Istoria delle guerre persiane/Libro primo/Capo XXII
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
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CAPO XXII.
I. Rufino, Alessandro e Tommaso, eletti ambasciadori con Ermogene, vennero a Cosroe, in allora sulle rive del Tigri, ed al presentarglisi innanzi tosto ebbero per suo ordine libertà gli statichi. Quindi i Romani presero a dire molte cose, di soverchio cortigianesche e disdicevoli al carattere di lor nazione, per mitigarne lo sdegno ed ottenere la pace; la ebbero in effetto per cento dieci anni (aperanta nomata, ciò è senza termine), a patto che il capitano delle truppe nella Mesopotamia abbandonata Dara tornasse a dimorare, come dapprima, in Costantina; che si sborsassero da Giustiniano cento aurei, e che oltre la restituzione di Farangion e Bolon1 rimanessero alla Persia tutti i forti da lei vinti nella Lazica2; il danaro poi era chiesto in premio dell’accordare ai Romani la conservazione delle mura di Dara, ed in compenso delle spese fatte col tener guarnigione alle Porte Caspie. Gli ambasciadori non rifiutaronsi ad alcuna delle proposte fuori quella riguardante la cessione dei forti, domandando per essa tempo da riportarne l’imperiale consenso, e giudicossi opportuno d’inviare all’uopo Rufino in Bisanzio, accordandogli settanta giorni pel viaggio, e di mandare intrattanto gli altri suoi colleghi ad attenderlo in Persia; Giustiniano, letti ed approvati gli articoli del trattato, confermò la pace.
II. Nel correre però i settanta giorni bucinossi falsamente in Persia la morte di Rufino per opera dell’imperatore, e montatone Cosroe in ira fe comando che si riprendessero di botto le armi. Tutto nondimeno svanì col tornare dell’inviato al reale cospetto presso a Nisibi, dove amendue insieme entrarono, e dove pur giunsero di subito nuovi ambasciadori col danaro pattuito. Se non che Giustiniano, pentitosi in questo mentre dell’aver ceduto i forti della Lazica, mandò scrivendo all’ambasceria che si guardasse bene dall’aderirvi; il re pertanto, al costei rifiuto crucciatosi più che mai contro l’imperatore, si volse ad abborrire ogni ragionar di pace. Rufino allora premuroso di salvare il danaro implorò, gettatoglisi a’ piedi, la facoltà di ricondurlo via ed un breve indugio prima di rinnovare la guerra. Il re, fattolo sorgere, accordògli le pregate cose, talchè i legati romani restituironsi coll’oro a Dara, e le truppe reali tornarono indietro. Ma qui i colleghi movendo qualche dubbio sulla fedeltà di Rufino, troppo agevolmente da Cosroe graziato d’ogni sua inchiesta, rimandaronlo in Bizanzio.
III. Tuttavia dal concepito sospetto non venne macchia alcuna all’onore di costui, avendolo Giustiniano subito rinviato in Persia con Ermogene, dove trascorso non guari tempo ebbe la pace il suo compimento, ed eccone le condizioni: Renderanno ambe le parti tutti i forti occupati durante la guerra: Non vi sarà più in Dara capitan di soldati: Gl’Iberi potranno a lor beneplacito uscire di Bizanzio o rimanervi. Alcuni di essi in effetto continuaronvi lor dimora, passandone altri ad abitare nuove regioni. Per questa pace sottoscritta nel settimo3 anno dell’imperio di Giustiniano i Romani doverono rinunziare ai forti Bolon e Farangion, e pagare il dapprima convenuto danaro; furon poi restituite loro le castella dei Lazj, e per via di cambio il prigioniero Dagaris4, a cui va debitore l’imperio di molte sconfitte date agli Unni, e del costoro fugamento dalle sue terre: uomo per verità spertissimo in guerra. Così ebbero fine le nimicizie tra Giustiniano e Cosroe5.
Note
- ↑ Al cap. 15 di questo libro si è narrato come i due castelli fossero per tradimento ceduti alle truppe imperiali.
- ↑ V. cap. 12, § 4.
- ↑ Secondo altri codici nel sesto. Chi poi bramasse maggiori notizie sulla compilazione di questi trattati di pace tra l’imperatore ed il monarca persiano legga Menandro Protettore.
- ↑ V. la narrazione della costui prigionia al § 2 del cap. 15.
- ↑ Di questa pace scrisse Procopio altrove (St. Segr., § 5). «Gran danaro spese (Giustiniano) per istabilire la pace con Cosroe; poi ostinatamente seguendo il suo capriccio, senza alcun motivo ruppe il trattato, con ogni genere d’intrighi e di sforzi fatta alleanza con Alamandaro e cogli Unni, che erano socj e confederati de’ Persiani».