Il nostro padrone/Parte prima/XIV
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XIV.
Egli intanto se ne tornò difilato sulla montagna, e non sapeva se doveva ridere o piangere delle sue avventure. Per sfogarsi imprecava ad alta voce, e dava calci ai sassolini che saltellavano un po’ sul sentiero scosceso e gli ricadevano sui piedi. Egli brontolava e pareva si rivolgesse ai sassolini.
— Sempre così, maledetti voi siate! Sempre così, maledetta la sorte che mi guida!
Appena arrivato andò nella dispensa e si fece dare un po’ d’acquavite; poi si sdraiò dietro la tettoia e si addormentò. Sognò di trovarsi nell’alberguccio, dove Marielène ancora piccola serviva gli avventori vestiti da rozzi borghesi e i negozianti di bestiame dal corpetto di velluto e i calzoni d’orbace.
Egli beveva acquavite, anzi ne aveva bevuta già tanta che non poteva più muoversi e neppure sollevare le palpebre. Un’angoscia cupa gli pesava sul cuore. Udiva l’urlo del patrigno e sentiva i passi di Marielène che correva spaurita per avvertirlo che qualche cosa di terribile succedeva in casa sua. A un tratto riuscì a sollevar le palpebre e invece di Marielène vide Sebastiana, caduta per terra, in una pozza di sangue....
Si svegliò pieno d’angoscia, ricordò gli avvenimenti della giornata e gli parve che il sogno fosse un cupo avvertimento. Cercò di calmarsi, ma non vi riuscì; sopra la sua testa vedeva il cielo sereno, e un ramo d’elce carico di stelle simili a fiori scintillanti: e la notte era calda, profumata dall’odore del verbasco fiorito, ed egli rivedeva Sebastiana sedutagli accanto, sul lettuccio di Antonio Maria: ella piangeva, ma si lasciava abbracciare e sembrava così innocente!
— Adesso, — egli pensò, — adesso quel diavolo di donnona è capace davvero di tormentarla! Informazioni? Ella vuol prendere informazioni sul conto mio? Te le daranno belle, non dubitare! Eppure....
Eppure non gli sarebbe dispiaciuto di aver una moglie giovane e fresca come Sebastiana, anche con una suocera indiavolata come quella.
Era stanco della sua solitudine, e tanto valeva sposare Marielène che un’altra donna: ma come mantenerla? Farla morire di fame?
Gli veniva da ridere al solo pensarci; ma di un riso amaro, simile a quello di un suo compagno di pena, un burlone che ogni tanto, quando erano in quel luogo, rideva e prendendolo sotto braccio gli diceva:
— Andiamo, usciamo, ti condurrò alla bettola e poi da una donna mia amica. Su, non vuoi venire? Ci divertiremo!
Egli stette sveglio quasi tutta la notte, voltandosi e rivoltandosi sul terreno duro. Sì, la miseria è un carcere, più chiuso d’ogni reclusione: il disgraziato che vi si trova dentro non può uscirne facilmente e i suoi sogni e i suoi progetti son simili a quelli d’un condannato.
L’indomani egli andò nella dispensa, si fece dare ancora dell’acquavite, e disse a Lorenzo:
— Non potresti procurarmi del lavoro nelle miniere di tuo padre?
— Nelle miniere? Non stai bene qui? Stai come un papa e ti lamenti?
— Lasciamo gli scherzi, — disse Predu Maria, preoccupato. — Io voglio andarmene e se tu puoi aiutarmi farai opera buona; perchè qui io non posso più vivere.
Lorenzo trasse la sua scatola di fiammiferi, ne accese uno e lo buttò lontano fuor della capanna.
— Se ti occorrono denari ti basta far così, stupido! Te lo dico perchè se non lo fai tu lo fa qualche altro!
Sulle prime egli non capì; ma a un tratto ricordò e andò via senza rispondere.
Sotto la tettoia Bruno, in piedi accanto alla basculla, pesava un sacco di scorza, e un carriolante, arrivato pochi momenti prima, raccontava l’avventura di Sebastiana, dicendo che Marielène aveva cacciata via di casa la ragazza dopo averla sorpresa in intimo colloquio con Antonio Maria Moro.
— Vedrai che la maestra gliela farà sposare, in fede mia! Dopo tutto lui è un giovane di buona famiglia.
Bruno ascoltava fissando le cifre della basculla, e il suo viso non esprimeva nè sorpresa nè curiosità; ma quando sollevò gli occhi e vide il Dejana arrossì, e con la testa gli accennò di avvicinarsi.
— Tu sei stato a Nuoro, ieri, Che c’è di vero, in questa storia?
— Quale storia?
Il paesano ripetè il racconto. Predu Maria pensava:
— Sta a vedere che Antonio Maria profitta per sè dell’avventura!
— Io non so niente, — disse. — Io son ripartito presto: forse è accaduto dopo!
Bruno riprese con calma:
— Tu raccontavi che Sebastiana piaceva molto all’Antonio Maria.
— Le ragazze belle piacciono a tutti.
— Lampo di fuoco, come sei avveduto! — esclamò il paesano.
Durante la giornata Predu Maria non rivide il capo‐macchia. Da un momento all’altro egli s’aspettava qualche messaggio da parte di Antonio Maria o della madre di Sebastiana o del medesimo signor Perrò; messaggio che gli recasse notizie o ingiunzioni; ma aveva la risposta bell’e pronta e la ripeteva a sè stesso:
— Non voglio servire da coperchio, io; son troppo vecchio per far da marito a Sebastiana!
*
Appena saputa l’avventura, Bruno scese a Nuoro, sicuro di poter pescare qualche cosa in tutto quel torbido.
Era la prima volta che egli abbandonava la lavorazione senza ordine dello speculatore; ma contava di ritornar su dopo qualche ora, e obbediva a un istinto superiore alla sua volontà. Scese rapidamente i sentieri non più umidi come in quella mattina in cui egli era salito sognando un avvenire migliore del passato. All’ombra dei boschi il fieno lieve e delicato si seccava, e dagli alberi che avevan rimesso tutte le foglie nuove cadevano i fiori grigiastri e le ultime foglie secche: la vita nuova cacciava la vecchia; e anche lui sentiva un ardore di ambizione, un fermo proposito di rinnovare la sua sorte.
Andò difilato alla casina Perrò, e siccome Marielène, dopo aver guardato dalla finestra, lo faceva entrare con diffidenza e rimetteva il catenaccio alla porta, egli domandò ridendo:
— E che, Elena, ha paura dei ladri? E Sebastiana?
— Andiamo su; ti racconterò, — ella disse, precedendolo.
Bruno la seguì senza affrettarsi; ma il cuore gli batteva forte. La scala era inondata da un forte profumo di liquore e di cioccolata bruciata; il sole batteva sul pianerottolo e un caldo afoso e un grave silenzio regnavano nella casa.
Egli sedette presso il camino spento, allo stesso posto dove s’era seduto quella sera, ed ella si curvò su un braciere pieno di cinigia, ove si cuoceva un timballo di riso ed anguille. Dai coperti delle casseruole colava il grasso sui fornelli accesi; e tra il fumo profumato la figurina rossa di Marielène si moveva come in mezzo ad una nuvola.
Bruno era partito prima di far colazione e si sentiva come inebbriato; gli pareva di trovarsi nella cucina d’un grande albergo, e Marielène non aveva tempo neppure di guardarlo, ed egli si sentiva stanco e affamato ma felice perchè gli affari andavano bene....
Dopo aver guardato il timballo Marielène finì di preparare il dolce, e lo versò, lucido e tremolante, su un largo piatto di porcellana; poi si pulì le mani col grembiale e sedette accanto a lui. Sembrava stanca; era invecchiata e i suoi occhi esprimevano una tristezza profonda.
— Dunque, la storia è finita, — disse con amarezza. — Non fingere di non saperlo; chi non lo sa oramai?
— Com’è stato? — egli domandò, scuotendosi dal suo sogno.
— L’ho cacciata via, e a momenti, appena lui sarà qui, toccherà certo a me d’andarmene.
— Elena, mi racconti ogni cosa, e abbia fiducia in me. Se occorre, sono qui per difenderla e per aiutarla.
— Nessuno può aiutarmi! In quanto a difendermi... son buona anch’io! Senti, hai veduto Sebastiana?
— No, affatto. Mi raccontarono che fu sorpresa con Antonio Maria Moro, e che, in seguito fu cacciata via di qui....
— Chi ha detto questo? Il Dejana?
— No, no, lui disse di non saper nulla.
— Ah! Ah! Senti, essa andò da Antonio Maria dopo che io l’ebbi cacciata via di qui. Ciò che è accaduto là non mi riguarda; non ero presente per poter affermare se la maestra abbia ragione o no. Certo è che da parecchi mesi a questa parte Sebastiana cerca qualcuno che la seduca. Forse riuscirà a trovarlo, forse l’ha già trovato, e ne sai forse qualcosa anche tu!
Egli ricordò infatti il contegno di Sebastiana con lui, ma osservò:
— S’ella avesse davvero cercato avrebbe trovato! E perchè poi?
— A lei, ed a qualche altro, occorre un’ombra sotto la quale ripararsi! Davvero, tu non sai nulla? Lui non ti ha mai proposto di sposar Sebastiana?
— Chi, lui?
Ma prima che ella avesse risposto, egli si battè una mano sulla fronte.
— Elena! È sicura di quel che dice?
— Oh Signore! — ella disse con ironia, — e che c’è da meravigliarsi? Tutto è possibile nel mondo. Del resto era una cosa naturale, e la stupida sono stata io che non ho preveduto prima!
— Ma le prove?
— La prova l’avremo fra qualche ora, appena lui sarà di ritorno. Vedrai, che avverrà di me! Dopo tutto.... dopo tutto.... dopo la mia vita di lavoro e di sacrifizi! Ah, non meritavo questo, te lo giuro come se stessi per morire; io non mi sono venduta a lui; io sono vissuta con lui come la più casta e disinteressata delle mogli! Ed ora piango, non per calcolo, ma perchè mi pare che egli sia morto....
Chinò il viso, se lo coprì col grembiale e scoppiò a piangere: ed egli ebbe pietà di lei e le prese una mano, scostandogliela dal viso.
— Elena, si ricordi che io aspetto da lei una risposta.
Ella continuò a piangere; ma bastarono quelle parole per confortarla; si alzò e lo guardò negli occhi, e non s’illuse sul sentimento che lo guidava.
— Non ti pentirai, poi? Tu non puoi amarmi; son brutta e sciupata. E non ho denari, come tanti credono. Tu adesso hai una buona posizione, mentre io sono povera e sola, abbandonata da tutti....
Egli rispose con fierezza:
— Tutti la potranno abbandonare; non io.
— Ebbene.... ebbene.... se egli mi caccerà via....
— No! no! Secondo me, lei non deve aspettare d’essere cacciata via. Se non son frottole quelle che lei racconta, egli certo non vorrà perdonarle. Conosco l’uomo!
Ella si torceva le mani e gli si aggirava attorno come desiderosa e nello stesso tempo paurosa di appoggiarsi a lui.
— Frottole? Ah, no, pur troppo! È la verità, quello che ti ho raccontato. Vieni, vieni, Bruno, voglio farti vedere una cosa.
Lo condusse nella camera di Sebastiana, aprì un baule e cominciò a trarne stoffe, fazzoletti ricamati, pacchetti di cioccolattini, calze di filo, profumerie, merletti, una busta con alcune fotografie della ragazza e infine un astuccio di velluto con dentro la collana di zecchini.
— Questa.... questa.... — ella disse, traendola e spiegandola davanti al viso di Bruno, — questa collana.... la vedi? è di monete.... Ed io la conosco! Egli me la mise al collo.... una sera.... ma io non ero donna da farmi pagare; non ero un cane a cui mettere il collare! Gliela restituii; io non mi vendevo a lui. Ma egli ha trovato chi comprare!
Ella parlava ansando; cadde in ginocchio davanti al baule aperto, strappò la collana e stette a guardarla, selvaggia e spaventata come una schiava che abbia rotto la sua catena.
— Questa è la verità! Nessuno può dubitarne, e neppure la madre di quella disgraziata ne dubita più. È venuta qui, ieri notte: io non volevo aprire, ma ella supplicava e piangeva; e la ricevetti, le dissi tutto, le feci veder tutto. Ed ella è decisa ad impedire a sua figlia che diventi quello che son diventata io. Preferisce farla sposare a Predu Maria.... perchè è con lui che l’ha sorpresa.... Mi dispiace per lui, che è un uomo semplice, ma non cattivo!...
— Oh, perdinci! — esclamò Bruno. — Il Dejana capace di tanto? Ed egli fingeva così bene!
— Io non so.... io non so.... — ella riprese, sempre più esasperata. — La madre di Sebastiana afferma di averli sorpresi abbracciati. Ciò non mi meraviglia, perchè Sebastiana è talmente civetta che può adescare l’uomo più stupido.... Egli poi usciva di qui indispettito per il mio rifiuto. Può darsi che l’uno e l’altra abbiano creduto di vendicarsi di me....
— Un rifiuto?... Ah, dunque io non so ancora tutto.
Senza alzarsi ella raccontò la scena con Predu Maria, e Bruno ascoltò pensieroso ma calmo.
— Alzati; — disse, quando ella ebbe finito, e dandole del tu, — tutta questa è una brutta storia: però, ascoltami. Io adesso ritornerò nella foresta; tu devi aspettare tranquilla il ritorno del padrone, devi raccontargli come stanno le cose e andartene immediatamente se egli te lo ordinerà. Potrai andare dalla mia padrona di casa: è come se tu fossi presso la mia mamma....
Marielène si alzò e stette un momento incerta, davanti a lui, a capo chino.
— Io vado.... Elena.... Che mi dici?
— Ebbene, sia! — ella rispose, sollevando la testa.
Allora egli se ne andò ed ella lo accompagnò fino alla porta.
— Io spero che egli venga domani lassù; gli parlerò, ma ad ogni modo, se ti occorresse qualche cosa, mandamelo a dire subito.
Ella sospirò; egli la prese per la vita e la baciò, freddo e triste, come se baciasse una morta. Così rimasero fidanzati.
Prima di tornare sul monte Bruno passò dalla sua padrona di casa e le domandò se era disposta a fargli un favore: un favore di cui le sarebbe stato grato per tutta la vita. Ella lo fissava coi suoi occhietti diffidenti.
— Basta che tu non mi dica di andare in Continente.
— Senta, oggi, o domani, o più in là, una donna verrà a chiederle ospitalità a nome mio. Gliela concederà? Sarà per poco tempo.
— Una donna? Non sarà una femina mala?
— No, no, non è una mala femmina; è la mia fidanzata.
Dalla sorpresa la vecchietta lasciò cadere il fuso.
— Tu ti sei fidanzato, figlio mio? E me lo dici così? E la tua fidanzata deve venir qui? Non ha casa, dunque? Non ha genitori?
— Non ha casa nè genitori. È la serva del signor Perrò, Maria Elena Azzena.
La vecchietta rinculò e si fece il segno della croce, e il suo spavento era così comico che Bruno sorrise tristemente.
— Tu ti burli di me, in fede mia. Un ragazzo come te, savio come l’acqua!...
Per scusarsi egli adoprò una frase di Predu Maria:
— Noi nasciamo col nostro destino sulle spalle.
Ma siccome la vecchietta non sembrava convinta, egli che si vantava di non dir mai bugie, le raccontò che con Marielène si amavano in segreto da molti anni e che finalmente avevano deciso di sposarsi. Forse il padrone avrebbe licenziato Marielène prima del giorno delle nozze, ed egli pregava nuovamente la vecchia di darle ospitalità. Ella raccattò il fuso e ricordò che molti «forestieri» avevano fatto ciò che Bruno Papi voleva fare.
Essi andavano dalle feminas malas e rimanevano attaccati a loro come gli uccelli al vischio, e se ne innamoravano e le sposavano. Ella non riusciva a capire questa degradazione umana, e credeva fosse una malattia speciale dei forestieri. Ed ecco che Bruno era colto dalla stessa pestilenza. Era davvero un triste destino!
— Io non posso accettare quella donna in casa mia! — disse gravemente. — Un giorno tu stesso me ne rimprovereresti. Quelle donne non si sposano, nè si accolgono in casa. A quelle donne si dice, come ai cani: passa via! — e si scansano, perchè sono dannose come i cani quando hanno la rabbia.
Bruno diventò pallido e le parole della vecchia gli sembravano minacciose come una fosca profezia. Ma fin dal primo momento in cui aveva pensato di sposare
Marielène, egli aveva avuto come un senso di oppressione, e oramai era abituato a quest’idea.
— Oramai è fatto! Promisi e mantengo; io sono un galantuomo.
— Ma chi ti costringeva? Quelle donne si sposano per castigo, in fede mia. Hai da scontare qualche peccato?
— Basta; — egli disse, avviandosi per andarsene. — Mi perdoni se le ho domandato un favore che non poteva farmi. Arrivederci.
Ma appena egli fu uscito, la vecchietta lo richiamò e gli andò incontro filando, ridiventata calma e serena. Ricordava che il frate questuante ogni volta che andava a trovarla le diceva: — Fate del bene: non badate a chi.
— Figliolino mio, — disse senza sollevare gli occhi dal fuso, — ebbene, se vuoi, dille pure che venga. Dopo tutto ognuno è padrone delle sue azioni.