VII. La contessina Ghiselda

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VI VIII

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VII.


LA CONTESSINA GHISELDA.


Ho dato quest’ordine a Biagino, il mio chauffeur:

— Domani, che è domenica, tenete pronto per le nove. Andiamo a P***. Vedete di arrivarvi per le undici e mezzo.

Perchè questa decisione?

Non so: ma l’idea di sposare una contessina, mi fa sentire un sapore di alta dominazione. Non ci avevo pensato al sangue blu. Vedo l’avvenire quando avrò sposato la contessina. Naturalmente, da principio, lei non mi ama. Mi ha sposato, perchè è povera. È stata comperata! È delizioso comperare una contessina. Si aggira altera, disdegnosa, per questo appartamento. Ma io sono pieno di riservatezza e di delicate premure; non domando niente, attendo! Finchè un bel giorno la contessina mi dice: “Ginetto Sconer, voi siete la perla degli uomini, l’ideale dei mariti.„ Come nel “Padrone delle Ferriere„. È strano: ma con quell’affare dello champagne di Maioli mi sono creata in testa un’imagine di donna bionda. Ma forse è anche l’effetto dei romanzi di Lionello. Quando quell’uomo lavora le [p. 69 modifica]donne nella padella dell’arte, le gonfia così bene che non si possono dimenticare.

Maioli è un mirabolano; e chi sa invece che roba sarà questa contessina di provincia, senza soldi. Comunque, ho fatto una toilette anche più accurata, e mi sono messo molto denaro nel portafogli. Perchè? Perchè mi pare di andare a comperare la contessina. Se è il caso, ordineremo un letto gemello, e ci faremo mettere sopra un arazzo col bambino Gesù. Del resto, è un lusso che mi posso permettere.

Il viaggio è stato bellissimo; la mia potente limousine filò nel sole di maggio, entrò in P*** alle undici e tre quarti: si è fermata, fra la ammirazione dei buoni provinciali, davanti alla pasticceria della Maddalena, indicata da Maioli.

Maioli era proprio li che prendeva il vermut.

— Oh, caro, caro, amico — mi fa — . Mai più pensavo di rivedervi così presto.

— Noi uomini di affari siamo di una puntualità tedesca.

— È questa la vostra automobile?

— Sì, ma non quella del Pinturicchio. Essa è riservata per lei, se le cose andranno bene.

— Volete — mi dice con tono misterioso — che andiamo in chiesa? Fate a tempo a vederla mentre prega. È un punto di vista interessante.

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— Preferisco qui alla pasticceria.

— Allora vi presento il proprietario: uno dei grandi artisti dell’arte dolciera: burro autentico, marmellate di vera frutta. Nel fare i conti farfuglia un po’. Non dice chiaro che il totale. Ma ecco che la messa è finita.

— Come lo sa, conte?

La risposta è data da uno sciame di signorine che fanno irruzione nella pasticceria. Gran fruscìo, gran cinguettìo. Si girano tutte su le sottanine gonfie; son tutte fiorite; tutte stanno diritte su le scarpine lucide: in alto dondolano pennacchietti. Si spande odore di vestine fresche. Dietro vengono le mamme nere, che dicono: “Adagio, adagio, bambine!„. Libriccini di preghiere sono deposti sui cristalli delle vetrine: piccole manine; manine nude, manine guantate spuntano; occhioni si spalancano; pacchettini dei dolci si formano. Ne mangiano anche col permesso di mamà. Allora graziose bocchine si aprono. “Io prendo un cannoncino con la cioccolata. Tu, Mary, prendi un africano? Questo bignè come è buono! Oh, le sfogliatelle fresche!„ Sgretolano con i musini in avanti le sfogliatelle e con le manine scuotono le schegge dalle vestine. “Dio, che straordinario! Come ha parlato stamattina! Vero, mamà, che adesso va a Roma?„ [p. 71 modifica]“Sì, carina, ma bada che ti sbrodoli tutta col bigné„. Sono tutte piene di entusiasmo; e io non capisco bene se per i bigné, le sfogliatelle, per qualcos’altro. Perciò domando a Maioli:

— Di che parlano?

— Di un predicatore forestiero che ha tenuto una serie di conferenze nell’oratorio del duomo su la missione della donna. Oh, c’è ancora della religione qui a P***.

Altre signore, signorine entrano. Improvvisamente io dico: — Questa è lei.

— Avete indovinato — dice Maioli con solennità.

Un’irradiazione d’oro è entrata. È maggio, ma la luce è aumentata, come dice Lionello. È lei! lei! Ha la veletta. Ma il mio cuore fa tac! Una mano solleva la veletta che si posa sul naso. Dio, che naso aristocratico! L’altra mano prende un marron glacé; la bocca si apre, il marron glacé scompare. Felice marron glacé!

Stringo la mano al conte in silenzio. È commosso. Anch’io!

Ma ecco, le signorine si fanno attorno alla contessina.

Una, due parlano: tutte parlano. “Sì, sì, sì, contessina: vogliamo lei presidentessa del comitato per le onoranze al padre. Sì, sì, sì„. [p. 72 modifica]“Bisogna fare però due comitati„ dice una vocina. — “No! Un comitato solo„ dice un’altra vocina. — “Ma impossibile — esclama quella dal bigné — che io stia in un comitato dove c’è anche la mia sarta. Vi pare?„

Sento la contessina che risponde gravemente:

“Signorine, io sono desolata, ma le prego di dispensarmi. Oh, in modo assoluto.„ Ma come ella s’accorge della presenza di Maioli, “Ah, pardon!„ e in un momento si disimpegna da quelle signorine, e la vedo apparire dritta davanti al nostro tavolo. Il suo volto, prima così serio, ora che ella volta le spalle alle signorine, si scompone in una smorfia di marioleria.

— Auf! Grazie, caro Maioli — dice — di avermi liberata da tutte quelle mimose pudiche. Ora sono tutte in vibrazione per il predicatore.

— Donna Ghiselda, cara donna Ghiselda, ma che piacere! — diceva Maioli agitando per la emozione la zazzera d’argento. — Ho però inteso dire che è un predicatore molto valente.

— Ma sì: un pretino discretamente abile, che sa fare del pathos. Ha condotto per tutto questo mese di maggio le matrone e le mimose pudiche a rabbrividire sui margini del peccato. Certe storielle di Abelardo e Eloisa, di Ruth e Noemi le ha saputo presentare con garbo. Adesso le [p. 73 modifica]signorine ripetono: dovunque andrai tu andrò io, e dove starai tu, ivi pure starò. Sono già venute da me a domandarmi la Bibbia. “Proibito, signorina!„ “Abelardo e Eloisa„. “Più proibito ancora„. Mai più prestar libri! Ne ho avute abbastanza di noie quella volta che diedi da leggere “Madame Bovary„. Ah, ah, ah!

Io naturalmente ero balzato In piedi con rigidità militare. Confesso che rimasi sconcertato, perchè anche il vestito di lei era sconcertante. Non rispondeva alle ultime esigenze della moda, eppure non era provinciale come quello delle signorine. Ella era alta, più alta delle signorine: eppure era al livello delle signorine!

Sì, era un arciero del Cinquecento; ma ben inteso che si capiva, ahimè! che era un’arciera.

Che età? Mio Dio, che età? forse venticinque, forse trenta. Ma è certo che anche visto da vicino, il di lei volto non temeva l’analisi del mio acuto sguardo.

Quando ella finì con quell’ah, ah, ah! mi venne in mente lo squillo metallico del mio Bechstein, e dissi a me stesso: “Ginetto, sta in gamba!„

Disse Maioli:

— Donna Ghiselda, si accomodi, la prego.

— Un momentino solo, perchè aspetto mamà.

— Permetta intanto che le presenti il mio buon [p. 74 modifica]amico cav. Ginetto Sconer, arrivato adesso adesso con la sua automobile da Milano.

Io allora ho fatto un inchino protocollare, e ci siamo seduti.

— Guardavo bene — disse la contessina — di chi poteva essere quella limousine: ah, è sua?

— Con l’onore di servire.

Ho subito un rapido interrogatorio da parte della contessina, su la mia automobile.

— Nuovo modello, sì, contessina. 16-24 HP, messa in moto automatica, luce elettrica.

— È la prima volta che viene a P***?

— Ci sono stato altre volte, ma non mai in così fortunata occasione.

— Allora lei conoscerà le antichità artistiche di P***.

— Mi dispiace — ho risposto — ma la di lei presenza mi esonera dal conoscere le antichità artistiche di questo paese.

La contessina torna ancora a fare, ah, ah, ah! Poi dice:

— Molto galante il signore.

— Contessina — rispondo gravemente — io sto sul terreno della realtà.

— Lei viene da Milano?

— Direttamente.

— Ha molte relazioni con artisti a Milano?

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— Lionello....

— Ah, lei conosce Lionello? Delizioso, delizioso, delizioso!

(Fortunato Lionello! Dovunque io vada, tutte le signore lo chiamano “delizioso„).

— Con qualche riserva — dico io.

— Sarebbe a dire?

— Non oso, signorina.

— Osi liberamente.

— È un po’.... un po’.... Come dire? In certe situazioni dei suoi drammi è un po’ audace....

La contessina ripete, ah, ah, ah, in modo sconcertante per me.

— Ma in arte, caro signore — mi dice — non usa più menare il can per l’aia per trecento pagine. Fa dispiacere a lei? È moralista forse lei?

— Me ne guardo bene.

Mi scruta un po’, e poi mi domanda:

— Lei è artista?

— Sì, signora! Artista della bellezza.

Allora parlò Maioli e disse che io sono gerente della Casa X*** e compagni. — Un uomo mercantile, pur troppo! Ma che farci? Oggi il mondo cammina così.

La contessina ripetè i suoi ah, ah, ah!, in modo quasi offensivo al mio confronto.

Io sono molto gentleman con le donne belle, [p. 76 modifica]salvo a rifarmi con le donne brutte; e perciò non rilevo la sconvenienza di quegli ah, ah, ah; ma al signor Maioli dico: Gli uomini mercantili, prego notare, sono essenzialmente energetici e valgono per lo meno come i pittori e i poeti, in quanto costituiscono la piattaforma, solida e nel tempo stesso girevole, su cui passa tutto il treno della civiltà. Sleeping car, prima classe, terza classe, e anche carro bestiame. Capisce lei?

Io ho parlato con energia.

La contessina si fa seria e dice:

— Ma è molto intelligente il suo amico, caro Maioli.

— Certo. Ogni uomo che arriva al milione è intelligente, pur troppo! — sospirò ancora Maioli.

— Oh, Maioli, — dissi io — il milione! Si diceva una volta. Ma oggi che cosa è il milione? Appena quanto basta ad un modesto ritmo della vita. Ma cos’è il milione, cos’è il miliardo rispetto alla divina bellezza? l’epifania della bellezza, come dice Lionello? Nulla! Un’entità evaporante.

— Ma è molto simpatico questo suo amico, caro Maioli — dice la contessina.

— Un uomo felice — dice Maioli.

— La felicità è un dovere — dice la contessina.

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— Questo mi piace, — dico io. — Benchè da mezz’ora a questa parte, io non so più se sono felice o infelice.

— Sarebbe a dire? — domandò la contessina sconvolgendo in modo tragico tutto il suo volto.

— Non oso.

— Ma lei non osa mai!

— Ebbene, contessina, la di lei conoscenza....

Il volto tragico si scompone in un volto comico e torna ancora a fare ah, ah, ah! Questa donna è sconcertante.

*

— Oh, ecco mamà — esclamò di scatto la contessìna.

Una carrozza si era fermata alla porta della pasticceria.

Donna Ghiselda si levò, e corse alla porta.

Si alzò, anche Maioli per andare alla porta ad ossequiare la vecchia dama. Io rimasi lì, solo, e aprii il libro da messa, che la contessina aveva posato sul tavolo, quando mi sentii dire:

— Ah, ma lei scopre i miei segreti. Lei è molto curioso.

Era la contessìna, balzata ancora verso di me, per riprendere il suo libro da messa.

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Pardon, — dissi.

— Vuol vedere? Perchè lei è curioso, vero?

Aprì ella stessa il libro, e io lessi: Paul Verlaine: Confessions.

— Conosce?

— Mi dispiace....

— Poesie religiose, o quasi.

*

Ho accompagnato anch’io la contessina alla porta. Un coupé nero era lì fermo: dentro al coupé, una figura argentea imponente: la contessa madre. Ma la nuova presentazione non potè essere fatta che in modo sommario perchè quella signora è sorda. La contessina salì, lo sportello fu chiuso: noi ci inchinammo.

— Ah, Maioli — disse d’un tratto la contessina sporgendo la testa mentre la carrozza girava, — lei potrebbe combinare col signore una gita per visitare i monumenti artistici.

— Quale onore! — esclamai.

Un vecchio cavallo nero, coperto di vecchi finimenti, stemmati d’argento, levò un piccolo trotto, e il coupé si avviò.

— Povero Grifone! — esclamò Maioli.

— Chi è Grifone?

— Il cavallo della contessa madre. [p. 79 modifica]

— Quel cavallo — dissi io — deve avere conosciuto i tempi eroici della famiglia.

— E che tempi, amico! — sospirò Maioli. — Voi non avete che intravveduto la contessa madre! È stata una delle donne più affascinanti e, diciamo, più radio-attive che io abbia conosciuto. Ma ancien régime! Ah, mio buon amico, chi non ha conosciuto l’ancien régime, non sa, come diceva il principe di Talleyrand, cosa è la gioia di vivere. Che donna, la contessa madre! Io la avevo definita: “un mazzo di rose in un confessionale„. Bello, eh? Il suo salotto desta malinconia di ricordi negli uomini della mia età. Eravamo in pieno romanticismo allora, e tutti i giovani erano cavalieri.

— E la contessa era al servizio della cavalleria.

— Come siete sempre plebeo, caro Sconer, nelle vostre espressioni! Voi, d’altronde, non potete ignorare che una donna di grande bellezza non può sottrarsi a certi doveri inerenti alla sua stessa bellezza.

— E la figlia, non c’è pericolo, caro conte, che cammini su le orme materne?

— Lodo la vostra previdenza; ma escludo, e per una ragione semplice: perchè Ghiselda è essenzialmente un’intellettuale.