La Signora di Monza/Capitolo II
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II.
SUOR BENEDETTA OMATI
Dum præscripta annotarem supervenit nuntius dicens:
Mentre io stava notando
quanto precede sorvenne un
messo con dire:
» Il signor Arciprete fa intendere a Vostra Signoria,
loquendo ad Dominum Vicarium,
dirigendo il discorso al sig. Vicario,
che ha avuto nuova che suor Benedetta è stata trovata in un pozzo a Velate; non ha potuto intender se viva o morta: sarà bene che V. S. adesso adesso, ed il notaro e fanti vadi là a riconoscerla e levarla.
Quibus præfatus Dominus auditis, statim, relicto examine se contulit ad habitationem domini Archipresbyteri, et recepto ibi curru, una cum me notario, et variis famulis super equos se contulit ad locum Velati, et illuc pervenit circa dimidiam oram noctis, et in quodam cubicolo inferiori domus habitationis domini Alberici visum ac repertum fuit jacere in lecto quamdam mulierem habentem caput opta-
Lo che udito ch’ ebbe il
detto Signore, tosto interruppe l’esame, n’andò alla casa
dell’Arciprete e salito quivi
meco in carrozza, accompagnato da’ birri a cavallo, si
condusse a Velate, pervenutovi a mezz’ ora di notte; e
là, in una stanza terrena dell’abitazione del signor Alberici, trovò giacere in letto una
femmina che aveva la testa
fasciata di pannolini a foggia
di monaca, la qual sospirava
tum pannis lineis ad instar monialis, suspiria emittentem, ac se magnopere lamentantem; quæ interrogata de ejus nomine, cognomine, ac professione;
respondit:
e si lamentava forte: la interroga del nome, cognome,
professione; ed ella
rispose:
» Io sono suor Benedetta Homati monaca professa nel monastero di santa Margherita di Monza.
Quibus auditis D.us Vicarius jussit illam surgere e lecto et vestiri, ad effectum ut asportari posset in curru ad oppidum Modoetiæ; prout surrexit et vestimentis se induit, mediantibus duabus mulieribus, cum ob dolorem a seipsa id facere non posset: et dum prædicta fierent, Dominus duxit aliquos ex hominibus illius loci examinare; et ita factum est, ut infra.
1607 die dominica II decembris.
In domo habitationis D.ni Alberici de Alberici sita in loco Velati;
Coram etc.
Indem D.us Albericus testis pro informatione;
interrogatus quod in ejus domo et in illo lecto respiciat mulier illa, a quanto tempore citra, et an eam cognoscat;
respondit:
Lo che udito dal signor Vicario, le ingiunse di alzarsi e
vestirsi, ond'essere trasferita
a Monza; ed essa sorse, e si
abbigliò coll’ajuto di due donne; sendochè, pel dolore, nol
potè da sé sola. E intanto il
signor Vicario prese ad esaminare alcuni uomini di quella Terra, come si vedrà qui
sotto.
1607 giorno di domenica 2 dicembre.
Nella casa del signor Alberico degli Alberici in Velate.
Alla presenza ecc.
Lo stesso signor Alberico qual testimonio ad informare;
interrogato come sia che in sua casa, ed in quel letto si trovi quella femmina, da quando in qua, e se la conosca;
rispose:
» Non conosco questa donna: la ho fatta portare in casa mia alla occorrenza che ora racconterò. Stando noi
tutti uomini del Comune nella nostra Chiesa a sentir Messa, abbiamo udito più volle una voce gridare — ajutatemi, che mi trovo in questo pozzo! — la qual
voce ci ha causato gran maraviglia; e così siamo corsi
al pozzo ch’è lontano dalla Chiesa alcune dozzine di passi,
e in esso abbiam vista questa poveretta, la qual dagli
uomini del Comune, e alla presenza di molti ne fu cavata mediante una corda, ed un ch’è sceso nel fondo:
e non volendola altri, la ho fatta portare in casa mia,
metter in letto, e reficiare: ha detto ch’è stata laggiù tutto
il giorno avanti, e la notte; non altro saprei dire.
Successive circa horam tertiam noctis, dicta soror Benedicta fuit posita in curru, et associata D.is Vicario, Archipresbytero, et mei notario, ducta ad monasterium sanctæ Ursulæ Modoetiæ, ibique spoliata a dictis Virginibus, et posita in lecto in quodam dormitorio superiori; et cum diceret sentire summum dolorem in persona a parte sinistra ob dictam præcipitationem in puteo, fuit vocatus D.us Ambrosius chirurgus ut eam visitarent, prout visitata fuit, cum esset hora octava noctis.
1607 die lunæ III mensis decembris.
Coram etc.
Constituta prædicta soror Benedicta ut principalis quoad se, et testis quoad alios;
delato sibi juramento, etc. interrogata an sciat quomodo reperiatur in illo loco;
respondit:
Poscia, essendo circa l’ora
terza di notte, la detta suor
Benedetta venne posta in carrozza col signor Vicario, l’Arciprete, e me, traddotta al monastero di sant’Orsola in Monza, ivi da quelle monache spogliata e posta a giacere in
una camera in alto; e, dicendo
che sentiva gran dolore al
lato sinistro per la sofferta caduta nel pozzo, fu chiamato
il signor Ambrogio Vimercati
chirurgo che la visitasse, come infatti la visitò ch'era l’ottava ora di notte.
1607 giorno di lunedì 3 dicembre.
Alla presenza ecc.
Assunta in constituto la detta suor Benedetta, qual principale per conto proprio, e qual testimonio rispetto ad altri, deferitole il giuramento e interrogata come si trovi là:
rispose:
» Passando amicizia tra Giampaolo Osio e suor Virginia Maria de Leva monaca nel Monastero di santa Margherita, il detto Osio giobbia passato dopo desinare mandò a parlarmi un uomo vestito da massaro, da me non conosciuto, il qual mi disse, sendo io alla porta, che l’Osio desiderava sapere se suor Virginia era stata menata via dal monastero; ciò mi scrisse in un biglietto di sua mano; ed io rescrissi sopra un altro bollettino, che suor Virginia era stata condotta a Milano; e che, vedendo quelle cose che si facevano, io desiderava di partirmi da quel monastero e andare in un altro; mi ajutasse, e di lì a tre o quattr’ore venisse alla muraglia del giardino che avrei trattato seco circa l’andar via...
Qui tien dietro un racconto simile al dianzi esposto da suor Ottavia: e ciò sino al punto delle Salve Regine recitate in ginocchio dinanzi la porta della Madonna delle Grazie.
» Poi ritornassimo indietro per la medesima strada passando il ponte del Lambro ch’è vicino a detta Chiesa; e quando ne fossimo poco lontani, dietro il fiume dov’era un zappello, l’Osio gettò in acqua suor Ottavia, la qual era in mezzo tra noi, e la sentii dire — oh! la è questa la maniera? — ed io corsi per darle mano ed ajutarla; ma l’Osio, cavato l’archibugio da Sotto il ferrajuolo, ne diede molte percosse sulla testa di suor Ottavia, la qual gridava invocando la Madonna: io mi ritirai lontano per paura che mi dasse, e mi misi a piangere; poi lasciata suor Ottavia, che pensava fosse morta, seguitassimo il viaggio dietro il Lambro, e per traversi arrivassimo ad una casa deserta, lontana da Monza cinque o sei miglia, che ha la porta grande; e la camera in cui venni messa ha un basello o due, e v’era un camino, e zocchi che vi si potca seder sopra: quella casa è grande, ed ha una vasta corte; ne trovassimo la porta
aperta, e non vedessimo alcuno: non era ivi letto nè altro tranne quel che raccontai; e vi stetti il rimanente di quella notte, e tutto il giorno seguente che fu venerdì, sempre sola: non vidi l’Osio se non una volta che venne a portarmi pane, formaggio ed un fiaschetto di vino: ma non volli bere nè mangiare, dubitando che fosse tossicato, per quel che l’aveva veduto fare a suor Ottavia. Tornò l’Osio alle quattr’ore di notte, e mi disse che dovevamo andare altrove; e, dopo che avessimo camminato un tre miglia per traversi, arrivassimo in una campagna, dov’è un boschetto, ed entrata dentro vidi un pozzo nel qual gettai un sasso senza che lo sentissi arrivar al fondo: ed esso, venutomi presso, mi diede un buttone per gettarmi giù; ma, grazie al Signore, non caddi; e, fuggendo, esso Osio mi corse dietro, mi afferrò per un braccio, mi trascinò al detto pozzo, e mi vi precipitò. Nella caduta diedi sulli sassi alla parte sinistra, e rimasi talmente offesa, che mi trovo in malo stato (1): dopo che fui abbasso sentii che fu gettato giù un sasso dal qual restai colta nel ginocchio destro, che v’è rottura; ed al cadere di quel sasso e al romore che fece m’accorsi ch’era grosso, ma nol vidi; e stetti in detto pozzo ch'è molto fondo, e non ha acqua ma pietre ed ossi, tutto il rimanente di quella notte, tutto il giorno seguente, sin a mezza mattina di jeri, che, gridando ajuto, fui sentita dagli uomini di quella Terra che mi cavarono e portaron in casa dal signor Alberico, dove sono stata sin a quell'ora che Vostra Signoria venne a prendermi colla carrozza. Mentr’ero portata a casa Alberico, una gentildonna, che al vestito nero mi pareva vedova, ed era vecchia, m’insinuò che dicessi che m’era gettata nel pozzo da me: risposi che voleva dire la verità. Mentre stetti nel detto pozzo io gridava solamente venuto il giorno, e non la notte, temendo che di notte venisse l’Osio e mi rovesciasse altri sassi per ammazzarmi, caso mi avesse conosciuta anco viva; e perciò io teneva la testa a riparo di certe pietre grosse ch’erano sporgenti in quel fondo, ch’è largo: ed oltre i sassi vi son anche degli ossi, che li distingueva benissimo di giorno, ed anzi mi parve di vedere in un buco una cosa nera che m’aveva figura di teschio umano.
Interrogata an sciat quod Joh. Paulus Osius ingressus sit in monasterio sanctæ Mar-
Interrogata se sappia che Giampaol Osio sia entrato nel monastero di santa Marghe-
garitæ, et quoties, et de quo tempore;
respondit:
rita, e quante volte, e in qual tempo;
rispose:
» V’è entrato parecchie, e parecchie notti da quattro
o cinque anni che l’ho saputo: prima che si mettesse
la chiave al catenaccio della porta maggiore della Chiesa
entrava per quella, che si faceva lasciar aperta da qualcuno ancorchè fossero forestieri; e questo si faceva
la sera, ed alle volte era io che faceva aprire la Chiesa,
alle volte suor Ottavia, e talora la medesima suor Virginia; e introducevamo l’Osio nel monastero mediante
le chiavi contraffatte che tenevano esse Virginia ed
Ottavia; e lo menavano in camera di suor Virginia,
d’onde partivasi avanti giorno: io mi sono trovata ad
introdurlo a questo modo due volte per settimana: dicevo qualche volta a suor Virginia che faceva male;
ed essa allora mi minacciava, con dire che attendessi
ai fatti miei. Dopo che fu chiusa la via di passare per
la porta della Chiesa, si trovò un’altra strada, cioè un
buco che dal giardino dell’Osio risponde entro la camera
di suor Ottavia. Dalla festa poi di tutti i Santi prossima passata l’Osio, entrato per il giardino, scalata la
muraglia, venne dentro la vigilia di detta festa, e vi stette
fermo da quindici giorni, parte nella camera di suor Ottavia, e parte nella mia ch’è contigua a quella di suor
Virginia: anzi la sera che questa fu menata via in carrozza, Giampaolo si trovava nella mia camera, e si nascose sotto que’ lenzuoli che sono attorno il letto.
Interrogata an soror Virginia habuerit filios;
respondit:
Interrogata se suor Virginia ebbe figli;
rispose:
» Una putta che l’Osio portò via, e credo la mandasse a Milano: or l’ha in casa, e si chiama Francesca.
Quel racconto che suor Benedetta, interrogatane, tesse qui minutamente degli amori dell’Osio con suor Virginia, sarà per noi di presente ommesso, perché l’udrem fatto di bocca dalla Signora medesima: solo avvertiremo che qui comincia a venir in campo quel prete Paolo Arrigone, a cui nel processo è serbato sì largo posto sul chiudersi, il qual faceva da segretario all’Osio nella sua corrispondenza epistolare (de’ primi tempi) con suor Virginia, e ardì lei ricercare d’amore, ributtato collo sprezzo più oltraggioso, e rinfacciategli le colpe a cui si era infelicemente lasciata tirar da lui suor Candida (2). Stacchiamo da quelle brutte pagine alcune righe accennanti a’ rimorsi di suor Virginia, ed alla sua intenzione, che, pur troppo, allacciata com’era per ogni verso, non sortì effetto, di volersi convertire: eccole: « L’Osio avea fatte fare più di cinquanta chiavi contraffatte; perchè suor Virginia, che non voleva stare in quel peccato, le gettava nel pozzo; ed ci le tornava a far fare ». Una frase di suor Benedetta fa comprender che l’Osio doveva essere un bellissimo giovine: nel racconto, che, alla sua volta, fa degli amori della Signora, narra che questa, la quale non vista stava, una delle prime volte, guardandolo dal finestrino, sclamò: « si potrebbe mai vedere la più bella cosa? e così seguitò ad andare a detto finestrino, e guardar Giampaolo senza lasciarsi veder da lui ».
Ci affacciamo qui al terzo atto del formidabile dramma; e, nonostante che ciò sembri arduo, ne scorgeremo cresciuta l’orridezza.
Note
- ↑ Spero che la diagnosi delle condizioni patologiche di suor Ottavia tracciata dal barbiere Vimercati avrà garbato ai lettori qual documento della dottrina anatomica di que’ dì: or mi faccio a trascrivere la relazione stesa dal medico Monti dello stato in cui trovò suor Benedetta; relazione che, in data dei 7 dicembre, allogasi alle pagine 156,
e 157 del manoscritto.
Son venuto apposta da Milano per visitare nel monastero delle Orsoline in Monza una monaca chiamata Benedetta, alla quale ho domandato che male aveva; mi rispose, gran doglia al petto, e a parte sinistra una fitta si grande che le rendeva difficoltà dell’anelito con dolor pungitivo che le impedisce respirare, sputare, tossire, e le pareva sentirsi mancare il cuore, e tutte le altre forze. Così anche si doleva sommamente della coscia sinistra, nella giuntura dell’osso della suddetta col capo dell’osso della coscia; li quali effetti mi disse che l’eran avvenuti per causa ch’era stata gettata dentro un pozzo fondo, e laggiù erano stati gettati quantità di sassi sovra di essa. Alla presenza del S.r Ambrogio Vimercati, qual già l’avea medicata, la feci
scoprire e riconoscere dove si sentiva il maggior dolore, alla costa verso
la mammella sinistra, e vi trovai gran depressione sino al filo della
schiena; da quell'effetto può essere le siano causati li sopraddetti accidenti, qual conclusione può essere che sia derivata dalla caduta che
essa fece, come di sopra ho detto. Poi vidi, e le toccai dove diceva
aver gran male nell'osso della coscia; e così trovai che l’osso era
fratto in modo tale che non poteva tal frattura essersi fatta senza grandissima violenza; e può essere che tal frattura sia stata causata dalla
caduta suddetta: per il che, per questo accidente, come pel sopraddetto
narrato, giudico vi sia pericolo della vita: questo è secondo scienza
ed esperienza di medico.
« D.r Antonio Monti
medico-chirurgo » - ↑ Fra gli allegati del processo, i quai ne costituiscono raccolti il fascicolo settimo, alla pagina 532, è da vedere una lettera di suor Virginia a prete Arrigone, scritta e firmata da lei in cui non saprebb'essere più energicamente espressa la indegnazione: ne trascrivo alcuni periodi per dare un' idea dello stile della Signora. « Sono informata che da quel huomo infame e vituperoso che sej, la tua sfacciataggine è arrivata a tale colmo che aij messo in ordine le solite tua malvagità contra l'honor mio: per il che stupischo de la clemenza di Dio, che, avanti che tu ti parta dall'altare, non li faccia sfavillar focho, et portarti via da cento para di diavoli. E però sappi, per il batesimo santissimo che porto in testa, e da quella che sono, che ti voglio far conossere da chi non ti conosse, et mostrare per che conto contro di me sij viperato a questo modo: et ti farò conossere per quel perverso e sacrilegho che sej, arrivato a tutte quelle insolentie che sa tutto il mondo, sino alla presuntione di tentare anco qui dentro le Spose di Gesù Cristo, et procurare in tutti li modi di macchiare l’honore di questo monastero, come apare dale lettere che, in testimonio di questo, tengho riservate presso di me.... »