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la via del male 163


— Tu sembri un cadavere — disse zia Luisa, guardandolo con uno sguardo meno indifferente del solito. — Sei malato?

— Sì, sono malato. Son tornato per ciò. Ho la febbre. Datemi del chinino e ripartirò subito.

— Hai fatto bene. Ma giacchè sei qui ripòsati: ripartirai domani mattina. Sì, ti darò il chinino; ne ho comprato giusto una boccetta; anche Maria ha avuto le febbre.

— Anche lei! — disse Pietro, come fra sè.

Sollevò gli occhi, si guardò attorno. Nulla era mutato intorno a lui: le figure erano sempre le stesse, zia Luisa filava, zio Nicola stringeva il bastone fra le gambe. Maria volgeva le spalle, riordinando alcuni bicchieri in un vassoio deposto sopra il forno.

Ma Pietro provava l’impressione di trovarsi in un mondo nuovo, in un luogo triste e quasi lugubre: gli pareva di esser morto; sì, qualcuno lo aveva percosso con una pietra, sul cranio, e l’aveva ucciso; il Pietro che ora respirava in lui era un altro, e riviveva in un luogo di morte e di dolore.

— Sì, tu sembri un cadavere, — ripetè zia Luisa. - Prendi subito un po’ di chinino. Avrai fame, anche.

— Vi dico che ho la febbre: non ho fame.

— Febbre d’amore, — disse zio Nicola, battendo sul pomo del bastone una tabacchiera di corno turata con un pezzo di sughero intagliato.

— Vi dico che ho la febbre, — ripetè Pietro, irritato.