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deposizioni che desiderava; vi voglio dare io isposa a Naerdan che qui vedete; siete contenta?
«— Io he già detto al padre mio che la sua schiava sarà la di lui volontà. Ella è pronta non solo a sposare Naerdan qui presente, ma ben anco l’ultimo de’ suoi servi. Il piacere d’obbedire al mio padre, o signore, farà sempre la maggior soddisfazione dell’anima mia.» Ciò detto, uscì dalla camera.
«— Ebbene, figliuolo,» disse allora Cara Mehemmet, «che cosa pensate voi di mia figlia? Ne siete contento?
«— A chi mai,» risposo Naerdan, «non potrebbe piacere una simile beltà? —
«Mehemmet, soddisfatto di quella risposta, mandò a cercare l’imano del quartiere, e cavando una borsa contenente tremila zecchini: — Prendete questo denaro,» disse, «e quando vi domanderò, in presenza dell’imano, che cosa portate in dote a mia figlia, risponderete tremila zecchini, dandomi nel tempo stesso la borsa. —
«L’imano non si fece aspettare, e giunse seguito dal maestro di scuola e dal cadì; si servì il pranzo, e sulla fine del secondo pasto, Mehemmet disse all’imano: — Io do mia figlia a Naerdan che qui vedete: voglio tremila zecchini per assicurar la sua dote. —
«Hussendgiar volle pagarli, ma Naerdan presentò la borsa che lo suocero avevagli dato, e quell’affare fu conchiuso senz’altre difficoltà. Il cadì stese il contratto; e la cerimonia nuziale fu seguita da un terzo pasto, sulla fine dei quale Naerdan, avvicinatosi a Hussendgiar, gli disse: — Io non devo dormire solo questa notte; non sarebbe opportuno che andassi ai bagni?»