Le Vicinie di Bergamo/Prefazione

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PREFAZIONE




L’argomento, che imprendo a trattare, non è che lo svolgimento di quel brevissimo cenno che si trova nella Storia del Diritto Italiano del Pertile, dove, dopo essersi passate in rassegna tutte le magistrature del Comune, si avverte: «Oltre alle quali — ve ne aveva pei singoli quartieri, o per le diverse parrocchie, la cui missione era principalmente la tutela degli interessi del proprio riparto, la locale polizia e la denunzia dei delitti che vi venivano commessi1». Che fossero le Vicinie, dette altrove parochiae, come a Milano ed a Novara2, ovvero capellae, come a Pisa3; qual parte avessero nell’ordinamento della nostra città; come esercitassero le loro funzioni, mi parve dovesse essere una ricerca tanto più interessante, per questo, che fra noi, s’io non erro, non vi fu alcuno che particolarmente si occupasse di un tale [p. viii modifica]subbietto4, e il nome stesso sia diventato quasi un enimma, sebbene le Vicinie, quali organi della amministrazione cittadina, non abbiano cessato di esistere che coi mutamenti avvenuti nel nostro paese sulla fine del secolo scorso.

Le fonti, alle quali ricorsi in questo breve studio, ch’io non ardisco presentare che come un saggio di quel più che si potrebbe fare, sono di due specie:

I. Gli Statuta Comunis Pergami. Di questi possediamo una serie sufficientemente completa: basterà quindi che faccia di essi una rapidissima menzione5. E primamente citerò quello del 1248, che contiene disposizioni, le quali risalgono per lo meno al 1204, e che fu stampato nel vol. XIII parte II dei Monumenta Historiae Patriae. Sfortunatamente ci giunse mancante delle prime sette Collationes, di 53 capitoli dell’ottava e di 49 dell’ultima; onde siam certi di essere interamente all’oscuro di molte notizie assai preziose, perchè fra le più antiche. Malgrado questo esso mi fornirà il modo di istituire alcuni utili confronti cogli Statuti di un’epoca posteriore. — Da questo del 1248 noi discendiamo d’un tratto allo Statuto del 1331. La distanza, ne convengo, è indubbiamente assai notevole; tuttavia quest’ultimo ha il vantaggio di averci conservato lunghi ed importanti brani di quello del 1263, che andò perduto6, e [p. ix modifica]fra essi principalmente la minuta descrizione topografica dei Quartieri e delle Vicinie cittadine. Sotto questa punto di vista, ed anche perchè in molte parti serve a compiere le gravissime lacune colle quali ci giunse quello dei 1248, lo Statuto del 1331 è per noi uno dei più preziosi. — Stabilita qui nel Settembre del 1332 la signoria di Azzone Visconti, si die’ mano tantosto ad una riforma degli Statuti, la quale fu compita l’anno successivo. Però lo Statuto, che porta la data del 1333, più che una compilazione sistematica, come i precedenti, per buona parte non contiene che decreti del Principe, o provvedimenti presi anche dopo quell’anno su varii punti a modificazione di precedenti disposizioni7; merita esame meglio per la storia della nostra legislazione, che non per le notizie attenenti al nostro argomento, le quali vi sono scarsissime. Più importante, sotto questo rispetto, è lo Statuto del 1353, nel quale, salve lievi modificazioni, sui rapporti fra il Comune e le Vicinie troviamo già stabiliti i principii fondamentali accolti nei posteriori Statuti, cioè in quelli del 1391, 1422, 1430, 1453, e da ultimo in quello del 1491, approvato due anni dopo dal Veneto governo, e che fu qui dato alla luce nel 1727.

II. Non avrei però potuto penetrare un po’ addentro nella vita intima delle nostre Vicinie, se non mi [p. x modifica]fosse stato dato ricorrere che all’unica fonte dei nostri Statuti. Questi non tratteggiavano che a grandi contorni le generali relazioni tra il Comune e la Vicinia8, e molte particolarità vi erano a ragione intralasciate per questo, che doveano formare oggetto degli Statuti delle Vicinie stesse, dei quali conosceremo la esistenza nel corso di questo studio (p. 38 seg.). Ma siccome di tali Statuti non ne esiste uno solo, così parvemi di poter supplire in molta parte a questa mancanza con gli Acta Viciniarum, che ci pervennero a frammenti, sia che essi ci recassero verbali di deliberazioni, ovvero conti di entrate e di spese. Difficilmente sarebbemi stato dato di ricorrere a fonte più attendibile: solo è a lamentarsi che quegli Atti non ci siano giunti abbastanza numerosi, da abbracciare un periodo di tempo lungo così, che mi permettesse di seguire passo passo le trasformazioni che la Vicinia ebbe a subire d’una in altra epoca, e di stabilire con tutta esattezza il grado degli oneri che su di essa gravarono a seconda delle varie Signorie, che si contesero questa città. Tentai di compiere una siffatta lacuna tenendo presente, per quanto m’era possibile, di non confondere i tempi, sì che il procedimento storico apparisse più evidente. Che se non vi fossi riuscito, oltrecchè della insufficienza mia, vogliasi tener conto della desolante mancanza di documenti, di consigli e d’aiuti, che basterebbe a togliere fiducia a ben altri di avventurarsi in siffatte ricerche fra noi. — Non entrerò in una descrizione di questi Acta Viciniarum, dei quali mi giovai in [p. xi modifica]questo Saggio; mi limiterò ad accennarli, e dironne fra breve il motivo. Primi sono quelli che si trovano ancora nella parte vecchia dell’Archivio della Congregazione di Carità, un dì della Misericordia9. Appartengono tutti alla Vicinia di S. Pancrazio, e contengono deliberazioni e conti dal 1283 sin presso alla fine del secolo decimoterzo. Sono divisi in due fascicoli, formati ciascuno da alcuni quaderni; essi ci fornirono la messe più abbondante per la trattazione di questo subbietto. L’ab. Angelo Mazzoleni ne diede alcuni estratti in uno di quei volumi, che, nella frammentaria serie delle sue trascrizioni di documenti dall’Archivio della Misericordia, è segnato con M10; ma di tali estratti avrei potuto ben poco giovarmi, se almeno questa parte originale degli Acta non fosse sfuggita ai guasti che ebbe a subire quell’Archivio. Lo stesso Mazzoleni ci ha trasmessi alcuni estratti dei conti della stessa Vicinia spettanti al 1300, 1303 ed al 1318 nel libro A11. E questi pure scarsissimi; però quelli del 1318 potei completarli coi due quaderni, che fanno parte della raccolta del compianto mio amico prof. Antonio Tiraboschi, ora per lodevole cura del nostro Municipio passata alla civica Biblioteca, e che portano la intestazione: Hec sunt expense facte per d. Tadeum de Capitaneis de Scalve consulem et canevarium Vicinie s. Prancacii a die call. Ianuarii usque ad diem call. Iullii 1318 ind. 1; Hoc est receptum cet. con indicazioni identiche alle precedenti. — Ancora il Mazzoleni nello stesso libro A [p. xii modifica]ci ha serbato un frammento dei conti della Vicinia di Arena del 1327, ed il canonico Camillo Agliardi, il cui nome occorre sempre quando si tratti di una infaticabile operosità nel fare transunti o trascrivere documenti, che meglio avessero a servire per la nostra storia, ci ba pure conservati alcuni estratti dei conti della Vicinia di S. Grata negli anni 1371-74, i quali si trovavano nell’Archivio Capitolare12.

Quale uso io abbia potuto fare di questi pochi frammenti, apparirà chiaro, spero, a chi avrà la pazienza di seguirmi nelle mie ricerche; qui mi limito poichè ne sento il dovere, ad un ringraziamento e ad un voto. Ad un ringraziamento per la Congregazione di Carità, che mi permise di esaminare gli Atti della Vicinia di S. Pancrazio della fine del secolo decimoterzo, e di prendere quanti appunti io volessi. Ad un voto poi, perchè essa, seguendo il nobile impulso, che la indusse a depositare nella nostra Biblioteca gli importantissimi Corali, onde potessero essere oggetto di tranquillo studio, voglia anche, sceverando da quelli, che conservano tuttavia una stretta attenenza co’ suoi interessi economici, gli altri documenti, i quali non hanno ormai altro interesse che lo storico, voglia, ripeto, affidare questi pure alla nostra Biblioteca, affinchè lo studioso, trovandosi in un ambiente più proprio, nè insieme sentendosi legato dai riguardi, che, dagli interessi dell’oggi strettamente connessi con quelli dell’ieri di quell’Istituto, a giusto titolo gli sono imposti, possa portare un più pacato esame sul copioso materiale, che sarebbe così posto a disposizione della investigazione storica in questa [p. xiii modifica]nostra città. Certo gli Atti della Vicinia di S. Pancrazio, almeno fra noi, costituiscono uno dei documenti più singolari e più preziosi, ed integralmente pubblicali potrebbero trovare un posto onorevole nelle raccolte, onde si arricchiscono ogni giorno anche altre città. Ed è nella fiducia che si possa compiere tutto intero questo mio voto, che su quegli Atti non credetti intrattenermi più a lungo, potendo allora diventare oggetto di più minuto esame.

Quanto agli Atti della Vicinia di S. Grata, che trovavansi, e forse ancor si trovano nell’Archivio Capitolare, dovetti accontentarmi dei sunti dell’Agliardi. Questi, non v’ha dubbio, sono a tenersi per esattissimi; ma, come un po’ d’esperienza me ne persuade, in lavori di simil fatta, quando, s’intende, i documenti non sieno dati per intero, vi ha sempre qualche cosa di individuale, che non risponde alle esigenze di tutti i tempi, nè a quelle di una più progredita indagine storica. Oggi può fermare la nostra attenzione quello, che i nostri maggiori nei loro transunti saltarono a piè pari, perchè non parve loro neppur degno di noia; onde la necessità di uno scrupoloso riscontro delle fonti, alle quali essi ebbero ricorso. Pur troppo gli antichi Archivi del Comune dovettero risentire di tulle le malefiche influenze, per le quali non un solo documento dell’epoca per esso più importante avesse a sopravvivere; il palazzo del Podestà rimase preda improvvisamente delle fiamme nel 1296 e nel 136013, ed egual sorte corsero il [p. xiv modifica]più recente palazzo del Comune ed il più antico della Ragione nel 1453 e nel 151314; per il che, se alcuna non andò salva delle carte che vi erano custodite, più sentito è per noi il bisogno di ricorrere agli altri Archivi affine di ottenere indirettamente quelle notizie, che direttamente non ci è concesso attenderci dal pubblico Tabulario. Ma se cortesemente, sotto le debite condizioni, mi fu aperto l’Archivio della Misericordia, quello del Capitolo è chiuso agli studiosi, e, peggio ancora, agli studii; l’attività di cui vi fecero prova i canonici Adelasio, Lupi, Agliardi, e, ad una grandissima distanza, il Finazzi; la liberalità, con cui vi furono accolti il Mozzi, l’Angelini, il Mazzoleni, il Ronchetti, il Femi, ora non sono che ricordi o desiderii; cosa tanto più dolorosa quando si ha la certezza, che in questo solo campo, malgrado i lavori di coloro, che ci precessero, vi sarebbe ancora una abbondantissima messe da raccogliere, tutto un terzo volume del nostro Codice Diplomatico da porre assieme15.

Per dare, si lasci correre la espressione, un po’ di vita alle cifre poste in fianco alle entrate ed alle spese delle nostre Vicinie, ho introdotto, quando si [p. xv modifica]rapportassero alla fine del secolo decimoterzo, alcuni ragguagli in moneta d’oggidì, attenendomi ai conteggi di Cibrario16, che, dai pochi esempi a noi pervenuti, parvemi dessero risultati abbastanza ragionevoli anche qui. Naturalmente a questi risultati non voglio attribuire nulla di assoluto, ma certo essi ci diranno qualche cosa più, che se lasciassi correre delle nude cifre di lire, soldi o denari, le quali oggidì, oltrecchè riuscirebbero per la comune de’ lettori quasi inintelligibili, anche il più delle volte potrebbero dar luogo ad erronei apprezzamenti.

Ho creduto poi conveniente di far seguire a questo studio una carta topografica, dalla quale appaiano e i confini, e la estensione delle nostre Vicinie, e la loro distribuzione rispetto alle Porte o quartieri cittadini. Le questioni, che dovetti risolvere nel corso del mio Scritto, si renderanno, a mio avviso, più chiare avendo sott’occhio questa Carta, a compiere la quale mi attenni principalmente allo Statuto del 126317, non senza chiedere però ai posteriori tutti quegli schiarimenti, che, a tanta distanza di tempo e con tanti rimutamenti portati alla faccia dei luoghi, non potevano a meno di essere del tutto indispensabili. Senza pretendere ad una estrema esattezza, che in alcuni punti riuscirebbe pressochè impossibile, se, come vedremo (p. 76 seg.). non era possibile neppure in quelle epoche in cui l’ordinamento Viciniale era in tutta la sua vigoria, ho cercato raccogliere quanto bastasse a dare un sicuro indirizzo a chi mi [p. xvi modifica]volesse seguire in queste ricerche, trattenendomi dall’entrare in tutti quei particolari, che in ultima analisi avrebbero più attenenza colla topografia della nostra città nei secoli di mezzo, di quello che con uno studio su queste Vicinie quali organi della vita cittadina. E l’ingegnere Elia Fornoni, studiosissimo delle cose nostre, che sulle mie indicazioni volle delinearmi questa Carta e prestarsi in tutti i modi per agevolarne la pubblicazione, s’abbia qui i miei più vivi ringraziamenti, se questi possono mai aggiungere qualche cosa alla benemerenza già da lui acquistata pel fecondo amore che porta alle nostre memorie.

Ho lasciato seguire due Appendici. La prima si occupa particolarmente della Vicinia di Canale, perchè mi parve dovessero esser meglio chiarite le sue speciali condizioni e con questo fossero tolti quei dubbi che avessero potuto restare per avventura sulle induzioni, alle quali ero stato condotto dalle mie ricerche. Nella seconda pubblico il Giuramento delle Vicinie, che ci giunse senza data. Non avrei voluto dare alla luce questo Atto se non dopo averlo confrontato coll’originale, ove ancora esista, ed averlo completato; ma se ciò non mi è possibile, perchè lasciarlo ancora nella oscurità, quando si presentava la occasione in cui, per gli stretti rapporti che ha con questo mio lavoro, era una necessità farlo conoscere? Vinsi a stento la mia peritanza, e lo diedi quale ce lo lasciò l’Agliardi, procurando in pari tempo di stabilire a quale epoca si potesse ascrivere, per quanto almeno era possibile nell’assoluta mancanza di esatte notizie, e insieme non avendo mezzo di istituire confronti paleografici sul documento originale. Che se, una [p. xvii modifica]volta decisomi a rendere di pubblica ragione quel Giuramento, dovetti assoggettarlo a più minuto esame, con ciò si spiegherà perchè il giudizio sull’epoca al quale si deve assegnare, ed una determinazione più esatta del suo carattere, potessero per avventura modificare quanto con indicazioni affatto generiche avea lasciato correre a p. 78 di questo mio Scritto.


Villa d’Alme, 29 Aprile 1884.

Note

  1. Pertile St. d. Dir. It. II, 1, 151.
  2. V. avanti pp. 9, 95 e Corio I, 575, 576 seg., 587 (Milano 1855). Cfr. Stat. Brix. in Hist. P. Mon. XVI. 2. 1584 (228).
  3. Stat. Pis. §§ 52, 152.
  4. Ne diede un cenno topografico G. Rosa (Stat. ined. p. 72 seg.) appoggiandosi principalmente allo Statuto del 1331, o meglio del 1263.
  5. È appena necessario ricordi, che dei nostri Statuti si occuparono il Rosa (Leggi di Berg. nel M. Evo; Stat. ined. d. Prov. di Berg.) e il Rota (Bibliogr. d. Stat. d. Prov. di Berg.), ai quali rimando per più ampie notizie.
  6. V. Append. al Perelassi p. 136 seg.
  7. Il Rota (p. 19) dice che questo Statuto fu approvato nel 1335 da Azzone Visconti; ma la lettera 1 Novembre di quell’anno non riguarda che la approvazione di provvedimenti sui rapporti inter debitores et creditores presi dal podestà Bronzino de’ Caimi cum Sapientibus Pergami (fol. 35 v. 37 r.). D’altronde Beccano Beccaria, che podestò nel 1333, avea avuto da Azzone piena balia per la riforma degli Statuti (fol. 32 v.), e l’approvazione era già presupposta in antecedenza.
  8. Come, a cagion d’esempio, quelli di Milano riferiti dal Corio I, 575, 576 seg.
  9. Un tempo Armad. 44, ora Cancell. 27.
  10. Ms. Φ, II, 9 in Bibl.
  11. Ms. Ψ, V, 8 in Bibl.
  12. Cancell. II V. Agliardi Ms. Λ. III, 11, 4 in Bibl.
  13. Trist. Calch. Hist. Patr. p. 400; Memor. di Benvenuto da Bonate (ined.): die 6 Madii 1360 in sero hora tertia incepit comburere hospitium comunis Pergami in quo consuetus erat morari Potestas Pergami (Mazzoleni lib. M. p. 296).
  14. V. il mio opuscolo: L’antico Palazzo d. Com. di Berg. p. 18 seg.
  15. L’Agliardi, è vero, nel ms. Λ, III. 11, 4 ci ha dato un cenno di tutti, o quasi, gli Atti dell’Arch. Capitolare, ma se esso basta a farci conoscere la mole e la importanza del materiale ivi raccolto (v. anche Finazzi del Cod. Diplom. p. 23 seg.), riesce però inadeguato agli studii, come me ne avvidi le poche volte che, per la somma cortesia di mons. canonico Pietro Speranza, a cui qui rendo il più cordiale tributo di gratitudine, mi fu dato istituire confronti fra quei cenni e gli originali dei documenti.
  16. Econ. Polit d. Med. Evo III, 228 seg.; della Schiav. e d. Servaggio II, 431 seg.
  17. Stat. an. 1331, 2 §§ 27-51 (correg. 52).