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Prima ch’altro diſturbo vi ſi metta,
Tolto ql che piú vale e meno peſa,
Il mio cOpagno al mar mi cala in fretta
Da la fineſtra a vn canape foſpefa,
La doue attento il ſuo fratello aſpetta
Sopra la barca e’ hauea in Fiadra preſa,
Demmo le vele a i vèti: e i remi all’acq?
E tutti ci faluian come a Dio piacque.
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Non ſo ſé ’l Re di Friſa piú dolente
Del figliol morto, o ſé piú d’ ira acceſo
Foſſe contra di me: che ’l di ſeguente
Giunſe la doue ſi trouo ſi oſſeſo,
Superbo ritomaua egli e ſua gente
De la vittoria: e di Bireno preſo:
E credendo venire a nozze e a feſta
Ogni coſa trouo ſcura e funeſta.
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La pietá del ſigliuol, l’odio e’ haueua
A me: ne di ne notte il laſcia mai:
Ma perche il pianger morti non rileua
E la vendetta sfoga l’odio assai,
La parte del penſier ch’effer doueua
De la pietade in ſoſpirare e in guai:
Vuol che co l’odio a inueſtigar s’unifea
Coe egli m’habbia í mano, e mi punifea
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Quei tutti che ſapeua e gli era detto
Che mi ſoſſino amici: o di quei miei
Che m’haueano aiutata a far l’effetto:
Vcciſe, o lor beni arſe: o li ſé rei,
Volſe vecider Bireno in mio diſpetto:
Che d’altro ſi doler non mi potrei:
Gli parue poi ſé viuo lo teneſſe
Ch p pigliarmi in ma la rete haueffe.
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Ma gli propone vna crudele e dura
Condition, gli fa termine vn’ anno,
Al ſin del qual gli dará morte oſcura
Se prima egli per ſorza o per inganno
Con amici e parenti non procura:
Con tutto ciò che pOno e ciò che fanno:
Di darmigli in prigion: ſi che la via
Di lui ſaluare e ſol la morte mia.
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Ciò che ſi poſſa far per ſua ſalute:
Fuor ch pder me ſteffa, il tutto ho fatto,
Sei caſtella hebbi i fiádra, e l’ho vedute,
1 I poco o ’l molto jizzo ch’io n’ho tratto
l’arte tentando per perſone aſtute
I guardiani corrompere, ho diſtratto,
E parte per far muouere alli doni
Di fili’ empio, hor gl’Ingleſi, hor gli Alamani
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I mezi, o che non habbiano potuto,
che non habbian fatto il douer loro,
M’hanno dato parole e non aiuto:
1 (prezzano hor ch n’han cauato l’oro,
E preſſo al ſine il termine e venuto,
Dopo ilqual, ne la ſorza ne ’l theſoro
Potrá giunger piú a tèpo, ſi che morte
E ſtratio (chini al mio caro conſorte.
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Mio padre, e miei ſratelli, mi ſon ſtati
Morti p lui, per lui toltomi il regno,
Per lui quei pochi beni che reſtati
M ’fiati del ; iuer mio ſoli foſtegno:
Per trarlo di prigione ho diſipati:
Ne mi reſta hora i che piú far diſegno,
Se no d’ adarmi io ſteffa in mano a porre
Di ſi crudel nimico, e lui diſciorre,