Le streghe del Tirolo/II
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II.
PRIMORDII DEL PROCESSO
Il secondo interrogatorio non è più per copia trasmessa,
ma in originale, ed ha luogo nel pretorio di Nogaredo. Qui
comincia la rapida jeroglifica scrittura del cancellier Frisinghello, la qual, ad eccezione degli allegati, che son tutti
autografi, Ci accompagnerà sino alla chiusa degli Atti. Leggiamo ad intestazion della pagina:
die martis XXVII novembris 1646 Nogaredi in habitatione officialis, coram nob. et spectab. d.no Judice et Delegato sedente;
constituta quædam mulier vestita infrascriptis vestimentis scilicet,
questo giorno 27 novembre 1646 a Nogaredo, nel pretorio, alla presenza del nobile e illustre signor Giudice, e del Delegato;
comparsa una femmina vestita de’ seguenti panni,
» giuppon strazzado de rassa nera, et maneghe de pano,
vesta de mezolano, berrettina frusta, grembial bianco,
e scuffia in testa;
giurò di dire la verità intorno a sè e agli altri.
Richiesta del proprio nome e stato, rispose sè esser la Menegota o Tomaseta vedova Camello; se sa il motivo del suo imprigionamento, rispose negativamente; interrogata che rapporti s’avesse colla Mercuria, ne venne a raccontare una certa disputa ch’ebbe con lei per del canape: » questo fu in strada pubblica nella piazzola di Nogarè, perch’essa mi rimproverava di tal canevo, et io la frontai, e gli dissi in che modo essa aveva l’ardire di dire che io avessi tolto tal canevo. Essa mi rispose: — non lo sai tu che l’hai rubato?
Richiesta se frequentava il palazzo del conte di Lodron, rispose:
» sì con occasione che sono andata a ricevere la carità in detto palazzo, et anca mia figlia Lucia; et a portargli dei gamberi.
Richiesta se recava un qualche segno sul corpo, rispose:
» no, e quando farà bisogno mi spoliarò alla sua presenza.
Soggiunse di proprio moto:
» cari signori non mi travagliate perchè no son la Morandina, nè altra.
Richiesta della ragione di queste parole, rispose:
» dico che no son la Morandina, perché, sebbene non la conosco, si dice però ch’essa sia una malfatora.
L’ora trovandosi tarda, l’accusata fu restituita al suo carcere per essere riassunta ad esame un altro dì.
Il 29 novembre 1646 è chiamata dinanzi al Giudice Lucia moglie di Antonio Caveden, che dichiara di far il duplice mestiere di lavoratrice ne’ campi, e di filatrice di lino a casa.
Richiesta ove si trovava quando fu arrestata, rispose:
» per mezzo la porta delli Galvagnini di Villa, che andava a chiamar mio marito: gli officiali mi legarno per il brazo drito, e mi tagliarno le trezze; dove io gli dissi — per grazia del Signor Iddio no son una stria.
Richiesta perchè dicesse questo, rispose:
» perchè ho inteso dire che quando la Mercuria fu menata prigione, gli furon tagliate le trezze dalla testa; per tal effetto mi smarrii e dissi — no son una stria. Richiesta se conosca la Mercuria, rispose:
» la conosco, anzi è una mia nemica.
Qui troviam ripetuta l’insulsa storia del canape: la conseguenza immediata di quella baruffa fu una salva di bastonate che il Caveden amministrò a sua moglie.
I due precedenti interrogatorii provan l’izze esistenti tra la Mercuria e Lucia.
Quest’ultima, interrogata se avesse dato un pomo alla Mercuria, rispose di no.
Il 30 novembre vien letta a Lucia la deposizione della Mercuria relativa al pomo; essa rispose:
» questo non è vero, nè sarà mai la verità.
Monita iterum caveata mendaciis, et a pertinacia desistat, quia Curia est satis informata quod ipsa dederit pomum prænominatæ Mercuriæ ad destructionem illustrissimæ marchionissæ pupillæ filiæ ill.mi d.ni marchionis Bevilaquæ, habitantes Villæ,
Avvertita ripetutamente che
si guardi dal mentire, e dismetta la caparbietà, trovandosi il Magistrato quanto basta informato aver essa dato
alla Mercuria quel tal pomo
acciò l’ill.ma marchesina figlia
dell’ill.mo signor marchese Bevilacqua, dimorante allora a
Villa, n’avesse a sconciarsi,
proseguì a negare. La iniquità di questo costituto è patente: vi si asserisce come certo ciò ch’è semplicemente
asserito da persona nemica, già caduta in contraddizioni.
Lucia vien indi richiesta se si associò alla Mercuria per istriare Cristoforo Sparamani.
Qui la pagina ci presenta una linea in bianco segnata nel suo mezzo da un tratto di penna orizzontale: a vedere la strana risposta che tien immediatamente dietro, così diversa dalle ostinate negative dei dì precedenti, m’induco a credere che quel tratto di penna suoni lo stesso che l’omissis di testè, cioè pretta tortura.
» Questo non è vero ch’io sia stata; ma è stata la Mercuria, può essere circa un anno e mezzo: io vi era pre sente, e mi ricordo benissimo che v’era anche la Menega moglie del quondam Valentino delli Sandri Gratiadei di Villa; et eravamo tutte in forma de gatto. Richiesta intorno questo fatto, rispose:
» dirò a Vostra Signoria come successe. Una sera ch’era d’estate, et era venuto detto signor Cristoforo a casa da Salesburgo, circa fa un anno e mezzo, io stava nella casa delle Brentegane, cioè d’Isabetta, che fu moglie del quondam Gratiadè de Villa, e fui chiamata da questa Dominica in casa sua, e trovai che vi er’anca la Maria Mercuria, e vidi che teneva un bossolo grande, come quello della polverina di voi Cancelliere, ch’era sopra una cassa presso il letto; e Menega mi disse — messeda un poco ancor tu in questo bossolino — e messedando io, gli domandai che cosa volevano fare; mi risposero tutte e due, che volevano andare dal signor Cristoforo, e conzarlo per le feste. Io gli dissi — o done se qualcun lo sapesse, poverete noi! — et esse replicarono — o bestia! chi vuoi tu che lo sappia? — e poi si spogliarono; e, perchè non mi volevo spogliare, mi toccarono nel naso, e mi convenne subito spoliarmi; e divenni piccola piccola in forma di gatto; et andassimo di compagnia in casa Sparamani, entrando per la parte della stalla di sotto; e andava sempre avanti la Menica che portava il bossolo; et arrivate dove detto Cristoforo era in letto solo, che dormiva, cominciò ad ontarlo, ajutandola sempre la Mercuria; et incominciarono dal capo sino alli piedi, nè mai esso si mosse dal suo sonno, nè io mai le ajutai; ma mi fecero stare ivi presente con la man davanti in alto reversa indietro; e fornito che avessimo, che battè circa il spacio d’una mezz’hora, ci partissimo e ritornassimo a casa della Dominica, et incominciaron a ridere e trar fuori del pane, formai et un bocal di vino; e cominciassimo a mangiare e a bere.
Sembra che l’assurdità di questo racconto colpisse lo
Diavolo conduceva sempre seco |
Sonadori che sonavano, et ve |
n'era uno che cantava - et |
la Domenega dissviò anco una |
NB. Creatura a Roveredo mà no |
mi racordo de chi - |
Iuddes Anzi detta Domenica hà rovinato anco la |
moglie qui del Castelli: et io |
era presente, et fù un giorno |
che loro era da noi a Cena, et |
fù in Cosina della Concetta. |
NB. al luogo che sarà un anno |
et mezo - mà io non vi feci |
cosa alcuna - et fù con |
una certa particolar cosa |
c'haveva in mano che gli |
diede da adorare - |
NB. Di più hà dissviato anco detta Domenica |
Gratiadei il fratello del I.° Dottor Scudellari |
Ego Joannis no.le D.r del Comiss
stesso Giudice: Lucia avea dimenticata la sua metamorfosi
in gatto per mentovare le mani: richiesta che fornisse degli
schiarimenti, rispose:
» mangiassimo, tosto che fossimo rivestite; perchè, subito tornata, mi trovai vestita delle mie vesti, parendomi che uno me le gettasse addosso. Vi er’anche uno in forma di huomo, in casa della Dominica, e a me pareva che fosse Antonio Gratiadei; ma la Mercuria mi disse ch’era il diavolo; e fu anche presente quando andassimo dallo Sparamani, et avanti, detto diavolo abbracciò la Mercuria, e Dominica, ma mi no.
Questa poca galanteria del diavolo parve singolare al Giudice, che richiese Lucia se persisteva a dire di non esserne stata abbracciata mai, rispose:
» potrebbe esser venuto in forma di mio marito.
Richiesta se sia intervenuta al congresso delle streghe, rispose:
» vi son andata più volte in compagnia della Mercuria, di Dominica, qualche volta vi veniva mia madre, e Morandina di Maran, col diavolo in forma di huomo, che ci abbracciava tutte, e poi andavamo a spasso facendo festa e ballavamo; perchè il diavolo conduceva sempre seco sonadori, e ve n’era uno che cantava. La Dominica striò una creatura a Roveredo, non mi ricordo di chi; anzi la detta ha rovinato anca la moglie qui di voi signor Cancelliere...
Il manoscritto tradisce in questo punto la commozione che s’impossessò del povero Scrivano; la sua penna solitamente così sicura, ha segnato uno scarabocchio; ed è ben naturale che una crucciosa sorpresa avesse a coglierlo a quella inattesa rivelazione: ha egli ripetuto tre volte in margine la sigla del nota bene (N. B.) che serve di richiamo all’attenzione; e a piè di pagina, trattandosi di caso che riguardava direttamente il Cancelliere, il giudice Ropele appose la propria sottoscrizione. Lucia prosegue così la sua deposizione:
» et ero io presente, un giorno ch’eravate via a cena; e fu in cucina della cancelleria al fuoco, che sarà un anno e mezzo, e fu con una certa particolar cosa che aveva in mano, che gli diè da odorare. Di più, detta Dominica ha striato il fratello del dottore Scudellari di Roveredo, il quale studiava a Trento, et è morto per questo effetto: me lo ha detto Dominica in occasione che siamo state a spasso in compagnia.
L’interrogatorio prosegue senza che vi riscontriamo indizii di torture; epperò dovettero trovarvisi prodigate; ella è questa una deduzione che facciamo per le stramberie, e contraddizioni che vi abbondano: le accuse che Lucia va moltiplicando sono inique, ed anco ridicole a forza d’esser assurde; ne’ diportamenti e nelle parole di questa vilissima femmina spiccano le violenze esercitate su lei, mercè le quali si trovò caduta in parossismi di spavento. Orribil è l’interrogazione a cui la sciagurata risponde:
» sì che anca la madre mia è una stria formale, perchè è venuta ancor essa con noi in compagnia.
Richiesta se a suo marito fosser noti i suoi vagamenti notturni, rispose negativamente.
Quibus habitis fuit dimissum examen, et spectabilis dominus Judex relaxavit capturam contra Dominicam viduam q.m Valentini Gratiadei, obtentis contra eam indiciis clarioribus.
Dopo di chè fu dato fine al costituto, e il signor Giudice rilasciò mandato di cattura conto Domenica vedova del fu Valentin Gratiadei, essendo insorti contro di lei i più validi indizii.
La pagina seguente è curiosissima: in cambio d’interrogatorii vi troviam quanto segue:
Die dominica secunda mensis decembris
Comparuit Joseph Goritianus, officialis hujus Curiæ, et
Questo giorno secondo del mese di dicembre.
Comparve Giuseppe Goriziano bargello di questa Curia, retulit in executionem decreti suæ Spectabilitatis conduxisse dictam Dominicam, illamque sub clavibus reposuisse.
Nobilis et spectabilis Judex, visa relatione officialis, mandavit ad omnem bonum finem et effectum, inventarium fieri de bonis dictæ Dominicæ retentæ, et interea eam diligenter custodiri.
Exposuit officialis antescriptus quatenus pœnes dictam Dominicam, eo tempore quo illam detinuit, invenit res infrascriptas; nempe
e riferì, in adempimento del
mandato di S. S. d’aver menata prigione la Domenica, e
tenerla serrata sotto chiave.
Il signor Giudice, visto questo rapporto del bargello, ordinò, che, ad ogni buon fine, si erigesse l’inventario degli effetti pertinenti alla detta Domenica, e che intanto la si custodisse diligentemente.
Espose l’antescritto bargello che in casa della detta Domenica, quando vi andò ad arrestarla, trovò gli oggetti quì sotto notati
» un cortel grande da strion senza guaina;
» un panel de formento piccolo, o sia chizzolo;
» un bossollin de legno, e drento m. 22:
» di più ha presentato una cesta piena di diversi bossoli, pignattine e polveri, con diversità de grani mescolati, e farina d’amito, legumi, varie sorti di herbe, tutte legate in gran quantità de groppi di pezze; ritrovato il tutto in casa di detta Meneghina, in armarii e sotto il suo letto; stimando sieno robe per far malefizii e diversità de mali.
Quello stesso 2 dicembre ebbe luogo il terzo interrogatorio di Lucia. Le furon da prima lette le sue deposizioni precedenti che confermò.
Interrogata se volesse aggiungere alcunchè, rispose;
» se Vostra Signoria mi dinnanderà, dirò quel che saprò: ma di grazia non mi faci dare tormenti!
Queste parole ci confermano nella opinione che i tormenti sieno stati prodigati a questa infelice nell’anterior costituto, benchè non vi appajano. Qui Lucia si diffonde in altri racconti, che ommettiamo, perche non comprometton veruno, oltre i già noti: vi troviam registrati gl’ingredienti che servirono a manipolar l’unguento con cui fu striata la moglie del cancellier Frisinghello, indi a poco trapassata;
» oglio comune,
» finocchio pesto,
» ravano,
» aglio,
» polver d’ossi di morti;
» e queste robe si mescolavano insieme, e il diavolo ci metteva drento ancor lui certa polvere.
Il 3 dicembre, Dominica (la Menegota, o Tomaseta, madre di Lucia) fu riassunta ad esame, e richiesta s’era disposta a dire la verità meglio che non avea fatto il 27 novembre, rispose:
» sì che ho deliberato di dire la verità; e Vostra Signoria cominci ad interrogare, che quel che saprò volontieri dirò.
Noi pensiamo che questa vecchia fu talmente maltrattata durante la settimana passata in carcere, che perdette interamente il coraggio e la forza di persistere ne’ suoi dinieghi; ed ecco come avvenga che or la troviam pronta, non dico ad inventare (la fantasia le difetterebbe a ciò) sibben a confermare tutto che le sarà intimato di confessare.
Richiesta dello stregamento di Cristoforo, negò d’avervi partecipato: le furon comunicate le deposizioni a suo aggravio della Mercuria, e della sua propria figlia Lucia; persistette a negare. Lucia fu allora chiamata per essere messa a confronto con sua madre, e le disse:
» sì che eri presente quando fu fato l’onto in casa di Dominica Gratiadei, et anco venisti con noi quando striassimo il Cristoforo; e però ricordatevi bene, che, per segno, quella sera la Dominica aveva cotto delle verze, e ne diede a voi da mangiare.
La vecchia, avendo riflettuto, rispose:
» adesso mi sovviene ch’è vero;
e confermò le dichiarazioni di Lucia; però, come costumavano quelle sciagurate, aggiunse di sua testa altr’e secrabili storie. Interrogata se fosse intervenuta al congresso diabolico, rispose:
» sì che vi son andata, e particolarmente una notte, circa le hore undeci, in casa di Francesco Delaiti, che può esser dodeci anni, et eramo vestite de dona, et io con un tapeto intorno de zingana; e v’era un huomo con noi vestito da prete, e pareva giusto don Rinaldo, perch’era trasformato in quella forma, ma era il diavolo.
Qui un sospetto s’è insinuato nella nostra mente; che de’ mariuoli profittassero della credulità di cotai femmine per gabbarle, facendo ad esse credere che il diavolo avesse vestite le loro sembianze; dimodochè quando quelle sciocche dichiaravano d’aver avuto a fare col diavolo, in forma del tale o tal altro a lor noto, gli era infatti con que’ tali che aveano avuto a fare.
Dominica Gratiadei, della qual conosciam la cattura,
stata eseguita due giorni avanti, è assoggettata ad interrogatorio il 4 dicembre. Richiesta dello stregamento di Cristoforo, negò da principio: le furon lette le deposizioni
delle complici; allora con voce tremante, e impallidendo
(tremula voce, et pallido colore), disse:
» no che non è vero! venghi qua Lucia e le altre a dirmelo.
Vennero; e Lucia le sostenne in faccia l’accusa.
» Io son qui per voi, o Dominica; e quando fui menata in prigione, voi ridevate...
Furon messi sul tavolo assai vaselli e boccette, e Lucia proseguì:
» in queste voi faceste l’onto per istriare Cristoforo.
Dominica, rispose:
» son incolpata a torto: fate quel che volete: se mi farete morire, sarò condannata a torto.
Le furon lette le deposizioni della Mercuria.
» Se quelle dicono di sì, mi contento dir anchor io di sì. Intimatole di risponder categoricamente, sclamò:
» V. S. scriva che l’ho fatto; non so però d’averlo fatto.
Il Giudice allora comandò che venisse sottoposta all’esame rigoroso: e gli è fra le torture che l’infelice, contraddicendo le sue precedenti asserzioni, confessò di aver manipolato l’unguento micidiale. Richiesta quai ne fossero gl’ ingredienti, rispose:
» se me li diranno, dirò anchor io...
E' chiaro ch’ella era omai parata a consentire a tutto quanto le fosse dimandato.
Rimandata in prigione, ne fu cavata l’indomani 5 dicembre, e si provò di negare, affermando che i bossoli stati trovati in sua casa erano destinati ad usi innocui. Lucia le rinfacciò che mentiva, e additandole certa farina,
» questa è la polvere, disse, stata adoperata ad istriar la moglie del signor Cancelliere.
Qui, appiè di pagina, troviamo io Paris Madernino e sotto ego Joh. Ropele fui presens.
Domenica rispose:
» è farina; e non è vero che ho rovinata la moglie del signor Cancelliere, nè mai sono stata nella sua cucina: gho questi altri grani parte per mangiare, e parte per dare alle galline.
Lucia replica che son ingredienti per malefizii: le due donne ne vengono ad ingiuriarsi nella foggia più virulenta.
Qui ci troviam caduti in quell’oscurità già dianzi avvertita, o diremo in quell’indeterminato che ci puzza di tortura sottintesa. Domenica, infatti, confessa ex abrupto d’aver manipolato l’unguento, d’esser intervenuta, trasformata in gatto, allo stregamento di Cristoforo, d’aver rinunziato a’ Sacramenti, d’aver ballato e fatto peggio col diavolo: nè solamente percorre il ciclo intero delle superstizioni allora in voga, come se ne foss’ella stata testimonio e complice, ma moltiplica le denunzie; in conseguenza delle quali viene spiccata la seguente citazione: » con le presenti saranno citati li sottoscritti che comparino personalmente nella cancellaria di quest’officio avanti Sua Spettabilità, a deponere con suo giuramento di quel tanto sapranno e saranno interrogati, sotto pena di d. 25 per cadauna persona in caso di contrafacione.
» Madonna Cecilia Sparamani,
» Madonna Maria sua figlia,
» Messer Santo Peterlino,
» e messer Gratiadei suo figlio, fabbri di Villa,
» Donato Beltrami, famei delli Sparamani,
» Zuan Battista delli maistri di Pederzano,
» e Catterina sua moglie.
Retulit Joseph Goritianus, officialis hujus Curiae se citasse omnes antescriptos die 6 dicembris 1646.
Giuseppe Goriziano usciere
di questo tribunale riferì d’aver eseguite le sovrascritte
citazioni il 6 decembre 1646.