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«Hussendgiar, nella gioia cagionatagli dalla nascita del figlio, non poteva in pari tempo cessar dalle lodi meritate da Naerdan. Diceva pubblicamente che l’erede concessogli dai cielo era solo capace di sturbare i progetti formati in suo favore; aggiungendo che la sua virtù, probità ed intelligenza l’avrebbero senza di ciò determinato a dargli la figlia e tutti i beni; ma che sperava fare la fortuna di qualche suo amico, dandogli un tal genero.
«Quei detti indussero Cara Mehemmet, cognato di Husseqdgiar, a domandargli Naerdan per sua figlia, e pretendeva anzi concludere il matrimonio appena fosse di ritorno da un viaggio alle Indie che doveva durare otto o nove mesi. Siccome era gioielliere di professione, Naerdan accettò la proposta non per desiderio d’arricchire, ma per guarire da un amore, cui non poteva più considerare se non qual un’ingratitudine.»
NOTTE DXLIV
— Quella notizia pervenne alle orecchie di Guzulbec, e ne piagò crudelmente il cuore. Spedì essa indarno molti messaggi, invano impiegò diversi emblemi onde dipingere agli occhi di Naerdan il suo amore, le sue pene e la sua gelosia: ella non giunse a far cambiare di risoluzione il troppo virtuoso giovane.
«La donzella, disperata, non sapendo più a chi rivolgersi nel suo infortunio, confidò le proprie pene ad una vecchia Ebrea, che le vendeva gemme peregrine. La vecchia parve sensibile al suo stato, ma più