Aurelia. Adorato consorte,
Voi mi date la vita.
Cornelio. Abbiam buscato
Trentamila ducati, e siamo in tre,
Diecimila de’ quai toccano a me.
Aurelia. Ora, se a me non riesce
Di carpirgli la dote,
Poco v’importerà.
Cornelio. Nulla mi preme.
I diecimila li godremo insieme.
Aurelia. (Buon per me. Filiberto
Ora meco è sdegnato). (da sè
Cornelio. Che ne dite?
Son io di buona testa?
Aurelia. Ma il denaro
L’avete ancora avuto?
Cornelio. No, ma son qui venuto
Per farmelo contare.
Aurelia. Fra tanto ci potressimo sposare.
Cornelio. Ciò si fa facilmente. Ecco la mano.
Aurelia. Accetto il dolce invito,
Tua consorte son io.
Cornelio. Son tuo marito.
Aurelia. Che bel contento è questo
Sposarsi qui fra noi.
Ma questa sera poi,
Cornelio, come andrà?
Oh che piacer, mio caro,
Oh che felicità!
(Se Filiberto è in collera,
Più non importa a me.
Qualcuno1 sempre c’è,
Che fa la carità).
- ↑ Nelle stampe del Settecento: Qualch’uno.