VIII. Gli amori eroici della contessina

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VIII. Gli amori eroici della contessina
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VIII.


GLI AMORI EROICI DELLA CONTESSINA.


Ho pregato Maioli di salire in automobile e venire a fare colazione con me all’albergo.

L’albergo dell’Aquila d’Oro, dove io, passando, avevo preso alloggio, era un edificio tetro e solitario, come è solitaria e tetra tutta la città, tranne quel pezzetto del Corso.

— In questo albergo hanno alloggiato Giuseppe II, Carlo di Borbone, Carlo Felice.... — diceva Maioli.

— Si vede — dissi io — che quei signori, a quei tempi, avevano poche pretese.

Finalmente comparve nel salone da pranzo un cameriere con un frac preistorico e Maioli dà lui gli ordini al cameriere.

— Avete i tortelloni di ricotta col ragù? Benissimo. Ma fumanti! E dopo, cosa preferite, Sconer, un’omelette coi tartufi, o le costolettine di vitello col prosciutto? Sono specialità di P***.

Quando arriva il piatto fumante dei tortelloni col ragù, gli basta una severa occhiata per sincerarsi che tutto è proceduto con ordine.

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— Senza precedenti, eh? — disse allora Maioli filando con grazia nella sua bella bocchina il primo tortellone tutto lagrimoso di burro.

— Che cosa? I tortelloni?

— No! Donna Ghiselda. Dite la verità: voi non credevate, Sconer.

Mica male. È impressionante anche per uno che viene da Milano. A sciogliere quei capelli viene giù un Niagara di biondo.

— Ma poi la resistenza! — dice Maioli. — Vedete, le vere bellezze sono quelle resistenti, organiche, di razza. E avete osservato! In donna Ghiselda voi avete la fusione del rettilineo col curvilineo; dell’evanescenza con la consistenza; della beltà classica con il capriccio moderno. E il modo come cammina? Adesso queste donnette borghesi camminano a passo artefatto. Ma Ghiselda è naturale, come una berlina a otto molle del buon tempo antico, e nel tempo stesso è ritmica come se genietti nascosti le segnassero il passo al suono di gighe e violini. La vera bellezza, vedete Sconer, ubbidisce sempre ad un ritmo in tutti i suoi movimenti. E le estremità? Amico, avete osservato le estremità? A Venere callipigia date due piedoni, e Venere è rovinata. (In questo punto entrarono le costolette col prosciutto. Maioli si arrestò, esaminò [p. 82 modifica]le costolette: sì, anch’esse erano in regola, onde proseguì:) Le estremità, amico! questa disperazione della natura, della pittura, e, diciamo, della borghesia. Vedete, Sconer, io ammiro il progresso moderno di una mano curata dalle manicure. Ma sa di meccanico. Io non posso imaginare una dea che ricorre alla manicure e alla pedicure.

— Conte — dico — forse la contessina è un po’ troppo imponente per me.

— Mi aspettavo questa vostra obbiezione. Badate intanto che quelle bertuccine in formato pocket, rappresentano una degenerazione. Nel caso poi di Ghiselda, io vi spiegherò perchè vi pare imponente: perchè voi non siete abituato alla maestà della razza. Ma avete osservato come ride?

— Sì, ho osservato. Non si capisce perchè fa sempre ah! ah! ah! Pare che prenda in giro la gente. Però mi piace, perchè pare che abbia delle perline in gola.

— E gli occhi, mio buon amico? Stupefacenti.

— Gli occhi, infatti — dico io — sono eccezionali. Forse un po’ di maquillage, ma non mi dispiace.

— E ciò è prova del vostro buon gusto — dice Maioli — : i ritocchi al volto delle signore erano [p. 83 modifica]già in uso ai tempo degli Egiziani. E la intelligenza di Ghiselda? Essa era destinata, in altre età, a lasciare impronta di sè nelle storie. Ma se Ghiselda vi farà onore di essere vostra moglie, la vostra casa sarà il rendez-vous delle più spiccate personalità dell’arte e della politica.

— Vediamo, caro conte, di non precorrere gli avvenimenti. Piuttosto sarebbe interessante sapere come mai la contessina, in un’età di primavera alquanto avanzata, sia ancora signorina.

— Ma è naturale, scusate! Pretendereste forse che potesse amare un uomo comunale? In relazione poi alla domanda che mi fate, vi dirò che Ghiselda ha consumato, pur troppo! i suoi anni migliori in una passione infruttifera verso un giovane che dava grandi speranze di sè.

— Conte — interrompo io — questa cosa mi pare grave.

— Niente grave, perchè in donna Ghiselda tutto è puro. Si tratta di un amore eroico!

— Allora proseguiamo.

Maioli con la linguettina libò il bicchierino della chartreuse, ma invece di proseguire, mi rivolse questa domanda:

— Sapete, è vero, quale è il male maggiore di cui soffre l’Italia?

— Che non sa farsi la réclame.

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— Questo è poco serio, Sconer! Il male d’Italia è che manca un’aristocrazia! è che le forze sane della nazione non sono organizzate contro la canaglia! Ci siamo, è vero, noi nobili, che abbiamo sacrificato i nostri interessi per l’Italia; ma questa è la gratitudine, che, se si parla, dicono: “Taccia lei, che è un reazionario!„ Per vivere, bisogna che noi non ci facciamo sentire. In questo paese, poi, la canaglia è peggio che a Milano, che a Torino, che a Bologna, ed è tutto dire! Basta, un giorno comparve fra noi un uomo di genio. Genio? Ohimè! Noi l’abbiamo creduto! Parlava benissimo; affrontava la canaglia con apostrofi magnifiche: “I miserabili, capaci soltanto di puntellare le porte per cui deve passare l’uomo di genio! Bestie da soma che valete solo a portare il peso della gloria della nazione! Nessuna tregua con la canaglia! Se la canaglia andrà al potere, la prima cosa che farà, sarà di innalzare la forca per noi. Innalziamola noi per loro, finchè siamo a tempo„. Bello, eh? Ma il genio vero non era lui, era Ghiselda! La cara fanciulla ha dato tutto per la gran causa. Lei era la Ninfa Egeria di lui! Ce ne siamo accorti al tempo delle elezioni che lui non era un genio. Quella lotta elettorale è stata un vero disastro, mio buon amico.

— Questo lo credo. Per me in politica è [p. 85 modifica]indifferente tanto la omelette coi tartufi quanto le costolettine di vitello col prosciutto, ma nel primo caso ci vogliono le uova, e nel secondo ci vuole un vitello.

— Come sarebbe a dire?

— Sarebbe a dire che voi avete fatto fiasco perchè siete fichi secchi....

— Oh! oh! oh! — esclama Maioli, scandalizzato. — Noi potevamo affrontare un colpo di spada, ma non un’artiglieria di fango!

— Dopo ci si lava — risposi io. — Li fabbrichiamo noi i saponi. E ci andò di mezzo anche la contessina?

— Terribile, mio buon amico! Terribile! Allusioni su le loro sconce gazzette, frasi da trivio, e durante le elezioni persino cartelloni impudichi sui muri. Quella gente ignora la cavalleria. La poverina non si poteva più far vedere per le strade; ed io, uscendo la mattina di casa, mi sentivo tremare le gambe.

— E l’amore per quell’uomo di genio?

— Scomparso! Voi capite che quando un uomo di genio fa fiasco, non è più uomo di genio. Povera fanciulla! Il popolino diceva che era stata lei a rovinare lui. Vi basti sapere che si è dovuta appartare per qualche tempo nella magnifica villa di famiglia: le Cipressine.

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“Maioli — mi diceva — è terribile! Io sono disperata. Pur di non vivere più a P***, sposerei il primo che mi capita.„

— E allora avete pensato a me — dissi io.

— Sconer! Sconer, voi mi offendete! Invece vi dirò che dopo qualche tempo Ghiselda si tranquillò: un’altra forma di attività la assorbì totalmente. L’arte, amico. Ah, sublime, sì, l’arte! Voi non potete capire, ma sublime.

*

Mentre così parlavamo si udì un plaf ciac, nella sottostante via silenziosa.

Maioli quasi mi rovescia tavola e stoviglie per affacciarsi al balcone.

— È lei. Venite. Presto. Ah, è troppo tardi. È passata! Tuttavia venite, venite; ammirate la parte posteriore, Venere callipigia.

Mi affacciai: ebbi appena il tempo di vedere la contessina, vestita da amazzone, che svoltava via con un cavaliere monturato.

— Ma con chi è?

— Con suo fratello, il conte Desiderio, tenente di cavalleria.