Le Mille ed una Notti/Storia di Naz-Rayyar, governatore di Babilonia, e d'un principe del Korassan

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Storia di Naz-Rayyar, governatore di Babilonia, e d'un principe del Korassan
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STORIA

DI NAZ-RAYYAR, GOVERNATORE DI BABILONIA, E D’UN PRINCIPE DEL KORASSAN.

«— Tempi sono il Korassan era governato da un re saggio e prudente, il cui figlio distinguevasi pure per esimie virtù. Questo principe, al ritorno della caccia, vide un giorno gran folla assiepata in una piazza della città, e chiestone il motivo, gli fu [p. 307 modifica] risposto esser quelli che partivano per la Mecca che attiravano la curiosità degli spettatori, aspettando la grande carovana, la quale doveva passare a momenti. Tal nuova risvegliando in lui il pio desiderio, da lunghi anni concepito, di fare un viaggio comandato dalla legge, pregò tosto il padre a permettergli d’unirsi alla carovana.

«Quella proposizione cagionò al re il più vivo dolore, ma invano tentò distornelo: fe’ dunque preparare quanto occorreva ad un uomo del suo grado, e nel poco tempo che rimanevagli, abbracciò suo figlio versando molte lagrime, e raccomandandogli di visitare a Babilonia Naz-Rayyar, suo amico, governatore di quella città.

«Il viaggio del principe fu dapprincipio felice; ma egli scostossi dalla carovana quando fu presso a Babilonia, ed assalito dai ladri, venne ferito. I seguaci, ad onta d’ogni sforzo, non poterono che opporre una debole resistenza, ed i superstiti allo scontro fatale, portarono il principe a Babilonia, in casa di Naz-Rayyar.

«Il ferito essendosi disimpegnato della commissione di suo padre pel governatore, questi ebbe per lui ogni imaginabile cura; non avuto riguardo anche all’ospitalità che praticava con zelo, essendo uno dei precetti della nostra religione, che cosa non avrebbe egli fatto per contraccambiar l’affetto che il re del Korassan gli conservava? inoltre aveva conosciute le qualità personali del giovane principe. Le ricchezze di Naz-Rayyar erano sì grandi, da non potersi enumerare, e la sua buona fama era ancor più inestimabile de’ suoi tesori: egli nulla tralasciò di quanto poteva divertire e distrarre il giovane durante la convalescenza.

«Un giorno il principe, venendo dal bagno, ed in procinto di entrare nel palazzo dell’ospite, alzò gli [p. 308 modifica] occhi, e fu colpito dalla bellezza d’una donna che vide alla finestra d’una casa, che parvegli non aver comunicazione con quella di Naz-Rayyar, ed infiammossi per lei di sì violento amore, che la sua anima, concentrata tutta negli occhi, sospese ogn’altra facoltà, e lo rese immobile: Naz-Rayyar per avventura capitando nel medesimo luogo, lo trovò in quella situazione. Le interrogazioni che gli volse lo trassero da uno stato che dapprima attribuì al calore del bagno, che la sua salute non permettevagli ancora di sopportare, ma il principe rispose:

«— Voi v’ingannate, signore; allorchè vi pensava meno, sono caduto in lacci da cui è impossibile svincolarmi. Io sento che morrei, se non posseggo la beltà, la cui prima vista mi ha ridotto nello stato in cui mi trovate.» Allora gli dipinse la donna veduta, e mostragli la finestra alla quale era comparsa.

— Ella appartiene ad uno dei vostri vicini,» aggiunse il principe; «senza dubbio non la conoscete, e così, potrete trovare facilmente i mezzi di rendervene possessore.» Naz-Rayyar, sebbene un po’ commosso a tal discorso, senza che il principe s’accorgesse dell’alterazione de’ suoi lineamenti, gli disse: — Non disperate della vostra guarigione; fra quattro mesi voi sarete pago.» Sebbene il termine gli sembrasse lungo, la risposta mise il giovane al colmo della gioia, e la speranza gli nacque in cuore.

«Intanto Naz-Rayyar fe’ chiamare la moglie; era dessa infatti di cui il principe avevagli parlato, ed egli le disse: — Noi non possiamo più vivere insieme; bisogna separarci: prendete non solo quanto mi portaste, ma anche tutto quello che vi piacerà, e tornate da vostro padre. —

«Quella donna, avvezza all’amore d’un marito, il quale viveva per lei sola, e che provava i medesimi sentimenti per lui, aspettandosi di trovarlo tenero ed [p. 309 modifica] appassionato come di solito, fu assai dolente a quelle parole cui non era disposta. — Che intendo, mio caro Naz-Rayyar?» gridò ella; «come in sì poco tempo il vostro amore s’è cangiato? come mai mi son meritata il vostro odio? mi sospettate infedele? — No,» riprese il consorte; «io non vi rimprovero nulla, ma la sorte vuole così; credete ch’io mi separi da voi senza dolore? obbeditemi per l’ultima volta, e non abusate dello stato in cui sono. La menoma cosa potrebbe far cedere la mia virtù ed annullare la mia risoluzione.» Sua moglie fe’ qualche altro sforzo per ricondurlo alla ragione, ma vedendo che tutto era inutile, prese le mille pezze d’oro portate in dote, e si ritirò in casa di suo padre, chiamato Bezzas, uno dei più ricchi negozianti del paese. La disgrazia della figlia lo colpì di dolore. — Di qual fallo sei tu dunque rea?» le domandò egli. — Di nessuno,» rispos’ella, «almeno io l’ignoro.» Bezzas corse da Naz-Rayyar per chiedergli il motivo del divorzio. — Se mia figlia è colpevole, la punirò,» gli disse; «se è innocente, perchè ci fate tal sanguinoso affronto?» Naz-Rayyar protestogli di nuovo che non aveva nulla a rimproverarle: aggiunse anzi di non averla mai amata tanto, e che, infine, il suo cuore era straziato dalla piaga della separazione. Bezzas, non potendo ottenerne maggiori schiarimenti, non dubitò più che la testa del genero non fosse in dissesto, o partì poco soddisfatto.»

I primi raggi del sole erano già penetrati negli appartamenti del sultano, senza che il principe se ne avvedesse, tanto ascoltava con attenzione il racconto di Scheherazade; ma il silenzio di questa lo fe’ accorto esser giunta l’ora della preghiera. — Questa storia m’interessa assai,» diss’egli, «e ne ascolterò il seguito con piacere. — Sire,» rispose la principessa, «se mia sorella mi risveglia per tempo, [p. 310 modifica] vostra maestà potrà forso sentirne la fine, che non le procurerà minor soddisfazione.» Il sultano finì di vestirsi ed uscì dall’appartamento. All’indomani, facendo sempre parlare il visir Edrenok al figlio del re d’Egitto, la sultana delle Indie continuò di tal guisa:

NOTTE DXXXIV

— «Frattanto Naz-Rayyar, aspettando che i quattro mesi prescritti dalla legge pei divorzi fossero spirati, faceva tutto il possibile per divertire l’impazienza del principe, e sembrò raddoppiar d’attenzioni per lui. Scorso il termine, disse al giovane: — È tempo, o signore, d’eseguire la mia promessa; colei che amate è la figlia di Bezzas, uno dei più ricchi mercanti di questa città: voi ne conoscete la bellezza, io vi rispondo della sua virtù; ho qui una donna, la quale non aspetta se non i vostri ordini per farne la domanda. Il mio tesoro vi è aperto, e voi potete prendervi quanto vi piacerà.» Il principe, pieno di riconoscenza, abbracciò mille volte l’amico, seguì i suoi consigli, ed ottenne la figlia di Bezzas, il quale ringraziò tanto meglio Iddio, perchè, quando gli si fece la domanda della figlia, non gli venne chiesta la dote, e sclamò nel trasporto della sua gioia: — Signore, io vi ringrazio d’aver dato a mia figlia, da Naz-Rayyar ingiustamente ripudiata, un marito che lo tiene pur esso a’ suoi piedi. —

«Il principe, onde rendere spettatrice tutta la città del suo amore, fece i preparativi delle nozze [p. 311 modifica] con isplendore e magnificenza straordinaria. Tutta gli ufficiali della sua casa erano giunti dal Korassan, con camelli carichi d’oro, per ricondurlo nel regno con tutto lo splendore del suo grado, e non solo ricevette con che pagare quanto aveva preso a prestito da Naz-Rayyar, ma anche immensa quantità di ricchi doni, che il re mandava a questi per ringraziarlo dell’accoglienza fatta al figlio, e delle cure avute per lui. Naz-Rayyar fece, dal canto suo, un magnifico regalo al principe dei Korassan, il quale lo costrinse ad accettare un superbo diamante che portava di solito in dito; tutto ciò avvenne il giorno prima delle nozze. Il mattino in cui dovevano essere celebrate, il principe ricevette dal governatore un viglietto concepito in tali termini:

««Tuttociò che ho di più caro è vostro, disponetene. Voi partite pel Korassan; permettetemi, principe, di non assistere alla vostra partenza, e di recarmi dove mi chiamano alcuni affari urgenti: assicurate il re vostro padre di un’amicizia inviolabile e d’una riconoscenza a tutta prova da parte mia.»»

«Il giovane fu sorpreso ed afflitto da quel viglietto; sembravagli che l’assenza dell’amico diminuisse la sua felicità; ma le cose erano troppo inoltrate, ed il suo amore troppo violento per aspettare il ritorno di Naz-Rayyar, la cui assenza non era limitata. Disse dunque a tutti i suoi ufficiali che partirebbe all’indomani, e salì sul trono colla sposa. Nel momento in cui la cerimonia nuziale fu celebrata, la figlia di Bezzas, vedendo soddisfatta la propria vanità, sentì alcuni moti di gioia; il suo amor proprio, vendicato in certa qual guisa, le fece sclamare, passandosi la mano sul viso: — Io vi ringrazio, o mio Dio! Naz-Rayyar è punito.» Il principe, sorpreso da quelle parole, quando tutti furono ritirati, disse alla [p. 312 modifica] consorte: — Non nascondetemi nulla, io voglio sapere che cosa volevano dire i detti sfuggitivi di bocca, quando vi posi sul trono. —

«Essa ricusò sulle prime di soddisfare la di lui curiosità; ma infine il principe avendole detto che non passerebbe con lei giorni tranquilli se gli nascondeva qualche cosa, la donna rispose che il suo nuovo matrimonio la vendicava del procedere di Naz-Rayyar, di cui fecegli il racconto. Il giovane, più informato di essa, e trovando ancor più grande la generosità dell’amico, il quale non avevagli neppur fatto trapelare quanto gli doveva, si accorse, ma troppo tardi, della commessa imprudenza. Ignoratasi il ritiro del governatore, ed i suoi schiavi dicevano che aveva fatto i preparativi per un lungo viaggio; il principe, avendo fissata la partenza per il domani, non poteva più a lungo differire, e le lettere scritte al padre avevangli annunziato il suo arrivo e quello della moglie: tutte codeste ragioni lo obbligarono a partire. Ma non volendo essere men generoso dell’amico, risolse di vincer sè stesso, e non toccare la moglie. Benchè gli costasse qualche sagrificio, seppe riuscirvi: la colmò di tutte le attenzioni che poteva desiderare, e malgrado l’amore ch’ella serbava per Naz-Rayyar, la donna fu sorpresa d’una moderazione di cui non poteva capire il motivo.

«Operando dietro tal risoluzione, il principe giunse senza ostacolo nel Korassan, e vi trovò il padre, il quale, non desiderando più nulla a questo mondo, dopo averlo abbracciato, abdicò il regno in suo favore, occupandosi soltanto, per tutto il resto de’ suoi giorni, che non furono molto lunghi, nelle preghiere e nella contemplazione delle cose celesti.

«Il principe, divenuto re, colmò la figlia di Bezzas di ricchi presenti, ed andava a trovarla di sovente, ma sempre al cospetto della madre, alla quale l’aveva consegnata al suo arrivo. [p. 313 modifica]

«Naz-Rayyar, di ritorno a Babilonia, vi portò la tristezza che non avevalo mai abbandonato dopo la di lui separazione dalla moglie, e trascurati gli affari, li lasciò andar in disordine. Le sue ricchezze avendogli creato molti invidiosi, i ministri, approfittando delle calunnie che spargevansi contro di lui, trovarono il modo di spogliarlo di tutti i suoi beni, e togliergli il governo: in una parola, quell’uomo sì nobile e distinto, fu costretto a ricorrere alla carità dei fedeli per arrivare al Korassan, non restandogli, di tante dovizie, che il diamante ricevuto dal principe, e da lui sempre conservato.

«Benchè avvezzi nelle Indie a queste improvvise rivoluzioni pei frequenti esempi, sono però sempre terribili a sostenersi. Tuttavia Naz-Rayyar prese la cosa da uomo che conosceva la fortuna, tanto più pazientemente in quanto diceva: — Io andrò nel Korassan, e mi presenterò al re; egli sarà senza dubbio commosso della mia miseria e dello stato in cui sono ridotto.» Ma non osava confessarsi che aggiungeva pure fra sè: — Potrò fors’anco rivedere mia moglie. —

«Giunse finalmente nel Korassan, dopo incredibili disagi. Quando fu alla porta del palazzo, disse al primo ufficiale che incontrò: — Io vi prego di portare questo diamante al vostro padrone; fategli noto lo stato in cui mi trovo, e ditegli che aspetto i suoi ordini.» L’ufficiale adempì alla commissione; il re comprese tosto che la fortuna perseguitava l’amico, ed accostatosi ad una finestra, fu commosso vedendolo in quello stato. Allora ordinò all’ufficiale di andar a consegnare il suo gregge di pecore all’uomo che gli aveva dato quel diamante, ingiungendogli di averne cura, e venire a rendergliene conto dopo un anno.

«Naz-Rayyar fu assai sorpreso al ricevere quell’ordine. — È questa,» sclamò, «la gratitudine [p. 314 modifica] che mi dimostra per quanto feci per lui? Aimè lasso! la mia sorte è sì crudele, che non mi permette di disubbidire a codesto comando, e non mi resta altro partito da prendere! Andrò dunque ad abitare le montagne, e custodire gli animali: è mille volte meglio vivere con essi che cogli uomini.» Presa la greggia, uscì dalla città, la fece pascere, e si nutrì del latte che gli forniva. Le malattie e le tigri gli rapirono tutto l’armento nel corso dell’anno; tornò dunque al palazzo senza una sola pecora, ed il re gli fece dare un altro gregge. L’infelice pastore non fu più fortunato in quel secondo anno, e si presentò senza bestie al palazzo del re, il quale, senza volerlo vedere, lo trattò come la prima volta. Quel terzo anno fu felice per Naz-Rayyar; il suo armento triplicò, ed egli recossi a far consapevole il re della buona riuscita. Il principe, comprendendo allora che l’amico non era più bersaglio ai colpi dell’avversa fortuna, e che questa era finalmente stanca di perseguitarlo, ordinò di accompagnarlo al bagno, vestirlo sfarzosamente, e ricondurlo al palazzo. I comandi del re furono eseguiti, e quando seppe che stava per giungere, gli andò incontro, lo abbracciò, lo condusse in un palazzo fatto da lui preparare, e gli regalò cento pezzo di stoffe, dieci casse piene d’oro e cinquanta cavalli arabi. Oltre a quanto poteva essergli necessario, gli mandò poi venti schiavi e quindici fanciulle chinesi di rara bellezza.

«Naz-Rayyar volle attestare la propria riconoscenza al re, il quale gli disse: — Qual cosa io non vi debbo? frattanto, per distruggere l’impressione che deve avervi fatta la maniera colla quale vi ho ricevuto, è giusto che vi dia una spiegazione. Quando seppi il vostro arrivo o lo stato in cui eravate ridotto, compresi che la fortuna vi perseguitava; io volli che fosse spirato il termine de’ vostri guai per [p. 315 modifica] eseguire i miei progetti su di voi, e, per esserne sicuro, vi affidai il mio gregge. Ciò che soffriste ha fatto soffrir me più ancora; ma finalmente oggi posso, senza esporre i miei popoli al pericolo di dividere le vostre sventure, pregarvi di governare con me il regno; vi creo mio visir, e son certo che i miei affari prospereranno nelle mani vostre come l’ultimo armento. Spero che lo spirito ed i generosi sentimenti onde il cielo vi ha sì ampiamente dotato, uniti alle riflessioni che faceste in questi tre ultimi anni, vi abbiano più d’ogni altro reso capace del governo.»

NOTTE DXXXV

— «Naz-Rayyar volle ringraziare di nuovo il re, ma questi gli disse: — Quanto feci non merita alcuna riconoscenza; io credo di fare il bene del mio popolo scegliendovi; ma per isdebitarmi nel mio particolare verso di voi, voglio farvi sposare mia sorella. — Quest’onore è tanto superiore ai miei meriti,» rispose Naz-Rayyar, «che non oserei pretendervi. — Voi ne siete più degno che non pensate,» soggiunse il monarca; «non opponetevi dunque alle mie voglie.» E Naz-Rayyar rispose di esser pronto ad ubbidire.

«Il re fece radunare il consiglio e tutti i grandi della corte, e presa per mano la figlia di Bezzas, coperta del velo: — Ecco mia sorella,» disse; «vi giuro pel santo Corano che l’ho sempre riguardata come tale.» La sorpresa della donna fu sì grande riconoscendo il marito, che svenne. Il re fece uscire [p. 316 modifica] tutti, e Naz-Rayyar, per soccorrerla, ne alzò il velo, o riconoscendo colei che aveva tanto amato, vederla cadere anch’egli privo di sensi fu la medesima cosa. Il re si ritirò, e quando furono rinvenuti, si abbracciarono colle lagrime agli occhi, non potendo esprimere colle parole quanto sentivano in cuore. Dopo quelle prime dimostrazioni della loro costanza, che non permise loro di pensare alle domande che dovevano farsi, la curiosità, che segue di solito l’amore, li spinse a raccontarsi le reciproche avventure. La figlia di Bezzas disse al marito, il re averla sempre riguardata come sorella, e fattole conoscere il motivo della loro separazione fin dal giorno delle sue nozze. — Io v’ho sempre amata,» disse Naz-Rayyar. — Ma voi mi sagrificaste,» gli rispose la consorte. — Che cosa non mi costò l’adempire ai doveri dell’amicizia e dell’ospitalità?» gridò Naz-Rayyar; «non parliamone più: tutti i sagrifizi che ho potuto fare sono ricompensati, giacchè ora saremo uniti per sempre. —

«Il re fece preparare un superbo convito, al quale invitò i due sposi, innalzò voti per la prosperità della loro unione, e nominò Naz-Rayyar suo primo visir. Questo ministro gli si gettò ai piedi. — Io credeva,» gli disse, «essere l’uomo più generoso, per ciò che aveva fatto, ma vostra maestà supera gli altri monarchi in virtù. — So come vi sia inferiore a tal riguardo,» rispose il re; «io non dimenticherò giammai dò che faceste per me a Babilonia; la figlia di Bezzas n’è una prova convincente: viviamo felici ed amici...» Lo che essi fecero per tutto il corso della loro vita, e gli abitanti del Korassan li rammaricano ancora.

«— Voi vedete, o principe,» soggiunse Edrsnok, «esservi nel mondo esempi comprovanti che si potè vincere l’amore, ed io desidero che questo possa far [p. 317 modifica] impressione sull’animo d’un principe nato per rendere felice l’Egitto.» Ma vedendo che Seifulmulok gli rispondeva con discorsi generali, stimò meglio di ritirarsi, e lasciar produrre ai tempo le impressioni che la sua storia poteva fare. Frattanto, essendosi accorto che il giovane, in capo ad alcuni mesi, trovavasi nella medesima situazione, risolse di fare un secondo tentativo. Si recò da lui, e dopo avergli parlato del suo amore col più vivo interesse e la più amabile dolcezza, lo pregò di mostrargli il ritratto ammaliatore. Il visir ne fece gli elogi che meritava, e disse: — Non è, principe, ch’io voglia fare un paragone con questo ritratto veramente incomparabile, ma esso mi fa ricordare di quello che una schiava, ch’io ebbi nel mio serraglio, mi mostrò tempo fa: era l’immagine d’una principessa indiana, non così bella, senza dubbio, come Bedihuldgemal; ma dessa aveva la fisonomia modesta, lo sguardo dolce e la virtù dipinta sulla fronte a segno, ch’io non poteva tralasciare d’ammirarne i lineamenti. La schiava, dopo avermi lasciato a lungo in un errore che mi piaceva, disse: — Guardate, da quanto vi racconterò, se le persone si possono giudicare dalla fisonomia.» Io ne farò il racconto a nome della schiava,» proseguì Edrenok, «se credete che possa divertirvi.» Il principe acconsentì per compiacenza, ed il visir prese così la parola: