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reva di udirlo ripetute dal rumore dei suoi passi, dal palpito delle sue tempia, dalla pulsazione violenta del suo cuore e della sua gola.

E più s’avvicinava a Nuoro più sentiva di odiare Francesco, e più Maria gli appariva come una vittima...

Giunto davanti alla chiesetta della Solitudine si fermò di botto, ripreso bruscamente dal senso della realtà. Là, davanti a lui, Nuoro stendeva le suo casette nere e silenziose: qualche fanale rosso brillava nel buio; una campana annunziava il cuoprifoco, l’ora del sonno e del riposo e dei delitti...

— Dove, dove vado io? — si domandò Pietro.

Un soffio di vento veniva giù dall’Orthobene nero; gli battè alle spalle, gli gelò il sudore, lo avvolse tutto come in un lenzuolo funebre.

Sì, dove andava? Fra pochi istanti sarebbe arrivato, sarebbe rientrato nella casa dei padroni. Francesco Rosana forse era già partito; ma fosse pure ancora là, che avrebbe fatto egli, il povero servo? Avrebbe salutato, niente altro che salutato...

— Ebbene. — pensò, avviandosi, — io non rientrerò: spierò, e dopo aver visto uscire quell’«immondezza» cercherò di rientrare e di riveder Maria. Bisogna prima intenderci con lei; poi vedrò che cosa conviene fare.

Ma d’un tratto udì un respiro ansante, un anelito quasi umano, e prima ancora ch’egli avesse