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e neppure di udir bussare, avendo smarrito l’uso dei sensi. Si dovette adunque atterrarla, ed il sangue e la testa che si scorsero al suolo, fecero mandar alte grida agli schiavi, che attirarono Cara Mehemmet, il quale inviò subito a chiamare il cadì. Si mise Naerdan in prigione, e lo si caricò di catene, per mandarlo in breve all’estremo supplizio.
«Le cattive notizie che si propagano sempre rapidamente, istruirono Guzulbec del tristo avvenimento; essa fu afflittissima, sentendo il pericolo in cui versava l’amante. L’Ebrea non tardò a venire, e le disse: — Ebbene! siete contenta? Voi non dovete più temer rivale...
«— Ah, crudele!» rispose Guzulbec; «rendigli la vita, e non esporre i suoi giorni; altrimenti non potrai sfuggire alla mia giusta vendetta!» proseguì ella, guardandola con due occhi infiammati di sdegno, che in simili situazioni le indoli più benigne esprimono in guisa non men terribile delle più violenti.
«L’Ebrea subito si ritirò.
«Intanto Hussendgiar, appena informato della disgrazia di Naerdan, ch’egli credeva incapace di tal delitto, corse alla prigione per consolarlo, e sapere qual servizio gli potesse rendere. Naerdan gli narrò la sua avventura, sulla quale Hussendgiar non seppe qual giudizio fare, e sortì tosto per cercare i mezzi di giustificarlo, senza però saper troppo come potervi riuscire.
«Sua prima cura fu di andar a trovare Cara Mehemmet nella sua nuova casa, ov’era accaduta la disgrazia, per informarsi della verità, ma fu assai sorpreso di non trovare la menoma orma del superbo edificio, e vedervi invece una capanna rovinata, nella quale scorse un venerabile vecchio, il quale gli chiese che cosa cercasse. — Cerco,» rispose Hussendgiar, «una bella casa che mi sembra ieri ancora fosse qui.