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«— È vero,» rispose il vecchio, «che qui eravene una, ma, come tu vedi, ora non c’è più. La tua maraviglia cesserà,» prosegui, dopo un momento di silenzio, «quando saprai ch’io sono un genio, e che l’amore di tua figlia per Naerdan mi ha commosso. Io assunsi l’aspetto d’una vecchia Ebrea per esserne meglio informato; ho preso anche le forme di Cara Mehemmet, che deve arrivare sol questa sera nella città; e feci erigere il palazzo nel quale tu ieri hai pranzato ed ove si celebrarono le pretese nozze di Naerdan. Va a promettergli tua figlia,» aggiunse poi con severo accento; «un uomo onesto nella tua famiglia val meglio di tutti i tesori; egli avrà cura di tua figlia, e la sua virtù farà prosperare la tua casa. Se non aderirai alla mia domanda, ti farò pentire le mille volte al giorno del tuo rifiuto. —

«Hussendgiar promise al genio di soddisfare le di lui esigenze, e lo spirito aereo allora soggiunse: — Tu puoi andar a trovare il cadì che ha fatto mettere Naerdan in prigione; inducilo a venir qui, e quando avrà visitato questi luoghi, trovandoli sì diversi da ciò ch’erano stamane, non potrà dubitare che l’avventura di Naerdan non sia un incantesimo, ed allora potrai agevolmente ottenere da lui la libertà dell’uomo detenuto sì ingiustamente. —

«Hussendgiar obbedì al vecchio, e tutto andò come questi aveva preveduto.

«L’arrivo del vero Cara Mehemmet, che in quel momento giunse a cavallo seguito da tutti i suoi schiavi, confermò il cadì nella verità del rapporto che gli si faceva; ed egli annullò la parola data da Mehemmet a Hussendgiar di concedere la propria figlia a Naerdan. Questo tenero amante fu reso alla costante Guzulbec, ed il cielo, che li aveva protetti, colmò il loro amore d’ogni felicità.»

L’alba non ispuntava ancora, e Scheherazade, con licenza del consorte, cominciò la novella seguente: