fosse stato dato ricorrere che all’unica fonte dei nostri Statuti. Questi non tratteggiavano che a grandi contorni le generali relazioni tra il Comune e la Vicinia1, e molte particolarità vi erano a ragione intralasciate per questo, che doveano formare oggetto degli Statuti delle Vicinie stesse, dei quali conosceremo la esistenza nel corso di questo studio (p. 38 seg.). Ma siccome di tali Statuti non ne esiste uno solo, così parvemi di poter supplire in molta parte a questa mancanza con gli Acta Viciniarum, che ci pervennero a frammenti, sia che essi ci recassero verbali di deliberazioni, ovvero conti di entrate e di spese. Difficilmente sarebbemi stato dato di ricorrere a fonte più attendibile: solo è a lamentarsi che quegli Atti non ci siano giunti abbastanza numerosi, da abbracciare un periodo di tempo lungo così, che mi permettesse di seguire passo passo le trasformazioni che la Vicinia ebbe a subire d’una in altra epoca, e di stabilire con tutta esattezza il grado degli oneri che su di essa gravarono a seconda delle varie Signorie, che si contesero questa città. Tentai di compiere una siffatta lacuna tenendo presente, per quanto m’era possibile, di non confondere i tempi, sì che il procedimento storico apparisse più evidente. Che se non vi fossi riuscito, oltrecchè della insufficienza mia, vogliasi tener conto della desolante mancanza di documenti, di consigli e d’aiuti, che basterebbe a togliere fiducia a ben altri di avventurarsi in siffatte ricerche fra noi. — Non entrerò in una descrizione di questi Acta Viciniarum, dei quali mi giovai in
- ↑ Come, a cagion d’esempio, quelli di Milano riferiti dal Corio I, 575, 576 seg.