L'arcadia in Brenta/Atto III

Atto III

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Atto II Nota storica
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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA

Camera.

Fabrizio, poi Lauretta.

Fabrizio. Ohimè! dove m’ascondo?

Ohimè! che son andato in precipizio.
Povera Arcadia! povero Fabrizio!
È finito il denaro;
È venduto il vendibile. Ogni cosa
Alfin s’è terminata il giorno d’ieri,
E non v’è da mangiar pei forastieri.
Oh sorte! oh Cielo! oh fato!
io non so che mi far, son disperato.
Laura. Signor Fabrizio, d’ogni grazia adorno,
lo gli auguro buon giorno.
Fabrizio. Grazie a vussignoria.
Laura. Che mai ha, che mi pare
Alterato un tantin?
Fabrizio.   Mi duole il capo.
Laura. Me ne dispiace, anch’io
Mi sento nello stomaco aggravata.
Beverei volentier la cioccolata.
Fabrizio. (La solita campana).
Laura.   Vuol far grazia
D’ordinarla in cucina?
Fabrizio. (Certo tu non la bevi stamattina).

SCENA II.

Madama Lindora e detti.

Lindora. Signor Fabrizio, amabile e garbato,

Ella sia il ben levato.
Fabrizio.   Ancora lei...

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Lindora. Supplicarla vorrei

Ordinar mi sia data
La mia colazioncina praticata.
Fabrizio. E in che consiste la sua colazione?
Lindora. Fo pestar un cappone,
Poscia lo fo bollire a poco a poco,
E lo fo consumar fin che vi resta
Di brodo un scodellino,
E vi taglio due fette di panino.
Fabrizio. Se il cappon non vi fosse...
Lindora.   Oh me meschina!
Certo mi ammalerei,
Certo per debolezza io morirei.
Fabrizio. (Se il brodo di cappon vuol aspettare,
Stamattina Madama ha da crepare).

SCENA 111.

Il Conte e detti

Conte. Nostro eroe, nostro nume, (a Fabrizio

Giacchè nel principato
Anco per questo dì fui confermato,
Impongo che si faccia
Una solenne strepitosa caccia.
I cacciator son lesti,
Sono i cani ammaniti; altro non manca
Che il generoso core
D’ospite cori degno
Supplisca dal suo canto al grande impegno.
Fabrizio. Come sarebbe a dir?
Conte.   Poco, e polito:
Un sferico pasticcio,
Due volatili allessi,
Un quadrupede arrosto,

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Torta, latte, insalata, e pochi frutti;

E poi il di lei bel cor contenta tutti.
Fabrizio. Ah, non vuol altro? Sì, sarà servito;
Stamane il desinar sarà compito.

SCENA IV.

Foresto e detti.

Foresto. Signor Fabrizio.

Fabrizio.   Ebben, che c’è di nuovo?
Foresto. È un’ora che vi cerco, e non vi trovo.
Dove diavolo è
Il rosolio, il caffè?
Giacinto ne vorria, Rosanna il chiede,
E un cane che lo porti non si vede.
Fabrizio. Oh canchero! mi spiace. Presto, presto,
Pancrazio, dove sei? (il Servo
Apri l’orecchio bene:
Servi questi signor come conviene.
  A Lauretta la sua cioccolata,
  A Madama un tazzin di ristoro,
  Il rosolio a quegli altri, e il caffè.
  Poi farai una torta sfogliata.
  (Zitto... ascolta). Farai un pasticcio...
  (Zitto, dico. Non dir non ve n’è).
  (Già lo so tutto quel che vuoi dire.
  Non v’è roba, non v’è più denaro.
  Non importa, sta cheto, l’ho caro;
  Tai pensieri non toccan a te). (parte col Servo

SCENA V.

Il Conte, Madama Lindora, Lauretta e Foresto.

Conte. Generoso è Fabrizio.

Lindora.   E di buon core.

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Laura. Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.

Foresto. Signori miei, disingannar vi voglio.
Il povero Fabrizio è disperato.
Egli s’è rovinato:
Ordina di gran cose, ma stamane
Non ha due soldi da comprarsi un pane.
Laura. Ma la mia cioccolata?
Foresto. Per stamattina è andata.
Conte. La caccia e il desinar?
Foresto.   Convien sospendere
Fin che si trovin quei che voglion spendere.
Lindora. Ma il cappon vi sarà?
Foresto.   No, certamente.
Lindora. Come viver potrò senza ristoro?
Ahimè, che languidezza! Io manco, io moro.
Conte. Ah Madama, Madama,
Eccovi samperiglie,
Spirito di melissa,
Acqua della regina,
Estratto di cannella soprafina.
Lindora. V’è alcuna spezieria?
Foresto.   Sì, mia signora.
Lindora. Deh fatemi il piacer, Contino mio,
Andatemi a pigliare,
Giacché non ho ristoro,
Della polvere d’oro,
Un cordial di perle,
Un elexir gemmato
Con qualche solutivo delicato.
Conte. Per servirvi, Madama, in un istante,
Pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (parte

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SCENA VI.

Madama Lindora, Lauretta e Foresto.

Laura. Eh, Madamina mia,

So io che vi vorria
Perchè ogni vostro mal fosse guarito.
Lindora. E che mai vi vorrebbe?
Laura.   Un bel marito.
  Le fanciulle giovinette
  Son soggette a certi mali,
  Ma non hanno gli speziali
  La ricetta che vi vuol.
  Altro recipe richiede
  Della giovine il difetto:
  Un amante giovinetto
  D’ogni mal sanar la puol.

SCENA VII.

Madama Lindora e Foresto.

Foresto. Che ne dite, Madama? la ricetta

Piacevi di Lauretta?
Lindora.   Io non ascolto
Nè di lei, nè di voi le debolezze.
Le passioni d’amor son leggierezze.
Foresto. Modestia è gran virtù. Ma finalmente
La passione del cor convien che sbocchi;
Che se il labbro non parla, parlan gli occhi.
Voi adorate il Conte.
Lindora. State zitto, ch’ei viene.
Foresto. Parto, perchè sturbarvi non conviene. (parte

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SCENA VIII.

Madama Lindora, poi il Conte con uno Speziale
con vari medicamenti.

Lindora. Io l’amo, è ver, ma non vuò dirlo adesso;

Vuò sostener la gravità del sesso.
Conte. Eccovi lo spezial, signora mia,
Ed ha mezza con lui la spezieria.
Lindora. Il cordiale? (al Conte
Conte. Il cordiale. (allo speziale) Ecco il cordiale.
(a Madama
Lindora. Mezzo voi, mezzo io.
Conte.   Io non ho male.
Lindora. Quando si serve dama,
Ricusar non si può.
Conte. Dite ben, dite bene: io beverò.
(Ne getta mezzo in un bicchiere, e lo beve, poi dà il resto a Lindora
Lindora. È gagliardo?
Conte.  } Un po’ troppo.
Lindora. Ne vuò assaggiar un poco:
Ah no, no, non lo voglio, è tutto foco.
Datemi l’elexir.
Conte.   Eccolo qui.
Lindora. Bevetene voi prima in quel bicchiere.
Conte. Mai io...
Lindora.   Ma voi non siete cavaliere...
Conte. Vi domando perdono:
Vi servo, io bevo, e cavaliero sono.
Lindora. Vi spiace?
Conte.   Niente affatto.
Mi ha posto un Mongibel nel corpo mio.
Lindora. Dunque, quand’è così, non lo vogl’io.
Conte. Ed io intanto l’ho preso.
Lindora.   Ohimè! mi sento

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Lo stomaco pesante.

Ha portato il purgante?
Conte.   Sì, Madama,
È questo un solutivo,
Ch’è molto operativo;
E se voi vi sentite indigestione,
In poch’ore farà l’operazione.
Lindora. Lasciatelo veder.
Conte.   Eccolo.
Lindora.   È troppo
Per lo stomaco mio.
Mezzo voi il beverete, e mezzo io.
Conte. Bisogno non ne ho.
Lindora.   Che importa questo?
Prendetelo, e bevete,
Se cavalier voi siete.
Conte. Beverò, beverò, sì, Madamina.
(Ella ha mal, ed io prendo medicina).
Lindora. Oibò, nausea mi fa. No, non lo voglio.
Conte. Io sento un grande imbroglio
Nello stomaco mio.
Lindora. Conte, soffrite voi, che soffro anch’io.
Conte.   Sì, Madama, soffrirò;
  Ma mi sento un certo che...
  Che vorrebbe tornar su.
  Ahi, soffrir non posso più.
  Deh, ch’io vada permettete,
  Attendete, tornerò.
  No, vi dico, non vorrei...
  Se sentiste i dolor miei!
  Nol credete? io tacerò.
  Voi volete? io creperò. (parte

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SCENA IX.

Madama Lindora, poi Giacinto.

Lindora. Povero Conte! Al certo riderei,

Se non mi fesse il rider tanto male.
Giacinto. Madama, siete attesa.
Avrete di già intesa
La disgrazia dell’ospite compito,
Che per la bell’Arcadia è già fallito.
Rosanna, che non lungi ha la sua villa,
Tutti seco c’invita:
Colà l’Arcadia unita
Sarà con più giudizio,
E con noi condurremo anco Fabrizio.
Lindora. Oh povero Fabroni!
Me ne dispiace assai; ma non ci penso,
Perchè se ci pensassi,
Forse per compassion m’attristerei,
E attristandomi un poco, io morirei.
  Non voglio affanni al core,
  Non vuò pensare a guai,
  Non ci ho pensato mai,
  E non ci penserò.
  Io son d’un certo umore,
  Che par che mesta sia,
  E pur malinconia
  Dentro il cor mio non ho. (parte

SCENA X.

Giacinto, poi Rosanna.

Giacinto. Può darsi ch’ella sia

Allegra più di quel ch’ognuno crede,
Ma fa morir d’inedia chi la vede.

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Rosanna. Giacinto, il tutto è pronto.

Preparato è il burchiello,
Mandato avanti ho i servitori miei;
Che veniste voi meco io bramerei.
Giacinto. Non ricuso l’onor che voi mi fate.
Rosanna. Anzi, se non sdegnate,
Quando nella mia casa voi sarete,
Io farovvi padrone, e disporrete.
Giacinto. Io, Rosanna, perchè?
Rosanna.   Perchè se veri
Son que’ detti di ieri...
Basta, di più non dico.
Giacinto. Sì, mia cara, v’intendo,
E da voi sol la mia fortuna attendo. (parte

SCENA XI.

Rosanna sola.

Giacinto ha un certo brio,

Che piace al genio mio.
Per lui, a poco a poco,
M’accese un dolce foco in seno Amore.
L’amo, l’adoro, e gli ho donato il core.
  Principiai amar per gioco,
  E d’amor il cor m’accesi;
  Già m’alletta il dolce foco,
  E maggiore ognor si fa.
  Fra i piaceri e fra i diletti
  Oggi nacque il mio tormento;
  Ma d’amare io non mi pento,
  Perchè spero alfin pietà. (parte

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SCENA ULTIMA.

Giardino che termina al fiume Brenta, in cui evvi il burchiello
che attende la compagnia dell’Arcadia.

Fabrizio, poi Foresto, poi Rosanna, poi Giacinto,
Madama Lindora, poi Lauretta,
e per ultimo il Conte.

Fabrizio. No, non vuò che si dica,

Ch’io abbia avuto di grazia
D’andar in casa d’altri
Dopo aver rovinata casa mia.
Vuò fuggir la vergogna, e scampar via.
(S’incontra in Foresto
Foresto. Dove, signor Fabrizio?
Foresto. Vado a far un servizio:
Aspettatemi qui, che adesso torno.
(vuol andar da una parte, e s’incontra in Rosanna
Rosanna. Cercato ho ogni contorno,
Alfin v’ho ritrovato;
Signor Fabrizio amato,
Degnatevi venir in casa mia.
Fabrizio. Con buona grazia di vussignoria.
(vuol andar da un altro lato, e s' incontra in Giacinto
Giacinto. Fermatevi, signore;
Fateci quest’onore:
Venite da Rosanna a star con noi.
Fabrizio. Aspettate un pochino, e son con voi.
(si volta da una parte, e incontra madama Lindora
Lindora. Dove correte?
Fabrizio.   (Oh bella!)
(vuol rigirarsi per un albo lato, e incontra il Conte
Conte. Voi siete prigionier, non vi movete.
Fabrizio. Che vi venga la rabbia a quanti siete.
Foresto. Orsù, signor Fabrizio,
Permettete ch’io parli; ognuno sa

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Che siete un galantuomo,

Che siete rovinato,
Che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
Che venghiate con noi: se ricusate,
Superbia e non virtù voi dimostrate.
Rosanna. Vi supplico.
Lindora.   Vi prego.
Laura.   Vi scongiuro.
Conte. Non siate con tre donne ingrato e duro.
Fabrizio. Orsù, m’arrendo al generoso invito.
Non è poca fortuna,
Per un uom rovinato
Esiger compassion dal mondo ingrato.
Per lo più quegl’istessi,
Ch’hanno mandato il misero in rovina,
Lo metton con gli scherni alla berlina.

  Tutti.

  Signor Fabrizio,
  Venga con noi,
  E lieto poi
  Ritornerà.
Fabrizio.   Vengo, e ringrazio
  Tanta bontà.

  Tutti.

  L’Arcadia in Brenta
  È terminata,
  E la brigata
  Via se ne va.
Fabrizio.   Andata fosse
  Tre giorni fa.

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  Tutti.

  Signor Fabrizio,
  Venga con noi,
  E lieto poi
  Ritornerà.
Fabrizio.   Vengo, e ringrazio
  Tanta bontà.


Fine del Dramma.


Note