solenne, dove furono infiniti singulari uomini; e nel mille quattrocento cinquanta in santo Piero, nel cospetto di tutta la corte romana, fu solennemente canonizzato e messo nel numero de’ santi. Chi volesse vedere la vita sua più distesa, legga quella che