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la via del male 161

avuto tempo di voltarsi, Malafede lo raggiunse e gli passò avanti.

— C’è il cane, — disse Pietro a voce alta; — come si fa ora?

Imprecò, fischiò, ma il cane, tutto fremente di gioia e di stanchezza, correva dritto verso il paese.

Allora Pietro pensò che doveva rientrare subito a casa: ma a misura che s’avvicinava, il cuore gli tornava a battere forte, e i pensieri gli si confondevano nella mente.

— Se io lo trovo là lo uccido; mi getto sopra di lui come un cane arrabbiato, — pensava. — È meglio che aspetti fuori; non voglio perdermi... no... perchè Maria, ne son certo, mi ama ancora... Devo, devo frenarmi, devo vincermi... per amor suo.

Davanti alla casa dei padroni si fermò. Malafede raschiava il portone e guaiva: egli lo afferrò per il collare e lo trascinò fino allo svolto del muro.

Il cane si scuoteva tutto e abbaiava; Pietro, curvo e ansante, lo accarrezzava, lo supplicava di tacere.

— Sta’ zitto, diavolo; sii buono, sta’ zitto...

Quanto tempo egli e il cane stettero lì, dietro il muro, agitati da una lotta innocua ma ostinata? Egli non calcolò il tempo, ma gli parve lunghissimo.

All’improvviso un quadrato di luce rossastra tremolò sulla via, davanti al portone che si apriva: un uomo uscì, si fermò un momento, finì di dire qualche cosa, poi salutò:

— Buona notte, Maria.