Lo speziale/Nota storica

Nota storica

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Atto III

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NOTA STORICA

Prima di parlare dello Speziale, è necessario accennare a due drammi attribuiti da qualche bibliografo, in tutto o in parte, al Goldoni. Il primo è questo:

IL | PAZZO GLORIOSO I Dramma Giocoso per Musica | da rappresentarsi | nel Teatro Tron | di S. Cassiano. | L’autunno dell’anno 1753. || In Venezia, MDCCLIII. | Appresso Modesto Fenzo. - pp. 60, in-12. — Personaggi: Berenice figlia di don Ferrante, Flaminio amante di Berenice, Lisetta moglie di Pasquariello, Don Ferrante padre di B., uomo facoltoso d’umor stravagante, Camillo amante di B., suo finto cameriere, Pasquariello canta istorie e raggiratore, Eugenia cameriera di B. “La Scena è un Villaggio vicino a Napoli”. “La Musica è del Sig. Gioacchino Cocchi Maestro delle Figlie del Pio Conservatorio degli Incurabili”. Il poeta è taciuto.

Di quest’opera non fanno ricordo nè lo Spinelli, nè il Musatti. Nel famoso Cattalogo di tutti li Drami ecc. di provenienza Rossi, codd. 1613-1614 presso la Marciana di Venezia, si ignora il nome dell’autore (e però lo tace anche il Wiel): ma nel Catalogo purgatissimo di tutti li drammi per musica ecc. d’Antonio Groppo, cl. VII, cod. 2326, pure nella Marciana, così si legge:”Poesia Palombra [sic] accomodato dal Goldoni" (comunicazione fattami dal fratello Tullio). Soltanto lo Schatz, nelle note raccolte dal Sonneck nel suo catalogo a stampa, afferma che il testo del Pazzo glorioso conrisponde allo Stravagante di Liviano Lantino, ossia di Giovanni Villano, rimaneggiato tuttavia dal Goldoni (Catalogue of Opera librettos printed before 1800, Washington, 1914, vol. I, p. 858): ma dello Stravagante ricorda soltanto le recite nel Teatro dei Fiorentini a Napoli nell’autunno 1761 e nel carnevale 1764, con la musica del Piccinni (p. 1038: il Bustico, nella sua bibliografia dei Drammi del Goldoni, s’accontenta di ripetere il S., non senza errori). Ora lo Stravagante del Villano, come indica il Florimo, venne musicato la prima volta nel 1748 dal maestro Andrea Costa e rappresentato in quella primavera nel teatro Nuovo di Napoli (La Scuola Musicale di Napoli e i suoi Conservatori, Napoli 1881, vol. IV, pp. 118-119). I personaggi sono: D. Aspremo, Votafuoglio, Berenice, Flaminio, Eugenio, Cianniello, Lisetta (ivi); e corrispondono a quelli del libretto musicato dal Piccinni, che nell’edizione 1764, ricordata pure dal Sonneck, è così intitolato:

LO | STRAVAGANTE | Commedia per musica | da | rappresentarsi | nel Teatro dei Fiorentini | nel Carnevale di | quest’anno 1764 || In Napoli MDCCLXIV. | Per Vincenzo Marzola-Vocola | Stampatore alla Pietà de’ Torchini. - cm. 15 X 8.5, pp. 71. — Personaggi: "Lisetta moglie di - Votafuoglio cantafavole raggiratore - D. Aspremo gentiluomo stravagante - Berenice figlia del sud.o e amante di - Flaminio amante di Berenice - Eugenia altra [p. 282 modifica]figlia di D. Aspremo - Fabiano finto mastro di casa - Serplna serva di D. Aspremo". Devo questa comunicazione al gentilissimo dottor Ulderico Rolandi, il quale m’avverte come i più importanti personaggi, Lisetta, Votafuoglio, D. Aspremo, Fabiano, parlino in dialetto napoletano: solo verso la fine Lisetta ricorre al bergamasco e canta qualche arietta italiana. Strano, perchè l’azione si svolge “in un villaggio di Bologna”.

Che lo Stravagante del maestro Costa uscisse mai di Napoli, non pare: molto più fortunato, il Pazzo glorioso del maestro Cocchi fu ripetuto a Sinigaglia nell’estate del 1754 (Radiciotti, Teatri, musica ecc. in Sinigaglia, ed. Ricordi, 1893, p. 45), a Firenze nel 1755, a Monaco e a Bologna nel ’58 (v. libretti presso il Liceo Musicale di Bologna e il Catalogue Sonneck: da non confondere col Pazzo glorioso attribuito al Bertati, nel 1790). — Di questo dramma così parlò G. Cosentino, a proposito della recita bolognese, senza conoscere l’autore: “Il pazzo glorioso è certo Don Ferrante, specie di Don Chisciotte in quarantesimo, che infatuato delle prodezze d’Orlando, vuol rinnovare le imprese dei paladini d’Ariosto, òli monta il capo un ciurmadore per nome Pasquariello, che la moglie Lisetta gli fa passar per Angelica. Don Ferrante s’innamora di lei, l’altro s’ingelosisce, l’inganno è scoperto” (Un teatro bologn. del s. XVIII, Bol. 1910, pp. 102 e 109-110). L’invenzione è barocca, lo spirito mi pare volgarissimo sul genere dell’avv. Gori, non già del Goldoni.

Nella sc. 3 del I atto, Pasquariello esce sulla scena con uno "scatolone appeso davanti, pieno d’istorie, carte, libri di romanzi, con violino alle mani"; e Lisetta “con tamburo fornito di gnacchere e sonagli da vagabondi canta istorie”: li accompagna un gobbo che porta “al collo” il loro “bagaglio”. Lisetta canta una canzoncina veneziana:

Coss’è, sior canapiolo,
     Cossa voleu da mi?
     Tornè dopo tre dì
     Che no ve vedo.
Andè, che no ve credo,
     Tornè dove sè stà,
     Tornè dalle pettegole,
     Andè, ch’in tante fregole
     Ve mando a far squartar.

Sior scartozin de pevere,
     Più bezzi no gli’ avè,
     E per questo tornè
     Da Momoletta.
Ma chi la fa l’aspetta,
     Tornè dove sè stà,
     Tornè dalle pettegole,
     Andè ch’in tante fregole
     Ve mando a far squartar.

Anche questo è lo stile piuttosto del Gori che del Goldoni, e il nome di Momoletta ci fa ricordare un Intermezzo appunto del Gori nel 1735 (vol. XXVI, p. 56). Sapore goldoniano ha soltanto l'aria di Lisetta nella sc. 4, a. I:

Non son tanto semplicetta
     Qual credete, signor no.
     Or son furba, ed or son schietta.
     Or modesta, ed or svegliata,
     Or mi fingo appassionata,
     Per poter qualche merlotto
     Sempliciotto spiumacchiar.

Fo da dama e da guerriera,
     Son quietona, e son altera,
     Ora grido, ed ora taccio,
     Ora priego, ed or minaccio.
     Basta, basta, son maestra
     E so l’arte di gabbar.

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Curiosa quella del cantastorie Pasquariello, nella scena seguente:

     Chi si diletta d’istorie belle.
     Cose novelle chi vuol saper?
     Ch'esca di fuori, ch'io tengo cose
     Nuove e curiose che dan piacer.

Tengo la storia di Chiara Stella,
     Venere bella, Marte guerrier.
     Tengo il somaro con il collaro.
     L'orso notaro pure ci sta.
     Tengo Marfisa, tengo Ruggiero,
     Guido e Oliviero tutti son qua.

Nella penultima scena Lisetta appare travestita da governatore e giudice napoletano, e Pasquariello da dottor bolognese; e qui i due dialetti si frammischiano col latino maccheronico di don Ferrante, che si finge notaro.

Quali mutazioni propriamente si introducessero nel Pazzo glorioso non so dire, non avendo veduto la prima stampa dello Stravagante del Villano, che il Groppo nel suo Catalogo confuse con Antonio Palomba, poeta più noto, dal quale il nostro commediografo aveva cavato la Scuola moderna, musicata dal Cocchi: (vol. XXVII). Certo è sparito quasi del tutto dal dialogo il dialetto di Napoli: ma sono rimasti, com’è evidente, i personaggi. Il Pazzo non si trova in nessuna raccolta di drammi goldoniani. Del Villano (o Villani) si ricordano a Napoli altre opere buffe: Il Leandro, musicato dal Logroscino, nel 1744; Le Innocenti gelosie, dal Sellitti, 1744; L’Equivoco, dal Piccinni, 1764; Il Medico e Li Burlati, 1767 (comunicazione di 0. Rolandi: v. Florimo, l. c.).

LI MATTI | PER AMORE | Dramma Giocoso per Musica | Da Rappresentarsi | nel Teatro Grimani | di S. Samuel | L’Autunno dell’Anno 1754. | Dedicato all’Eccellentissime | Dame Veneziane. || In Venezia, MDCCLIV. | Presso Modesto Fenzo. | Con Licenza de’ Superiori. - pp. 60, in-12. — Personaggi. Parti serie: "Eugenia, amante di Lelio, finta cameriera in casa del di lui zio; Lelio, giovane bolognese, amante già d’Eugenia, e poi di Camilla". Parti buffe: "Fazio Tondi, lucchese; Lisetta, fruttaiola, amante prima di Mosca e poi di Fazio; Mosca, camerier d’osteria di nazione lucchese; Camilla, amante di Ridolfo; Ridolfo, innamorato di Eugenia ". "La Musica è del Celebre Maestro Sig. Gioachino Cocchi Accademico Filarmonico".

Anche questo dramma non si trova in nessuna delle raccolte di opere giocose del Goldoni e non porta nella stampa, come nemmeno il Pazzo glorioso, il nome arcadico di Polisseno Fegejo: tuttavia al Goldoni lo assegnano lo Spinelli (Bibl.ia Gold., Milano, 1884, p. 187), il Musatti (I drammi musicali di C. G., Venezia, 1902, p. 28) e il Bustico (Drammi, cantate ecc. di C. G., dalla Riv. delle Bibl.e e degli Archivi, III, 1925, p. 42). Il Wiel ignora l’autore del libretto (I teatri musicali venez. ecc., Ven. 1897, p. 197). Nel cit. Catalogo del Groppo, presso la Marciana, ov’è segnato col n. 929, ultimo dei tre drammi rappresentati nell’autunno 1754 a S. Samuele, si legge: "Poesia Goldoni - Musica Cocchi". La stessa indicazione si trova nel Cattalogo ecc. di provenienza Rossi, ma un’altra mano vi pose più tardi accanto, in matita, un punto interrogativo (comunicazione di Tullio Ortolani). — [p. 284 modifica]

Anche questa volta lo Schatz scoperse la derivazione dei Matti per amore da Amor vuol sofferenza di Gennaro Antonio Federico (Sonneck, Catalogue, p. 744). Il dramma del notissimo autore della Serva padrona fu rappresentato nell’autunno del 1739 a Napoli, nel teatro Nuovo, con musica ai Leonardo Leo (Florimo, La scuola musicale di Napoli ecc., Napoli, 1881, vol. IV, pp. 114-115; v. un brevissimo cenno nell’Opera buffa Napol. di M. Schedilo, Collez. Settec. Sandron, 1916, p. 219) e a Firenze nel 1742 (v. libretto presso la Bibl. del Liceo Music, di Bologna) ma corse più fortunato sotto il titolo di Finta Frascatana (v. libretto c. s. per la recita a Bologna in data 27 genn. 1748, come ricorda pure il Diario del Galeati: da non confondere con la Frascatana del Paisiello, 1776) o anche popolarmente con quello di Cioè, dal personaggio principale, certo Fazio Tonti lucchese, che “poco concrude e a ogni tre parole nce schiaffa no cioè” (v. Giac. Leo, Leonardo Leo musicista del s. XVIII, Napoli, 1905, cit. da A. Della Corte, L’Opera Comica It. nel ’700, Bari, 1923, vol. I, p. 79. - La partitura dell’opera trovasi nell’Archivio Music, di Montecassino: v. Ed. Dagnino, in Casinensia, Montecassino, 1929, p. 284).

Il libretto è ben povero di spirito e arruffato. Anche qui, come nell’antica commedia degl’Ingannati (1531) e come nella Donna di garbo del Goldoni e in cent’altre favole teatrali, una fanciulla tradita si fa serva in casa dell’amante infedele per riguadagnarne l’affetto. La nota comica è questa, che Eugenia, finta frascatana sotto il nome di Ninetta, ama il giovane romano Alessandro, ma costui è innamorato di Camilla, la quale poi ama il genovese Ridolfo, e questi a sua volta sospira per l’Eugenia, mentre lo sciocco Fazio arde d’amore per tutte, compresa l’ortolana Vastarella (detta Pimpinella nella Finta Frascatana), che, amata dal Mosca, vezzeggia con Fazio per sedurlo. Una ridda dunque di non corrisposti amori, non certo nuova nel nostro teatro, alla quale manca soltanto l’arte dell’autore per riuscire davvero buffa e piacevole, o anche amara. È strano che nessun poeta sia mai riuscito a dar vita a questa farsa della follia umana. La musica del Leo entusiasmò il De Brosses, giovane e intelligente viaggiatore, che seppe apprezzare la nostra opera comica ai suoi inizi, rappresentata dal Pergolesi, dal Leo e dal Latilla. “Nous avons eu quatre opéras à la fois” scrive da Napoli nella sua lettera del 18 nov. 1739”sur quatre théâtres différents. Après les avoir essayés successivement, j’en quittai bientôt trois pour ne plus manquer une seule représentation de la Frascatana, comédie en jargon, de Leo... Quelle invention! quelle harmonie! quelle excellente plaisanterie musicale! Je porterai cet opéra en France” (cito dall’ed. 1869, Paris, Libr. Académique, vol. I, p. 347, delle Lettres familières).

Nessuna meraviglia che il Cocchi fosse invogliato a musicare il medesimo libretto, che nella nuova veste s’intitolò più giustamente I matti per amore (e invero nella Finta Frascatana, ed. bolognese, Ridolfo compare nel II atto “in abito di pazzo”) da non confondere con i Finti pazzi per amore musicati da Rinaldo da Capua, dal Mortellari, dal Sacchini: v. vol. XXVI, pp. 375-376). I personaggi sono rimasti quelli stessi con gli stessi caratteri, solo cambiato qualche nome: la scena è trasportata dalla campagna napoletana in una villa del Bolognese, a Samoggia, che il Goldoni doveva conoscere. [p. 285 modifica]

Ritroviamo versi e arie sia di Amor vuol sofferenza, sia della tinta trascatana, ma il testo corre più libero dopo il primo atto, come sempre succede. Anche qui però difetta lo spirito comico. Nell’ultima scena del II atto il Mosca ingelosito canta una canzonetta “in lingua veneziana”:

Belle putte veneziane.
     Saverè per vostra regola
     Che se sposa una pettegola
     E la tiol un babbuin.
Vardè là... Cara culìa
     Voga, premi, stali e scia.
     No ghe penso un bagattin.

Belle putte, via canteghe,
     All’usanza veneziana,
     De so nona nina nana
     Che mi sono el chitarin.

E Lisetta (che corrisponde a Vastarella) così replica:

Belle putte veneziane
     Non savè che sto sbasìo
     Con quel muso incocalio
     EH galante ancuo me fa.
Vardè là sto strupia scóvoli
     Che ha la scorza come i bòvoli.
     Cosa in testa gh’è saltà.

Via, soneghe una furlana,
     Una forca che l’impicca.
     El so diavol che lo scana,
     E mandèlo fin a Stra.

Sono del Goldoni questi versi? Se il nostro autore rimaneggiò il libretto del Federico, dovette farlo nella quaresima, appena finito il Filosofo di campagna, e prima di partire per Modena dove lo colpì la malattia nervosa che per cinque mesi lo costrinse al riposo. Ma nulla possiamo affermare. Solo si sa che i Matti per amore del Cocchi furono replicati a Modena nell’estate del ’55 (con un nuovo titolo. Il Signor Cioè: Gandini, Cronistoria ecc., Modena, 1873, P. I, p. 102), e nel ’64 nel R. Teatro di Berlino (v. Sonneck, l. c., p. 744), ma non ebbero gran fortuna. Leggiamo ancora queste ariette, che sono le cose più originali del libretto: l’una sentimentale e metastasiana di Lelio che si confida con Mosca (a. II, sc. 1):

Dille che peno e l’amo,
     Che cerco amor da lei.

     Che molto dir vorrei,
     Ma il cor tacer mi fa.

L’altra scherzosa, di Ridolfo (a. II, sc. 7):

Non ho flemma, io l’amo tutte,
Siano belle, siano brutte.
Qualche bella mi dispiace.
Qualche brutta assai mi piace.
     Sempre è buono, sempre è bello

     Tutto quel che piace a me.
     Donne belle, donne care.
     Dell’amar, del non amare.
     Questo è il Libro del perchè.

Ecco una del povero Fazio a Lisetta (a. II, se. 16):

Quegl’occhietti piagnolenti
     Fa che io veda un po’ ridenti.
     Non mi far più intenerir.
Ah tu ridi, galeotta.
     Ti conosco, furbacchiotta,

     Ma ti voglio castigar.
Ho burlato... vieni qua,
Bada a me; cioè m’ascolta.
     Ma tu ridi un’altra volta
     E m’hai fatto
già imbrogliar.

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Lasciamo cantare a Lelio la canzone dell’incostanza, così gradita ai Settecento (a. III, sc. 7):

Del cor padrone io sono:
     Dove mi par lo volgo:
     A questa qui lo dono,
     A quella là lo tolgo:
     Suo danno a questa e a quella,

     Che imprigionar noi sa.
La libertade è bella:
     E un cor che sia volubile,
     È sempre in libertà.

E infine un altro scherzo di Ridolfo (a. Ili, se. 8):

Una maschera è la vita
     Da mattina sino a sera.
     Quanti il viso hanno di cera
     Che di pece avranno il cor.

Quando in maschera vi vedo,
     Donne belle, non vi credo.
     E vi son ben servitor.

Lo Speziale fu scritto dal Goldoni nella primavera del 1752 a Bologna, come si legge nell’avvertenza (p. 228), per preghiera di due cantanti, il Baglioni e il Carattoli, devoti al commediografo veneziano. Chi era il compositore e su qual teatro doveva cantarsi la nuova opera? - Una fra le più fortunate delle sedici commedie goldoniane fu appunto Lo Speziale o sia la Finta ammalata (vol. V), che inaugurò probabilmente la stagione di carnovale a Sant’Angelo, ai 26 dicembre 1750. Può darsi che molto piacesse anche al pubblico bolognese nel ’52, e che perciò i due famosi buffi suggerissero all’autore di cavarne una farsa per musica. Non sappiamo per quali cause si ritardasse tanto l’esecuzione: forse la colpa è del maestro Vincenzo Pallavicini che musicò soltanto il primo atto. Nell’edizione Zatta si legge che il dramma fu “rappresentato per la prima volta in Venezia l’anno 1753”, ma dobbiamo crederlo un errore del tipografo. Vero è che un esemplare del libretto, presso la Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna, reca il frontespizio seguente:

LO SPEZIALE | dramma giocoso per musica I Con Licenza de9 Superiori - pp. 46, in-12.

La stampa corrisponde in tutto a quella del 1755: solo mancano i nomi dei cantanti e dei ballerini, e perciò la prima scena comincia a pag. 6 invece che a pag. 8, e il dramma finisce a pag. 46 invece che a pag. 48. Lo strano poi è questo, che nella terza pagina, in luogo della dedica dell’impresario alle Nobilissime Dame, troviamo l’avvertenza A chi legge proprio con le medesime parole della stampa 1755 (solo è detto malamente che il Filosofo “lo ha scritto di Quaresima passata”), cioè con l’allusione alla malattia nervosa da cui il Goldoni fu colpito nella primavera! Si può pensare, per ipotesi, che lo Speziale si dovesse recitare nel carnevale 1754 e che fosse già pronta la stampa del libretto: si sarebbe poi aggiunta l’anno dopo, in alcuni esemplari non distrutti, l’avvertenza al lettore. Si sa come nell’ottobre del ’54 il Goldoni, del quale era corsa la voce sulle lagune che fosse morto, ritornasse a Venezia [p. 287 modifica]portando seco soltanto una commedia nuova per la compagnia di S. Luca (v. l’Introduz. per la prima recita ecc. nel vol. XI, pp. 211-212). Di qui la sdegnosa giustificazione preposta allo Speziale contro la gente “oziosa e maligna” che lo accusava ai aver trascurato il teatro a cui il dovere lo legava, “per lucrare” con i teatri “di musica”.

Numerosissime erano a Venezia le farmacie: oltre cento nel secolo XVII e più di novanta ai tempi del Goldoni (G. Dian, Cenni storici sulla Farmacia Veneta ecc. P. 5.a, Venezia, 1905, pp. 26-27). In quella ben nota dell’Aquila Nera, in campo S. Salvador, frequentavano, con molti altri, il N. U. Marcantonio Zorzi, poeta vernacolo, il p. Lodoli, bizzarro architetto, il tipografo Pasquali, il Goldoni stesso e due fra i suoi più cari e fidi amici, l’incisore Zanetti e l’abate Sciùgliaga (vedi B. Brandii, Una farmacia veneziana del 1700, in Marzocco dal 12 luglio ai 27 settembre 1925; e Una farmacia goldoniana, in Gazzetta di Venezia, 20 sett. 1925). N’era proprietario certo Francesco Rigoni, buon uomo, che abbandonava la cura di tutto a uno scaltro suo agente. Non crediamo però che fosse proprio questo il modello dello speziale Agapito. Troppi altri dovette conoscerne il Goldoni fin dalla prima età; e forse esiste ancora in qualche farmacia di campagna più di un discendente, fanatico per i fogli quotidiani. Del resto non erano nuovi gli speziali nel teatro italiano: basta pensare al Candelaio del Brano. Credo che il dottor veneziano non conoscesse Lo Speziale in villa, dramma per musica di Gio. Cosimo Villifranchi (di Volterra, 1646-1698), ridotto in prosa col titolo di Cartoccio speziale (M. Bencini, Il vero G. B. Fagiuoli, Frat.i Bocca, 1684, p. 148 e Isodoro Carini, L’Arcadia ecc., Roma, 1891, p. 489), ma dovette leggere da fanciullo a Venezia la commedia del Pantalon spetier di Gio. Bonicelli (Bonvicin Gioanelli) stampata in principio del Settecento (Mazzucchelli, Scrittori d’Italia, vol. III, p. 3. e Cicogna, Inscrizioni Venez., voi. Ili, p. 250) in cui l’azione si svolge con qualche vivacità nell’interno d’una spetiaria (E. Re, La commedia venez. e il Gold., in Giorn. St., vol. LVIII, 1911, fasc. 3, p. 375) e quello dell’Ammalato immaginario (1701) che lo stesso autore e dottore”in ambe le leggi” ricavò da Molière, facendo parlare in veneziano lo speziale Acquacotta (Toldo, L9 oeuvre de Molière, Turin, 1910, pp. 268-269; v. anche l’Ammalato immaginario ecc. del libraio Cristoforo Boncio: ivi, 266-267).

Molière fu invero la fonte letteraria del Goldoni, quando scrisse la Finta ammalata, ma Agapito riuscì una creazione del tutto originale, come osservò molto bene il Maddalena (voi. V, p. 490), e Agapito forma ancora oggi, più del buon Pantalone, la nota caratteristica e geniale di quella esilarante commedia-farsa. Costretto a passare nell’opera in musica, col nome di Sempronio, non potè conservare la sordità, perdette in parte il sapore comico, si confuse nella monotona schiera dei tutori che per amor del denaro vogliono sposare la giovane pupilla e si trovano alla fine delusi e derisi (v. le note delle due Pupille: della commedia, vol. XIV, e dell’Intermezzo, vol. XXVI). Pure la sua mania per le gazzette ci fa sorridere ancora, specialmente nell’ultima scena del primo atto, quando vuol dividere la terra e il mare fra i regnanti in guerra. Ma la buaggine di Sempronio nell’ultimo atto sorpassa i limiti della caricatura; e Lucindo sembra ripetere lo scherzo di E colitico [p. 288 modifica]al povero Bonafede che se ne va allegramente nel Mondo della Luna (vol. XXVII). — Fra le donne, graziosa la Cecchina, contadinella scaltrita; poca novità presenta Grilletta, che fa coraggio, come altre donne goldoniane, al timido Mengone: tuttavia riesce piacevole, come sempre, la scena della riconciliazione (a. III, sc. 5: v. spec. il Conte Caramella, a. III, sc. 6, vol. XXVIII). Buffo e vivace anche il finale del secondo atto, la scena dei due finti notai che ci richiama per il travestimento agli Intermezzi e alle tradizioni più belle della commedia dell’Arte. Poco spiritosi i finti Turchi nell’ultimo atto (sc. 6) che parlano il solito noioso linguaggio. Qui non comparisce nessun medico: la satira s’accontenta di scherzare sulle ricette e sui medicinali. Che avrà detto il buon Rigoni all’insegna dell’Aquila Nera? Ma degli speziali il Goldoni doveva rider ancora nel Signor Dottore (1758) e nel Ventaglio (1764, vol. XX: v. Schmidbauer, Dos Komische bei Goldoni, München, 1906, pp. 105-106).

Di Vincenzo Pallavicini, maestro di cappella nello spedale degli Incurabili a Venezia (come dice Fétis, VI, 437), che musicò il primo atto, ben poco sappiamo: certo non attese mai alla musica di teatro. Di Domenico Fischietti, probabilmente napoletano (n. 1725?), che musicò gli altri due atti, ci offre più recenti e più ampie notizie del Florimo (La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, Napoli, 1881, vol. II) il Della Corte nell’Opera comica italiana del ’700 (Bari, vol. I, pp. 119-123), togliendole dallo scritto d’uno studioso tedesco, Riccardo Englànder (in Zeitschrift für Musikwissenschaft, II, 6, 7). Questo compositore che studiò nel celebre conservatorio di S. Onofrio e cominciò ad aver fama a Napoli nel 1749 con l’Abate Collarone (o le Chiajese cantatine, del Trincherà: v. Scherillo, Opera buffa ecc., pp. 257-258) e che a Venezia fra il ’55 e il ’60 rivestì di note ben cinque libretti del Goldoni, cercò fuori D’Italia quella fortuna che non trovò mai, si recò nel ’63 a Praga, si stabilì nel ’65 a Dresda quale maestro di cappella, passò nel ’72 a Salisburgo e non sappiamo se tornasse in tarda età a morire nella sua patria. — Quanto ai cantanti che interpretarono lo Speziale, sono quelli stessi che sullo stesso teatro eseguirono nell’autunno precedente il Filosofo di campagna.

Il libretto dello Speziale reca la seguente lettera di dedica alle “nobilissime dame. — S’io sono importuno, Voi Eccellentissime Dame siete altrettanto benigne in sofferirmi, e generose in protteggermi (sic) sicchè confidato nell’animo vostro grande e generoso, v’offro il mio quinto Libretto, sperando che tuttellato (sic) dal vostro gran nome, e diffeso dal vostro Validissimo patrocinio, incontrar possa l’universale aggradimento. Voi Eccellentissime Signore sorpassate tutti i numeri della benignità, e grandezze d’animo, onde reso sicuro della protezione vostra generosa e potente, che m’è non meno utile che necessaria, coll’ossequio più riverente e rispettoso mi umilio Di V. V. E. E. Umiliss., Devotiss. Obb. Oss. Serv. L’Impressario”.

Era questa la quinta opera buffa che in quell’anno comico, 1754-55, saliva sul teatro di S. Samuele. Sette ne aveva promesso l’impresario nella dedica del Filosofo di campagna (v. pag. 216), ma delle altre due non abbiamo notizia, sì che probabilmente lo Speziale si continuò a cantare fino alla chiusura della stagione carnovalesca, forse alternato col Filosofo. Può darsi che il Goldoni avesse promesso qualche altro libretto che la lunga [p. 289 modifica]malattia gli impedì poi di scrivere. — L’opera del Pallavicini e del Fischietti fu ripetuta nell’anno stesso a Dresda, a Modena e a Milano, nel ’57 a Roma, ridotta a semplice Intermezzo, nel ’59 a Firenze, nel ’60 a Trieste, nel ’62 a Parma, nel ’64 a Piacenza, e nel ’70 ricomparve a Treviso sotto le spoglie del Bottanico (sic) novellista. Lo Speziale goldoniano fu musicato anche dallo Haydn ed eseguito nell’autunno del 1768 nel castello di Esterhaz in Ungheria (C. Musatti, I drammi musicali di C. G., p. 30): una esumazione si fece a Vienna il 29 aprile 1909, insieme con la Serva padrona del Pergolesi (G. Radiciotti, G. B. Pergolesi, Roma, 1910, p. 238). — La partitura del Pallavicini e del Fischietti trovasi nella Biblioteca Palatina di Vienna, ms. 18061, e nel Conservatorio di Bruxelles: v. Eitner, Biographisch-Bibliographisches Quellen-Lexikon der Musiker etc., Leipzig, 1901, vol. IV, p. 471 e vol. VII. P. 301.

G. O.

EDIZIONI PRINCIPALI

LO SPEZIALE | dramma giocoso per musica | DI | Polisseno | Fegejo | PASTOR ARCADE | da rappresentarsi | di S. SAMUEL. | nel Carnovale dell’Anno 1755 ecc. ecc. | in VENEZIA, mdcclv. | Presso Modesto Fenzo. - pp. 48, in-12 (v. il frontespizio e v. per la stampa del 1754 a pag. 286).

LO SPEZIALE dramma giocoso per musica, da rappresentarsi nel Nuovo Teatro di Dresda l’anno MDCCLV. Der Apotheker..., [Dresden], Gedruckt bey der verwitt.. Stoesselin und... J. C. Krausen, pp. 131, cm. 161½. Testo italiano e tedesco. (Tolgo queste notizie da O. G.T. Sonneck, Catalogue of Opera librettos printed before 1800, Washington, 1914, vol. I, p. 1025).

LO | SPEZIALE | Dramma per musica | di | Da rappresentarsi | nel teatro rangoni || In Modena, per gli Eredi di Bartolomeo | Soliani Stampatori Ducali, 1755. | Con licenza de’ Superiori - pp. 48, in-12. (Modena a C. G., Modena, 1907, pp. 236 e 421). — I cantanti sono quelli stessi del teatro di S. Samuele a Venezia (v. A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena ecc., Modena, 1873, P. I, pp. 102-103).

lo | SPEZIALE | dramma giocoso | Nel Regio Ducal Teatro | di Milano | Nell’Autunno dell’Anno 1755. | alla presenza | della Lombardia Austriaca ec. ec. ec. || in milano, Per Carlo Ghislandi. | Con licenza de’ Superiori - pp. 48, in-12. — I cantanti sono gli stessi del teatro S. Samueje che eseguirono già l’opera a Venezia e a Modena. Soltanto, nel personaggio di Lucindo, alla Taccarini è sostituita Violante Masi. “La Musica del Primo Atto è del Sig. Vincenzo Pailavicini, Accademico Filarmonico. Il Secondo e Terzo Atto è del Sig. Domenico Fischietti - Alla fine della se. 5, a. I, così canta lo speziale Sempronio: “Un satrapo nell’Indie - A far l’amor [p. 290 modifica]un dì fu ritrovato - E ’l pover uomo fu tosto impalato. — Questa è un’altra novità. - Oh sentite come sta. - Fra l’Arena di Verona - E la Torre di Cremona - Una lite si farà - Di pretesa anzianità. - L’una prova la lunghezza; L’altra prova per larghezza; - E di Roma il Collosseo (sic) - La gran lite scioglierà". E Grilletta canta nella se. 7, a. II: “Oh questa è bella! Io te l’ho detto, - Ti parlo schietto, - A’ fatti tuoi - Tu puoi badar. - Io di nessuno - Ci penso un cavolo: - Nemeno il diavolo - Mi fa tremar. Io non ti voglio, - Questa è finita, - Onde le dita - Ti puoi leccar”. Tre altre arie sono cambiate: il resto corrisponde interamente alla stampa veneziana. (Libretto presso la Bib.ca del Liceo Music, di Bol.).

lo | SPEZIALE | Dramma Giocoso per Musica | di polisseno fegejo | p. arcade | DA RAPPRESENTARSI | nel teatro | FORMAGLIARI | Nel Carnovale dell’Anno MDCCLVI. | Dedicato alle Nobilissime | DAME E CAVALIERI | DI BOLOGNA. || In Bologna, per il Sassi Successore del Benacci. | Con licenza de’ Superiori - pp. 59, in-12. - La dedica degli Associati ha la data 27 dicembre 1755. I cantanti sono quelli del S. Samuele che eseguirono l’opera a Venezia, a Modena, a Milano: anche qui troviamo Violante Masi in luogo della Taccarini. Il Carattoli porta il titolo di “Virtuoso di Musica di S. A. S. il Sig. Duca di Modena”. Musica del Pallavicini e del Fischetti (sic). Balli diretti da Monsieur G. M. Costa, eseguiti da: Giovanna Grisellini detta la Tintoretta, Elena Buttini, Lucia Lolli detta la Bergamasca, Anna Goresi, Marianna Valsecchi, M.r G. M. Costa, Gaetano Pacini, Giovanni Belmonte, Petronio Cenerini, Franc. Pacini. In generale il libretto corrisponde alla stampa di Milano: altre due arie cambiate (trovasi nella Bib.ca del L. Mus. di Bol.).

LO SPEZIALE | farsetta per musica | ALLA VALLE | Nel Carnevale dell’Anno 1757. | DEDICATA | A Sua Eccellenza la Signora Contessa | di Stainuille | ambasciatrice di francia || In Roma, Per il Puccinelli. | Con licenza de’ Superiori pp. 24, in-12. — Attori: Sempronio Bernardo Ciaranfi, Grilletta G. B. Vasquez, Volpino Gius. Giustinelli, Mengone Filippo Licini. Ingegnere e pittore delle scene G. B. Olivieri. Nella seconda parte Mengone canta quest’aria: ”Bella cosa il provo, il so, - E l’avere una compagna, - Che m’ajuti a vendemmiare, - Ad arare ed a potare. - Va là Bizzarro, - Va là Morello - Va là Chiarello, va là Viola. - E poi la festa alla villana - Far la Gagliarda, far la Frullana - Con questo e quello, con chi mi vo. - Toccala e sona la chitarrina, - La contadina ballare saprò” (è la villotta della Ghitta nella sc. 6, a. II, del Conte Caramella: vol. XXVIII, p. 344) In questa farsetta pochi versi rimasero del Goldoni. (Libretto c. s.).

LO SPEZIALE | dramma giocoso | DI POLISSENO FEGEJO P. A. | DA RAPPRESENTARSI IN FIRENZE | nel teatro | Nella Primavera dell’Anno 1759 || in firenze, MDCCLIX | Nella Stamperia di pietro gaetano viviani. | Con Licenza de’ Superiori - pp. 60, in-12. — Personaggi: Albina Clementina Baglioni, Lucindo Gaspero Savoi, Sempronio Frane. Carattoli, Mengone Antonio Boscoli, Grilletta Giovanna Baglioni, Cecchina Vincenza Baglioni, Volpino Giuseppe Secchioni. [p. 291 modifica]"La Musica è del Signor Domenico Fischietti Inventore dei balli Niccola Cambi fiorentino. Cambiate alcune arie (Libretto c. s.).

IL BOTTANICO NOVELLISTA "Dramma giocoso per musica in tre atti. Poesia di C. Goldoni. Musica di Dom. Fischietti. Rapp. al Teatro Dolfino di Treviso la primavera 1770. In Venezia, Casali, 1770,. in 12” (Salvioli, Bibl.ca univ. del teatro dramm. ital., Venezia, 1894-1901, pp. 553-554 e C. Musatti, l. c., pp. 29-30).

D’una recita nel Teatro Ducale di Piacenza, nel carn. 1764, "con musica D’un celebre dilettante”, mi avvertì il compianto amico Cesare Musatti, che tale notizia attinse dall’inedito Dizionario di tutte le opere in musica del m. Pavan. Nel 1895 lo Speziale uscì "tradotto liberamente” dal dott. Roberto Hirschfeld: “Der Apotheker. Opera buffa von Joseph Haydn 1768, Wien, Gutmann, 1895”. Vi mancano tre personaggi: Albina, Checchina, Lucindo (Musatti, l. c., pag. 30).