Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 9
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CANTO NONO
[1]
Queſto crudele e traditore Amore?
Poi ch’ad Orlado può leuar del petto
La tanta ſé che debbe al ſuo Signore,
Giā ſauio, e pieno ſu d’ogni riſpetto:
E de la Santa Chieſa difenſore:
Hor per vn vano Amor poco del Zio:
E di ſé poco: e men cura di Dio.
[2]
Ma l’eſcuſo io pur troppo, e mi rallegro
Nel mio difetto hauer copagno tale,
Ch’anch’io ſono al mio bè laguido & egro
Sano e gagliardo a ſeguitar il male
Quel ſé ne va tutto veſtito a negro,
Ne tanti amici abandonar gli cale:
E paſſa doue d’Africa e di Spagna
La gente era attendata alla capagli a.
[3]
Anzi non attendata: perche ſotto
Alberi e tetti l’ha ſparfa la pioggia,
A dieci, a vèti, a quattro, a fette: ad otto
Chi piú dittate e chi piú preſſo alloggia
Ogn’ uno dorme trauagliato e rotto
Chi ſtefo interra, e chi alla man s’appoggia
Dormano, e il Cote vccider ne può assai
Ne perho ſtringe Durindana mai.
[4]
Di tanto core e il generoſo Orlando
Che non degna ferir gente che dorma.
Hor queſto e quando ql luogo cercádo
Va per trouar de la ſua donna l’orma,
Se truoua alcun che veggi ſoſpirando
Gli ne dipinge l’habito e la ſorma:
E poi lo priega che per corteſia
GÌ’ inſegni andar in parte oue ella ſia.
[5]
E poi che venne il di chiaro e lucente
Tutto cerco l’eſercito Moreſco,
E ben lo potea far ſicuramente
Hauendo in doſſo l’habito Arabeſco,
Et aiutollo in queſto parimente
Che ſapeua altro idioma che Franceſco
E P Africano tanto hauea eſpedito
Che parea nato a Tripoli e nutrito.
[6]
Quiui il tutto cerco, doue dimora
Fece tre giorni, e non per altro effetto,
Poi detro alle cittadi e a borghi ſuora
No ſpio ſol per Francia e ſuo diſtretto,
Ma p Vuernia e p Guaſcogna anchora
Riuide fin’ all’ultimo Borghetto,
E cerco da Prouenza alla Bretagna:
E da i Picardi a i termini di Spagna.
[7]
Tra il fin d’ ottobre, e il capo di nouèbre
Ne la ſtagion che la ſrondoſa veſta
Vede leuarſi: e diſcoprir le membre
Trepida pianta ſin che nuda reſta,
E va gli augelli a ſtrette ſchiere iſembre
Orlado entro ne l’amoroſa inchieſta,
Ne tutto il verno appreſſo laſcio quella
Ne la laſcio ne la ſtagion nouella.
[8]
Paſſando vn giorno eoe hauea coſtume
D’ un paeſe in vn’ altro: arriuo doue
Parte i Normandi da i Britoni vn fiume,
E verſo il vicin mar cheto ſi muoue,
Ch’allhora gonſio e biáco giá di ſpume
Per nieue ſciolta, e per montane pioue,
E l’impeto de l’acqua hauea diſciolto
E tratto ſeco il ponte, e il paſſo tolto,
[9]
CO gli occhi cerca hor qſto lato hor qllo.
Lungo le ripe il paladin: ſé vede
(Quado ne peſce egli non e ne augello)
Coe habbia a por ne l’altra ripa il piede,
Et ecco a ſé venir vede vn battello
Ne la cui poppe vna donzella ſiede,
Che di volere a lui venir fa ſegno:
Ne laſcia poi ch’arriui in terra il legno,
[10]
Prora in terra no pon: che d’ eſſer carca
Contra ſua volontá ſorſè foſpetta,
Orlando priega lei che ne la barca
Seco lo tolga: & oltre il fiume il metta
Et ella lui: qui cauallier non varca
11 qual ſu la ſua ſé non mi prometta
Di fare vna battaglia a mia richieſta:
La piú giuſta del modo e la piú honeſta
[11]
Si che s’ hauete cauallier deſire
Di por per me ne l’a’ltra ripa i paiTí,
Promettetemi prima che ſinire
Queſt’ altro meſe proſſimo ſi laſſi.
Ch’ai Re d’ Hibernia v’aderete a vnire
Appreſſo alqual la bella armata faſſi,
Per diſtrugger quell’Itala d 1 Hebuda
Che di quate il mar clge, e la piú cruda,
[12]
Voi douete ſaper ch’oltre l’Irlanda
Fra molte che vi ſon l’Itala giace
Nomata Hebuda: che per legge manda
Rubando intorno il tao popul rapace,
E quante Donne può pigliar: viminei. i
Tutte deſtina a vii’ animai vorace.
Ch viene ogni di al lito: e Tempre Duoua
Donna donzella onde ſi pafea truoua,
[13]
Che mercanti e corſar che vano attorno
Ve ne fan copia, e piú delle piú belle,
Ben potete contare vna per giorno
Quante morte vi ſian done e donzelle:
Ma ſé pietade in voi truoua ſoggiomo
Se non ſete d’ Amor tutto ribelle:
Siate contento eſſer tra queſti eletto
Che van per far ſi fruttuofo effetto.
[14]
Orlando volta a pena vdire il tutto
Che giuro d’ eſſer primo a qlla impreſa,
Come quel ch’alcú atto iniquo e brutto
Non può ſentire, e d’aſcoltar gli peſa,
E ſu a penſare, indi a temere indutto
Che qlla gente Angelica habbia preſa:
Poi che cercata l’ha per tanta via
Ne potutone anchor ritrouar ſpia
[15]
Queſta imagination ſi gli confuta
E ſi gli tolta ogni primier diſegno:
Che quato in fretta piú potea: cochiuſe
Di Nauigare a quello iniquo regno,
Ne prima l’altro Sol nel mar ſi chiuſe
Ch preſſo a Sa Malo ritrouo vn legno:
Nel qual ſi pota: e fatto alzar le vele
Paſſo la notte il monte San Michele,
[16]
Brehaco e Landriglier laſcia a ma maca
E va radendo il gran lito Britone,
E poi ſi drizza in ver l’arena bianca
Onde Ingleterra ſi nomo Albione,
Ma il vento ch’era da Meriggie manca,
E ſoſſia tra il ponente e l’Aquilone
Con tanta ſorza che fa al baſſo porre
Tutte le vele, e ſé per poppa torre.
[17]
Quanto il nauilio inanzi era venuto
In quattro giorni, í vn ritorno in dietro,
Nel’alto mar dal buon nochier tenuto:
Ch nò dia I terra, e ſembri vn ſragil vetro
Il vento poi che ſurioſo tato,
Fu quattro giorni, il qnto cangio metro:
Laſcio ſenza cotraſto il legno entrare
Doue il fiume d’Anuerſa ha ſoce imare.
[18]
Toſto che ne la ſoce entro lo ſtanco
Nochier col legno afflitto, e il lito preſe
Fuor d’ una terra che ſui deſtro ſianco
Di quel fiume ſedeua, vn vecchio ſcefe,
Di molta etá, per quanto il crine bianco
Ne daua indicio, il qual tutto corteſe
Dopo i fatati al conte riuoltoſſe,
Che capo giudico che di lor foſſe.
O R LA N DO FVRIOSO
[19]
E da parte il prego d’ una donzella
Ch’alei venir non gli pareſſe graue,
Laqual ritrouerebbe oltre che bella
Piú ch’altra al mondo affabile e ſoaue,
O ver foſſe contento aſpettar, ch’ella
Verrebbe a trouar lui fin’ alla naue,
Ne piú reſtio voleſſe eſſer di quanti,
Quiui eran giunti cauallieri erranti.
[20]
Che neſſun’ altro cauallier ch’arriua
O per terra, o per mare a queſta ſoce:
Di ragionar con la Donzella ſchiua:
Per cóſigliarla in vn ſuo caſo atroce,
Vdito queſto Orlando in ſu la riua:
Senza punto indugiarti vſci veloce,
E come humano e pien di corteſia:
Doue il vecchio il meno preſe la via.
[21]
Fu ne la terra il Paladin condutto
Dentro vn palazzo, oue al ſalir le ſcale
Vna donna trouo piena di lutto,
Per quanto il viſo ne facea ſegnale,
E i negri panni che coprian per tutto
E le loggie e le camere e le ſale,
Laqual dopo accoglieva grata e hOeſta
Fattoi ſeder: gli diſſe in voce meſta.
[19]
Io voglio che ſappiate: che ſigliuola
Fui del Cote d’ Olada, a lui ſi grata
Quantuncjs prole io non gli lòſſi ſola,
Ch’ era da dui ſratelli accompagnata:
Ch’a quato io gli chiedea, da lui parola
Contraria non mi ſu mai replicata,
Standomi lieta in queſto ſtato: auenne,
Che ne la noſtra terra vn Duca venne.
[23]
Duca era di Selandia: e ſé ne giua
Verſo Biſcaglia a guerregiar co i mori,
La bellezza e l’etá ch’in lui fioriua
E li non piú da me ſentiti amori:
Con poca guerra me gli ſer captiua,
Tanto piú ch per quel ch’apparea ſuori
Io credea, e credo, e creder credo il vero
Ch’ amaſſi & ami me con cor ſincero.
[24]
Quei giorni che con noi contrario veto:
Cotrario a glialtri: a me propitio, il tene,
Ch’aglialtri fur quarata, a me vn momèto
Coſi al ſuggire hebbo veloci pene,
Fumo piú volte inſieme a parlamento
Doue che ’l matrimonio con ſolenne
Rito, al ritorno ſuo faria tra nui
Mi promiſe egli, & io ’l promiſi a lui.
[25]
Bireno a pena era da noi partito
(Che coſi ha nome il mio fedele amate)
Che ’l Re di Friſa laqual quanto il lito
Del mar diuide il fiume: e a noi diſtante:
Diſegnando il ſigliuol farmi marito:
Ch’unico al modo hauea nomato Arbate
Per li piú degni del ſuo ſtato manda
A domadarmi al mio padre in Olanda.
[26]
Io ch’all’amante mio di quella fede
Mancar no poſſo: che gli haueua data,
E achor ch’io poſſa, Amor nò mi 9ciede
Che potervoglia, e ch’io ſia tato igrata:
Per ruinar la pratica ch’in piede
Era gagliarda, e preſſo al ſin guidata,
Dico a mio padre che prima ch’in Friſa
Mi dia marito io voglio eſſere vcciſa.
[27]
II mio buo padre, alqual ſol piacea iſcto
A me piacea: ne mai turbar mi volſe:
Per conſolarmi, e far celiare il pianto
Ch’ io ne facea, la pratica diſciolſe ,
Di che il ſuperbo Re di Friſa tanto
Iſdegno preſe, e a tanto odio ſi volſe:
Ch’ entro in Oiada, e comincio la guerra
Che tutto il ſangue mio caccio ſotterra.
[28]
Oltre che ſia robuſto, e ſi poſſente
Che pochi pari a noſtra etá ritruoua,
E ſi aſtuto in mal far, ch’altrui niente
La poſſanza, l’ardir, l’ingegno gioua.
Porta alcun’ arme che l’antica gente
No vide mai, ne ſuor ch’alui la nuoua,
Vn ferro bugio: lungo da dua braccia:
Dentro a cui polue & vna palla caccia.
[29]
Col fuoco dietro, oue la canna e chiuſa,
Tocca vn ſpiraglio che ſi vede a pena,
A guiſa che toccare il medico vſa
Doue e biſogno d’allacciar la vena,
Onde vien con tal ſuon la palla eſclufa,
Che ſi può dir che tuona e che balena,
Ne men che ſoglia il ſulmine oue paſſa,
Ciò ch tocca arde, abatte, apre, e ſracaſſa
[30]
Poſe due volte il noſtro capo in rotta
Con qſto ingáno, e i miei ſratelli vcciſe,
Nel primo aſſalto il primo: che la botta
Rotto l’ufbergo in mezo il cor gli miſe,
Ne l’altra zuffa a l’altro il quale í ſrotta
Fuggia: dal corpo l’anima diuiſe,
E lo feri lontan dietro la ſpalla:
E ſuor del petto vſcir fece la palla.
[31]
Difendendoli poi mio padre vn giorno
Dentro vn cartel che ſol gliera rimaſo:
Che tutto il reſto hauea perduto Homo,
Lo ſé con ſimil colpo ire all’occafo,
Che mentre andaua, e che facea ritorno
Prouedèdo hor a queſto hor a ql caſo:
Dal traditor ſu in mezo gli occhi colto,
Che l’hauea di lontan di mira tolto.
[32]
Morto i ſratelli e il padre: e rimaſa io
De l’Ifola d’Olanda vnica herede,
Il Re di Friſa: perche hauea diſio
Di ben fermare in quello ſtato il piede,
Mi fa ſapere: e coſi al popul mio:
Che pace e che ripoſo mi conciede,
Qn io vogli’hor ql che nO volſi inSte
I ni p marito il ſuo ſigliuolo Arbante.
[33]
Io per l’odio non ſi che graue porto
A lui e a tutta la ſua iniqua ſchiatta:
II qual m’ha dui ſratelli e ’l padre morto,
Saccheggiata la patria arſa e disfatta,
Come pche a colui non vo far torto
A cui giá la pmeſſa haueua fatta:
Ch’ altrhuomo no faria che mi ſpofaffe
Fin che di Spagna a me non ritornaſſe.
[34]
Per vn mal ch’io patiſco ne vo cento
Patir riſpòdo, e far di tutto il reſto,
Eſſer morta, arſa viua, e che ſia al vento.
La cener ſparfa, manzi che far qſto,
Studia la gente mia di queſto intento
Tornii: chi priega, e chi mi fa proteſto,
Di dargli in mano me e la terra prima,
Che la mia oſtination tutti ci opprima.
[36]
Coſi poi che i pteſti e i prieghi in vano
Vider gittarſi: e che pur ſtaua dura
Preſero accordo col Friſone, e in mano
(Coe hauea detto) gli dier me e le mura
Quel ſenza farmi alcuno atto villano
De la vita e del regno m’aſſicura,
Pur ch’io idolciſca l’indurate voglie
E che d’ Arbante ſuo mi faccia moglie.
[36]
Io che sforzar coſi mi veggio, voglio
Per vſcirgli di man perder la vita,
Ma ſé pria non mi vendico: mi doglio
Piú che di quáta ingiuria habbia patita
Fo peſier molti, e veggio al mio conloglio,
Che ſolo il ſimular può dare aita,
Fingo ch’io brami, no che nò mi piaccia
Che mi perdoni, e ſua nuora mi faccia.
[37]
Fra molti ch’ai ſeruitio erano ſtati
Giá di mio padre: io ſcelgo dui ſratelli:
Di grade ingegno, e di gran cor dotati:
Ma piú di vera fede: come quelli
Che creſciutici in corte, & alleuati
Si ſon con noi da teneri citelli,
E tanto miei: che poco lor parria
La vita por per la ſalute mia.
[38]
Comunico con loro il mio diſegno,
Eſſi prometton d’ eſſermi in aiuto,
l’u viene i Fiádra, ev’ apparecchia lí legno
l’altro meco in Giada ho ritenuto,
Hor mètre i foreſtieri e quei del regno,
S’ inuitano alle nozze: ſu ſaputo
Ch Bireno i Biſcaglia haueavna armata
Per venire in Olanda apparecchiata.
[39]
Perho che fatta la prima battaglia
Doue ſu rotto vn mio fratello e vcciſo
Spacciar toſto 11 corner feci i Biſcaglia
Che portaſſi a Bireno il triſto auiſo,
11 qual mètre che s’arma, e ſi trauaglia:
Dal Re di Friſa il reſto ſu conquiſo,
Bireno che di ciò nulla ſapea
Per darci aiuto i legni ſciolti hauea.
[40]
Di queſto hauuto auiſo il Re Friſone
De le nozze al fígliuol la cura laſſa,
E con l’armata ſua nel mar ſi pone,
Truoua il Duca, lo rOpe, arde, e ſracaſſa
E come vuol Fortuna: il fa prigione,
Ma di ciò achor la nuoua a noi no paſſa,
Mi ſpofa in tato il gioitene, e ſi vuole,
Meco corcar come ſi corchi il Sole.
[41]
Io dietro alle cortine hauea naſcoſo
Quel mio fedele, il qual nulla ſi moſſe
Prima che a me venir vide lo ſpofo:
E non l’atteſe che corcato foſſe
Ch’alzo vn’ accetta, e con ſi valoroſo
Braccio dietro nel capo lo percoſſe,
Che gli leuo la vita e la parola,
Io ſaltai preſta, e gli ſegai la gola.
[42]
Come cadere il bue ſuole al macello,
Cade il mal nato giouene, in diſpetto
Del Re Cimoſco, il piú d’ ogn’ altro fello
(Che l’empio Re di Friſa e coſi detto)
Che morto l’uno e l’altro mio fratello
m’hauea col padre: e p meglio ſuggetto
Farſi il mio ſtato, mi volea per nuora,
e ſorſè ú giorno vcciſa hauria me áchora
[43]
Prima ch’altro diſturbo vi ſi metta,
Tolto ql che piú vale e meno peſa,
Il mio cOpagno al mar mi cala in fretta
Da la fineſtra a vn canape foſpefa,
La doue attento il ſuo fratello aſpetta
Sopra la barca e’ hauea in Fiadra preſa,
Demmo le vele a i vèti: e i remi all’acq?
E tutti ci faluian come a Dio piacque.
[44]
Non ſo ſé ’l Re di Friſa piú dolente
Del figliol morto, o ſé piú d’ ira acceſo
Foſſe contra di me: che ’l di ſeguente
Giunſe la doue ſi trouo ſi oſſeſo,
Superbo ritomaua egli e ſua gente
De la vittoria: e di Bireno preſo:
E credendo venire a nozze e a feſta
Ogni coſa trouo ſcura e funeſta.
[45]
La pietá del ſigliuol, l’odio e’ haueua
A me: ne di ne notte il laſcia mai:
Ma perche il pianger morti non rileua
E la vendetta sfoga l’odio assai,
La parte del penſier ch’effer doueua
De la pietade in ſoſpirare e in guai:
Vuol che co l’odio a inueſtigar s’unifea
Coe egli m’habbia í mano, e mi punifea
[46]
Quei tutti che ſapeua e gli era detto
Che mi ſoſſino amici: o di quei miei
Che m’haueano aiutata a far l’effetto:
Vcciſe, o lor beni arſe: o li ſé rei,
Volſe vecider Bireno in mio diſpetto:
Che d’altro ſi doler non mi potrei:
Gli parue poi ſé viuo lo teneſſe
Ch p pigliarmi in ma la rete haueffe.
[47]
Ma gli propone vna crudele e dura
Condition, gli fa termine vn’ anno,
Al ſin del qual gli dará morte oſcura
Se prima egli per ſorza o per inganno
Con amici e parenti non procura:
Con tutto ciò che pOno e ciò che fanno:
Di darmigli in prigion: ſi che la via
Di lui ſaluare e ſol la morte mia.
[48]
Ciò che ſi poſſa far per ſua ſalute:
Fuor ch pder me ſteffa, il tutto ho fatto,
Sei caſtella hebbi i fiádra, e l’ho vedute,
1 I poco o ’l molto jizzo ch’io n’ho tratto
l’arte tentando per perſone aſtute
I guardiani corrompere, ho diſtratto,
E parte per far muouere alli doni
Di fili’ empio, hor gl’Ingleſi, hor gli Alamani
[49]
I mezi, o che non habbiano potuto,
che non habbian fatto il douer loro,
M’hanno dato parole e non aiuto:
1 (prezzano hor ch n’han cauato l’oro,
E preſſo al ſine il termine e venuto,
Dopo ilqual, ne la ſorza ne ’l theſoro
Potrá giunger piú a tèpo, ſi che morte
E ſtratio (chini al mio caro conſorte.
[50]
Mio padre, e miei ſratelli, mi ſon ſtati
Morti p lui, per lui toltomi il regno,
Per lui quei pochi beni che reſtati
M ’fiati del ; iuer mio ſoli foſtegno:
Per trarlo di prigione ho diſipati:
Ne mi reſta hora i che piú far diſegno,
Se no d’ adarmi io ſteffa in mano a porre
Di ſi crudel nimico, e lui diſciorre,
[51]
Se dunqj da far altro non mi reſta,
Ne ſi truoua al ſuo (capo altro riparo:
Che per lui por queſta mia vita, queſta
Mia vita per lui por mi fará caro:
Ma ſola vna paura mi moleſta:
Che non ſapro far patto coſi chiaro
Che m’afficuri, che non ſia il tyranno
Poi ch’hauuta m’haura: per fare Igano.
[52]
Io dubito ch poi che m’haura I gabbia
E fatto haura di me tutti li ſtratii,
Ne Bireno per qſto a laſciare habbia:
Si ch’effer per me ſciolto mi ringratii,
Come periuro, e pien di tanta rabbia:
Che di me ſola vecider non ſi fatii:
E ql e’ haura di me ne piú ne meno
Faccia dipoi del miſero Bireno.
[53]
Hor la cagion che conferir con voi
Mi fa i miei caſi, e ch’io li dico a quanti
Signori e cauallier vengono a noi,
E ſolo accio parlandone con tanti,
M’infegni alcun d’ aſſicurar, che poi
Ch’a quel crudel mi ſia códotta auanti,
Non habbia a ritener Bireno anchora,
Ne voglia morta me, ch’effo poi mora.
[54]
Pregato ho alcun guerrier che meco ſia
Qſi io mi darò í mano al Re di Friſa,
Ma mi prometta, e la ſua ſé mi dia:
Che qſto cambio fará fatto in guiſa
Ch’ a vn tempo io data: e liberato ſia
Bireno: ſi che quado io faro vcciſa
Morrò cotenta, poi che la mia morte
Haura dato la vita al mio conſorte.
[9]
Ne ſino a queſto di truouo chi toglia
Sopra la fede ſua d’ aſſicurarmi,
Che qn io ſia condotta: e che mi voglia
Hauer ql Re: ſenza Bireno darmi,
Egli non laſciera contra mia voglia
Che preſa io ſia: ſi teme ognu qll’armi
Teme quell’armi a cui par che nò poſſa
Star piaſtra Icotra, e ſia cgto vuol groſſa.
[56]
Hor s’ inuoi la virtú non e diforme
Dal ſier ſebiate, o dal’Herculeo aſpetto,
E credete poter darmegli e torme
Ancho da lui: quádo non vada retto,
Siate contento d’ eſſer meco, a porrne
Ne le man ſue, ch’io non hauro ſoſpetto
Quando voi ſiate meco, ſé ben io
Poi ne morrò che muora il Signor mio.
[57]
Qui la Donzella il ſuo parlar conchiuſe
Che con pianto e ſoſpir ſpeffo iterroppe
Orlando poi ch’ella la bocca chiuſe:
Le cui voglie al bè far mai no fur zoppe
In parole con lei non ſi diffuſe,
Che di natura non vſaua troppe,
Ma le promiſe, e la ſua ſé le diede,
Che faria piú di ql ch’ella gli chiede.
[58]
No e ſua intention ch’ella in man vada
Del ſuo nimico per ſaluar Bireno:
Ben ſaluera amendui ſé la ſua ſpada
E l’ufato valor non gli vien meno,
Il medeſimo di pigliali la ſtrada:
Poi e’ hanno il vento proſpero e ſereno,
Il Paladin s’affretta: che di gire
All’Iſola del moſtro hauea delire.
[59]
Hor volta all’uá horvolta all’altra bada
Per gli alti ſtagni il buo nochier la vela,
Scuopre vn’ Iſola e vn’ altra di Zilanda
Scuoprevna inazi, e vn’ altra adietro cela
Orlando ſmOta il terzo di in Olanda,
Ma non ſmonta colei che ſi querela
Del re di Friſa: Orlado vuol che intéda
La morte di ql rio prima che ſcenda.
[60]
Nel lito armato il Paladino varca
Sopra vn corfíer di pel tra bigio e nero,
Nutrito í Fiadra, e nato in Daniſmarca,
Grade e ponente assai pili ch leggiero:
Perho e’ hauea, quádo ſi meſſe in barca:
In Bretagna laſciato il ſuo deſtriero:
Quel Brigliador ſi bello e ſi gagliardo:
Che no ha paragon ſuor che Baiardo,
[61]
Giiige Orlado a Dordrech: e qui truoua
Di molta gente armata in ſu la porta,
Si perche ſempre: ma piú qſl e nuova
Seco ogni Signoria ſoſpetto porta,
Si perche dianzi giunta era vna nuoua
Che di Selandia con armata ſcorta
Di Nauilii e di gente, vn cugin viene
Di quel Signor che qui prigion ſi tiene
[62]
Orlando prega vno di lor che vada
F. dira al Re: ch’un caualliero errante
Diſia con lui prouarſi a lancia e a ſpada,
Ma chevuol che tra lor ſia patto inante,
Che se ’l Re fa che chi lo sfida cada
La dona habbia d’hauer ch’uccife Arbate
Che ’l cauallier V ha i loco no lotano
Da poter ſemp mai darglila in mano.
[63]
Et all’incontro vuol chel Re prometta:
Ch’oue egli vinto ne la pugna ſia,
Bireno in liberta ſubito metta,
E che lo laſci andare alla ſua via,
Il fante al Re fa l’imbafeiata in fretta,
Ma quel che ne virtú ne corteſia
Conobbe mai: drizzo tutto il ſuo inteto
Alla ſraude, all’inganno: al tradimento.
[64]
Gli par e’ hauédo in mano il caualliero
Haura la dona anchor che ſi l’ha oſſeſo,
S’ in poſſanza di lui la donna e vero
Che ſé ritruoui, e il fante ha ben inteſo,
Trenta huomini pigliar fece ſentiero
linieri,» da la poi 1 .i <>u’ ora atteſo:
Che dopo occulto & assai lungo giro
Dietro alle ſpalle al paladino vſciro,
[65]
Il Traditore in tanto dar parole
Fatto glihauea ſin che i caualli e i fanti
Vede eſſer giunti al loco oue gli vuole
Da la porta eſce poi con altretanti,
Come le fere e il boſco cinger ſuole
Perito cacciator da tutti i canti,
Come appreſſo a Volana i peſci e l’onda
Con lunga rete il peſcator circonda,
[66]
Coſi per ogni via dal Re di Friſa:
Che quel guerrier no ſugga: ſi prouede
Viuo lo vuole e non in altra guiſa:
V. qneflo far ſi facilmente crede:
Che ’l ſulmine terreſtre con che vcciſa
Ha tata e tanta géte: hora non chiede:
Che quiui non gli par che ſi conuegna.
Doue pigliar: non far morir diſegna.
[67]
Qual cauto vcellator che ſerba viui
Intento a maggior preda i primi augelli
Accio in piú quantitade altri captiui
Faccia col giuoco, e col zimbel di qlli:
Tal’eſſer volſe il Re Cimoſco quiui:
Ma giá non volſe Orlado eſſer di quelli
Che ſi laſcin pigliare al primo tratto:
E toſto roppe il cerchio e’ hauean fatto:
[68]
Il cauallier d’Anglante oue piú ſpeffe
Vide le genti e l’arme: abbaſſo l’haſta.
Et vno in quella: e poſcia vn’ altro meſſe
E vn’ altro e vn’ altro ch ſembrar di parta,
E ſin a fei ve n’infilzo, e li reſſe
Tutti vna lancia, e pch’ella non baſta
A piú capir, laſcio il fettimo ſuore,
Ferito ſi che di quel colpo muore.
[69]
Non altrimente ne l’eſtrema arena
Veggian le Rane de canali e ſorte,
Dal cauto arcier ne i ſiachi e ne la ſchiena
L’una vicina all’altra eſſer peoſſe,
Ne da la ſreccia, ſin che tutta piena
No ſia da vn capo all’altro, eſſer rimoſſe
La graue lancia Orlando da ſé ſcaglia
E con la ſpada entro ne la battaglia.
[70]
Rotta la lancia quella ſpada ſtrinfe
Quella che mai non ſu menata in fallo,
E ad ogni colpo o taglio, o puta: eſtinfe
Qn huomo a piedi, e qn huomo a cauallo
Doue tocco ſemp in vermiglio tinſe
Lazurro, il verde, il biaco, il nero, il giallo
Duolfi Cimoſco che la cana e il fuoco
Seco hor nò ha: qn v’ haurian piú loco,
[71]
E co gran voce e con minaccie chiede
Che portati gli ſian: ma poco e vdito,
Che chi ha ritratto a ſaluamèto il piede
Ne la citta: no e d’ uſcir piú ardito:
Il Re Friſon che ſuggir glialtri vede
D’ eſſer ſaluo egli anchor piglia partito,
Corre alla porta, e vuole alzare il potè,
Ma troppo e preſto ad arriuare il conte.
[72]
Il Re volta le ſpalle, e ſignor laſſa
Del ponte Orlado, e d’amédue le porte:
E ſugge, e inanzi a tutti glialtri parta:
Merce che ’l ſuo deſtrier corre piú ſorte
Non mira Orlando a quella plebe baſſa
Vuole il fellon nò glialtri porre a morte
Ma il ſuo deſtrier ſi al corſo poco vale
Ch reſtio fèbra, e chi ſugge habbia l’ale
[73]
D’una in vn’ altra via ſi leua ratto
Di viſta al paladin, ma indugia poco
Che torna co nuoue armi: che s’ ha fatto
Portare in tanto il cauo ferro e il fuoco,
E dietro vn canto portoli di piatto:
l’attende come il cacciatore al loco
Co i cani armati e con lo ſpiedo attende
Il ſier Cingial che ruinoſo ſcende,
[74]
Che ſpezza i rami: e fa cadere i farti,
E ouunque drizzi l’orgogli oſa ſronte:
Sembra a tato rumor che ſi ſracaſſi:
La ſelua intorno: e che ſi ſuella il monte,
Sta Cimoſco alla porta: accio non parti
Senza pagargli il ſio l’audace Conte:
Toſto ch’appare allo ſpiraglio tocca
Col fuoco il ferro, e ql ſubito ſcocca.
[75]
Dietro lampeggia a guiſa di baleno:
Dinazi ſcoppia, e mada in aria il tuono:
Triema le mura, e ſotto i pie il terreno:
Il ciel ribomba al pauentoſo ſuono:
L’ardete ſtral che ſpezza e venir meno
Fa ciò ch’incótra, e da a neſſun pdono:
Sibila e ſtride: ma come e il deſire
Di quel brutto affaffin: non va a ferire.
[76]
O ſia la fretta, o ſia la troppa voglia
D’uccider quel barò ch’errar lo faccia.
O ſia che il cor tremando come ſoglia
Faccia iſieme tremare e mani e braccia,
O la bontá diuina, che non voglia
Che ’l ſuo fedel campion ſi toſto giaccia
Quel colpo al vètre del deſtrier ſi torſe
Lo caccio í terra onde mai piú nò ſorſè,
[77]
Cade a terra il cauallo e il caualliero,
La preme l’un, la tocca l’altro apena:
Che ſi leua ſi deſtro, e ſi leggiero
Come creſciuto gli ſia poſſa e lena:
Quale il Libico Antheo ſemp piú fiero
Surger ſolea da la percoſſa arena,
Tal furger parue, e che la ſorza, quando
Tocco il terren, ſi radoppiaffe a Orlado.
[78]
Chi vide mai dal ciel cadere il ſoco
Che co ſi horrèdo ſuon Gioue diſſerra?
E penetrare, oue vn richiuſo loco
Carbon co zolfo e con ſalnitro ferra?
Ch’ apena arriua, a pena tocca vn poco:
Clí par ch’auapi il ciel non che la terra:
Spezza le mura, e i graui marmi ſuelle,
E fa i faſſi volar fin’ alle ſtelle.
[79]
S’ imagini che tal poi che cadendo
Tocco la terra il Paladino foſſe,
Con ſi fiero ſembiante aſpro & horrèdo:
Da far tremar nel ciel Marte ſi moſſe:
Di che ſmarito il Re Friſon torcendo
La briglia in dietro per ſuggir voltoſſe:
Ma gli ſu dietro Orlando con piú fretta,
Che non eſce da l’arco vna ſaetta.
[80]
E quel che non hauea potuto prima
Fare a cauallo, hor fará eſſendo a piede
Lo ſeguita ſi ratto, ch’ogni ſtima
Di chi noi vide ogni credenza eccede,
Lo giunſe in poca ſtrada, & alla cima
In- l’elmo alza la ſpada, e ſi lo ſiede,
Che gli parte la teſta fin’ al collo,
E in terra il manda a dar l’ultimo crollo.
[81]
Ecco leuar ne la citta ſi ſente
Nuouo rumor, nuouo menar di ſpade:
Che ’l cugin di Bireno con la gente
C hauea condutta da le ſue contrade:
Poi che la porta ritrouo patente:
Fra venuto dentro alla cittade,
Dal paladino in tal timor ridutta,
Che ſenza itoppo la può ſcorrer tutta.
[82]
Fugge il populo in rotta: che no ſcorge
Chi queſta gente ſia: ne che domandi:
Ma poi ch’uno & vn’ altro pur s’accorge
All’habito e al parlar che ſon Selandi,
Chiede lor pace, e il ſoglio biaco porge
E dice al capitan che gli comandi,
E dar gli vuol contra i Friſoni aiuto:
Che ’l ſuo duca i prigion gli ha ritenuto.
Quel popul Tempre ſtato era nimico
Del Re di Friſa, e d’ogni ſuo ſeguace:
Perch morto gli hauea il Signore ático:
Ma piú pch’era ingiuſto empio e rapace,
Orlando s’ interpoſe come amico
D’ ambe le parti e fece lor far pace,
Lequali vnite non laſciar Friſone,
Che non moriſſe, o non foſſe prigione.
[84]
Le porte de le carcere gittate
A terra ſono, e non ſi cerca chiaue,
Bireno al conte con parole grate
Moſtra conoſcer l’obligo che gli haue,
Indi inſieme e co molte altre brigate,
Se ne vano oue attéde Olympia in naue,
(Coſi la donna: a cui di ragion ſpetta,
Il dominio de l’Iſola era detta.)
[85]
Quella che qui Orlando hauea gdutto.
Non con penſier che far doueſſe tanto,
Che le parea baſtar che poſta in lutto
Sol lei: lo ſpofo haueſſe a trar di pianto,
Lei riueriſce e honora il popul tutto,
Lungo farebbe a ricontarui quanto
Lei Bireno accarezzi, & ella lui:
Quai gratie al Conte rendano ambidui,
[86]
Il popul la Donzella nel paterno
Seggio rimette: e fedeltá le giura,
Ella a Bireno a cui con nodo eterno
La lego Amor d’ una catena dura:
De lo ſtato e di ſé dona il gouerno:
Et egli tratto poi da vn’ altra cura
De le ſortezze e di tutto il domino
De l’Ifola guardian laſcia il cugino.
[87]
Che tornare in Selandia hauea diſegno,
E menar ſeco la fedel conſorte,
E dicea voler fare indi nel regno
Di Friſa, eſperientia di ſua ſorte,
Perche di ciò l’aſſicuraua vn pegno
Ch’ egli hauea I mano, e lo ſtimaua ſorte
La ſigliuola del Re, che ſra i captiui
Che vi fur molti hauea trouata quiui.
[88]
E dice ch’eglivuol ch’un ſuo germano
Ch’era minor d’etá, l’habbia per moglie,
Quindi ſi parte il Senator Romano
Il di medeſmo che Bireno ſcioglie,
Non volſe porre ad altra coſa mano
Fra tante e tante guadagnate ſpoglie,
Se no a quel tormento e’ habbian detto,
Ch’ai ſulmine aſſimiglia in ogni effetto.
[89]
l’intention non giá perche lo tolle
Fu per voglia d’ uſarlo in ſua difeſa,
Che ſempre atto ſtimo d’ animo molle
Gir co vataggío in qual ſi voglia impſa,
Ma p gittarlo in parte, onde non volle,
Che mai poteſſe adhuom piú fare oſſeſa
E la polue, e le palle, e tutto il reſto:
Seco porto ch’apperteneua a queſto.
[90]
E coſi poi che ſuor de la Marea
Nel piú profondo mar ſi vide vſcito,
Si che ſegno lontan non ſi vedea
Del deſtro piú ne del finiſtro lito,
Lo tolſe, e diſſe accio piú non iſtea
Mai cauallier per te d’ eſſere ardito:
Ne quato il buono vai mai piú ſi vanti
Il rio per te valer: qui giú rimanti.
[91]
O maladetto o abominoſo ordigno
Che fabricato nel Tartareo fondo
Foſti per man di Belzebū maligno,
Che ruinar per te diſegno il mondo,
AH’inſerno onde vſciſti ti raſigno,
Coſi dicendo lo gitto in profondo,
Il vento in tanto le gonſiate vele
Spinge alla via de 1* Iſola crudele.
[92]
Tanto delire il paladino preme
Di ſaper ſé la donna iui ſi truoua,
Ch’ama assai piū ch tutto il mòdo ilieme
Ne vn’hora ſenza lei viuer gli gioua,
Che s’in Hibernia mette il piede, teme
Di no dar tempo a qualche coſa nuoua,
Si ch’abbia poi da dir in vano, ahi laſſo:
Ch’ai venir mio no affrettai piū il paſſo.
[93]
Ne ſcala in Inghelterra ne in Irlanda
Mai laſcio far: ne ſui contrario lito,
Ma laſciamolo andar doue lo manda
Il nudo arcier che l’ha nel cor ferito,
Prima ch piū io ne parli, io vo in Olada
Tornare e voi meco a tornami inuito,
Che come a me: ſo ſpiacerebbe a voi:
Che quelle nozze ſoſſon ſenza noi.
[94]
Le nozze belle e ſontuoſe fanno:
Ma non ſi ſontuoſe ne ſi belle,
Come in Selandia dicon che faranno,
Pur non diſegno che vegnate a quelle,
Perche nuoui accidenti a naſcere hano
Per diſturbarle: de quai le nouelle
All’altro canto vi faro ſentire
S’ali’ altro canto mi verrette a vdire.