Capitolo XII

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XI XIII
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XII.

Le due settimane passarono.

Francesco Rosana frequentava la casa di Maria, andava spesso in giro con zio Nicola, passava qualche volta nella via. Egli era veramente innamorato, tutti se ne accorgevano ed egli non lo nascondeva.

Ma trascorsi i quindici giorni, Maria ne chiese altri sette per decidersi.

— Ancora! — disse Francesco, quasi offeso. Ma questo è un martirio.

Egli credette che Maria lo tormentasse così per provare il suo amore, e attese, sempre più impaziente. Già i regali fioccavano, da casa Rosana a casa Noina: quasi ogni giorno le vicine e il bettoliere curioso vedevano arrivare una donna di servizio, che teneva sul capo un canestro ben coperto da un tovagliolo bianco.

— Sarà un canestro di frutta, — diceva il bettoliere, scacciando le mosche dalla sua botteguccia. [p. 151 modifica]

— No, saranno dei biscotti con la cappa1 — rispondeva una vicina dalla porta di contro.

— Scommettiamo?

— Peccato non sia in paese Pietro Benu; lui avrebbe saputo dirci qualche cosa. Perchè poi, dopo tutto, non si sa nulla: non si sa se si sposano o no.

— Maria ha domandato un mese di tempo per decidersi, — diceva il bettoliere, che pareva molto ben informato. — Non si capisce perchè quella donna non si decida. Ma voglio dirglielo.

Un giorno infatti egli entrò dai Noina per comprare una misura di grano e chiese a Maria:

— Zia, quando vi sposate?

— Dio solo lo sa.

— Come Dio? Voi lo dovete sapere. Francesco Rosana si consuma, aspettando la vostra risposta.

— Come sapete ciò? — chiese l’altra, meravigliata.

— Me lo ha detto un uccello! Anche gli uccelli lo sanno! Chi non conosce il segreto?... Misurate bene il grano, zia!

Ella pensò a Pietro, che in quei giorni si trovava nella vigna. Sapeva anch’egli la notizia? Un lieve, involontario spavento l’assalì.

— No, no, — disse, versando il grano polveroso nella sacca del bettoliere. — Io non mi sposo, non mi sposerò mai. La gente chiacchiera, ma io non so nulla.

— Chi volete dunque per marito, se Francesco Rosana non vi piace? Così ricco, così simpatico, così [p. 152 modifica]gentile? Sembra un cavaliere vestito in costume, cominciò ad adulare il toscano. — Degno di voi, zia! Una coppia così bella! Decidetevi, decidetevi...

Anche gli altri vicini, specialmente le donnicciuole, lodavano continuamente Francesco, e consigliavano Maria d’accettarlo per sposo.

Intanto Pietro aveva compiuto il suo anno di servizio e rinnovato il contratto per un altr’anno.

Maria, veramente, aveva cercato di convincere zio Nicola a non rinnovare il contratto, ma egli l’aveva guardata da capo a piedi con disprezzo e meraviglia.

— Come sono sciocche, le donne! Sciocche tutte! Perchè vuoi licenziare quel servo? Dove ne troverai uno migliore? Se Pietro Benu è la perla dei servi? Ecco, tu sei come colui che cercava del pane migliore del pane di frumento...

Pietro lavorava nella vigna e sognava. Qualche voce vaga, sul possibile fidanzamento di Maria, era giunta fino a lui, ma già altre volte egli aveva sentito chiacchiere e notizie false, a proposito del matrimonio di Francesco con la sua giovine padrona, e non credeva più a nulla. Egli era cieco e sordo; viveva tutto della sua passione, lontano dalla realtà, come relegato in un’isola di sogni. Il tempo era dolce, sereno; la vigna maturava all’ombra della montagna cinerea sulle cui falde i lentischi abbruciati da qualche incendio sembravano melanconiche macchie di ruggine.

Pietro guardava sempre in su, verso lo stradale, con la speranza di veder giungere Maria; Maria [p. 153 modifica]invece pensava a lui quasi con odio. Perchè si era fatto amare, quel servo? Perchè si era messo sulla sua via, come una pietra che bisognava saltare con pericolo?

Spesso, bisogna dirlo, bastava il ricordo degli occhi e dei baci del povero servo perchè Maria rivolgesse il suo rancore contro Francesco; quel ricordo destava in lei un tumulto di passione e di rimorso, la incatenava al passato, la faceva piangere di angoscia e di desiderio. Ma poi una vicvina veniva per comprare orzo o frumento o mandorle, guardava sorridendo servilmente la giovane proprietaria e le diceva:

— L’hai visto passare?... Fa pena davvero! È diventato magro... Eh via, sei più dura di queste mandorle: hai il cuore nero, tu! E dire che egli è così ricco, così grazioso! Il più bel giovine di Nuoro; il più ben vestito! Bada di non pentirti, Maria!

Ed ella ricadeva nei suoi sogni ambiziosi.

Vennero i giorni della vendemmia. Pietro ritornò in paese, e a mala pena ottenne da Maria un breve colloquio notturno.

— Sono malata, — ella gli disse. — Ho la febbre: senti come scotto. Ho paura di morire.

Scottava davvero, era pallida e tremava. Pietro la fermò un momento, poi la pregò di ritirarsi, di mettersi a letto e di curarsi.

Ella s’avviò barcollando: quando fu vicina alla porta si volse e disse:

— Pietro, bisogna esser prudenti. In questi giorni ho rifiutato un grosso partito, e mio padre [p. 154 modifica]e mia madre sospettano che io abbia qualche passione in cuore. Sarai prudente? Farai tutto quello che vorrò io?

— Tutto, tutto, cuore mio! Dimmi di buttarmi sul fuoco, dimmi di tagliarmi le mani...

— Non tanto! Basta che non cerchi di vedermi e di parlarmi spesso...

— Come tu vorrai, — egli esclamò, esaltato.

Avrebbe voluto chiederle chi era il «grosso partito» rifiutato, ma pensò a Francesco Rosana, e non osò trattenerla più a lungo. Poveretta, aveva la febbre.

La seguì con gli occhi, mentre ella attraversava il cortile illuminato dalla luna, e gli parve che ella piangesse.

Per segreta suggestione di Maria, zia Luisa fece partir Pietro subito dopo la vendemmia.

Come l’anno passato, egli si recava sull’altipiano, per la seminagione: il suo carro era carico di sementi e di provviste; il vomere intatto brillava sulla punta dell’aratro.

Era una sera di luna, una sera di ottobre, dolce e tiepida. Pietro era ripartito senza aver riabbracciato Maria, e spasimava d’amore e di tristezza. Ella non era più la stessa, no; ella era mutata, sofferente, infelice. Tutto per lui, sì, tutto per lui. Perchè egli se n’era ben accorto: zia Luisa e zio Nicola la trattavano con freddezza sdegnosa [p. 155 modifica]perchè ella non voleva accettare la domanda di matrimonio di Francesco Rosana.

— Per paura dei suoi genitori ella non mi ha più permesso di vederla durante la notte, — pensava Pietro. — Ed ora passerà tanto tempo...

No, egli non poteva proseguire la strada. Si fermò in un podere, raccomandò ad un contadino il suo carro ed i buoi, legò il cane perchè non lo seguisse, e rifece la via... Camminava quasi incoscientemente, come un sonnambulo, spinto da una forza misteriosa. Il cuore gli batteva d’angoscia e di amore. S’aggirò cautamente intorno alla casa dei padroni, vide zio Nicola nella bettola, battè al portone. Maria venne ad aprire.

— Pietro! — ella disse con spavento. — Perchè sei tornato?

— Non ho potuto... non ho potuto proseguire... — egli rispose, anelante e fremente. — Perdonami: non ho potuto. Son tornato per vederti. Dimmi che cosa succede, Maria, dimmelo subito... Dimmi che hai, e perchè non possiamo vederci più come prima...

Egli supplicava, basiva, pareva dovesse cader fulminato ai piedi di Maria.

Ella lo guardava, tremante di paura e di pietà.

Ah, sì, il povero servo la amava, la amava più che non l’amasse il ricco proprietario; ma che poteva ella fare? Per un attimo ebbe l’idea generosa di rivelare a Pietro tutta la verità; ma il coraggio le mancò. Mentì ancora, mentì sempre.

— Ma non lo sai, dunque, — disse con voce dolce, — non lo sai che i miei genitori vigilano? [p. 156 modifica]

Non te lo dissi già? Ho rifiutato più d’una proposta di matrimonio... e loro dubitano che io sia innamorata... Innamorata di te... Vattene, Pietro, sii prudente; non farmi soffrire...

— Mai; vorrei piuttosto morire che farti soffrire... — egli disse, fervidamente. — Ma ho bisogno di vederti, qualche volta, Maria; ho bisogno di te come del pane e dell’acqua. Ritornerò, qualche volta? Qualche volta, Maria!

— No, no, in segreto mai! Sii buono, Pietro, non farmi soffrire. Ed ora vattene, vattene...

Ella lo spingeva, davvero paurosa che venissero sorpresi; ma egli non poteva allontanarsi, non poteva muoversi. Avrebbe voluto morire, sentiva una grande sventura pesargli sul capo.

— Lascia almeno, Maria! È tanto tempo...

Con impeto folle la strinse a sè; la baciò sulle labbra con l’avidità di un affamato. Ella non potè resistere; lo baciò e pianse disperatamente, e così il loro ultimo bacio fu macchiato dalle lagrime del tradimento.

                                  *
                                *   *

Da circa due settimane Pietro aveva ripreso possesso del malinconico altipiano, e lavorava alacremente.

Una sera, ai primi di novembre, passò di là un giovane contadino nuorese che gli portò un cestino di provviste. [p. 157 modifica]

Pietro lo invitò ad entrare nella capanna ed a riposarsi accanto al fuoco: anche Malafede s’aggirava intorno al viandante, fiutandogli le vesti e leccandogli le mani. Ma il giovine aveva fretta. Curvo sull’apertura della capanna, porgeva il cestino e salutava.

— Dammi almeno qualche notizia dei miei padroni — disse Pietro.

— Maria s’è finalmente decisa a fidanzarsi con Francesco Rosana. Il toscano dice ch’è stato lui a convincerla, — rispose l’altro, ridendo.

— Cosa mi racconti? — gridò Pietro, slanciandosi quasi violentemente contro il viandante.

— Oh, come, non lo sapevi?... — disse una voce.

Oh, che era? Una voce umana, o la voce del vento, o il latrare del cane? Pietro non seppe: udì un urlo, poi un rumore stridente, come d’una sega che gli aprisse il cranio, che gli penetrasse fino alla gola, al petto, alle viscere... Le sue labbra si chiusero, fredde e pesanti come labbra di marmo; i suoi occhi videro l’ombra d’un mostro che gli si avventava addosso per strozzarlo.

Fu un attimo. Il viandante non finiva di pronunziare la sua frase «come, non lo sapevi?» che già la vertigine di Pietro era cessata.

— No, non è possibile — disse il servo, ridendo forte. — Tu t’inganni. Maria ha rifiutato Francesco. Lo disse a me.

L’altro aveva fretta d’andarsene: nella penombra non aveva veduto il viso sconvolto di Pietro, e quindi rispose tranquillamente: [p. 158 modifica]

— Non so. Certo è che tutte le sere Francesco Rosana va a visitare Maria, e quasi ogni giorno manda regali. Tutti dicono che gli è stata concessa l’entrata2 in casa Noina. E del resto, cosa c’importa? Addio. Mettiti a bagno3.

IL viandante s’allontanò, ma Pietro fischiò per richiamarlo.

— Senti, tu! Mi dimenticavo. Io volevo stasera ritornare a Nuoro per un mio affare; se zia Luisa t’interrogherà, le dirai che io ero già partito, quando tu sei passato. Hai capito? Così dirò che ritorno per rifornirmi di viveri.

— Va bene, buona notte.

Pietro s’avviò, più cieco e triste della notte. Perchè andava? Dove andava? Che avrebbe fatto? Egli non lo sapeva, ma andava. Andava come l’ariete che spinto dal prurito della sua testa verminosa va a sbatterla contro una pietra, un tronco, un ostacolo qualunque.

Bisognava camminare, vedere, cercare un sollievo peggiore del male.

Per un buon tratto di strada Pietro camminò così, spinto da un impulso cieco: le tempia gli battevano forte, gli pareva di udire un galoppo di cavalli su una strada rocciosa; vedeva grandi macchie violette volteggiare nell’ aria fredda della notte.

Ma a poco a poco si riebbe. Guardò il cielo, per indovinare l’ora dal corso delle stelle, vide [p. 159 modifica]Giove, verde e brillante, poco alto sull’orizzonle cristallino, e pensò:

— Saranno le sette: fra un’ora e mezzo sarò là.

Oggi è sabato. Se la notizia è vera trovo Francesco Rosana ancora là... Se lo trovo mi getto su lui e lo strozzo... No. Maria non lo ama, non lo vuole! Ella non può tradirmi, così, come Giuda tradì Cristo. Dev’essere stata la famiglia a imporle il fidanzamento. Ed ella, timida e paurosa, ha ceduto... Come ella deve soffrire! Chissà, forse è stata lei a farmi avere la notizia, ed ora mi aspetta...

Più andava, più il dubbio del tradimento si dileguava dalla sua anima smarrita: in fila serrata i ricordi gli ripassavano nella mente: ogni sguardo, ogni promessa, ogni parola di Maria gli ritornava nella memoria, destandogli un sentimento di profonda tenerezza.

In meno di due ore attraversò e risalì la valle: correva, ansava, smaniava: gli pareva di andare verso un luogo pericoloso, per salvare Maria da un incendio, per strapparla ad un destino abbominevole. Stendeva le braccia in avanti, e stringeva i pugni quasi per misurare la sua forza ed esercitarsi per la prossima lotta contro un nemico ignoto. Tutti gli istinti dell’uomo primitivo risorgevano in lui.

— Lo ucciderò... lo strozzerò, lo getterò a terra come un albero schiantato dall’uragano. Lo ucciderò, lo ucciderò!...

Per lungo tratto di strada egli non fece che ripetere quelle parole: gli sembrava di urlarle, gli [p. 160 modifica]pareva di udirlo ripetute dal rumore dei suoi passi, dal palpito delle sue tempia, dalla pulsazione violenta del suo cuore e della sua gola.

E più s’avvicinava a Nuoro più sentiva di odiare Francesco, e più Maria gli appariva come una vittima...

Giunto davanti alla chiesetta della Solitudine si fermò di botto, ripreso bruscamente dal senso della realtà. Là, davanti a lui, Nuoro stendeva le suo casette nere e silenziose: qualche fanale rosso brillava nel buio; una campana annunziava il cuoprifoco, l’ora del sonno e del riposo e dei delitti...

— Dove, dove vado io? — si domandò Pietro.

Un soffio di vento veniva giù dall’Orthobene nero; gli battè alle spalle, gli gelò il sudore, lo avvolse tutto come in un lenzuolo funebre.

Sì, dove andava? Fra pochi istanti sarebbe arrivato, sarebbe rientrato nella casa dei padroni. Francesco Rosana forse era già partito; ma fosse pure ancora là, che avrebbe fatto egli, il povero servo? Avrebbe salutato, niente altro che salutato...

— Ebbene. — pensò, avviandosi, — io non rientrerò: spierò, e dopo aver visto uscire quell’«immondezza» cercherò di rientrare e di riveder Maria. Bisogna prima intenderci con lei; poi vedrò che cosa conviene fare.

Ma d’un tratto udì un respiro ansante, un anelito quasi umano, e prima ancora ch’egli avesse [p. 161 modifica]avuto tempo di voltarsi, Malafede lo raggiunse e gli passò avanti.

— C’è il cane, — disse Pietro a voce alta; — come si fa ora?

Imprecò, fischiò, ma il cane, tutto fremente di gioia e di stanchezza, correva dritto verso il paese.

Allora Pietro pensò che doveva rientrare subito a casa: ma a misura che s’avvicinava, il cuore gli tornava a battere forte, e i pensieri gli si confondevano nella mente.

— Se io lo trovo là lo uccido; mi getto sopra di lui come un cane arrabbiato, — pensava. — È meglio che aspetti fuori; non voglio perdermi... no... perchè Maria, ne son certo, mi ama ancora... Devo, devo frenarmi, devo vincermi... per amor suo.

Davanti alla casa dei padroni si fermò. Malafede raschiava il portone e guaiva: egli lo afferrò per il collare e lo trascinò fino allo svolto del muro.

Il cane si scuoteva tutto e abbaiava; Pietro, curvo e ansante, lo accarrezzava, lo supplicava di tacere.

— Sta’ zitto, diavolo; sii buono, sta’ zitto...

Quanto tempo egli e il cane stettero lì, dietro il muro, agitati da una lotta innocua ma ostinata? Egli non calcolò il tempo, ma gli parve lunghissimo.

All’improvviso un quadrato di luce rossastra tremolò sulla via, davanti al portone che si apriva: un uomo uscì, si fermò un momento, finì di dire qualche cosa, poi salutò:

— Buona notte, Maria. [p. 162 modifica]

— Addio, Francesco.

Pietro si sentì morire: il cane gli sfuggì di mano; egli si rizzò, s’avvicinò, si fermò anch’egli sul quadrato di luce, e vide come in un sogno la figura di Maria. Ella teneva la candela in mano; vedendo Pietro impallidì e lo guardò spaventata, ma il cane era già in cucina e zio Nicola s’affacciava alla porta gridando:

— C’è qui Malafede! Oh, che diavolo vuol dire? Ah, ci sei anche tu, bello mio?

Pietro non l’udì: guardava Maria, e Maria s’allontanava dal portone.

Non una parola fu scambiata; ma Pietro comprese che tutto per lui era finito. Entrò e chiuse il portone.

— Buona notte. — disse poi, attraversando il cortile. — Ah, voi non m’aspettavate certo!

Maria sentì che egli si rivolgeva a lei: ebbe paura; istintivamente spense la candela e si rifugiò in cucina, dietro le spalle di zio Nicola.

Ma Pietro non le rivolse più neppure lo sguardo.

Egli entrò e sedette accanto al fuoco, nell’angolo dove aveva trascorso tante ore felici, sullo sgabello forse abbandonato dal suo rivale... Sentiva un desiderio feroce di urlare, di rompere e devastare tutto intorno a sè; avrebbe voluto prendere un tizzone ardente dal focolare, scuoterlo in giro, appiccare il fuoco a tutto, a tutti, perire in questo incendio d’odio e di disperazione. E non mosse una mano, non sollevò gli occhi. Il dolore lo paralizzava. [p. 163 modifica]

— Tu sembri un cadavere — disse zia Luisa, guardandolo con uno sguardo meno indifferente del solito. — Sei malato?

— Sì, sono malato. Son tornato per ciò. Ho la febbre. Datemi del chinino e ripartirò subito.

— Hai fatto bene. Ma giacchè sei qui ripòsati: ripartirai domani mattina. Sì, ti darò il chinino; ne ho comprato giusto una boccetta; anche Maria ha avuto le febbre.

— Anche lei! — disse Pietro, come fra sè.

Sollevò gli occhi, si guardò attorno. Nulla era mutato intorno a lui: le figure erano sempre le stesse, zia Luisa filava, zio Nicola stringeva il bastone fra le gambe. Maria volgeva le spalle, riordinando alcuni bicchieri in un vassoio deposto sopra il forno.

Ma Pietro provava l’impressione di trovarsi in un mondo nuovo, in un luogo triste e quasi lugubre: gli pareva di esser morto; sì, qualcuno lo aveva percosso con una pietra, sul cranio, e l’aveva ucciso; il Pietro che ora respirava in lui era un altro, e riviveva in un luogo di morte e di dolore.

— Sì, tu sembri un cadavere, — ripetè zia Luisa. - Prendi subito un po’ di chinino. Avrai fame, anche.

— Vi dico che ho la febbre: non ho fame.

— Febbre d’amore, — disse zio Nicola, battendo sul pomo del bastone una tabacchiera di corno turata con un pezzo di sughero intagliato.

— Vi dico che ho la febbre, — ripetè Pietro, irritato. [p. 164 modifica]

— Eh, diavolo, mi pare che hai anche il delirio, bello mio! Non gridare così! Se hai la febbre, coricati, — disse il padrone. — Ma almeno un bicchiere lo bevi, eh? Dà qui da bere, Maria. Voltati dunque; oh che vedi ancora la figura di Francesco Rosana dentro quel bicchiere?

Maria si scostò, ma non si volse: allora Pietre vide i bicchieri in uno dei quali doveva appunto aver bevuto Francesco. E respinse con ribrezzo il bicchiere che Maria venne lentamente a porgergli.

Ah, il cuore gli si infrangeva: avrebbe dato tutto il resto della sua vita per trovarsi solo con Maria e domandarle la spiegazione di quello che a lui pareva un abbominevole mistero.

Ma ella porse il bicchiere a zio Nicola, poi s’allontanò ancora, fece lentamente il giro della cucina, uscì e non rientrò più.

— Ha paura di me, — pensò il servo. — Perchè, perchè ha paura? Che posso farle io? Non ho giurato di non farle mai del male? Ella è vile; è vile, vile; ma io l’amo più di me stesso e se ella mi domandasse perdono...

Non sapeva perchè, pensando a lei egli si sentiva debole come un bambino; ma d’improvviso udì nuovamente come un lontano galoppo di cavalli, una fiamma gli bruciò il viso, una nube rossa gli passò davanti agli occhi.

Uccidere, uccidere! Bisognava uccidere qualcuno, bisognava bere un po’ di sangue umano per estinguere la sete terribile che gli bruciava la gola. [p. 165 modifica]


— Stanotte strangolo zio Nicola, questo cinghiale rosso e sciocco...

Ma dopo che zia Luisa si fu ritirata, il padrone sollevò il bastone e lo battè lievemente sulle spalle del servo.

Pietro trasalì; parve svegliarsi da un sogno.

— Che c’è?

— Buone notizie, — disse zio Nicola, con voce ironica. — Ora te la racconto.

Spiegò un gran fazzoletto turchino, lo scosse sul fuoco, poi si soffiò rumorosamente il naso.

— Sì, buone notizie, almeno si dice così. — Prendi tabacco, Pietro Benu? No? Allora, buona notte! Sì, anch’io ho cominciato a prender tabacco: invecchio. E lasciamo andare! Dunque mia figlia Maria sposa Francesco Rosana.

Pietro ascoltava e taceva. Le ultime parole del padrone lo colpirono come bastonate. Ah, ebbene, sì, fino a quel momento egli aveva sperato d’ingannarsi!

— Come si fa? — proseguì zio Nicola. — Si poteva aspettare ancora, si poteva sposare un bel giovane; ma alle donne, oramai, credi pure, piacciono gli uomini brutti. Tu sei un bel giovane, per esempio; ma credi tu che piacerai alle donne? Passati quei tempi, bello mio! Il cuculo non canta più... Sì, bello mio, zia Luisa lo vuole. Maria lo vuole, tutto il mondo lo vuole...

— Chi?

— Chi? Sei sordo? Non ho nominato Francesco Rosana? Giovane ricco, spaccone, consigliere [p. 166 modifica]comunale. È vero che Maria poteva sposare un borghese, un medico, un avvocato; ma gli avvocati, dice zia Luisa, sono spiantati. Dunque, sai tu chi ha fatto la domanda di matrimonio? Indovina un po’.

Pietro sollevò il capo, fece il suo solito gesto sprezzante.

— Il sindaco, bello mio; il sindaco in pelle ed ossa, — annunziò il padrone: e voleva essere ironico, ma non riusciva a nascondere una certa soddisfazione vanitosa. — Benissimo, — proseguì, levandosi la berretta e rimettendosela un po’ a sbieco sul testone arruffato. — Faremo come vorrete voi. Soldi ci sono, in casa Rosana! E Maria pare fatta apposta per contar denari.

— Dicono però... — cominciò Pietro; ma ripetè il suo gesto sprezzante e s’interruppe.

— Dicono? Che cosa dicono? Rispondi, eh! Dicono?...

— Dicono che Maria non è innamorata di Francesco...

— Innamorata? Peuh, chi lo sa? Le donne, ti ripeto, non s’innamorano più. Però nessuno la costringe. Lei lo vuole, lei se lo piglia. Io non ho neppure tentato d’esprimere la mia opinione.

— È finita! — pensò Pietro.

L’accento sincero e le confidenze del padrone gli mostravano le cose nella loro brutta realtà. Maria lo aveva tradito volontariamente: e chissà da quanto tempo ella covava il tradimento! [p. 167 modifica]

Sì, ella lo aveva tradito baciandolo, come Giuda aveva tradito il Signore.

Tutto era finito.

Rimasto solo, Pietro si abbandonò tutto alla sua rabbia e alla sua disperazione. Uscì nel cortile e s’avvicinò alla scaletta; s’aggirò qua e là, spiando il modo di poter arrivare fino alla camera di Maria. Impossibile: tutto era chiuso, tutto era silenzio. Al di là del muro del cortile una stella verdognola, luminosa come una piccola luna, forse la stessa che aveva accompagnato col suo raggio la corsa pazza di Pietro attraverso la vallata di Marreri, scintillava e pareva ridesse di lui e delle sue smanie.

Egli rientrò nella cucina e si buttò per terra. I ricordi lo stringevamo, lo soffocavano. Lì, proprio lì, vicino al sacro focolare, davanti al fuoco che pareva cosa viva, Maria lo aveva baciato, aveva promesso, aveva spasimato... Come ogni cosa poteva svanire?

Chiudendo gli occhi Pietro credeva di sentire ancora la voce sommessa di lei: la cara mano si posava ancora sulla sua... Tutto il resto era un sogno crudele. Ma d’un tratto la voce mutava; diventava quella d’un uomo, una voce alquanto nasale che pronunziava parole ricercate; sì, il rivale stava lì, seduto davanti al fuoco, un sogghigno di scherno gli sollevava il labbro superiore, l’ombra [p. 168 modifica]del suo profilo acquilino vagava sulla parete come il profilo d’un uccello di rapina.

Maligne visioni apparivano: ecco, zia Luisa rideva di gioia; il suo insolito riso aveva qualcosa di lugubre, quasi d’osceno; il suo fuso cigolava, emetteva uno stridio misterioso come di porta arrugginita che s’apra lentamente; zio Nicola raccontava le sue antiche avventure amorose, con particolari voluttuosi, e Pietro si sentiva ardere di desiderio. Ma d’improvviso tutto taceva: le figure dei padroni sparivano, il fuoco si spegneva a poco a poco. E nella penombra rossastra si delineava un gruppo: un uomo e una donna avvinti, con le labbra unite.

Erano loro: Maria e Francesco.

Pietro balzò su, coi pugni stretti, si slanciò, attraverso il focolare, verso l’insopportabile apparizione.

Ma dal pavimento alla parete spruzzata dal chiarore rosso del fuoco semispento si mosse solo, gigantesca e deforme, un’ombra che parve battere e spezzarsi la testa contro il tetto.

Pietro tornò a sedersi per terra e si portò le mani alla testa: sì, gli pareva davvero d’aversela fracassata. Di nuovo udì il galoppo lontano di molti cavalli, un rumore di pietre cadenti su pietre: e il sangue gli velò ancora gli occhi.

Un lieve rumore nel cortile lo richiamò in sè.

— È lei? Oh, se venisse, se mi dicesse: è tutto un sogno, Pietro: eccomi, son tua ancora...

Ella non venne, ma bastò questo momento di speranza per rammollire il cuore del disgraziato. [p. 169 modifica]Perchè disperarsi così presto? Dopo tutto, il matrimonio non era celebrato ancora! Eppoi, fosse anche tutto finito con Maria, non esistevano altre donne nel mondo?

— Potrò dimenticare; son giovane, son forte...

Ricordò Sabina, ripensò a tante altre fanciulle povere che avrebbero potuto amarlo perdutamente. Perchè impazzire per una che lo tradiva?

Ma al pensiero del tradimento di Maria il dolore riafferrò l’anima del tradito: e Maria era l’amata, era l’unica; era l’aria che egli respirava, il sangue che lo animava, il dolore che lo urgeva. Senza di lei nulla esisteva, tutto era tenebre.

Le ore passarono. Pietro si esaminò severamente, domandandosi se aveva commesso qualche colpa, qualche errore che giustificasse il tradimento di Maria. Nulla. Egli non aveva fatto altro che amarla.

E neppure nei momenti di rabbia potè indovinare la vera cagione del repentino mutamento di lei. Egli l’aveva collocata tanto in alto, tanto in alto, come una stella: non ne vedeva quindi che lo splendore.

— Ella mi lascia perchè non mi ama più, — pensò. — Mi lascia perchè tutti davanti a lei hanno lodato Francesco Rosana, ed ella ha cominciato ad amarlo... Francesco è brutto, — pensò poi, — ma è istruito, è astuto, sa parlare come un avvocato. Chissà quali arti seduttrici, quali malie di sguardi e di parole avrà egli adoperato per rubarmi il cuore di Maria. Ah, quella festa di Gonare, mai non fosse [p. 170 modifica]arrivata! Maria è donna e debole: me l’hanno rubata, me l’hanno ammaliata; mi hanno assassinato. Che siano tutti maledetti! Guai, guai a loro! guai a Francesco Rosana, falco maledetto, assassino, guai...

Mille progetti di vendetta gli attraversarono la mente.

— Lo ammazzerò qui, qui, davanti a questo sacro focolare, — disse a voce alta, stendendo la mano verso il fuoco. — Qui, qui, il giorno delle nozze, prima che ella diventi sua! Sangue e lagrime: di questo ho bisogno.

Di nuovo un rombo di rovina gli risuonò entro le orecchie, e una nuvola di sangue gli passò davanti agli occhi: poi tutto tacque, tutto sparve. Il ricordo dei giorni oramai spariti per sempre gli raddolcì il cuore. Ed egli scoppiò in pianto.

Dopo la morte di sua madre egli non aveva più pianto: e queste furono le ultime lagrime della sua vita.

  1. Coperti di zucchero.
  2. L’entrata, permesso di visitare la fidanzata.
  3. Saluto scherzoso.