Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1938 – BEIC 1778417.djvu/321


indice analitico dei nomi 315

nia dura in Castel S. Elmo (1604-1608) mediante la favola di Prometeo. Questioni connesse con questa immagine e con la Canzone a Berillo (pp. 7; 8; 113, n. 71; 157, n. 80; 295; 299).

Cavalcanti (Giulio). Letterato; uno dei seguaci del Telesio; componente l’Accademia cosentina (p. 111, n. 68).

Cavaniglia (donna Ippolita). «La piú alta benefattrice del Campanella e de’ frati» (Am. T. C., II, p. 290); figlia, forse naturale, di don Garzia Cavaniglia, conte di Montella; ved. dal 1593 di Fabio Magnati e madre di Troiano Magnati (v. q. n.). I Cavaniglia erano famiglia valenzana venuta nel Regno con gli Aragonesi (pp. 232-33, nn. 25, 26, 27).

Cesare, duca d’Este, successore di Alfonso II; in lotta con Clemente VIII (pp. 249; 286).

Chami. Feticcio adorato da idolatri giapponesi (p. 11, v. 80).

«Chi non volendo nel mio mal si piega». Allusione al debole animo di fra Silvestro di Lauriana (v. q. n.) (p. 227, n. 15).

«Chi piú ingrato mi trade». Allusione al frate G. B. Cortese da Pizzoni (v. q. n.) (p. 227, n. 15).

«Ciclopea caverna», v. Campanella ad ann. 1626 (pp. 113, n. 70; 299).

Cinghi. Il gran can dei Tartari (corruzione di Temugin) il quale impose il suo culto con la forza ai sudditi (pp. 11, v. 79; 144, madr. 12).

Clario (Giov. Batt.), forlivese, medico e filosofo, autore di Dialoghi filosofico-scientifici (Venezia, 1608); medico dell’Arciduca Carlo in Roma. Arrestato per ordine del S. Uffizio per sospetto di eresia incontrò in carcere il Campanella tra il 1594 e il ’95 (p. 285).

Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini,
papa dal 1592 al 1605). V. al nome Cesare d’Este (pp. 230, n. 21; 249; 286; 290).

«Conte» (il), v. Lemos.

«Contra macchiavellisti» (libro), v. Antimacchiavellismo.

Conza (vescovo di), v. De Politis.

Cortese (Giov. Batt.) da Pizzoni. Lettore nel convento di Nicastro, ivi incontrò e si strinse di amicizia col Campanella (1598), partecipando alla congiura (1599), ma cercando di salvarsi poi con delazioni gravissime. Ciò non lo salvò dai rigori processuali. Sottoposto anche lui a tortura, ne morí in carcere (maggio 1600). Contro di lui si scaglia il Campanella (p. 227, n. 15, v. 10; n. 16, vv. 7-9).

«Cosentino» (il), v. Telesio.

Croce (Benedetto) (pp. 278; 281-2).


D’Ancona (Alessandro) (pp. 259; 275-7; 280; 304).

De Leonardis (Giov. Batt.) da Nola; fu l’avvocato di ufficio («il difensor commune») del Campanella e degli altri frati (p. 226, n. 14).

«De l’una e l’altra Sicilia gran soma...». Allusione alle incursioni dei turchi sulle coste calabro-sicule: estate 1598 (p. 222, vv. 5-6).

De Mattei (Rodolfo) (p. 281).

Del Tufo (marchesi di Lavello). Nobile famiglia napoletana di origine normanna; feudataria in provincia di Avellino, presso la quale il Campanella trovò larga ospitalitá e protezione. Furono particolarmente legati di amicizia con lui:
Mario, barone di Minervino;
Giovanni Geronimo, quarto marchese di Lavello, che visitò il Campanella in Castel nuovo nel gennaio 1603, poi favorì i progetti di fuga tentati dal Pflug (v. sotto il nome Campanella, ad