La Stella dell'Araucania/Capitolo IV
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CAPITOLO IV.
Il Signor Lopez.
Punta Arenas è il capoluogo dell’immenso territorio magellanico, s’innalza su un piccolo poggio circondato da fitti boschi di faggi antartici ed è bagnata da un minuscolo fiumicello che fornisce un’acqua eccellente ai suoi abitanti: il Rio de las Minas. È una cittaduzza tutta costruita in legno, con case di bell’aspetto che danno a quel piccolo centro un non so che di grazioso e di civettuolo, con una chiesa che lancia ben alto il suo campanile pure di legno ed un fortino armato di alcuni cannoncini, i quali hanno dovuto tuonare più volte contro le bande dei patagoni.
Prima del 1843 era stata costruita là dove sorgeva anticamente la Ciudad Real de S. Felipe, nel celebre Porto della Fame. Ribellatosi il presidio dietro istigazione del suo comandante, un luogotenente d’artiglieria, il quale aveva ucciso il governatore, veniva abbandonata per ricostruirla un anno dopo nel luogo ove attualmente si trova.
Punta Arenas è una colonia penitenziaria, abitata per la maggior parte da guasos cileni, uomini di bassa statura, quasi tutti condannati, che di giorno possono lavorare liberamente nelle segherie e di notte vengono chiusi nel quartel, sotto la sorveglianza del presidio, che si compone d’una cinquantina di soldati agli ordini d’un capitano.
È una città che potrà avere un bell’avvenire ma che finora ha fatto pochi progressi dalla sua fondazione, non ostante gli sforzi dal governo cileno. Ha segherie importanti, dei depositi di carbone e di viveri per le navi che passano ancora lo stretto, ed un certo traffico colle tribù patagone, le quali forniscono gli abitanti di selvaggina, di pesci e di cavalli. Possiede anche due piccole dipendenze, Freshwater bay e S. Jago bay, alle quali è allacciata da una via litoranea.
Il vecchio baleniere e José, legata la scialuppa e, armatisi dei loro fucili, balzarono a terra, dirigendosi verso la città, la quale, come abbiamo detto, non sorge proprio sulla spiaggia. Le sue cinquanta o sessanta case sono invece scaglionate sul pendio d’una collinetta.
Quantunque i cileni non abbiano l’abitudine di alzarsi troppo presto, parecchi abitanti cominciavano a uscire e anche qualche squadra di galeotti, scortata da soldati, scendeva verso la spiaggia per recarsi alle segherie.
Per lo più gli uomini, che i due sorveglianti incontravano, erano guasos cioè i genchos del Chilì, che formano la maggioranza della popolazione di Punta Arenas, uomini saldi e robusti, dai lineamenti fieri, la pelle assai bruna, derivando essi da un incrocio di spagnuoli e d’indiani. Indossavano pittoreschi costumi: ponchos variopinti di pelo di guanaco e di vigogna, giacca ricca di bottoni di metallo, gambali di lana nera e scarpe fornite di speroni d’argento con rotelle enormi, del diametro di quindici centimetri.
Non mancavano anche gli zambo, meticci, derivati da negri e da indiani, di forme massiccie, di statura superiore alla media, con carnagione assai bruna e capigliature abbondanti crespute.
Pardoe e José, entrati in città, si fermarono dinanzi ad una casetta di legno sulla cui porta stava scritto: taberna española.
— Entriamo e facciamo prima di tutto una pequeño almuerzo1, — disse il baleniere. — Tu avrai certamente fame dopo una notte così cattiva e così faticosa. Intanto manderemo qualcuno ad avvertire il signor Lopez del mio ritorno.
— Non vai a trovarlo in casa sua? — chiese José.
— Non voglio che Mariquita assista al nostro colloquio.
— Posso rimanere con te?
— Hai premura di tornartene a S. Jago?
— I miei amici li vedrò più tardi, se ne avrò il tempo, e poi tu sai che parenti non ne ho e che la mia casetta è sempre deserta. Desidero anzi di rimanere qui e conoscere il signor Lopez e se sarà possibile anche la bella Mariquita.
— Non hai mai veduto nè l’uno, nè l’altra?
— No, Pardoe.
— Te li presenterò io che sono di casa. —
Entrarono nella taverna, la sola che allora esistesse a Punta Arenas e che era tenuta da un peruviano, il quale vi faceva fortuna. Era una bella saletta, tenuta con cura minuziosa, con dei tavolini coperti di candide tovaglie, lusso piuttosto raro a Punta Arenas.
Il proprietario, vedendo entrare il baleniere, fece un gesto di stupore.
— Quando siete ritornato, Pardoe? — chiese. — È un bel po’ che non vi si vede a Punta Arenas. È terminato il lavoro alle huaneras?
— Sono arrivato stamane, signor Endenas.
— Con questo tempaccio.....
— Gli uomini della mia fibra non hanno paura dei williwans. Ditemi, il signor Lopez è sempre qui?
— L’ho veduto ieri sera.
— E Mariquita?
— È sempre la più bella fanciulla di Punta Arenas.
— E la Rosita di Alonzo Gutierres è arrivata? Non ancora, è vero?
— No, Pardoe e qui tutti sono inquieti assai e si comincia a temere che qualche disgrazia sia toccata a quel bravo marinaio. La Quiqua di Piotre, che era partita quasi contemporaneamente, è tornata alla Baia della Fame da sei settimane, mentre la barca di Alonzo non si è fatta ancora vedere. Che cosa ne dite di questo ritardo, voi che siete un vecchio baleniere?
— Non sono più tranquillo degli altri, — rispose Pardoe. — Volete farmi il favore di mandare qualcuno dal signor Lopez per avvertirlo di venire a trovarmi qui? Ho un affare da comunicargli.
— Che riguarda Alonzo Gutierres?
— Può essere, — rispose il baleniere, evasivamente. — Serviteci intanto qualcosa e sopratutto della caña e della chicha. La notte è stata cattiva e abbiamo fame.
— Non domando che due minuti. —
Il baleniere e José si sedettero ad un tavolino situato nell’angolo più oscuro e trangugiarono d’un fiato un bicchiere di caña recato da un giovane peone. Intanto un altro garzone aveva recato una zuppiera colma d’un liquido di colore poco incoraggiante e che pure esalava un profumo appetitoso.
Era la chulipa, l’intingolo peruviano per eccellenza, una vera olla podrida che fa il paio col puchero dei cileni, composto di rane, di cipolle, di carote, di tuberi d’ogni specie, nuotanti in un brodaccio oscuro che gli europei non assaggiano senza diffidenza; ed un piatto colmo di faminero, che sono certi funghi estremamente coriacei che nè forchette nè coltelli possono intaccare e che tuttavia sono assai apprezzati dai peruviani e dai cileni, quantunque mettano a dura prova la solidità dei loro denti.
Il baleniere e José si erano messi a divorare con un appetito da veri marinai, inaffiando la zuppa ed i funghi con ciotole colme di chicha.
Parevano tuttavia ambedue assai preoccupati, specialmente il primo, la cui fronte sempre più si oscurava.
— Che stia per giungere il signor Lopez? — chiese José, quand’ebbe finito di mangiare. — Sono impaziente di vedere quale effetto produrrà su di lui la lettura del documento.
— Sarà un colpo di fulmine per lui, — rispose Pardoe con un sospiro.
— Mi hanno detto che è un uomo energico.
— Un vecchio che vale noi due insieme.
— Che venga anche lui, se riusciamo ad organizzare la spedizione di soccorso?
— Come supporre che il signor Lopez, che è stato uno di più infaticabili esploratori delle terre magellaniche, rimanga a casa sua mentre gli altri vanno ad affrontare la morte sulle coste selvagge della Terra del Fuoco? È vecchio, questo è vero, ma ha ancora il sangue caldo nelle vene e del coraggio da vendere.
— Mi hanno detto che è un brav’uomo e che il nostro paese gli deve tanto.
— Uno scienziato ed un viaggiatore, che per vent’anni ha percorso tutta la Pampa patagone; che ha visitato tutte le isole dello stretto e che ha fatto perfino delle esplorazioni sulla Terra del Fuoco, rischiando venti volte di venire divorato da quei selvaggi.
— E perchè si è stabilito qui, in questa misera cittaduzza?
— Perchè ama le terre magellaniche, che ha studiato con passione, e poi perchè qui ha piantato le sue segherie che gli rendono assai.
— È vero che sia ricco?
— Sì, mio caro José, e Mariquita raccoglierà una bella fortuna un giorno, giacchè l’ha adottata come figlia.
— Non è sua figlia? — esclamò José con sorpresa. — Tutti, almeno a S. Jago, la credevano tale.
— Non a Punta Arenas, — rispose il baleniere. — Ed infatti, anche vedendola un solo momento si comprenderebbe subito che nelle sue vene non deve scorrere puro sangue d’uomo bianco. È una splendida meticcia, che ha ereditato molto da sua madre che era una delle più nobili signore cilene, e che ha anche buona parte di sangue indiano.
— Mariquita una meticcia?
— Figlia di Elisa Bravo e del Capo araucano Nahuelquin.
— Quale storia mi narri tu, Pardoe!
— Una storia vera, mio caro José, per quanto ti possa sembrare straordinaria, e tutti i nostri compatriotti del basso Chilì la conoscono.
Sua madre era l’unica superstite d’un terribile naufragio avvenuto nel 1844 sulle coste dell’Araucania. La nave che montava era stata gettata alla costa da un uragano. Sopraggiunti gli araucani, i naufraghi vennero fatti prigionieri e poi massacrati tutti, eccettuato la Bravo.
Si erano ubbriacati col carico di liquori trovato nella stiva e, diventati furibondi avevano fatto un macello di quei disgraziati che l’oceano aveva spinto sulle loro coste.
— E la signora Bravo? — chiese José.
— Fu venduta ai Pehuen-chè per cento giumenti, condotta sul versante opposto delle Ande e sposata a forza al capo Nahuelquin, della tolderia di Huitraillan, a cui diede tre figli ed una figlia.2
— E questa figlia è Mariquita?
— Sì, José.
— E come finì nelle mani del signor Lopez?
— La ebbe da un capo Pehuen, al prezzo di cinque fucili. Non aveva allora che cinque anni ed era d’imbarazzo a quel selvaggio, il quale l’aveva avuta come parte del bottino di guerra.
— E la madre di Mariquita vive ancora?
— Sembra che sia stata uccisa, assieme ai suoi figli, in un assalto dato da una tribù nemica, perchè per quante ricerche il signor Lopez facesse, non potè averne più notizia.
Ah! Eccolo! —
La porta della taverna si era aperta ed un uomo era entrato.
Era un vecchio di sessanta o sessantacinque anni, ancora vegeto che camminava dritto come un giovanotto. Aveva la barba bianca e molto lunga, i capelli invece, per uno strano contrasto, appena brizzolati, e gli occhi brillavano dietro gli occhiali ancora vivissimi.
Anche il suo viso non era molto rugoso, non ostante l’età e le molte fatiche sopportate durante le lunghe esplorazioni fatte nelle desolate terre magellaniche; solamente la fronte, molto ampia, era solcata da profondi segni.
Come tutti gli abitanti di Punta Arenas, portava sul capo un ampio feltro e indosso un pesante poncho di finissima lana di vigogna, a colori smaglianti, che doveva aver pagato assai caro, e uose di grossa lana che gli salivano fino sopra il ginocchio.
Scorgendo il vecchio baleniere gli si era accostato con una certa vivacità, colla destra tesa, non senza manifestare una profonda sorpresa.
— Tu, mio vecchio Pardoe! — esclamò.
Non speravo di rivederti prima della fine della settimana. Come sarà contenta Mariquita di salutarti!
— Sono giunto da un’ora, assieme al mio amico José, un bravo giovane che mi ha aiutato ad attraversare lo stretto, signor Lopez.
— Gli amici tuoi, sono anche amici miei, — disse il vecchio signore, stringendo cordialmente la mano al sorvegliante. — Ora mi dirai perchè mi hai fatto chiamare, Pardoe.
— Ho una grave notizia da comunicarvi, signor Lopez; ma prima però vorrei farvi una domanda.
— Parla, — rispose il vecchio, mettendosi a sedere.
— Che cosa ne pensate del ritardo della Rosita? —
Il signor Lopez lo guardò fisso per alcuni momenti, mentre il suo viso a poco a poco si scoloriva.
— Leggo nei tuoi occhi una brutta notizia, disse poi, con voce lenta. — M’inganno io? Parla, Pardoe. —
Il baleniere, invece di rispondere, estrasse il documento e glielo porse, dicendo:
— Leggete. —
Il signor Lopez si era impadronito vivamente della carta, scorrendola rapidamente collo sguardo ed impallidendo sempre più. Grosse stille di sudore freddo gl’imperlavano la fronte e le rughe s’incavavano maggiormente.
— Perduto! Alonzo perduto! — esclamò finalmente con voce tremante. — Oh! la mia povera Mariquita! Lo sentiva che una disgrazia doveva aver colpito il suo fidanzato! —
Il signor Lopez si era lasciato cadere sulla sedia, accasciato da quel colpo improvviso, nascondendosi il volto fra le mani.
— Non disperiamo, signor Lopez, — disse il baleniere. — Noi non abbiamo ancora le prove che Alonzo sia morto, nè che la Rosita sia naufragata e quando l’energia non viene meno, si può riparare anche ai colpi più terribili.
— Se è caduto nelle mani dei selvaggi, è perduto, — gemette il vecchio.
— Non sono forse così cattivi come si crede. Vi sono anzi delle tribù che rispettano gli uomini bianchi e può darsi che noi lo ritroviamo ancora vivo.
E poi, chissà, può essere stato spinto verso l’isola degli Stati e là selvaggi non ve ne sono.
— Non si troverebbe in condizioni migliori, mio vecchio Pardoe. Il clima di quelle terre è orribile durante l’inverno e non potrebbe resistere a lungo alle bufere di neve e alla fame.
— Vediamo, signor Lopez, — disse il baleniere. — Quando è salpata la Rosita?
— Verso la fine di novembre.
— Quanti erano a bordo?
— Dodici marinai e due mastri balenieri.
— Erano bene approvvigionati?
— Avevano viveri per otto mesi.
— E siamo già in luglio, — disse Pardoe, come parlando fra sè. — Anche se sono riusciti a salvarsi su qualche isola dovrebbero essere alle prese colla fame. Maledizione!
— Amico Pardoe, — disse il vecchio, che pareva avesse riacquistata, tutto d’un tratto, l’antica energia. — Credi possibile organizzare una spedizione di soccorso? Possiedo abbastanza denaro per armare una nave e sono pronto a sacrificare ogni mia ricchezza pur di strappare Alonzo alla morte e far felice Mariquita.
— La stagione, signor Lopez, — rispose il baleniere, — è tutt’altro che propizia per intraprendere una crociera sulle coste della Terra del Fuoco.
Le tempeste scoppiano frequenti e con tale furia da spaventare anche le navi di grosso tonnellaggio ed i ghiacci a quest’ora hanno già cominciata la loro emigrazione verso il nord. Pericoli ne dovremo affrontare e moltissimi su quelle spiagge battute senza posa da ondate formidabili; tuttavia io sono del vostro parere.
Vi è una sola difficoltà e, certamente, grave.
— Quale?
— Di trovare la nave.
— A Valdivia e nei porti del Chilì ve ne sono in abbondanza.
— Sarebbe un mese perduto e non dobbiamo dimenticare che Alonzo a quest’ora deve essere senza viveri o quasi, anche ammettendo che nella pesca della balena abbia perduto degli uomini e che i superstiti si siano messi a razione.
— E li lasceremo noi perire senza nulla tentare per salvarli? — chiese il signor Lopez con voce triste. — Se Alonzo morisse, Mariquita non gli sopravviverebbe. —
Il baleniere era rimasto silenzioso, guardando il fondo della sua ciotola ancora piena di chicha, come se sperasse di trovare là dentro un’idea.
— Ascoltatemi, — disse ad un tratto. — Vi è un uomo, audace marinaio quanto e forse più di Alonzo, che conosce le coste della Terra del Fuoco a menadito, e anche l’oceano Antartico, e che possiede la miglior nave baleniera che si possa trovare in tutti i punti delle terre magellaniche...... ma, accetterà di mettersi a nostra disposizione? Ecco la grave questione, signor Lopez.
— So di chi vuoi parlare.... Pronuncia il suo nome.
— Di Piotre.
— Piotre..... — disse il vecchio viaggiatore, timidamente.
— Sì, il cugino ed il rivale di Alonzo, — rispose Pardoe. — Lui solo potrebbe compiere un simile miracolo e riuscire a trovare la Rosita.
— Non acconsentirebbe mai ad esporre la propria vita per salvare quella di Alonzo e dargli quella felicità che lui ha perduta.
— Eppure.... — disse il baleniere guardando fisso il signor Lopez.
— Intendo....
— Se la vostra figlioccia si recasse da lui?
— Mariquita?....
— Forse cederebbe, signor Lopez.
— Mia figlioccia non oserebbe....
— Ella ama Alonzo e si tratta di salvarlo.
— E se rifiutasse?
— Chi? Piotre?
— Sì.
— Allora io non risponderei più della vita del signor Alonzo, nè dei suoi compagni. Una nave sprovvista di viveri, forse arenata su qualche costa deserta o su qualche isola spazzata dagli uragani, non torna più al suo porto di partenza. —
Il signor Lopez si era alzato, in preda ad una viva agitazione. Fece tre o quattro giri intorno alla sala, colla testa china e gli occhi semi-chiusi, poi, fermandosi improvvisamente dinanzi a Pardoe, gli disse bruscamente:
— Va a dire a Mariquita che venga qui. Il destino di Alonzo Gutierres sta nelle sue mani.
Io intanto farò avvertire il governatore di ciò che è avvenuto della Rosita e chiederò il suo appoggio, quantunque ben poco possa fare. —
Pardoe vuotò d’un fiato la sua ciotola di chicha, fece cenno a José di rimanere e uscì, dicendo:
— Speriamo. —
Salì la via principale che metteva verso la cima della collinetta, fiancheggiata da casette di legno e da orticelli tenuti con gran cura e che nella buona stagione producono cavoli, patate e cipolle e si fermò all’estremità del viale, dinanzi ad un’abitazione più vasta delle altre, a due piani, con persiane verdi e poggiuoli di legno sui quali si vedevano parecchi vasi, dove vegetavano tristamente alcune fucsie magellaniche a bottoni rossi corallini.
Era la più graziosa di quante se ne vedevano in tutta la cittaduzza e anche la più alta, dopo quella del governatore.
Pardoe, vedendo la porta socchiusa, la spinse ed entrò, togliendosi il berretto di pelle di guanaco. Si capiva subito che le persone che abitavano quella casa erano abituate ad un certo lusso, affatto sconosciuto ai poveri guasos magellanici.
Pardoe si era trovato in un salottino graziosissimo, colle pareti di doppie tavole di faggio, accuratamente incatramate affinchè il vento esterno non potesse passare fra le fessure e adorne di bellissime pelliccie di guanachi e di vigogne e col pavimentò coperto da grosse stuoie per combattere l’umidità.
Una piccola stufa di maiolica russava allegramente in un angolo spandendo all’interno un dolce tepore; in un altro angolo vi era un armadio ripieno di libri; nel mezzo una tavola di noce ad intarsi di madreperla con intorno delle comode sedie di pelle di Cordova e dall’altra parte, appesa alla parete, una bella pendola dorata che faceva udire il suo monotono eppur piacevole tic-tac, un oggetto di gran lusso in Punta Arenas, specialmente a quei tempi.
Accanto ad una finestra, seduta su una comoda poltrona a braccioli, ornata di grosse borchie dorate, stava una giovane, vestita di panno verde, colla vita stretta da una larga fascia di seta a smaglianti colori, occupata a lavorare un pizzo di seta nera.
Era Mariquita, la Stella dell’Araucania.