Il nostro padrone/Parte prima/XV
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XV.
Bruno risalì sul monte al cader della sera, e appena fu sotto le roccie della tanca Moro vide Predu Maria che pareva lo aspettasse.
— Dunque, buona fortuna, Dejana!
— Oh, malanno! Continua dunque la storia? Raccontami!
— Dovresti raccontare tu! Io sentii dire, solamente, che la maestra Saju ti costringerà a sposare Sebastiana. Chi rompe paga!
— Lascia i proverbi! — disse Predu Maria sedendosi su una pietra e battendosi la mano sul ginocchio. — Sono stupido, ma non fino a quel punto. Adesso ti voglio raccontare tutto.
E prese a narrare ogni cosa, con voce triste, come quella sera davanti al focolare di Antonio Maria. Non aveva bevuto questa volta, ma si sentiva ubbriaco di tristezza e di umiliazione, e aveva bisogno di sfogarsi.
— Sono stanco di questa vita, che non è per me! Sono andato da Marielène spinto da un senso di disperazione. Io non sono uomo da far calcoli, ma ho bisogno di aiuto, capisci; ho bisogno di aiuto come uno che sta per cadere e tende la mano....
Egli tendeva la mano davvero; ma Bruno, sedutosi anche lui sulla roccia, coi gomiti sulle ginocchia e il viso fra le mani, pareva non lo ascoltasse neppure.
— E adesso?... — pensava. — Se dico che mi son fidanzato con Marielène egli è capace di saltarmi addosso e strangolarmi....
— Io, al tuo posto, sposerei Sebastiana, — disse dopo alcuni momenti di silenzio.
— Tu scherzi, Bruno!
— Io non scherzo! Io dico che se fossi al tuo posto la sposerei; e quanti mi invidierebbero! Sebastiana è bella ed anche buona: io la conosco da bambina. Quanti anni tu credi che ella abbia? Sedici al massimo; è ancora una bimba. Può esser leggera, sventata, ma di ciò è causa l’età; la sua indole è buona, docile, e si potrà fare di lei una bravissima donna, una moglie fedele e onesta. Tutto sta che ella trovi un buon marito, che la guidi, che la tratti bene, che la renda felice. Ella ha bisogno di sposare un uomo buono e civile, non un contadino, perchè non è una delle solite donnacchere.
— Anche se ella avesse tutte le virtù che tu dici, non mi converrebbe. È troppo giovane per me, ed io non mi sento di guidare una donna, preferisco guidare cento puledri indomiti, in verità!
— E.... Marielène, allora? Non volevi sposarla?
— È un altro affare, quello!
— È vero! — pensò Bruno; tuttavia insistè nel lodare Sebastiana, e il suo accento era sincero quando egli ripeteva:
— Quanti ti invidieranno!
— E sposala tu, allora!
— Ho un altro impegno....
— Anche tu?
Siccome Bruno non rispondeva, Predu Maria non insistè nella sua domanda, ma continuò a lamentarsi, parlando dei suoi guai, del suo disgusto per il lavoro, della sua umiliazione per il poco conto in cui era tenuto, e del suo desiderio di andarsene lontano in cerca di fortuna. Ma i suoi lamenti non impietosivano Bruno, che era triste e preoccupato e fissava il suolo con uno sguardo strano, sembrandogli di vedere, buttati qua e là per terra, fra i cespugli gialli e grigi del verbasco, i gingilli, le stoffe, le profumerie che Sebastiana aveva accettato dal padrone. Le monete della collana scintillavano all’ombra d’una quercia. Ah, Sebastiana! Anche tu segui dunque il tuo destino? Tu, così bella, tu che potresti godere la vita? Bruno sente quasi un senso di collera pensando a ciò. Secondo lui un uomo può soffocare i suoi istinti, pur di raggiungere uno scopo ambizioso; ma una donna deve godersi la vita, appunto perchè c’è l’uomo che deve pensare a lei. Egli soffre pensando che Sebastiana chiude i regali dei vecchi nella sua cassa, invece di pensare a divertirsi e ad amare: e in fondo non gli dispiace che Predu Maria rifiuti di sposarla. Sì, è vero, egli non è un marito adatto per lei. È meglio forse che egli se ne vada; così non penserà più neppure a Marielène....
Anche Predu Maria fissava la china illuminata dalla luna, e qua e là sotto le querce gli sembrava di vedere tante piccole monete d’oro. A un tratto disse sottovoce, come confidando un segreto alla terra che fissava:
— Io vorrei andarmene.... a qualunque costo! Se fossi certo.... che mossiù Perrò mi desse mille lire, come dice Lorenzo....
Non completò la frase, ma si battè di nuovo la mano sul ginocchio e sospirò, seguendo il filo dei suoi pensieri.
— E Antonio Maria? — domandò Bruno sotto voce.
— Peggio per l’anima sua! E chi mi ha fatto venire? Lui!
Tacquero ancora. La luna brillava sull’alto della gradinata di roccie, che pareva la scala di Giacobbe sospesa fra la montagna e il cielo. Il bosco, pur senza scuotersi, aveva di tanto in tanto un susurro profondo, come in sogno, e fra gli alberi scorzati i cui tronchi si disegnavano su un fondo di orizzonte argenteo, due gridi di assiuolo, uno rauco e triste, l’altro lento e quasi dolce, svolgevano una specie di colloquio melanconico.
— Andiamo! — disse Bruno, alzandosi e avviandosi verso le capanne. Ma l’altro non si mosse se non quando fu solo, e invece di ritornare all’accampamento salì verso la tanca Moro e si avanzò sotto gli alberi fitti, fin dove penetrava il chiarore della luna.
A un tratto gli parve di sentire un rumore di passi e si sdraiò per terra e stette immobile, ascoltando: attraverso i cespugli cinerei delle rose canine vedeva la luna, bassa, vicina a Giove, e gli pareva di sentire come il mormorio d’una fontana. Il rumore dei passi cessò; egli tuttavia non osò muoversi e ricominciò a pensare ai casi suoi.
Sì, era proprio necessario andarsene; la sua vita in quel posto, in quelle condizioni, era circondata di mistero e di pericoli come se intorno a lui si stendesse di continuo un bosco tenebroso simile a quello della tanca Moro. Andarsene.... andarsene.... a qualunque costo, con qualunque mezzo....
Il passo risuonò ancora, vicino, a momenti grave e pesante, a momenti lieve e come attutito dal tappeto di foglie secche che copriva il suolo. Predu Maria si alzò a sedere; vide un uomo che percorreva il piccolo sentiero fra le roccie e lo chiamò:
— Antoni Maria Moro!
— Gerusalè! E che fai da queste parti?
— Ti aspettavo.... Da ieri....
— Da ieri mi aspetti? E che facevi intanto? Pregavi?
— Non hai nulla da dirmi? — domandò Predu Maria, mentre l’altro gli si sedeva accanto e ridacchiava con disprezzo.
— Avrei da dirtene, Gerusalè? Ma non mi degno parlare con un uomo come te. Sei un uomo, tu?
— E allora va al diavolo!
Intorno era un silenzio infinito, una pace, una dolcezza di sogno. Solo di tanto in tanto le cime degli alberi fremevano con un sussurro improvviso che tosto si spegneva; e pareva protestassero contro quei due uomini che con le loro querele e i loro inganni profanavano la pace maestosa della natura addormentata.
Antonio Maria riprese aspro ed ironico:
— Sei uomo, tu? Non ti vorrei neanche per cane. Se non altro il cane è fedele; tu invece sei un Giuda traditore.
— Antoni Maria! Spiègati!
— Ma c’è bisogno di spiegazioni, con te? Ti leggo negli occhi, io, immondezza! Sei diventato livido come queste pietre.
Il Dejana curvò la testa.
— Antoni Maria, cessa di tormentarmi! — disse con calma triste. — Fra giorni me ne andrò e non sentirai più parlare di me. Tu mi hai scritto di venire, mi hai ospitato, mi hai curato. Te ne sono riconoscente; ma non pretendere di trattarmi davvero come un cane; non farmi perdere la pazienza.
— Che puoi fare, tu, piccolo uomo di sughero? Tu? Tu? Se non te ne vai subito via di qui ti sputo addosso; — gridò Antoni Maria, ma vedendo il Dejana mettere una mano al suolo, per alzarsi ed andarsene, lo afferrò per il braccio. — No, giacchè sei qui, parliamo. Sì, io ti scrissi di venire, ti ospitai, ti cedetti il mio letto. Tu riconoscente? Al diavolo chi ti crede! No, tu hai creduto che io volessi fare un losco affare: hai creduto che io volessi sfruttare la buona sorte che si presentava a te, ed hai preferito tradirmi con un miserabile forestiere. Ah, bellino mio! Sai chi hai tradito, però? Lo sai? Ecco chi!
Gli diede un pugno sulle spalle, e Predu Maria trasalì, ma non reagì, non protestò.
— Tu mi aspettavi, Gerusalè? Facevi bene. Aspettami sempre, prima di deciderti a seguire i consigli dei tuoi nuovi amici. Tu sei una di quelle bestie che non vanno avanti se non a spintoni: ebbene, fra spintone e spintone preferisci quello che non ti manda a rotolare in fondo a un precipizio. Il pane del re1 è troppo acido, vero?
— Non tormentarmi, ti dico! Lasciami in pace!
— Prima ti voglio raccontare una storia. C’era una volta uno, stupido come te.... Ma no, perchè perdere il tempo a raccontarti storie: tu non le capiresti certo. Tu non capisci che la Storia Sacra; piuttosto ti dirò una cosa, che tu forse ancora non sai. Il tuo amico forestiere oggi si è fidanzato con Marielène!
Predu Maria lo afferrò per il braccio.
— Non è vero! Tu scherzi!
— Va e domandaglielo, se non mi credi!
— Tu scherzi! — ripetè il Dejana, tentando ancora di alzarsi, come per andar in cerca di Bruno; ma Antonio Maria l’attirò così forte che lo fece cadere di fianco.
— Sta lì, imbecille! Sei davvero un bambino ed io ho pietà di te. Ah, egli dunque non ti ha partecipato la notizia? Eppure quasi tutto il paese lo sa. A mezzogiorno egli è uscito dalla casa di mossiù Perrò; alle due lo speculatore è tornato di campagna, ed ha incontrato, prima di rientrare a casa, la madre di Sebastiana che lo ha informato delle scene accadute ieri. Alle cinque, — vedi come son preciso, e come sono bene informato, — Marielène ha fatto portare un baule in casa di zia Chillina Ghisu, e poco dopo vi è andata anche lei e si è installata nella camera dove Bruno alloggia quando scende in paese.
Predu Maria tremava lievemente.
— Ora capisco! — disse come fra sè. — Egli mi disse che aveva un impegno!
— No, stupido! Egli non aveva impegni; egli non ha pensato a Marielène finchè non glielo hai messo in mente tu con le tue confidenze!
— Non importa! Me ne andrò!
— Dove! A Gerusalemme?
— Dove Dio vuole, — egli disse rassegnato.
— Se tu fossi un uomo.... — ricominciò l’altro a bassa voce, e tacque: poi riprese, più forte: — se tu fossi un uomo io ti darei un consiglio: ma chi si fida di te?
Ormai il Dejana non si fidava, a sua volta, dei consigli di nessuno; quindi non rispose; ma Antonio Maria proseguì:
— Come le carte buone vanno sempre ai giuocatori che non sanno giocare, così a te capitano le buone occasioni e tu non sai profittarne. Ora, vedi, se tu fossi un uomo, tu profitteresti della tua avventura di ieri. Invece tu, babbeo, tu non ne parli neppure!
— Ah, ci siamo! Stamattina dicevano che dovevi sposarla tu, quella ragazza! Sarebbe forse meglio.
— Come, tu rompi e io devo pagare?
— Non dire sciocchezze, Antonio Maria! Non è ora di scherzi, questa.
— Sì, è ora di coricarsi e di pensare ai fatti proprii. Sì, sì, coricati, Gerusalemme, e pensa ai fatti tuoi. La ragazza è bella, è buona, e sua madre è pronta a darle quattrocento scudi di dote.
— Quattrocento scudi? E dove li ha?
— Io non lo so; questo è affar suo. Il fatto è che li ha.
— Ah, ah! Quanto ti ha promesso per fare l’ambasciata?
Antoni Maria si mise in ginocchio e cominciò a tempestarlo di pugni.
— A me? Pagarmi? Ruffiano a me? È questo il compenso che mi dai, avanzo di galera? Al tuo fratello? Prendi; ne vuoi ancora?
La pazienza di Predu Maria era esaurita: egli sentiva il sangue montargli alla testa e vedeva come un chiarore di fuoco. Come, lo battevano anche? Come Cristo al Calvario, lo insultavano, gli sputavano addosso, lo umiliavano e, per di più, abusando della sua pazienza, lo percuotevano! Strinse i pugni, curvò la testa come un toro infuriato e cominciò a urlare con rabbia.
— Vattene! Lasciami in pace.
Antoni Maria, che forse aveva creduto di scherzare, ebbe paura, s’allontanò senza dir più parola, e solo quando fu lontano raschiò in segno di disprezzo.
- ↑ Il pane dei carcerati.