Le Mille ed una Notti/Storia di Naerdan e di Guzulbee

../Il saggio Koulai o l'Arte di risuscitare i morti

../Storia di Dgerberi il Facchino IncludiIntestazione 18 marzo 2018 100% Da definire

Storia di Naerdan e di Guzulbee
Il saggio Koulai o l'Arte di risuscitare i morti Storia di Dgerberi il Facchino

[p. 352 modifica]

STORIA

DI NAERDAN E DI GUZULBEC.

— Hussendgiar, ricco negoziante di gioie, abitava Erzerum: era già d’età avanzata, e da tutte le sue mogli non aveva ottenuta che una figlia, la quale, se non poteva soddisfare le sue speranze dal lato del commercio, lo rendeva però felice per le grazie, la beltà e lo spirito di cui natura avevala dotata.

«Essa aveva sei anni quando Alì, soprannominato Timur, amico intimo di Hussendgiar, morì, non lasciando sostanza alcuna all’unico suo figlio, malgrado la fama sempre avuta di ricco. Rendendo l’ultimo sospiro tra le braccia di Hussendgiar, Ali gli raccomandò il figliuolo, unico oggetto de’ suoi [p. 353 modifica] rammarici. L’amico se ne incaricò con piacere, senza altra mira da principio fuor di quella di soddisfare all’amicizia; ma Naerdan (era il nome del figlio di Timur Ali) seppe meritarla in breve. La sua intelligenza, superiore all’età, o la dolcezza del suo carattere lo faceva amare. La riconoscenza fu il primo sentimento del suo cuore.

«Hussendgiar applaudivasi del lascito fattogli dall’amico, dividendo le sue affezioni tra Naerdan e Guzulbec, sua unica figlia. Essi venivano allevati insieme, e la libertà di vedersi e dividere i medesimi divertimenti, o piuttosto i vezzi nascenti della fanciulla ed il merito del giovanetto, fecero nascere nel loro cuore una reciproca simpatia, che nulla potè in seguito distruggere.

«Hussendgiar se ne avvide, ma lungi dall’opporsi ai loro sentimenti, sembrò approvarli. Il cielo, che gli aveva rifiutato un successore, gliene dava uno nel figlio del suo amico, che se ne rendeva sempre più degno, ed egli compiacevasi a formare un allievo a seconda dei propri desiderii.

«Quando Naerdan, di poco maggiore di Guzulbec, ebbe compiti i dodici anni, non gli fu più permesso di vederla; ella fu racchiusa nell’appartamento delle donne, e Naerdan affidato a quelli che dovevano dargli un’educazione conveniente ai disegni concepiti da Hussendgiar pel suo collocamento.

«Tale separazione gli riescì infinitamente sensibile, ma lo fu ben più a Guzulbec, la quale, meno distratta di lui, non occupossi d’altro che d’un amore, onde la privazione dell’oggetto amato, le faceva sentire tutta la violenza. Esso s’accrebbe nella solitudine, e non osando scrivere all’amante, non aveva altro mezzo, per fargli leggere nel proprio cuore, che i salam (saluti) ch’essa inviavagli mediante una schiava che ne ignorava il misterioso significato. Il primo che gli [p. 354 modifica] fece pervenire fu un pacchetto di zenzevero (Il mio cuore arde per te solo). Questo era un gran passo, è vero, ma la sua passione era troppo viva per tenerla nascosta a lungo in cuore. Tremava nell’aspettare la risposta, temendo di non essere più amata; ma qual fu la sua gioia quando le venne recato un pezzetto di drappo turchino! (Io ti voglio sempre bene.) Questo simbolo non esprimeva, a dir vero, un sentimento così tenero come avrebbe desiderato, ma finalmente non veniva negletta: era ancora amata.

«L’incanto di quell’idea durò poco tempo, e fe’ posto a rammarici e desiderii che non dubitava non fossero sentiti anche da Naerdan. Guzulhec si querelava della solitudine che venivale imposta, e spesse gelosi sospetti s’introducevano involontariamente nei di lei cuore.

«Intanto Naerdan, giunto all’età di quindici anni, conobbe a tal segno i vantaggi del commercio, e profittò così bene delle lezioni ricevute, che la riconoscenza ch’egli risentiva per Hussendgiar, unita al suo naturale talento, gli fece prendere una cura particolare degli affari del benefattore. Hussendgiar glieli affidò intieramente pel corso di molti viaggi che fece alle Indie; essi prosperarono nelle sue mani, e la vendita delle merci lasciategli nei magazzini di Erzerum produsse maggior guadagno ad Hussendgiar de’ suoi viaggi.

«Intanto Naerdan, per una delicatezza ed una fedeltà difficile a trovarsi in un cuore innamorato, aveva sospeso ogni commercio di messaggi con Guzulbec durante l’assenza del benefattore; il suo amore non si estinse, ma seppe imporgli silenzio, e ne sagrificò tutte le apparenze alla probità, non osando più pretendere alla mano della figlia del suo padrone, cui il cielo, contro ogni speranza, aveva concesso un figliuolo. Questa generosità, lungi dal diminuire la passione di Guzulbee non servì che ad accrescerla. [p. 355 modifica]

«Hussendgiar, nella gioia cagionatagli dalla nascita del figlio, non poteva in pari tempo cessar dalle lodi meritate da Naerdan. Diceva pubblicamente che l’erede concessogli dai cielo era solo capace di sturbare i progetti formati in suo favore; aggiungendo che la sua virtù, probità ed intelligenza l’avrebbero senza di ciò determinato a dargli la figlia e tutti i beni; ma che sperava fare la fortuna di qualche suo amico, dandogli un tal genero.

«Quei detti indussero Cara Mehemmet, cognato di Husseqdgiar, a domandargli Naerdan per sua figlia, e pretendeva anzi concludere il matrimonio appena fosse di ritorno da un viaggio alle Indie che doveva durare otto o nove mesi. Siccome era gioielliere di professione, Naerdan accettò la proposta non per desiderio d’arricchire, ma per guarire da un amore, cui non poteva più considerare se non qual un’ingratitudine.»

NOTTE DXLIV

— Quella notizia pervenne alle orecchie di Guzulbec, e ne piagò crudelmente il cuore. Spedì essa indarno molti messaggi, invano impiegò diversi emblemi onde dipingere agli occhi di Naerdan il suo amore, le sue pene e la sua gelosia: ella non giunse a far cambiare di risoluzione il troppo virtuoso giovane.

«La donzella, disperata, non sapendo più a chi rivolgersi nel suo infortunio, confidò le proprie pene ad una vecchia Ebrea, che le vendeva gemme peregrine. La vecchia parve sensibile al suo stato, ma più [p. 356 modifica] ancora alla ricompensa che le promise se poteva impedire quel matrimonio. — Prendi tutto ciò che è in mio potere,» le disse teneramente Guzulbec; «che Naerdan non isposi la figlia di Mehemmet, e ti giuro, pel santo Profeta, che quanto posseggo sarà tuo. Ah! perchè non ho tutti i tesori dell’India, per indurti servirmi!» La vecchia lasciolla, promettendo d’aiutarla, ed assicurandola che le darebbe in breve sue notizie.

«Il giorno seguente, Hussendgiar trovò nelle vie d’Erzerum Cara Mebemmet, il quale non erane partito che da quattro mesi, e manifestò la sua sorpresa per un sì pronto ritorno. L’altro gli disse d’aver trovato un suo corrispondente a metà strada dal luogo ove voleva recarsi, che avevagli ceduti tutti i possedimenti che aveva nell’Indie in modo vantaggioso, e ch’era risoluto di non esporsi più a tante fatiche, cui la sua grave età non gli permetteva di sopportare; che voleva insomma godere, nella sua patria, del riposo cui lo proprie ricchezze potevano procurargli. —

«Hussendgiar gli rammentò l’impegno preso seco per il matrimonio di Naerdan colla di lui figlia. Mehemmet rispose d’esser pronto a mantenere la parola, ma che voleva le nozze si facessero in una casa di campagna da poco tempo acquistata. L’altro avendo acconsentito, partirono subito per andar in cerca di Naerdan, e lo trovarono occupato degli affari di Hussendgiar. Cara Mehemmet gli disse: — Figliuolo, se volete seguirmi, vi farò vedere mia figlia; ella ha quindici anni, e la sposerete se vi conviene. —

«Naerdan rispose con garbo, ma però freddamente, e li seguì con una specie di gioia, sperando distruggere, con tal mezzo, una passione alla quale credeva non dover più abbandonarsi.

«Cara Mebemmet li condusse fuor delle porte della città. Hussendgiar, vedendolo prendere quella strada, [p. 357 modifica] gli disse: — A proposito, amico, che cosa significa questa casa ch’io non conosco? — Bisogna godere delle proprie ricchezze,» rispose Mehemmet; «ora vedrete come la mia nuova casa è ornata; da lunga pezza io godeva della sorpresa che ne avreste avuto. Il matrimonio di mia figlia con Naerdan è il termine del mistero che vi feci finora d’un sì delizioso ritiro, ove voglio passar tranquillo il resto de’ miei dì, lasciando a Naerdan la cura de’ miei affari e tutto il guadagno che ne ricaverà. —

«Terminando tali parole, giunsero ad una casa dove eranvi due custodi: Naerdan fu meravigliato di vedere ai piedi della scala un gran numero di paggi, magnificamente vestiti; le loro camicie erano di seta, i calzoni di raso, le vesti di taffettà indiano, i cafetan di taffettà ondeggiato, e le loro cinture guarnite di gemme tagliate alle Indie. Questi paggi camminarono davanti ad essi con rispetto, e li condussero in una sala d’udienza, riccamente ammobiliata. Quand’ebbero preso posto sul sofà, si recò loro il caffè e confetture, e poco dopo fu servita una splendida refezione; i piatti erano d’argento, e la biancheria ricamata con gusto squisito.

«Dopo il pasto, Cara Mehemmet pregò Hussendgiar di passare in un’altra camera, per lasciarlo solo con Naerdan, col quale doveva trattare d’affari particolari. Uscito l’amico, Mehemmet apri una porta che metteva nell’appartamento delle donne, e chiamò sua figlia. Dessa rispose tosto con una voce dolce come quella d’un angelo, e sì gentile che produsse perfino una specie d’emozione sul giovane.

«Questa beltà non tardò a comparire, mostrando vezzi incantevoli, e quando fu giunta vicina al padre, gli si gettò a’ piedi, dicendo: — Che cosa desiderate, padre mio, della vostra schiava?

«Son lieto,» rispos’egli, «di trovarvi nelle [p. 358 modifica] deposizioni che desiderava; vi voglio dare io isposa a Naerdan che qui vedete; siete contenta?

«— Io he già detto al padre mio che la sua schiava sarà la di lui volontà. Ella è pronta non solo a sposare Naerdan qui presente, ma ben anco l’ultimo de’ suoi servi. Il piacere d’obbedire al mio padre, o signore, farà sempre la maggior soddisfazione dell’anima mia.» Ciò detto, uscì dalla camera.

«— Ebbene, figliuolo,» disse allora Cara Mehemmet, «che cosa pensate voi di mia figlia? Ne siete contento?

«— A chi mai,» risposo Naerdan, «non potrebbe piacere una simile beltà? —

«Mehemmet, soddisfatto di quella risposta, mandò a cercare l’imano del quartiere, e cavando una borsa contenente tremila zecchini: — Prendete questo denaro,» disse, «e quando vi domanderò, in presenza dell’imano, che cosa portate in dote a mia figlia, risponderete tremila zecchini, dandomi nel tempo stesso la borsa. —

«L’imano non si fece aspettare, e giunse seguito dal maestro di scuola e dal cadì; si servì il pranzo, e sulla fine del secondo pasto, Mehemmet disse all’imano: — Io do mia figlia a Naerdan che qui vedete: voglio tremila zecchini per assicurar la sua dote. —

«Hussendgiar volle pagarli, ma Naerdan presentò la borsa che lo suocero avevagli dato, e quell’affare fu conchiuso senz’altre difficoltà. Il cadì stese il contratto; e la cerimonia nuziale fu seguita da un terzo pasto, sulla fine dei quale Naerdan, avvicinatosi a Hussendgiar, gli disse: — Io non devo dormire solo questa notte; non sarebbe opportuno che andassi ai bagni?» [p. 359 modifica]

NOTTE DXLV

— Mehemmet volle sapere che cosa desiderava il genero, e quando ne fu edotto, non solo approvò il suo disegno, ma assicurollo che quella purificazione era necessaria dopo la cerimonia dell’imano; e chiamati vari schiavi, fece condurre Naerdan ai bagni deliziosi preparati nella stessa casa, e si mise a tavola cogli altri convitati. Tornato il giovane, lo introdussero nell’appartamento delle donne, per dormire colla sposa.

«Quand’ebbe provato i piaceri che dovevano, secondo lui, bandire Guzulbec dal suo cuore, sentì con dolore ch’erale affezionato non meno di prima.

«Quelle idee lo tennero occupato alcun tempo, ma infine dovette cedere al sonno. Prima dello spuntar del giorno, lo destò un bisogno urgente cui non poteva però soddisfare, non osando alzarsi, nè fare il menomo movimento, per tema di risvegliare la bella sposa, la cui testa posava sul suo braccio. Finalmente, non potendo più reggere, ritirò il braccio il più dolcemente che gli fu possibile; ma qual fu la sua meraviglia, quando vide quella bella testa, vero capolavoro della natura, staccarsi dal corpo, e cader giù dal letto, rotolando sino alla porta! All’orrendo spettacolo, egli dimenticò i suoi bisogni, e rimase immobile di terrore.

«Era già qualche tempo in quella crudele situazione, quando Mehemmet mandò per sapere come gli sposi avessero passata la notte: si trovò la porta chiusa. Il misero Naerdan non era in caso di aprirla. [p. 360 modifica] e neppure di udir bussare, avendo smarrito l’uso dei sensi. Si dovette adunque atterrarla, ed il sangue e la testa che si scorsero al suolo, fecero mandar alte grida agli schiavi, che attirarono Cara Mehemmet, il quale inviò subito a chiamare il cadì. Si mise Naerdan in prigione, e lo si caricò di catene, per mandarlo in breve all’estremo supplizio.

«Le cattive notizie che si propagano sempre rapidamente, istruirono Guzulbec del tristo avvenimento; essa fu afflittissima, sentendo il pericolo in cui versava l’amante. L’Ebrea non tardò a venire, e le disse: — Ebbene! siete contenta? Voi non dovete più temer rivale...

«— Ah, crudele!» rispose Guzulbec; «rendigli la vita, e non esporre i suoi giorni; altrimenti non potrai sfuggire alla mia giusta vendetta!» proseguì ella, guardandola con due occhi infiammati di sdegno, che in simili situazioni le indoli più benigne esprimono in guisa non men terribile delle più violenti.

«L’Ebrea subito si ritirò.

«Intanto Hussendgiar, appena informato della disgrazia di Naerdan, ch’egli credeva incapace di tal delitto, corse alla prigione per consolarlo, e sapere qual servizio gli potesse rendere. Naerdan gli narrò la sua avventura, sulla quale Hussendgiar non seppe qual giudizio fare, e sortì tosto per cercare i mezzi di giustificarlo, senza però saper troppo come potervi riuscire.

«Sua prima cura fu di andar a trovare Cara Mehemmet nella sua nuova casa, ov’era accaduta la disgrazia, per informarsi della verità, ma fu assai sorpreso di non trovare la menoma orma del superbo edificio, e vedervi invece una capanna rovinata, nella quale scorse un venerabile vecchio, il quale gli chiese che cosa cercasse. — Cerco,» rispose Hussendgiar, «una bella casa che mi sembra ieri ancora fosse qui. [p. 361 modifica]

«— È vero,» rispose il vecchio, «che qui eravene una, ma, come tu vedi, ora non c’è più. La tua maraviglia cesserà,» prosegui, dopo un momento di silenzio, «quando saprai ch’io sono un genio, e che l’amore di tua figlia per Naerdan mi ha commosso. Io assunsi l’aspetto d’una vecchia Ebrea per esserne meglio informato; ho preso anche le forme di Cara Mehemmet, che deve arrivare sol questa sera nella città; e feci erigere il palazzo nel quale tu ieri hai pranzato ed ove si celebrarono le pretese nozze di Naerdan. Va a promettergli tua figlia,» aggiunse poi con severo accento; «un uomo onesto nella tua famiglia val meglio di tutti i tesori; egli avrà cura di tua figlia, e la sua virtù farà prosperare la tua casa. Se non aderirai alla mia domanda, ti farò pentire le mille volte al giorno del tuo rifiuto. —

«Hussendgiar promise al genio di soddisfare le di lui esigenze, e lo spirito aereo allora soggiunse: — Tu puoi andar a trovare il cadì che ha fatto mettere Naerdan in prigione; inducilo a venir qui, e quando avrà visitato questi luoghi, trovandoli sì diversi da ciò ch’erano stamane, non potrà dubitare che l’avventura di Naerdan non sia un incantesimo, ed allora potrai agevolmente ottenere da lui la libertà dell’uomo detenuto sì ingiustamente. —

«Hussendgiar obbedì al vecchio, e tutto andò come questi aveva preveduto.

«L’arrivo del vero Cara Mehemmet, che in quel momento giunse a cavallo seguito da tutti i suoi schiavi, confermò il cadì nella verità del rapporto che gli si faceva; ed egli annullò la parola data da Mehemmet a Hussendgiar di concedere la propria figlia a Naerdan. Questo tenero amante fu reso alla costante Guzulbec, ed il cielo, che li aveva protetti, colmò il loro amore d’ogni felicità.»

L’alba non ispuntava ancora, e Scheherazade, con licenza del consorte, cominciò la novella seguente: