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278 nota


E faceva seguire un’accurata descrizione, che è bene trascrivere:

«L’esemplare di cui trattiamo ha nel frontispizio, sulla parola «Settimontano» una cifra a penna (F.-C. riunite in modo speciale e con tre puntini caratteristici) che è la cifra del Frate Campanella, facile a riconoscersi allorché si è veduta qualche sua lettera autografa... Nel corso di esso veggonsi di tratto in tratto correzioni a penna, una delle quali rappresenta un verso tutto intero [si tratta del v. 1 del n. 5, che nel testo della 1a ed. e nelle sgg. si legge: «Dentro un pugno di cervel sto, e divoro»], due aggiungono o mutano qualche parola [allude al v. 12 del n. 10, dove il «tu» è aggiunto a penna, ed alla espos. al madr. 8 del n. 75, dove la frase: «piú miracoli ci vanno in volta» è trasformata in «piú miracoli ci vogliono»], le altre sono costituite da aggiunte o mutamenti di una lettera, di una virgola, di un accento, di un tratto d’unione, ovvero son costituite da cancellature. Si comprende che non può qui pretendersi un facile riscontro di caratteri... Pure in alcune lettere, come per es. la T maiuscola, si vede chiaramente la prima lettera della cifra del Campanella... C’è poi nell’esemplare un’altra particolaritá a nostro parere degnissima di considerazione. Esso venne ligato, senza dubbio nel secolo XVII, in pergamena sfoderata, sul dorso della quale fu scritto longitudinalmente: «Poesie del Campanella»: oggi la covertura di pergamena vedesi in gran parte staccata ed abbastanza sciupata, ma il libro non ne ha punto sofferto, e mostra sempre di essere stato giá prima tenuto a lungo fortemente ripiegato in quattro, come un fascicolo di carta qualunque, innanzi che venisse ligato. Le tracce del ripiegamento, in tutto il libro, non sparirono affatto malgrado le solite manipolazioni della ligatura... Ciò fa legittimamente ritenere che il libro sia stato tenuto a lungo in tasca anziché altrove; e per siffatta circostanza tanto piú viene in mente che esso abbia appartenuto al Campanella, il quale di certo nella sua prigione non aveva un luogo in cui riporlo e forse anche aveva ragione di sottrarlo agli occhi dei curiosi» (pp. 100-101)1.

La seconda scoperta fu fatta a Roma presso privati. Si trattava di una miscellanea di manoscritti riguardanti direttamente o in-

  1. Solo da poco tempo Benedetto Croce è riuscito a scoprire un terzo esemplare della ed. principe, assai bello per l’ottimo stato di conservazione, e che trovasi presentemente nella sua biblioteca.