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LIBRO PRIMO 115

cento dieci anni (aperanta nomata, ciò è senza termine), a patto che il capitano delle truppe nella Mesopotamia abbandonata Dara tornasse a dimorare, come dapprima, in Costantina; che si sborsassero da Giustiniano cento aurei, e che oltre la restituzione di Farangion e Bolon1 rimanessero alla Persia tutti i forti da lei vinti nella Lazica2; il danaro poi era chiesto in premio dell’accordare ai Romani la conservazione delle mura di Dara, ed in compenso delle spese fatte col tener guarnigione alle Porte Caspie. Gli ambasciadori non rifiutaronsi ad alcuna delle proposte fuori quella riguardante la cessione dei forti, domandando per essa tempo da riportarne l’imperiale consenso, e giudicossi opportuno d’inviare all’uopo Rufino in Bisanzio, accordandogli settanta giorni pel viaggio, e di mandare intrattanto gli altri suoi colleghi ad attenderlo in Persia; Giustiniano, letti ed approvati gli articoli del trattato, confermò la pace.

II. Nel correre però i settanta giorni bucinossi falsamente in Persia la morte di Rufino per opera dell’imperatore, e montatone Cosroe in ira fe comando che si riprendessero di botto le armi. Tutto nondimeno svanì col tornare dell’inviato al reale cospetto presso a Nisibi, dove amendue insieme entrarono, e dove pur giunsero di subito nuovi ambasciadori col danaro pattuito. Se non che Giustiniano, pentitosi in questo

  1. Al cap. 15 di questo libro si è narrato come i due castelli fossero per tradimento ceduti alle truppe imperiali.
  2. V. cap. 12, § 4.