Iride/Scipione Africano

Scipione Africano

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Neera - Iride (1905)
Scipione Africano
Il sabato di Carolina Avventure di due Filosofi

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Scipione Africano


(Dal giornale del Maggiore).

Mi trovo contento di essermi preso questo mese di permesso, più ancora di trovarmi a passarlo qui, in casa del mio più vecchio e più caro amico.

Sono pioppi, sono olmi, sono castani che ombreggiano così dolcemente il viale davanti alla mia finestra? Non lo so, non me ne curo. Ho fatto una colazione squisita. Già Stefano è un grande epicureo; lo era anche al reggimento; stando di guarnigione nel Friuli faceva venire le ostriche da Taranto e trovandosi in Sicilia mandava a prendere il burro a Milano.

Ora Stefano è un uomo felice. Si gode la sua pensione di generale in piena libertà... ha la figlia, è vero, ma quella piccina appena uscita di convento è una nuova gioia per lui e presto poi penserà a maritarla. [p. 266 modifica]

Invidio Stefano. Quando si giunge «a quell’anta che tutta notte canta» — come me — e quando la si è passata — come lui — che c’è d’altro al mondo fuorchè mangiare e dormire in pace? Ah! in pace! Che bella cosa la pace!

Allungo le gambe e mi stendo su questa poltrona che per verità è molto comoda.

Benissimo. Che cosa è la vita?

I pioppi, gli olmi o i castani tremolano, luccicando, sotto il sole. Che bel verde! La sabbia del viale sembra d’argento.

Che cosa vedo là in fondo? Sono forse fiorite le peonie? No, è l’abito di Federica, rosa per l’appunto come una peonia.

Che aria soave! Che voluttà in queste giornate di primavera!

Ma ancora non ho trovato che cosa è la vita.

Basta, lasciamo andare. Quando arriverò a dare le mie dimissioni voglio anch’io, come Stefano, finire i miei giorni in campagna. Non c’è di meglio per un vecchio peccatore che ha dei reumatismi da curare. I guerrieri antichi facevano così tutti; avevano ragione.

Dicono che in campagna ci si annoia. Eh! può darsi. Mi farò pescatore, cacciatore, orticoltore — tutte le passioni si assomigliano; il piacere che [p. 267 modifica]esse ci dànno non è che quello che noi vogliamo attribuir loro.

Fra qualche momento scenderò abbasso, nella gran sala, che ha il pavimento di legno e le pareti dipinte a uccelli. Stefano mi aspetta per fare una partita a scacchi — ecco un bel giuoco in fede mia; collo scacchiere davanti mi sembra di essere su un campo di battaglia.

(Dal giornale di Federica).

— Buon padre! Mi ha fatto arrivare della musica nuova per ingannare la solitudine — ed io, ingrata, non l’ho aperta neppure.

Quando mi metto al piano e mi trovo sola sola in quella gran sala dove la mia voce echeggia come fosse in un tempio, sento una malinconia, quasi una paura... Ero avvezza colle compagne, colle suore, e qui non c’è mai nessuno. A farlo apposta sento come non ho mai sentito un bisogno di parlare, di espandermi; vorrei ridere e vorrei anche piangere. La vita senza emozioni non mi piace.

Che cosa dicevano le suore che tornata nel mondo avrei avuto a combattere fiere lotte, a vincere ardue battaglie? [p. 268 modifica]

I miei giorni non sono mai trascorsi così placidi.

In convento almeno c’erano delle chiacchiere, delle espansioni d’amicizia, degli impeti di rabbia seguìti da una dolce pace; e l’emulazione che ci teneva sempre deste — oh! cari piaceri io vi ho disprezzati un poco, ma ora quasi vi desidero.

Che faccio qui? Alla mattina mi alzo e passeggio in giardino; il viale dei platani è simpatico, ma c’è in fondo la finestra del maggiore... e mi fa soggezione.

Vado nel pollaio a raccogliere le uova per la colazione di babbo; poi in guardaroba per imparare dalla vecchia Giovanna come si fa a regolare una casa. — Giovanna è una buonissima donna, lo so, ma sputa in faccia quando parla; è un difetto grosso — le sue lezioni non le ascolto mai fino alla fine. Ricamo, leggo, torno in giardino — il maggiore è quasi sempre alla finestra — e all’ultimo mi rifugio in sala dove pur troppo mi addormento.

Forse prenderò una risoluzione. Visto che sull’ultimo numero del mio giornale di mode c’era un disegno assai grazioso per sedie rinnoverò tutte le sedie del salotto — sono sedici e mi daranno un bel da fare. [p. 269 modifica]

(Dal giornale del Maggiore).

Nè pioppi, nè olmi, nè castani. La signorina Federica mi ha assicurato che il viale davanti alla mia finestra è di platani. Toccava proprio a me, nella verde età di quarantadue anni, a ricevere lezioni da una bimba di sedici! Ma le bimbe in giornata ne sanno più di noi.

Non voglio dir male della figlia di Stefano che è, a parte la sua scienza botanica, una cara fanciulla. Anzi, non voglio nemmeno confonderla colle moderne signorine incipriate e imbottite che sembrano bambole meccaniche e nemmeno, tolga Iddio, colle fanciulle romantiche che si pascono di zeffiri e di sospiri.

L’ho sorpresa stamattina mentre faceva la festa a un paniere di fragole senza pregiudizio della colazione che l’aspettava — e che non aspettò invano.

Signorina, le ho detto: avete buon appetito.

Ella diventò rossa come le fragole che le stavano davanti e scappò via.

Ha un modo di guardare in faccia tutto suo; lo si direbbe molto ardito se non fosse estremamente ingenuo. Spalanca le palpebre e getta là quelle pupille nere come se nulla fosse. Fa un [p. 270 modifica] po’ l’effetto di una pistola sparata a bruciapelo — là! là! — basta, è quistione di stare in guardia.

Stefano ieri ha giuocato male: gli ho vinto tre partite. Se giuoca male anche oggi io giuocherò peggio — so che gli dispiace a perdere.

Ma perchè Stefano si ostina a vivere come un orso? Io e lui andiamo perfettamente d’accordo; gli è quella poverina che si annoia... davvero mi fa compassione.

Ignoro ciò che ci vorrebbe per una ragazza appena uscita di convento: che so io? delle amiche, delle passeggiate, qualche svago.

Gli uomini sono proprio egoisti. Studiano le donne solamente per quel tanto che basta a farsi conoscere da loro; a cinquant’anni sarebbero indifferenti se il mondo fosse tutto quanto popolato da uomini.

(Dal giornale di Federica).

È singolare quello che ho udito stamattina a proposito del maggiore.

Giovanna discorreva in guardaroba con un’altra cameriera e quando si accorsero di me cambiarono argomento; ho però inteso queste parole da Giovanna: Eh! certo egli ha avuto molta fortuna [p. 271 modifica]colle donne; si capisce del resto; è un bell’uomo come se ne vedono pochi.

Il maggiore un bell’uomo? Mi misi a ridere proprio di gusto. Bello un amico di babbo? È possibile esser belli quando non si hanno più vent’anni?

Ho voluto guardarlo apposta, più tardi, mentre faceva la solita partita; ed ecco dirò... Non so veramente che cosa dire. Certo non mi sarei mai immaginata che il maggiore potesse avere dei capelli così lucidi e fini, occhi espressivi e baffi arricciati. Io dunque non lo avevo guardato.

Ma che cosa avrà voluto dire Giovanna con quella frase: ebbe molto fortuna colle donne? C’è una fortuna che si ha cogli uomini e un’altra che si ha colle donne? La fortuna non è una sola? Essere fortunati vuol dire essere felici.

Il maggiore poi è stato molto gentile oggi con me. Dopo la partita mi propose una passeggiata sulle colline; che idea stupenda! Almeno ho potuto sfogarmi un po’ a correre e saltare e ridere anche, perchè il maggiore è burlone quando vuole ed ha un certo modo di dire basta ad ogni cinquanta parole che mi ricorda tutto tutto la mia povera Giulia. Veh! che combinazione, se diventassimo amici proprio come lo ero con Giulia? [p. 272 modifica]Non sarebbe mica male ad aver per amico un maggiore con cinque medaglie, due titoli di cavaliere, uno di commendatore e marchese per giunta. Io che ho tanta paura dei sorci se appena ne vedessi uno gli direi: Amico maggiore, tirate fuori la vostra sciabola e fatemi la grazia di uccidere quel sorcio.

So che il maggiore ha un ottimo cuore. Quando era negli Abruzzi a combattere i briganti ha fatto l’eroe e il missionario insieme — è babbo che lo dice. Si vede, del resto, che egli è buono; ha uno sguardo tanto dolce e un sorriso fine fine che non è allegro e non è mesto, ma fa bene a guardarlo. Ed io che in principio avevo soggezione!...

(Dal giornale del Maggiore).

«Conduciti nella vita come se tu fossi ad un banchetto; ti offrono un piatto? — e tu prendilo. Passa oltre? — e tu non lo dimandare.»

Ho io fatto così? Perfettamente, mi pare.

Federica è venuta questa mattina sotto la mia finestra mentre io vi stavo affacciato e leggevo i Commentari. Era tutta rosa in mezzo agli alberi verdi (platani). Faceva piacere a vederla tanto che le dissi: Signorina, voi state benissimo. [p. 273 modifica]

Non fuggì via questa volta; al contrario sollevò un poco il suo cappello di paglia per poter guardare in su e rispose — se pure si può dir risposta: — Andiamo oggi sulle colline?

Certo, amabile fanciulla, certo. Amabile fanciulla non lo dissi a lei, ma lo brontolai a me stesso chiudendo i Commentari.

E come eri bello, o maggiore, su quel sentieruzzo di montagna a cogliere ginestre insieme ad una bambina! Così è — io mi ci divertii un mondo.

Sono forse un compenso sul tramonto della vita queste gioie profonde e impensate? questo ritorno a sensazioni antiche, lontane, che si credevano spente per sempre?... Un giorno di primavera e sedici anni — come queste cose rinfrescano il cuore!

(Dal giornale di Federica).

Povero maggiore! Il cuore me lo diceva che quel telegramma di ieri sera gli portava una brutta notizia; la sua mamma sta male ed egli è partito subito.

Come sono mesta oggi!

In fondo al viale dei platani vedo la sua finestra chiusa. Babbo è di cattivo umore perchè non [p. 274 modifica]ha potuto fare la partita a scacchi. Vorrei saper giuocare io, ma non so. Ho provato a prendere in mano i pezzi e mi faceva piacere a muoverli sulla scacchiera imitando i movimenti del maggiore e dicendo come lui: basta, vedremo. Povero maggiore!

Le lane che mi ha comperate Giovanna non vanno bene; poichè il salotto ha le tende turchine, le sedie non devono essere celesti. Anche per oggi non incomincio il lavoro.

Che fare, mio Dio, per ingannare il tempo? Questa giornata mi sembra eterna — è certamente la più lunga di quelle che ho passate qui. E come sono malinconica!

Vorrei tornare in convento. Ho la nostalgia dei grandi muri bianchi, dei corridoi silenziosi, delle celle tranquille. Penso al vasto giardino così folto che pareva un bosco. Penso sopratutto e vorrei tornare nella chiesetta delle suore sempre piena di fiori e dove si sentiva fuso insieme un odore di cantina e un odore di rose.

Ecco che ora mi vien da piangere...

(Due ore dopo).

No, questa giornata non finisce più.

Mi sono fatta condurre in chiesa da Giovanna. [p. 275 modifica]Ah! Non è la bella chiesina del mio convento; questa è una chiesa che sembra una caserma — tutta a polvere e ragnatele; lo scaccino ha una faccia da brigante.

Mi sono inginocchiata davanti alla madonna e l’ho pregata tanto tanto per la mamma del maggiore. Giovanna aveva fretta di partire perchè il pavimento umido incrudiva i suoi dolori artritici. Quanta cura di se stessi hanno i vecchi!

Chi sa se il maggiore scriverà qualche cosa?

(A sera inoltrata).

Babbo è nervoso. Ila pranzato male, si annoia. Ho voluto sonargli la sua marcia favorita, ma mi ha mandata via... Che cosa devo fare, o Signore?

Non ho sonno, non posso andare a letto.

Quante belle stelle in cielo! Quanti esseri felici sulla terra! Ed io che dovrei esserlo non lo sono. Perchè non sono felice? Perchè ho nel cuore un tormento acuto, profondo come se un verme lo rodesse? Perchè ho tanta voglia di piangere? Perchè mi sento così triste, così triste, che vorrei morire? [p. 276 modifica]

(Dal giornale del Maggiore).

Basta, è passata.

La mia buona madre sta bene ed eccomi ancora qui.

Sono stato assente tre giorni; ieri sera entrando dalla porta del giardino mi spaventai quasi — se pure è possibile che un vecchio lupo come me si spaventi. Infine mi commossi — sì, vada per la commozione — vedendomi correre incontro come un turbine la mia giovane amica, precipitarsi sulle mie mani, stringerle...

Non diceva ella: finalmente!? Proprio, lo diceva, come fosse un secolo che non mi vedesse, e si aggrappava co’ suoi ditini alla mia mano — cara fanciulla!

Oggi le dovevo una ricompensa. L’ho portata sul più alto colle dei dintorni. Ah vedere la sua gioia!

Sembrava anche a me di essere uno scolaretto in vacanza; mi sentivo pieno d’ardore e di entusiasmi. Ho ammirato il cielo, i boschi e il torrente che scorreva ai nostri piedi; ho raccolto colle mani l’acqua di una fontana e ne feci bere a Federica — sento ancora i suoi labbri appoggiati alle mie palme! [p. 277 modifica]

Abbiamo raccolto dei sassolini, delle erbe, che so io? Ci siamo seduti all’ombra dei noccioli; abbiamo scritto sulla sabbia, io col mio bastone, e lei col suo ombrellino — io scrivevo Federica e lei scriveva maggiore; poi io presi l’ombrellino e lei prese il bastone, ma scrivevamo ancora Federica e maggiore.

C’era una cappelletta sul sentiero. Federica si inginocchiò e colla sua candida fede di fanciulla ringraziò la madonna per la guarigione di mia madre. Io ero in piedi dietro a lei — la guardavo — mi pareva un angelo.

Nel correre giù della collina perdette il cappello; le sue treccie si impigliarono ai rami bassi delle rubine, si sciolsero nere e lucenti sulla veste rosa... avrei voluto essere pittore in quel momento. L’aiutai a districare i suoi capegli dalle spine che li trattenevano — strano! — quei capegli avevano un odore di fiore, ma di fiore non conosciuto, un odore vago di giovinezza e di salute.

Non le permisi più di correre. La presi per mano e discendemmo passo a passo.

Che ore felici vi sono nella vita! Da molti anni non provavo una dolcezza così profonda, come la provo vicino a lei. Ho seppellito il mio cuore ed ecco che lo ritrovo più vivo che mai... [p. 278 modifica]

(Dal giornale di Federica).

Ho una gran paura di essere volubile. Babbo dice molte volte con disprezzo che le donne sono volubili, ma non ci ho colpa; non può essere altro che volubilità questo passare dalla tristezza alla gioia senza nessun motivo.

La settimana passata volevo morire; adesso mi sento invece tanto felice che la vita è breve a soddisfarmi.

Nulla è cambiato ma tutto mi piace di più.

Se avessi un uccelletto nel cuore non potrebbe saltare e cantare più di quello che fa. Mi sento talvolta delle smanie improvvise di baciare qualcuno; mi sento buona buona, piena di tenerezza per tutto il mondo, con un desiderio infinito di far del bene e di vedere tutti gli uomini felici.

Sono stata ingrata verso Dio a non accorgermi prima che la terra è così bella, il sole così lucente, i fiori così soavi. E la luna? e le stelle? Che meraviglia infinita! Ieri sera il maggiore mi spiegava l’ordine degli astri e le costellazioni, i pianeti — tutte cose che ho udite dalle suore; ma è ben diverso parlare di stelle su un banco della scuola e parlarne davanti alla finestra in una sera incantevole... [p. 279 modifica]

Il maggiore ha una voce che penetra nell’anima. Non so perchè siamo rimasti tanto tempo colle mani strette insieme: egli non tratteneva le mie — ed io perchè non le ho sciolte?

(Dal giornale del Maggiore).

Io l’amo!

Vecchio cuore avvezzo a dissimulare tenti invano di ingannarmi con dei sofismi. Io la sento la terribile passione che mi allaccia nelle sue spire, la sento mordermi e bruciarmi i lombi.

Credevo finito per me il tempo delle battaglie; mi preparavo alla calma, all’oblio... Ma quando mai si è sicuri di non amar più? O potentissimo iddio Amore, nella tua religione non vi sono atei; tu atterri l’incredulo con uno strale e lo obblighi ad adorarti.

Ma dove mi conduce questo amore? Che posso fare per Federica? Che può essere lei per me?

Devo io unire la mia vita stanca alla sua giovane vita che incomincia?... Devo mettere le sue illusioni accanto ai miei disinganni? Federica è il fiore che si apre e che offre, inconscio di se stesso, i suoi profumi al primo curioso che lo coglie. Nulla ella sa dell’amore, nulla ella sa della vita — accettare il suo profumo sarebbe un profanarlo. [p. 280 modifica]

No. Il mio dovere è nel silenzio. Ella non saprà mai quale fremito mi destano i suoi lunghi sguardi innocenti; ella non saprà che mi balza il cuore solamente a sfiorare il suo vestito...

(Più tardi).

Dio che tormento!

L’ho avuta vicino; eravamo seduti sulla panchina in fondo al viale; sentivo il suo respiro, vedevo la sua giovane bocca tremante di desiderio — anche lei, anche lei, divina fanciulla!...

Io non so come feci a frenarmi. Oh! la virtù non è un vano nome, perchè un nome non può infondere tanto coraggio.

(L’indomani).

Ho vegliato buona parte della notte. Il mio partito è preso: partirò.

Cercai tutti i punti del problema e se ne avessi trovato appena uno che potesse accontentare la mia coscienza... ma non l’ho trovato.

Federica ha sedici anni — io ne ho quarantadue. Federica ama in me il primo uomo che le si presenta — fra pochi anni sarebbe pentita ed infelice. Non posso accettare il dono di un cuore che si [p. 281 modifica]ignora: non posso abusare della sua inesperienza e vincolarla per sempre. Federica non è per me.

Ho respirato l’olezzo di questo puro fiore — basta.

Innanzi ch’ella sia ferita mortalmente, innanzi ch’ella trovi la causa del nuovo turbamento che la invade, io devo rompere questa catena di fascini.

Ma non ti abbandono sulla via, o puro fiore; voglio darti tal prova di affetto che nissun altro uomo diede mai. lo sarò infelice, ma tu devi essere felice. — Coraggio, vecchio soldato!

(Lettera del Maggiore a suo nipote Riccardo).

Non ho mai risposto categoricamente alla tua domanda, mio caro Riccardo, perchè quello che tu volevi da me appartiene a un ordine di cose tanto delicate che (è una mia opinione) non si possono trattare per lettera.

Lodo il tuo proposito di accasarti. Colla tua fortuna, co’ tuoi meriti, colla saggia esperienza che hai della vita, sei destinato a godere tutte le gioie della famiglia e meriti una donna che comprenda il tesoro dei tuoi affetti.

Il caso (mio caro Riccardo, non sarebbe meglio [p. 282 modifica]che dicessimo Dio?) mi ha fatto conoscere una fanciulla angelica nella figlia del mio antico commilitone generale X. Vuoi venire a vederla?

Per nessuno fuorchè per te, nipote mio, vorrei prendermi una tale responsabilità — e per nessuna fuorchè per lei.

Un anno dopo

(Lettera di Federica al suo fidanzato Riccardo).

... Abbiamo avuto una bella visita ed una bella improvvisata. Colla corsa del mattino insieme al sole, alla rugiada ed alle rondini è giunto qui il maggiore.

Dirvi la gioia di babbo non potrei. Vi dirò appena la mia, più moderata, ma però degna di nota. Vostro zio è uno di quegli uomini dolci e leali che una volta conosciuti non si dimenticano più. È il vero ritratto del gentiluomo e del soldato.

Mi parve (ve lo dico in confidenza) un po’ invecchiato; l’anno passato non aveva capelli grigi ed ora ne ha parecchi. Del resto sta bene di salute ed ha sempre quel buon sorriso indulgente che lo rende così simpatico.

Vi dirò che mi ha portato un dono — dono un po’ serio per verità se non fosse stato accompa[p. 283 modifica]gnato dal sorriso che sapete. È un bellissimo volume legato in pelle, cogli angoli dorati e contiene la vita degli eroi antichi e moderni. Incomincia con Scipione Africano.

Mia cara Federica, mi disse: questo libro servirà per voi e per i vostri figli. L’esempio delle grandi virtù ci è di sommo aiuto nelle battaglie della vita.

Povero maggiore! Aveva un’aria triste nel dirmi così; eppure sulla sua fronte brillava un raggio di fede ispirata. Egli è ben degno di essere vostro zio, Riccardo; ed io sono fiera di aver ricevuto dalle sue mani la felicità del vostro amore.