La Signora di Monza/Capitolo I

Suor Ottavia Ricci

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» Una ferita dalla parte stanca vicina al polso verso la fronte, tonda, larga come una parpagliola; un'altra simile, e nello stesso luogo dall’altra parte; un’altra sopra il muscolo temporale dalla banda sinistra, longa un quarto d'un deto della mano; un’altra vicino a questa della medema grandezza; un’altra dalla medema banda sopra l’orecchio, piccola, e un’altra vicino a quella in triangolo, longa un mezzo deto; un’altra poco più alta nella quale si scopriva l'osso, longa un deto fatta in triangolo; un’altra più basso in mezzo alla testa verso la gnucca di longheza d’un deto; sopra questa cinque ferite vicina una all'altra di largheza un mezzo deto per una, con la cotica staccata dalla testa, per le quali ferite si scopriva l'osso; un’altra ferita grave e lunga più d’un deto con un poco di triangolo, per la quale si vede l'osso; dall'altra parte una ferita longa come un deto fatta come in triangolo, per la quale si vede l'osso, et vicino a quella due altre piccole.

Prologo Capitolo II
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1607 die veneris XXX mensis novembris summo mane.


Dum illustrissimus et m.r. dominus Vicarius et egomet infrascriptus surgeremus e lecto in domo archipresbyterali oppidi Modoetiæ, supervenit ill. et m. r. dom. archipresbyter ejusdem oppidi Septala, festinanter ostendens chirographum suscriptum il Guardiano delle Gratie (quod ego notarius pœnes me retinui et in acta redegi), et dicens:


1607 giorno di venerdì 30 novembre sull’alba.


Mentre l'ill. mo e molto reverendo sig. Vicario, ed io sottoscritto, alloggiati nella casa archipresbiterale di Monza, ci stavam alzando da letto, sopravenne il reverendo sig. arciprete Settala, affrettato mostrandoci un viglietto scrittogli dal Guardiano delle Grazie, ch'io trattenni e riposi negli atti; e soggiunse:


» Mentr’ero in confessionale mi è stato dato questo bollettino (1). [p. 50 modifica]

quare statim prædictus dom. Vicarius una cum reverendo Archipresbytero iter arripuit versus monasterium S. Mariæ Gratiæ extra dictum oppidum, mandans mihi notario, ut statim accederem ad monasterium monialium S. Margaritæ ac peterem an aliquid novi in ipso monasterio nocte precedenti evenisset: prout illue accessi, et vocata matre Priorissa mandavi eidem ut diligentiam adhiberet, et videret an adessent omnes moniales: quæ, statim facta diligentia toto in monasterio, ac in cubiculis ipsis, rediit dicens:


in conseguenza di che il Vicario e l‘Arciprete si avviaron frettolosi verso il monastero di Santa Maria delle Grazie fuor del detto Borgo, imponendo a me Notaro di tosto andarne al monastero di Santa Margherita a ricercavi se lungo la precedente notte fossevi avvenuta qualche novità; ondechè quivi condottomi, e chiamata la Priora, le commisi far diligenza per vedere se le sue monache c’eran tutte; la qual, compita la visita pel monastero e per le celle, tornò dicendo:


» Non si trovano due delle mie monache, cioè suor Ottavia Ricci, e suor Benedetta Homati.


Quibus auditis illico me contuli ad dictum monasterium S.Mariæ Gratiæ et ea retuli d.no Vicario in quadam cella in cœmeterio, et cum eo erat quædam mulier induta habitu monacali, aspersa sanguine, inculta: quæ dixit se esse sororem Octaviam ex monasterio S. Margaritæ: et quia dictum fuerat a m.r. patre Guardiano prædictam sororem Octaviam sibi narasse ipsam fuisse extractam a dicto monasterio una cum sorore Benedicta a Joh. Paulo Osio, fuit super hoc interrogata, et fassa fuit eam rem, et ignorare ubi sit socia, et dubitare an sit mortua: deinde posita super carrum fuit ducta ad monasterium congregationis Virgi-


Udito questo, ritornai subito al monastero delle Grazie, e ne feci riferta al Vicario, che trovai in una certa cella del Cemetero con una femmina vestita d’abito monacale, ma incolta, e tutta insanguinata, la qual disse ch’era suor Ottavia del monastero di Santa Margherita; e perchè era stato detto dal padre Guardiano aver essa narrato che Giampaol Osio l’avea cavata dal monastero insieme a suor Benedetta, venne interrogata intorno a ciò, e dichiarò la cosa star appunto così, ma ignorare che ne fosse avvenuto della compagna, probabilmente esser ella morta. Indi fu collocata su d'una carrozza, traddotta al convento delle monache di [p. 51 modifica] num S. Ursulæ dicti oppidi, sic decernente D.no Vicario; et posita in quodam cubicolo superiori, retulerunt dictæ moniales vestimenta omnia et ipsam monialem madefactum, et multis vulneribus affectam in capite; quibus adimpletis


Sant’Orsola in detto Borgo, così prescrivendo il Sig. Vicario; e riposta in una cella superiore ove le Suore la spogliaron de’ vestimenti bagnati, e lei, gravemente ferita nella testa2 , posero a giacere. E poiché ciò fu a buon fine

[p. 52 modifica] d. Vicarius duxit dictam mulierem examinare, prout examinavit ut infrascripte; videlicet:

Die præfata;
in prædicto cubiculo;
coram etc.

constituta prædicta mulier delatoque etc.

interrogata de ejus nomine, cognomine, conditione;

respondit:


il sig. Vicario si determinò di esaminare la detta femmina, ed infatti la esaminò come sta espresso qui sotto:

Il dì suddetto; nella suddetta camera: al cospetto ecc.

Assunta in costituto la predetta femmina, e deferitolo ecc.

interrogata del nome e cognome, e della professione;

rispose:


» Mi chiamo suor Ottavia Ricci; mio padre ha nome Agrippa, e la mia patria è Milano: son monaca di San Benedetto, e il Monastero al qual sono ascritta qui in Monza si chiama Santa Margherita.


Interrogata quia, cum illud monasterium sit claustrale, ipsa hoc mane fuerit reperta extra;

respondit:


Interrogata perchè da quel monastero, che ha clausura, essa sia stata trovata fuori sta mane;

rispose:


» Jersera, sendo io nel detto Monastero, e circa le ore sei, rincrescendomi stare nella mia camera, avendo

[p. 53 modifica] l'animo inquieto dopo che fu condotta via quella monaca (3), andai nella camera dove stanno suor Candida e suor Degnamerita, e mi spogliavo per andar a letto con suor Silvia, la quale dorme nella medesima camera, e già m’ero cavati li panni, e serbata solo la pelizza indosso, e mi ero cavate anche le calze, e il velo di testa, quando venne all’uscio suor Benedetta Homati e mi fece cenno che uscissi; e, uscita, mi disse — io voglio ad ogni modo fuggire, ed ho fatto venire l’Osio che mi meni via. — Le risposi che non dovesse fare questa pazzia. Mi replicò che fuggissi anch’io con lei, altrimenti sarebbe stata pazzia la mia; e si avviò abbasso per la scala della chiesa, ed io le corsi dietro per trattenerla, e le domandai dov’era l’Osio; ed essa mi disse — vien con me che lo vedrai; ha di già cominciato a rompere la muraglia; — e mentre passavano questi ragionamenti tra lei e me, nel fondo della scala mi misi le calzette che aveva portato meco, e così mi condussi in giardino al luogo dove aveva cominciato a rompere la muraglia dalla parte del portone dei carri; e quando fossimo là suor Benedetta, parlando all’Osio ch’era di fuori — non sapete, che suor Ottavia non vuol venire? — e il signor Paolo rispose — faccino loro; ma per quel che sento dire di certo hanno la testa in compromesso — Intanto suor Benedetta continuava ad allargare il buco levando via dei quadrelli, e l’Osio ajutava per di fuori, replicando entrambi tanti spaventi che mi disposer a fuggire; dicendomi l’Osio, che, se ripugnavo, per esser monaca, per la confidenza che aveva in lui, mi avrebbe messa in un monastero di Bergamo. Fatta questa risoluzione, andai nella mia cella, mi finii di vestire, e, tornata al buco, escii con suor Benedetta; e [p. 54 modifica] abbiamo camminato un pezzo per di dentro lungo le mura di Monza, sinchè siamo arrivati ad un luogo dov’era rotta la muraglia, che si chiama Carabiolo, per quanto disse Giampaolo; e di la siamo calati giù, e ci siamo avanzati per una strada, che, alle volte trovava il Lambro, alle volte lo perdeva; e andassimo alla chiesa della Madonna delle Grazie; ond’io persuasi che c’inginocchiassimo e dimandassimo grazia alla Madonna che ci accompagnasse; e così facessimo sulla porta grande della chiesa, e dicessimo sette volte la Salve Regina, e partiti ci avviassimo per una strada dietro al Lambro; e, dopo, siamo giunti in un luogo da cui si dipartivano tre vie: e, domandando io all’Osio dove menassero, rispose che una andava verso la Santa, l’altra a Velà; ed io soggiunsi che non volevo andare per vie pubbliche; e così ci condusse per la terza; e di nuovo arrivassimo al Lambro; e vi son cascata dentro; e l’acqua mi ha tirata sino a quella chiusa dove la corrente è partita in due dal molino; posso dire che miracolosamente la Madonna mi trasportò in quel luogo dove mi trovai seduta, sebben l’acqua mi passasse sotto; mentr’ero menata via, venni una volta a riva, e mi dicevano che uscissi, e mi volevan ajutare: ma la corrente mi sbatteva di nuovo lontana.


Interrogata unde habeat tot vulnera in capite et in manu dextera;


respondit:


Interrogata come abbia riportate tante ferite nel capo e nella mano destra;

rispose:


» Le ferite che ho in testa mi sono state fatte dall’Osio con lo schioppo, mentre, sendo io venuta per istrada alle mani con suor Benedetta, son cascata nel Lambro; e, sendomi accostata alla riva, l’Osio e suor Benedetta mi hanno sporte le mani, dicendo — fate presto, che vien gente! — e l’Osio mi ha cominciato a dare, ed io [p. 55 modifica]gridava — Santa Maria di Loreto ajutatemi! — ed esso mi tempestava pcrchè gridavo, così credo io; e mi ferì non so quante volte sulla testa: io gli diceva — la Madonna vi gastigherà! — per cui temeva volesse spararmi l’archibugio nella vita, mentre gliel vidi cavar di sotto il ferrajuolo; ma mi diè solo, come ho detto; e, volendomi riparare colla mano, me l’ha tutta rotta. Intanto che l’Osio mi dava, suor Benedetta si ritirò un po’ lontano, dicendo — non fate queste cose! — e penso si scostasse per paura, o forse perchè doveva aver visto gente a venire. Quando l’Osio si accorse che io taceva, forse credette che fossi morta; ma io taceva perché non mi dasse più: non vidi più nè l’uno nè l’altra, chè l’acqua mi andava tirando in giù: e così son giunta, coll’ajuto della Beata Vergine, la qual pregavo che non mi lasciasse morire in quel peccato, ma mi concedesse tempo di potermi confessare, son giunta, dico, nuotando sino al luogo dove mi hanno trovata. Là ho ben gridato ajutatemi! ma non mi sentirono, o non mi vollero sentire; onde vi giacqui tre ore, sino a giorno ch’è poi venuto un contadino che sta in quelle case, al qual mi scopersi ch’ero monaca di Santa Margherita, e lo pregai che mi tenesse fino a notte; ma nè lui, nè li suoi hanno voluto, e mi scacciarono, dandomi solamente un bastone su cui appoggiarmi; e mi trascinai sino alla chiesa delle Grazie dove rimasi finchè venne Vostra Signoria colla carrozza, e mi ha fatta condurre qui.


Interrogata de ejus ætate;
respondit:


Interrogata quanti anni ha;
rispose:


» Ho trentacinque anni.


Dimissum est examen ut illa possit aliquantum quiescere


Fu sospeso l’esame onde lasciarla quietare.


Succedono dalla pagina 76 alla 92 riferiti primieramente la descrizione minuta dello stato in cui furono tro[p. 56 modifica]vati, nel monastero di Santa Margherita, i camerini delle fuggite, e il muro forato; indi varii costituti di contadini che videro suor Ottavia giacer sulla riva, e vi rinvennero il calcio dello schioppo dell’Osio, che si era staccato nella furia del battere.


Deinde prædictus d.us Vicarius una cum me notario se recepit ad monasterium S. Mariæ Gratiæ ad examinandos ibi Fratres qui verba habuerint cum dicta moniali; cum supervenit currendo nuntius dicens:


Indi il predetto sig. Vicario n’andò meco a Santa Maria delle Grazie per esaminarvi i Frati che avevano confabulato colla detta monaca, lorchè sovvenne un messo con dire:


» Il signor Arciprete dice che Vostra Signoria cammini presto alle Orsoline, perchè pare che suor Ottavia voglia morire.


quare dictus d.us Vicarius cum me notario, statim se contulit ad dictum monasterium; et reperta dicta moniali Octavia in statu tali quod posset examinare, duxit illam examinare progrediendo examen jam captum.


perlochè il detto signor Vicario ed io n’andammo difilati al detto monastero, e trovata quivi suor Ottavia in condizione di poter venir assunta in esame, fu ripreso l’interrogatorio dianzi cominciato.


» Questo esame che versa su fatti a noi noti, contiene di notevole questi due brani:


Interrogata quos sermones habuerunt ipsæ et Osius in via;

respondit:


Interrogata quai discorsi tenesser coll’Osio per via;

rispose:


» L’Osio ci domandò che novità eran quelle che facevano le Signorie Vostre in convento; rispondessimo che non sapevamo altro tranne ch’esaminavan le monache: trattassimo poi del luogo dove ci voleva condurre; rispose — a Vedano dove ho a che fare: — gli dissimo ch’era troppo vicino; e lui si fermò dicendo — lascia[p. 57 modifica]temi pensare: — questi ragionamenti furono dopo che avessimo tolta la perdonanza alle Grazie.


Interrogata cur Osius illam vulneraverit;

respondit:


Interrogata perchè l’Osio la ferisse;


rispose:

» Credo per paura che palesassi che lui ci aveva levate dal monastero, quando vide ch’io non poteva uscire dal fiume.


Quæ habitis D.us Vicarius dimisit continuare examen ne tædio afficeret ipsam constitutam.


Dopodichè il sig. Vicario tralasciò di proseguire l’esame, affine di non recare soverchio fastidio alla inquisita.


Succedono in data del 2 dicembre 1607, dalla pagina 99 alla 114, alcuni costituti di poco momento d’inservienti del monastero, e d’un mozzo di stalla dell’Osio.

Il mozzo interrogato del suo mestiere risponde:

» Son quattro anni che conosco il signor Giampaolo; e da lì a un anno andai a stare con esso, e l’ho servito da due anni circa: lasciai la servitù sua poco avanti che fosse messo prigione a Pavia; e li servigi che gli faceva eran questi, di governargli i cavalli in numero di due; che aveva un cavallo grosso, detto il Chiappino e una cavallina: andavo innanzi indietro a Milano, mentre lui si ritrovava là alloggiato in casa del signor conte Lodovico Taverna, che di continuo alloggiava là.

Richiesto della sua famiglia rispose: « ho mio padre, e viviamo insieme con tre sorelle, una grande come son io, l’altra mezzana, che lavorano tutte e due nell’esercizio delle agucchie, e un’altra piccola che non lavora; guadagniamo sette od otto soldi per uno al giorno, ma bisogna lavorare anche parte della notte; e tutto il guadagno che si fa va in mano del padre, il qual paga il fitto di sessanta lire l’anno, e ci provede vitto e vestito. [p. 58 modifica] La maggiore somma ch’io abbia avuta son cinque soldi, che non si può cumulare nel nostro mestiere.

Qui, per conchiudere con suor Ottavia, ci permetteremo un piccol balzo, quanto alla successione de’ giorni, e de’ costituti.


17 Dicembre. — Deposizione di suor Ottavia moribonda.

» Se da prima negai alcuna cosa Vostra Signoria sappi che non era per altro che per non iscoprire me stessa, ed anche ciò che aveva fatto suor Virginia, per la quale avrei messa la vita, come ce la metto, sendo per questa causa in punto di morte; il che mi ha mosso a sgravare la mia coscienza; altrimenti piuttosto mi sarei lasciata cavar il sangue piuttosto che palesar le cose che ho palesate.


Interrogata an recordet quod deposuerit;

respondit:


Interrogata se si ricordi delle deposizioni fatte dianzi;

rispose:


» Non ho molto a mente le cose che ho dette, per la gravità del male;


Interrogata an velit sibi legi ejus depositiones;

respondit:


Interrogata se vuol che le si leggano le deposizioni da lei già fatte;

ripose:


» Vostra Signoria me le legga.


Et lectis ipsæ depositionibus per eam factis diebus prope elapsis ut in præsenti processu;

respondit:


E lette le deposizioni da lei già state fatte ne’ dì passati, come già stanno nei presenti atti;

rispose:


» Ho inteso quanto mi è stato letto, ed è quello stesso che ho deposto; sebben da principio dissi la bugia circa la mia caduta nel Lambro; perchè fu l’Osio che mi gettò; il resto è tutto vero. [p. 59 modifica]

Interrogata an esset parata sustinere et ratificare omnia in tormentis, si opus fuisset, et esset in statu tormenta patiendi;

respondit:


Interrogata se sarebbe disposta a sostenere e ratificare quanto disse sottoposta a tortura, ove si trovasse in grado di sostenerla;

rispose:


» Sì che se fossi in istato di sopportare tormenti sosterrei e ratificherei le cose suddette anche fra’ tormenti; perchè nelle cose che gravano li suddetti io ho esposta la verità per iscarico della mia coscienza, essendo vicina alla morte.


Certificato del trapasso di suor Ottavia, avvenuto nove giorni dopo, cioè il 26 dicembre 1607.


Fidem facio et attestor ego notarius cacellarius infrascriptus quatenus die XXVI mensis decembris proximi præteriti circa XIV hora, soror Octavia Riccia monialis professa monasterii sanctæ Margaritæ oppidi Modoetiæ, a me optime cognita, existens in monasterio congregationis S. Ursulæ dicti oppidi, pluribus vulnerabilis affecta in capite, ad meam presentiam ex hac vita migravit.; et sero ejusdem diei recognovi cadaver ipsius, prout etiam recognita fuit a D.no Ambrosio Vimercato chirurgo dicti oppidi, qui medelam præbuit vulneribus præfatæ Sororis.

datum Modoetiæ
die III mensis januarii a. 1608 ego P. Joseph Franscinus notarius.


Attesto io notaro sottoscritto che il 26 Dicembre p. p. suor Ottavia Ricci monaca professa nel monastero di santa Margherita in Monza, a me notissima, e che si trovava di presente nel monastero di sant'Orsola in detto Borgo, trapassò alla mia presenza per le ferite elle avea riportate nella testa: la sera dello stesso giorno ne riconobbi il cadavere, come pure lo riconobbe il dott. Ambrogio Vimercati chirurgo, il quale medicò la detta Suora.





Li 3 gennajo 1608. Io P. Gius. Franscino notaro.


Il primo sanguinoso atto della tragedia, già ci si rese noto: ci conduciam ora al secondo, non meno lugubre.

  1. Ecco nel suo gretto laconismo il terribil avviso qual effettivamente trovasi inserito negli Atti, tracciato con mano malferma, e precisamente come segue: sulla soprascritta — Al Signor Arciprete — e dentro: — Sua Signoria molto reverenda, māda quanto prima, che è capitata una monica di Santa Margarita tutta ferita: non altro per fretta, ma con bona guardia perché so quello che dicho, ma en secreto con sua Signoria

    il Guardiano delle Gratie

  2. Potrà parere interessante leggere nel suo contesto originale, ed ingemmata di tutti i suoi strafalcioni, la seguente diagnosi, stesa dal barbier-chirurgo Vimercati, delle condizioni patologiche nelle quali, chiamato da Monza, trovò suor Ottavia; eccola, come giace negli Atti, corredata da una introduzione e da una chiusa in latino: Incontinenti supervenit vocatus Joh. Ambrosius Vimercatus barbitonsor et chirurgus oppidi Modoetiæ, ac ipsus monasterii S. Margaritæ, ad effectum medelam præbendi vulneribus dictæ mulieris; qui chirurgus detecto capite ipsius mulieris; qui chirurgus detecto capite ipsius mulieris, quod erat coopertum sudariolo, visum ac repertum fuit ipsam esse affectum in capite vulneribus infrascriptis. Sorvenne, tosto chiamato, Gio. Ambr. Vimercati barbiere, chirurgo del borgo di Monza e dello stesso monastero di Santa Margherita, ad effetto di medicar le ferite della detta femmina: il qual chirurgo, scopertole il capo, ch’era cinto da un pannolino, trovò che era affetto dalle seguenti ferite:


Item affecta est vulneribus, in manu dextera, infrascriptis


Similmente trovasi affetta nella mano dritta dalle seguenti ferite:

» Una nel deto indice, qual gli ha rotto l'osso vicino al nodo della mano, et insieme la carne; un'altra poco più alta nella mano sopra il nodo per contra al detto deto, per la qual si vede movere il nervo; un’altra nel principio del deto police per la parte di dentro; un’altra nel mezzo dell’istesso deto per di dentro, e un’altra poco più in su; e il deto suddetto è mosso dal suo luogo. Ha anche una botta sopra il braccio sinistro, qual si vede nero sopra il gomito vicino alla spalla dalla parte di fuori, tanto com’è il palmo della mano.


quæ vulnera omnia viderentur facta arma contendente et incidente prout ego notarius annotavi.

Successive dictus Vimercatus medelam præbuit dictis vulneribus, factis prius multis incisionibus reducendo duo et tria vulnera in uno, ab vicinitatem, et ut melius curari possint; cum fere tota cutis est a carne separata, et totum caput in uno vulnere.


le quai ferite sembran tutte fatte con armi di percossa, e di taglio siccome fu da me notaro osservato.

Indi il detto Vimercati medicò le dette ferite, praticate prima molte incisioni, per ridurre due e tre ferite in una, e meglio curarle per la vicinanza; sendochè tutta la cute presentavasi staccata dalla carne, e la intera testa non offriva quasi che una sola piaga.

  • Suor Virginia stata traddotta a Milano.