La scotennatrice/XIII. Cucinati vivi

XIII. Cucinati vivi

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XII. Un assedio misterioso XIV. Nelle mani di Minnehaha
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XIII.


Cucinati vivi.


Malgrado le loro apprensioni, i quattro avventurieri fecero abbastanza onore al magrissimo pasto, ridotto poi solamente a pinon crudi e a un po’ d’acqua, non essendo le gallette assolutamente mangiabili, dopo chissà quanti anni che si trovavano chiuse dentro quella vecchia cassa.

Avevano appena accese le pipe, essendo rimasto loro ancora un po’ di tabacco, quando Harry che non aveva lasciato, pur mangiando, la feritoia che guardava sopra l’entrata della tana, vide un indiano avanzarsi, tenendo infilzato sulla canna del suo rifle uno straccio che quantunque non lo fosse affatto, voleva essere bianco.

— Un parlamentario!... — esclamò: — Che venga ad intimarci la resa?

John, Turner e Giorgio erano balzati in piedi riafferrando i loro fucili, non fidandosi affatto.

— Il brigante della prateria!... — esclamò John.

— Chi è? — chiese Turner.

— Sandy Hook, o se vi piace meglio, Mocassino Sanguinoso.

— Ah!... il vostro amico!...

— Mio amico!... Che cosa dite, Turner?

— Forse che non avete bevuto insieme?

— Per obbedire alle leggi della prateria e non crearmi un nemico di più — rispose John, un po’ indispettito. — Che cosa viene a proporci quel gaglioffo?

— Verrà a chiedervi graziosamente la vostra capigliatura a nome della sakem.

— Si provi!...

— Vedremo.

Sandy Hook, protetto dalla sucida bandiera parlamentare, s’avanzava tranquillamente, fumando un corto calumet e facendo dondolare i suoi ornamenti di penne di tacchino selvatico che gli scendevano lungo il dorso.

Giunto a dieci passi dal big-tree, vuotò la pipa, mise a terra il rifle e gridò: — Gentlemen!... Si può scambiare due parole con voi, da buoni amici? [p. 127 modifica]

— Che cosa vuoi, malandrino? — urlò John.

Il bandito scoppiò in una gran risata.

— Bel modo di ricevere le antiche conoscenze — disse poi. — Si perde così presto dunque la memoria nella prateria? Io, per esempio, senza vedervi, ho capito che chi mi ha dato del malandrino non è altri che mister John, il famoso indian-agent.

«Mi sarei ingannato?

— No.

— Ed allora possiamo scambiare due chiacchiere; anche gl’indiani e la bella Minnehaha si preparano la colazione.

«Dovreste ricordarvi che ci siamo trovati più volte insieme e che in una venta abbiamo vuotato due o tre boccali di eccellente mezcal come due vecchi ed ottimi amici.

— Non l’ho dimenticato, come non ho dimenticato che voi, Sandy Hook, siete sempre rimasto un brigante — rispose John, asciuttamente.

— È un mestiere anche quello, mister indian-agent — disse il malandrino, ridendo. — Che cosa vorreste che facessi? Il coltivatore o l’allevatore di bestiami che non possedevo? Si nasce briganti e si muore quasi sempre briganti.

— Ecco un uomo — disse Turner. — Ha del fegato da vendere ed anche molto spirito.

— Dunque che cosa volete da noi, Sandy? — chiese John, impazientito.

— Non abbiate tanta furia, mister indian-agent. Finchè io sarò qui, le pelli-rosse non si muoveranno. Impegno la mia parola... di brigante dabbene.

— Chi vi manda?

— La sakem.

— Quella miserabile di Minnehaha?

— Non la chiamate così: potrebbe udirvi ed offendersi.

— Che le centomila corna del diavolo se la portino via!...

— Uh!... Il diavolo non ama la prateria americana, perchè io non l’ho mai veduto da queste parti.

— Che amabile furfante — disse Turner. — Ha dello spirito da vendere.

— Bene — disse John — mi direte che cosa vuole ora da noi la sakem.

— Vuole la nostra resa?

— Un po’ di più, mister John.

— La mia pelle?

— Un po’ meno — disse il bandito. — Si accontenterebbe della vostra capigliatura.

— Canaglia!... — urlò l’indian-agent.

— Non insultate un parlamentario, e poi i paroloni non hanno mai prodotto alcun effetto su di me.

«Ne ho uditi tanti che non ne faccio ormai più caso. [p. 128 modifica]

«E poi io parlo pel vostro interesse, e potete credermi sul mio onore di brigante che ho faticato non poco a calmare le furie della sakem e a deciderla a più miti pretese.

«Diavolo!... Voleva tutte quattro le capigliature e la vostra pelle ben arrosolata sotto un allegro fuoco.

— Andate a dire a quella donna tigre che John difenderà la sua capigliatura finchè avrà una palla ed un granello di polvere.

— E dopo? — disse il bandito, incrociando le braccia. — Pensate, mister, che siamo in buon numero, e che dietro di noi sta Sitting-Bull alla testa di quattromila guerrieri.

«Come potreste voi salvarvi?

«Siate ragionevole, mister: voi un giorno avete strappata alla madre della sakem la capigliatura, è vero?

— Non lo nego.

— Ora voi sapete che il buon Manitou, secondo le credenze delle pelli-rosse, non ammette nel suo meraviglioso paradiso i guerrieri che si presentano senza la loro capigliatura.

«Dall’epoca di Chivington-Massacre, la terribile Yalla, a quanto affermano gli stregoni delle tribù, attende invano il momento di fare la sua entrata nelle praterie celesti.

«La disgraziata è senza capigliatura, e se non potrà avere quella del nemico che l’ha scotennata, chissà quanto dovrà rimanere fuori dalle porte del paradiso indiano!

— Che splendido parlatore — disse Turner, ridendo. — Quell’uomo lì ha sbagliato carriera.

«Invece di fare il brigante doveva laurearsi in legge. Che famoso avvocato sarebbe diventato!

John, sempre più inviperito, aveva risposto con una scarica d’ingiurie.

— Mascalzone!... Brigante!... Traditore della razza bianca!... Falso indiano!... Canaglia!...

Sandy Hook sorrideva placidamente, colle braccia incrociate, insensibile come un masso di quarzo.

— Avete finito, mister John? — chiese finalmente. — Se volete continuare fate pure, ma almeno siate tanto cortese da dirmelo, così potrò caricare il mio calumet e fumarmelo.

«Se ciò vi diverte, fate pure.

«La mia pelle è più spessa di quella d’un caimano e non si risentirà affatto delle vostre mitraglie.

— No, no, mister, non accendete la pipa — gridò Turner, mostrando il suo naso attraverso la feritoia. — Il mio amico ormai ha sfogata la sua bile ed è diventato mansueto come un piccolo montone.

«Continuate pure a spiegarvi.

— Che un alligatore mi mangi le gambe se io m’inganno — disse il bandito. — Voi siete il famoso campione degli uccisori d’uomini!... [p. 129 modifica] [p. 131 modifica]

«Ben felice di fare la vostra preziosa conoscenza, gentleman.

— Ben poco desiderata almeno da parte mia e soprattutto in questo momento — rispose Turner.

— Non importa, gentleman. Io sono sempre stato uno dei più entusiasti vostri ammiratori.

— Benissimo, continuate pure. Volevate dire dunque?

— Che fareste meglio ad arrendervi senza subire tutti gli orrori di uno stretto assedio, mio gentleman.

— E le condizioni?

— Ve le ho già dette: mandare alla sakem la capigliatura di mister John, affinchè Yalla possa entrare finalmente nelle praterie celesti.

— Noi mandarla!... Siete pazzo voi? E poi vi pare nulla scotennare un uomo?

— Eh, signor mio, non sempre si muore. Certo che l’operazione non è piacevole, però io vi prometto di scotennare il vostro amico con tanta delicatezza che quasi quasi non se ne accorgerà.

— E poi? Continuate pure.

— Poi noi leveremo il campo e ce ne andremo pei fatti nostri.

«Siamo aspettati da Sitting-Bull.

— Allora potrà aspettarvi molto tempo ancora.

— Chi? — chiese Sandy Hook.

— Il Toro Seduto.

— Perchè?

— Perchè i capelli del mio amico John rimarranno appiccicati alla sua cotenna.

— Allora, mio gentleman, io non rispondo più di quello che può succedere.

«Io ho cercato di salvarvi, se non vi sono riuscito la colpa non è mia. Io credo d’altronde che mister John avrebbe potuto sottoporsi all’operazione per trarvi tutti d’impiccio.

«Gentlemen, i miei saluti!...

Ciò detto il bandito raccolse la sua carabina, volse le spalle al big-tree e s’allontanò fischiettando.

Fra i quattro avventurieri regnò un silenzio piuttosto lungo.

Turner fu il primo a romperlo.

— Gli affari nostri cominciano a volgere a male — disse. — Questi vermi rossi non ce li toglieremo d’attorno se non quando avranno le nostre capigliature.

— Se sacrificassi la mia? — disse John. — Non tutti gli scotennati muoiono.

Un triplice grido d’orrore sfuggì dai petti dei suoi compagni.

— Oh!... Mai!...

— Piuttosto la morte!...

— Piuttosto il palo della tortura!...

— Eppure sacrificandomi potrei salvarvi — replicò l’indian-agent. [p. 132 modifica]

— John — disse Turner, con voce grave — non insistete o mi farete uscire dai gangheri, corpo di centomila granate!...

«E poi voi credete alla parola di questi traditori? Scotennato voi, invece di andarsene, stringeranno maggiormente l’assedio per avere anche le nostre capigliature.

«Preferisco cacciarmi una palla nel cranio per sfuggire alle atroci sofferenze del palo della tortura, piuttosto che cedere le armi e lasciarmi prendere.

«D’altronde la nostra situazione non è assolutamente disperata. Riducendo le razioni, per cinque od anche sei giorni, potremo tirare innanzi.

«Le munizioni abbondano ed i quattro vecchi archibugi, come avete veduto, sono ancora in grado di rendere dei preziosi servigi.

«Aspettiamo.

— Il generale? — chiese Harry.

— Che cosa volete che vi dica, camerata. Io non dispero di vederlo giungere un giorno o l’altro.

«Se Sitting-Bull si è mosso, anche Custer sarà avanzato per chiudere tutti i passi dei Laramie.

— Ve lo auguro per la salvezza di tutti.

— Vediamo che cosa fanno quei vermi rossi. Sono amanti dei consigli e si saranno nuovamente radunati per decidere sul da farsi.

«Ci prepareranno un brutto uragano.

Si era rimesso in osservazione, mentre i tre scorridori ammonticchiavano le casse sopra la botola, temendo sempre da quella parte una improvvisa irruzione.

Gl’indiani non accennavano a farsi vivi.

Probabilmente non volevano esporsi ad un altro attacco, in pieno giorno, contro una fortezza che non aveva che due piccole feritoie appena visibili alla distanza di cento passi, e volevano attendere un’occasione più propizia per invadere la tana del grizzly.

— Sarà per questa notte — disse Turner. — Non si fanno vedere, eppure noi dobbiamo essere completamente circondati.

«Ah!... Bestia!... Mi stupisco come non mi siano spuntate sulla fronte due magnifiche corna.

Mister Turner — disse Harry, il quale stava collocando sopra la botola l’ultima cassa piena di gallette ammuffite. — Con chi l’avete? Con compare Belzebù?

— Niente affatto, perchè quell’amico sarebbe stato più furbo di me.

«Che io diventi un cretino? Mio caro Turner, tu invecchi troppo rapidamente.

— E dunque? — chiese John, che non riusciva a capire nulla.

— Siamo assediati con pochi viveri ed abbiamo sotto i nostri piedi quattro quintali di carne. Si può essere più stupidi di così?

— E noi non meno di voi — rispose l’indian-agent. — C’è sotto il [p. 133 modifica]grizzly, che noi abbiamo scioccamente abbandonato alle formiche ed ai topi campagnoli.

«È vero che noi non potremo conservare tutta quella carne, tuttavia un prosciutto si potrebbe portare quassù.

— E divorarlo crudo? — chiese Giorgio.

— Signor schizzinoso, vada a farselo arrostire al campo di Minnehaha, se non le garba.

«Giù le casse e andiamo a fare le nostre provviste finchè gli Sioux ci lasciano un momento tranquilli.

«Saranno due giorni di cibo guadagnati.

In un baleno la barricata fu levata, la botola riaperta, la scala calata ed Harry e Giorgio, che erano i più agili, scesero nella stanza inferiore armati di scuri.

Pochi colpi bene assestati bastarono per troncare al povero grizzly una delle sue zampe deretane, un prosciutto gigantesco del peso d’una quarantina e forse più di chilogrammi.

Risalirono lestamente, ritirarono la scala e rimisero a posto le casse senza essere disturbati.

Cominciava allora a calare il sole, ed in mezzo ai grandi vegetali le tenebre si addensavano rapidamente.

Qualche fuoco brillava già nel campo indiano, tingendo di rosso le basi dei colossi.

I quattro avventurieri aspettandosi qualche sorpresa, si affrettarono a cenare, tagliando delle sottili liste nella coscia dell’orso, poi caricarono tutti i fucili e si misero a guardia delle due feritoie.

Sentivano per istinto che qualche cosa di grave doveva succedere. Era impossibile che gl’indiani, caratteri violentissimi, rimanessero inoperosi, tanto più che gli Sioux di Sitting-Bull, come aveva detto Sandy Hook, li aspettavano per tentare probabilmente qualche attacco contro i volontarî di Custer.

— Aprite gli occhi — non finivano di ripetere John e Turner.

I due scorridori di prateria, ai quali spettava il primo quarto di guardia, aprivano ben bene le orbite cercando di forare, cogli sguardi, le tenebre che si erano ormai addensate sotto l’immensa foresta.

Nel campo indiano i fuochi continuavano a brillare e nessun rumore giungeva da quella parte.

Si sarebbe detto che gli Sioux ed i Corvi si erano addormentati intorno al wigwam della sakem.

Il tempo, che fino allora si era mantenuto calmissimo, accennava a guastarsi.

In lontananza il tuono brontolava sinistramente, propagandosi sotto gli enormi vegetali, le cui cime cominciavano a piegarsi sotto le prime folate di vento.

John e Turner avevano appena socchiusi gli occhi, quando un grido di Harry li fece balzare in piedi. [p. 134 modifica]

— Gl’indiani!...

— Corpo d’una granata scoppiata!... — esclamò il campione degli uccisori d’uomini. — Che non si possa dormire un solo momento in questo dannato paese? E dire che sognavo di essere alla caccia dei bisonti col mio amico Buffalo Bill!...

«Chi sono dunque questi noiosi che vengono a disturbarmi?

— Gl’indiani!... — ripetè Harry.

— Che il diavolo se li porti tutti nel paradiso del buon Manitou!...

— Sei ben sicuro di averli veduti? — chiese l’indian-agent.

— Sì, alla luce d’un lampo — rispose lo scorridore.

— Molti?

— Devono essere tutti.

— Me l’aspettavo. E tu, Giorgio, hai scoperto nulla?

— Niente. Ci attaccano davanti.

— Hanno ragione. È la tana del grizzly il vero punto d’attacco.

«Siete pronti tutti?

— Tutti — risposero ad una voce Harry, Turner e Giorgio.

— Cerchiamo di decimarli e non sparate che alla luce dei lampi, possibilmente.

— Faremo fuoco solamente a colpo sicuro — rispose Harry.

— Allarghiamo la feritoia — disse Turner, il quale non perdeva un atomo della sua calma meravigliosa. — Spareremo meglio.

Armatosi d’una scure si mise a menare colpi formidabili, aiutato da Giorgio.

Il legno di quei colossi è tutt’altro che duro, sicchè bastarono una ventina di colpi sapientemente vibrati per allargare quella specie di finestra.

Avevano appena riprese le carabine, quando Harry per la seconda volta disse:

— Eccoli: un lampo li ha nuovamente traditi.

— Aprite il fuoco — comandò Turner. — Non li lasciamo troppo avvicinare.

«Spareremo due alla volta.

Due colpi rimbombarono quasi subito. John e Harry bruciavano le loro prime cartucce.

I due spari non furono seguiti da alcun grido. Forse le palle non erano andate perdute, ma gl’indiani si erano lasciati fucilare senza un lamento, per non tradire la loro esatta posizione.

Turner e Giorgio furono lesti a surrogare i loro compagni, i quali ricaricavano precipitosamente le armi, ed a sparare un po’ a casaccio, poichè i lampi erano assai radi.

Per tre o quattro minuti la fucileria lacerò le tenebre senza una risposta da parte del nemico, il quale però continuava la sua marcia silenziosa, protetto dall’oscurità e dagli enormi tronchi dei big-trees. [p. 135 modifica]

Finalmente un gran lampo mostrò agli assediati, nitidamente, gli assalitori.

Venti o trenta erano già giunti di fronte alla tana del grizzly, tutti carichi di grossi fastelli di legna. Altri accorrevano da tutte le parti, coi winchester e coi rifles spianati, pronti a proteggerli.

— Ah, canaglie!... — gridò Turner. — Ci sono già sotto!... Avanti con gli archibugi!... Non esponetevi troppo!...

La fucileria, per un istante sospesa, fu ripresa con gran vigore. Rifles ed archibugi sparavano furiosamente prendendo d’infilata i portatori di legna, i quali s’avanzavano correndo.

Parecchi cadevano, però molti si erano già fatti sotto, scagliando dentro la tana i loro fasci e delle torce d’ocote che avevano rapidamente accese.

Intanto il secondo drappello aveva aperto a sua volta un fuoco d’inferno contro il big-tree, per proteggere la ritirata dei loro compagni.

Le palle grandinavano lacerando la corteccia del colosso e qualcuna entrava per la feritoia con gravissimo pericolo degli assediati, i quali non osavano rispondere che tenendosi dietro i due angoli morti.

La battaglia non durò che pochi altri minuti, poichè le pelli-rosse, avendo ormai ottenuto il loro scopo, non avevano più alcun motivo di restarsene allo scoperto.

Fatta un’ultima scarica, i rossi guerrieri si gettarono prontamente in mezzo agli alberi radunandosi nel loro accampamento, il quale si trovava completamente riparato da una mezza dozzina di giganteschi tronchi disposti quasi in semicerchio.

Turner, deposta la carabina, era balzato verso la botola, rovesciando le casse.

Appena apertala, un’ondata di luce intensa, seguita poco dopo da una nuvolaglia di fumo fetente, invase il rifugio.

— Canaglie!... — urlò il campione degli uccisori d’uomini, lasciando subito ricadere la botola. — Se non morremo arrostiti, creperemo asfissiati!...

Aveva incrociate le braccia guardando i suoi tre disgraziati compagni, che gli sprazzi di luce penetranti attraverso le fessure illuminavano e che parevano pietrificati.

— Ecco la fine!... — disse dopo un breve silenzio. — Quale morte scegliere? Il palo della tortura o una lenta cremazione?

— Io non aspetterò qui la morte — disse John. — Voglio cadere di fronte all’odiato nemico col mio rifle fra le mani.

«Una palla in mezzo alla fronte o in pieno petto vale meglio di questa spaventevole tortura.

— E voi, Harry? — chiese Turner.

— Io non rimarrò qui nemmeno dieci minuti.

— E voi, Giorgio? [p. 136 modifica]

— Sono pronto a sfidare la battaglia, pur sapendo che cadrò crivellato di palle.

— Ed io pure sono del vostro parere — disse Turner, con voce commossa. — Preferisco anch’io la morte in campo aperto, piuttosto che sentirmi cuocere a poco a poco.

«Mano alle scuri, amici, ed allarghiamo ancora la feritoia, per poter passare.

«Poi accadrà quello che Dio vorrà.

Harry e Giorgio impugnarono le armi e si misero a picchiare rabbiosamente, per allargare l’apertura.

Intanto John e Turner avevano issata, sulle altre casse, quella contenente le munizioni, perchè non scoppiasse prima d’aver lasciata la piccola fortezza.

Il fumo trapelava abbondantemente attraverso le fessure della botola, ed essendo i fastelli formati di legna resinosa, mandavano un puzzo insopportabile e provocavano dei violenti colpi di tosse.

Tutta la tana del grizzly ormai era in fiamme, e la vòlta cominciava ad ardere, mentre la spessa corteccia del colosso cominciava a scoppiare e ad accartocciarsi.

Il gigante correva il pericolo di diventare una torcia smisurata, saturo di resina come era.

Fortunatamente le due scuri, quantunque molto arrugginite, tagliavano magnificamente, ed Harry e suo fratello possedevano dei buoni muscoli.

La feritoia si allargava rapidamente e le schegge di legno volavano da tutte le parti, sotto la tempesta incessante dei colpi.

― Presto!... Presto!... ― gridava Turner, il quale si sentiva soffocare — La polvere... la polvere... se scoppia, salteremo tutti!...

Ancora sette od otto colpi, gli uni più terribili degli altri, e l’apertura fu giudicata sufficiente per lasciar passare un corpo umano.

Una temperatura da forno regnava già nel rifugio. La cassa delle munizioni non doveva tardare a scoppiare come una bomba.

Brancolando fra il fumo diventato ormai densissimo, John e Turner raggiunsero i loro compagni, gridando:

— Saltate!... Saltate!...

E uno ad uno, i quattro uomini, portando con sè oltre i rifles anche gli archibugi si gettarono nel vuoto fra i turbini di fumo che rasentavano i fianchi del big-tree.