Il negligente/Atto III
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ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Camera.
Lisaura e Dorindo.
Il padre che di me non ha sospetto,
Ieri l’ha sottoscritto, e non l’ha letto.
Dorindo. Oh quanto di ciò godo! (prende il foglio
Vedrete oggi, mia cara,
Quant’opportuno a noi fia questo foglio.
E vedrà ser Imbroglio,
E ser Cornelio, e il Conte, ch’è un baggiano,
Che la biscia ha beccato il ciarlatano.
Lisaura. Ma quando sarà il giorno
Che potrò senza tema
Dir: Dorindo, sei mio?
Dorindo. Nulla di più desio.
Oggi, se mi seconda amica sorte,
Spero di divenir a voi consorte.
Lisaura. Lo voglia il Ciel.
Dorindo. Vedrete
Qual sia l’affetto mio.
Oggi ci rivedrem. Lisaura, addio. (parte
SCENA II.
Lisaura e Aurelia.
Quand’un’alma dovrebbe esser contenta,
Timore e gelosia l’alma tormenta.
Aurelia. O signora Lisaura, le son serva.
Ella è sempre più bella e più vezzosa.
Quando mai si fa sposa?
Quest’è un affar che a voi non preme nulla.
Aurelia. Anzi mi preme assai;
Anzi sempre bramai,
Che il Ciel secondo e amico
Fosse al suo cor. (Non me n’importa un fico).
Lisaura. Ed io bramai di core,
Per non dirvi bugia,
Che voi di questa casa andaste via.
Aurelia. Grazie alla sua bontà. V’andrò, ma forse
Bramerà il mio ritorno,
E si ricorderà d’Aurelia un giorno.
Lisaura. È difficile molto.
Aurelia. Oh già si sa,
Che una dama di rango non si degna
Rammentarsi di me vile ed abbietta.
Lisaura. Siete, Aurelia mia cara, una fraschetta.
* Principiai amar per gioco,
E d’amor il cor m’accesi;
Cià m’alletta il dolce foco,
E maggior ognor si fa.
Fra i piaceri e fra i diletti
Oggi nacque il mio tormento:
Ma d’amare io non mi pento,
Perchè spero alfin pietà 2.
SCENA III.
Aurelia, poi Cornelio.
Quale sarà del simular l’effetto.
Cornelio. Aurelia, ecco in un foglio
Assicurata alfin la nostra sorte.
Voi mi date la vita.
Cornelio. Abbiam buscato
Trentamila ducati, e siamo in tre,
Diecimila de’ quai toccano a me.
Aurelia. Ora, se a me non riesce
Di carpirgli la dote,
Poco v’importerà.
Cornelio. Nulla mi preme.
I diecimila li godremo insieme.
Aurelia. (Buon per me. Filiberto
Ora meco è sdegnato). (da sè
Cornelio. Che ne dite?
Son io di buona testa?
Aurelia. Ma il denaro
L’avete ancora avuto?
Cornelio. No, ma son qui venuto
Per farmelo contare.
Aurelia. Fra tanto ci potressimo sposare.
Cornelio. Ciò si fa facilmente. Ecco la mano.
Aurelia. Accetto il dolce invito,
Tua consorte son io.
Cornelio. Son tuo marito.
Aurelia. Che bel contento è questo
Sposarsi qui fra noi.
Ma questa sera poi,
Cornelio, come andrà?
Oh che piacer, mio caro,
Oh che felicità!
(Se Filiberto è in collera,
Più non importa a me.
Qualcuno3 sempre c’è,
Che fa la carità).
SCENA IV.
Cornelio, e poi Filiberto.
Filiberto. Amico, vi son schiavo.
Cornelio. Vuò che mi dite: bravo.
Fatt’ho l’aggiustamento.
Tutto, tutto è finito.
Filiberto. Oh che contento!
Cornelio. Volete udir gli articoli ed i patti?
Filiberto. Oibò!
Cornelio. Legger volete
La forma del contratto?
Filiberto. Oibò!
Cornelio. V’intendo.
Volete solamente
Il denaro contare?
Filiberto. Oibò!
Cornelio. Ma questo,
Signore, tocca a voi.
Filiberto. Eh, lo faremo poi.
Cornelio. S’oggi non lo pagate,
Rotto è il contratto, e in lite ritornate.
Filiberto. Oggi si pagherà.
Cornelio. Saper volete
La somma?
Filiberto. Oibò!
Cornelio. Ma come si farà?
Filiberto. Oggi venite, che si pagherà.
Cornelio. Oggi dunque verrò da voi col Conte;
Fate che le monete siano pronte. (parte
SCENA V.
Filiberto solo.
Legger scritture e patti,
Oh che cosa noiosa! Palazzisti,
Avvocati, notari,
Che vocaboli amari! - Oh benedetta
La vita negligente!
Oh che gran bella cosa è il non far niente!
Levarsi dopo il sole,
E andar prima di quello
Nel letto a riposar;
Questa si può chiamar
Vita beata.
Chi faticar si suole,
Consuma il suo cervello,
E alfine ha da crepar.
Compiango a lavorar
La gente nata.
SCENA VI.
Pasquino, poi Porporina.
Avermi disgustata Porporina!
Porporina. (Oh povera meschina!
Or son senza marito).
Pasquino. (D’averla abbandonata io son pentito).
Porporina. (Eccolo. Traditore,
Con Aurelia attaccarsi!)
Pasquino. (È qui. Crudel, lasciarsi
Far giù da quel zerbino!)
Pasquino. (Oh povero Pasquino!)
Porporina. (Far la pace vorrei, ma non conviene,
Che la prima io sia).
Pasquino. (Mi vien la fantasia
Di chiamarla, ma temo un qualche oltraggio)
Porporina. (Porporina, fa cor).
Pasquino. (Pasquin, coraggio).
Porporina. Compatisca, signor. (gli passa dinanzi
Pasquino. La compatisco.
Dove, padrona?4
Porporina. Dove mi guida il piè.
Pasquino. È in collera con me?
Porporina. Parmi averne ragione.
Pasquino. Io ho più ragion di lei.
Porporina. Lei badi a’ fatti suoi, ch’io bado a’ miei.
Pasquino. Bella cosa davvero:
Lasciar per un amante il suo marito!
Porporina. Veramente polito!
Trovarsi un’amorosa,
E abbandonar così la propria sposa!
Pasquino. L’ho fatto per vendetta.
Porporina. Ed io per far servizio alla padrona.
Pasquino. Con Aurelia scherzai, credilo a me.
Porporina. Giuro ch’io non amai altri che te.
Pasquino. Dunque tu mi vuoi ben?
Porporina. Pur troppo, ingrato.
Pasquino. Ed io son di te sola innamorato.
Porporina. Per altro ti ho sentito...
Pasquino. Ti ho veduta frattanto...
Porporina. Mi hai fatto sospirare.
Pasquino. Ho tanto pianto!
Porporina. Briccon, così tradirmi?
Pasquino. Via, facciamo la pace,
Pasquino. Signor sì, signor sì.
Porporina. Come la vogliano far?
Pasquino. Facciam così. (s'abbracciano
Vita mia, mio bel tesoro,
Per te smanio, per te moro.
Porporina. Idol mio, mio dolce amore,
Per te in sen mi brucia il core.
Pasquino. Fammi un vezzo.
Porporina. Io non so.
Fallo tu.
Pasquino. T’insegnerò.
Cara, cara.
Porporina. Bello, bello.
a due Ahi, che amor con un martello
Mi fracassa in petto il cor.
Porporina. Deh, non darmi gelosia.
Pasquino. Pace è fatta, e pace sia.
a due Ho provata la gran pena!
Ho provato il gran dolor!
SCENA VII.
Sala.
Filiberto, Cornelio, Lisaura, Aurelia; uno che figura il Conte.
Se tornate a svenir, sarà tutt’uno.
Aurelia. Possibile, signor...
Filiberto. S’anco vi vedo
Con la spuma alla bocca, io non vi credo.
Cornelio. Via, signor Filiberto,
Spicciate il signor Conte.
Corneuo. Trentamille ducati.
Filiberto. Eh, siete matto.
Corneuo. Tal è l’aggiustamento
Sottoscritto da voi.
Filiberto. Come!
Lisaura. Che sento!
Cornelio. Convien pagare, o da una nuova lite
Sarete travaglialo.
Filiberto. Io sono assassinato,
Son mandato in malora.
Ecco lo scrigno con le chiavi ancora.
SCENA ULTIMA.
Dorindo; Porporina e Pasquino che restano in disparte.
Quel vostro bel contratto.
Ai quanti è stipulato?
Cornelio. Stamane fu firmato.
Dorindo. Questo è del giorno d’ieri.
Cornelio. E che contiene?
Dorindo. Un’ampia donazione
Che fa di tutto il suo
Filiberto alla figlia.
Quest’istrumento il giorno d’ieri è fatto;
Onde non va di questo dì il contratto.
Cornelio. La lite tornerà...
Dorindo. Non ho paura;
So ch’ell’è un’impostura.
Signor, siete ingannato: (a Filiberto
Cornelio e ser Imbroglio v’han gabbato.
Filiberto. Che siate benedetto! e qual mercede
Posso darvi, signor?
A me basta la mano; e voi sarete
Padron del vostro, fino che vivete.
Filiberto. Io son contento.
Lisaura. Ed io felice sono.
Dorindo. Donatemi la destra, il cor vi dono.
Filiberto. Aurelia, andate tosto
Fuori di casa mia.
Aurelia. Poco m’importa;
Di già son maritata.
Cornelio. V’ingannate.
Se la roba non v’è, più non vi voglio.
Non val l’obbligazione.
Aurelia. Voi mi sposaste senza condizione.
Voglia, o non voglia, alfin vostra son io.
Cornelio. Ho fatto un bel guadagno da par mio.
Filiberto. Se speraste goder, soffrite il danno:
Sopra l’ingannator cade l’inganno.
Porporina. Pietà, signor padron.
Pasquino. 7Misericordia.
Filiberto. Siete qui, disgraziati?
Ancor per questa volta
Vi siano i vostri falli perdonati.
CORO.
Chi lieto giubila,
Chi tristo geme,
Chi piange e freme,
Chi lieto sta.
Dolente è il core
Del traditore,
Ma l’innocente
Godendo va.
Fine del Dramma.
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