Il finto principe/Atto III
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ATTO TERZO.
SCENA PRIMA
Appartamenti di Cleante.
Cleante, poi Lindora e Servi.
Lindora. Principe, a voi s’inchina
La povera Lindora. Un certo Floro,
Camerier di Ferrante,
Principe di Belpoggio,
Promise esser mio sposo.
Questa carta mi fece, indi il briccone
Mi piantò, poverina, e se n’è andato.
Or qui L’ho ritrovato,
Ma in abito mentito;
E perchè al suo padrone
Ha simile la voce ed il sembiante,
Esser ei finge il principe Ferrante.
Cleante. Come, non è Ferrante
Quel che tale si dice, e qui è venuto
Per sposarsi a Rosmira?
Lindora. Io certamente
Esser Floro sostengo.
Cleante. Può ingannarvi
La somiglianza stessa
Di voce e di sembiante.
Lindora. Ingannarmi non puote il cuore amante.
Cleante. Testimonio fallace è il nostro core;
Spesso fa traveder l’ira e l’amore.
Lindora. Dunque a me non si crede? Ah fuor di tempo,
E forse in vostro danno,
Voi scoprirete del briccon l’inganno.
Di dubitar. Lasciatemi quel foglio.
Lindora. Eccolo. A voi, signor, mi raccomando,
Fate che Floro ingrato
Mantenga la parola,
O fatelo appiccare per la gola.
Un esempio dar bisogna
A quest’uomini crudeli,
Che noi chiamano infedeli,
E non fanno che tradir.
Come attaccasi la rogna,
Fa lo stesso la incostanza;
E degli uomini è l’usanza
L’ingannare ed il mentir. (parte
SCENA II.
Cleante, poi Floro.
Con passo grave e altero
Il principe, non so se finto o vero.
Floro. Quel vostro signor principe Roberto
Mi ha fatto un complimento,
Che s’io avevo paura,
Mi faceva cader morto a drittura.
Cleante. Perdonate all’amor che lo fa cieco.
Egli è di già pentito, ed ha promesso
Chiedervi scusa al giovanil trascorso.
Floro. Venga; un certo discorso
A Roberto vuò far segretamente.
Che amici resteremo eternamente.
Cleante. Ditemi, avete voi
Un certo camerier che Floro ha nome?
Cleante. Sapete voi,
Che abbia data parola
Di sposar certa donna?
Floro. Il so benissimo;
E so che l’iniquissimo
Sposar più non la vuole. £ innamorato
Della vostra Lesbina, ed io, che sono
Principe che ama il giusto e la ragione,
Vuò che sposi Lindora il mascalzone.
Cleante. (Eh, Lindora s’inganna). Adunque fate
Che Floro in corte venga,
E che sposi Lindora a suo dispetto.
Floro. Floro la sposerà, ve lo prometto.
Cleante. (In questa guisa io spero
Scoprir chi dice il falso, e dice il vero). (parte
SCENA III.
Floro, poi Roberto.
Ma se mi riesce il colpo meditato,
Con tutta pulizia sarò sbrogliato.
Roberto. Principe, se col ferro...
Floro. Ogni trista memoria ormai si taccia,
E pongansi in oblio le andate cose1.
Ditemi in confidenza,
Amate voi Rosmira?
Roberto. Ah che per lei
Smanio, peno, deliro, e son furente.
Floro. E a me di lei non me n’importa niente.
Vuò che facciam tra noi un negozietto.
Cedetemi la dote,
Onde così, senz’altri complimenti,
Saremo tutti due lieti e contenti.
Roberto. Volentier cederei
Qualunque ampio tesoro
Per poter conseguir il bel che adoro.
Floro. Questa è dunque aggiustata;
La scrittura facciam che parli chiaro:
A voi resti la donna, a me il denaro.
Roberto. Ite: il foglio formate.
Io lo soscriverò.
Quest’è quel che il mio cor brama e sopira:
Vostra sarà la dote, e mia Rosmira.
Floro. Il negozio più bel non fu mai fatto.
Cambiar con un contratto
La donna nel danar, per quel che sento,
Si chiama guadagnar cento per cento.
Con queste femmine
Napolitane
Non ho fortuna,
Non spero amor.
Sian benedette
Le veneziane,
Sono amorose,
Son di buon cuor.
Sì, caro fio,
Sè tutto mio,
Caro el mio coccolo,
Caro el mio ben. (parte
SCENA IV.
Roberto, poi Rosmira.
Chi vilmente la cede e l’abbandona.
Rosmira. Principe, il Ciel pietoso
Preservò la tua vita.
Roberto. Ah non è questo
L’unico, nè il maggior dono de’ Numi.
Rosmira. E qual fia?
Roberto. La tua mano. A me la cesse
Il principe Ferrante,
Delle ricchezze tue, non di te amante.
Rosmira. E il padre che dirà?
Roberto. Miglior consiglio
Crederà liberarsi
Da chi pubblico rese il suo disprezzo
Vendendo l’amor suo per un vil prezzo.
Quegli occhi vezzosi,
Che prezzo non hanno,
Mercede saranno
D’un tenero amore,
E intanto il mio core
Ripieno è d’ardor.
Quei labbri amorosi
Ripieno è d’ardor.
Saran mio tesoro;
Ripieno è d’ardor.
Saranno il ristoro
Ripieno è d’ardor.
Del fido mio cor. (parte
SCENA V.
Rosmira, poi Dorinda.
Per l’amor di Roberto. Ah, se fia vero
Possa sperar la mano
Stringer dell’idol mio, di me più lieta
Donna non fu, nè si darà nel mondo,
Nè veduto fia mai cor più giocondo.
Dorinda. Rosmira, onde proviene
Quell’aria di piacer, che nel tuo volto
Parmi di traspirar?
Rosmira. Nuova speranza
Mi lusinga, mi rende
Lieta più dell’usato. Io di Roberto
Spero stringer la destra, e tu potrai
Se il desir mio non mi lusinga invano,
A Cleante, al tuo ben, porger la mano. (parte
* Non ami chi teme
D’amore i martiri.
È ver che si geme
Con tanti sospiri,
Si pena, si piange,
Poi godesi un dì.
E delle sue pene
Tormento non prova
Q uell’alma talora
Che gode così2.
SCENA VI.
Dorinda sola.
Adorato Cleante
Fosse mio sposo alfin! Dal primo giorno
Ch’io mirai quel sembiante,
Vinta rimasi, e prigioniera, e amante. (parte
Quell’accento lusinghiero,
Del mio seno ha già l’impero,
Troppo è caro a questo cor.
Nel fissarmi in quell’aspetto
Mi sentii ferir il petto,
Ed ognora nel mio seno
Va crescendo il dolce amor3.
SCENA VII.
Camera con tavolino e da scrìvere.
Floro e Lesbina.
Floro. Via, carina,
Siate meco buonina.
Non mi dite di no.
Lesbina. Se vi dirò di sì, mi pentirò.
Voi mi mettete su,
Per poi tirarmi giù,
E far quello che fu
Tra quella pellegrina, e voi, e tu.
Floro. Ma se colei è pazza,
Che vi posso far io?
Lesbina. Ma caro padron mio, chi m’assicura,
Che voi non mi gabbate 4?
Floro. Vi farò, se il bramate, una scrittura.
Lesbina. Via, fatela, ed allora
Forse vi crederò.
Floro. Attendete un momento, e ve lo fo.
(Floro va al tavolino a scrivere
Lesbina. (Colla scrittura in mano,
Dirò la mia ragion. La principessa
Già non lo vuole, e poi
Non lo sa strapazzar, come fo io,
Floro. Eccovi la scrittura bella e fatta.
Lesbina. Ora comincio a credervi un pochino.
Floro. Caro il mio bel visino,
Date un po’ di ristoro
A questo cor. Per voi languisco e moro.
Lesbina. Il tempo non è questo.
Floro. Ma se son vostro sposo!
Lesbina. È ancora presto.
Vi vuole un po’ di tempo e di modestia,
Altrimenti sarebbe amor da bestia.
Floro. Quanto dovrò aspettar?
Lesbina. Noi questa sera
Tosto concluderemo,
E sposati e contenti alfin saremo.
Floro. Mi cresce ogni momento
Il tormento e l’affanno,
Ed ognora, mio ben, mi par un anno.
Lesbina. Anch’io son desiosa
D’esser la vostra sposa.
Allorchè non vi vedo,
Sempre il core mi dice: eccolo, eccolo;
Ed un’ora, mio ben, mi par un secolo.
Se mangio, se bevo,
Voi siete con me.
Se veglio, se dormo,
Riposo non ho.
Ma questo cos’è?
Oh Dio, non lo so.
Quel vezzo, quel viso,
Rapito m’ha il cor.
Contenta ora sono,
Che vostra son io.
Voi siete già mio,
Non ho più timor. (parte
SCENA VIII.
Floro, poi Crocco.
Perder sì bella gioja!
Quegli occhi così neri 5,
Quei labbri imporporati,
Vagliono 6 più di cento principati.
Ma che fu di Lindora? Ecco opportuno
Crocco, che a me sen viene..
Crocco. Amico, io sento
A mormorar di noi; meglio è che andiamo,
Pria che scoperti e bastonati siamo.
Floro. Tutto andrà ben, tutto sarà aggiustato,
Se tu accettar non sdegni
Oltre alcuni diamanti e ricche spoglie,
Duemille scudi ed una bella moglie.
Crocco. Un gran pazzo sarei se ricusassi
Così bella fortuna.
Ma ditemi, di grazia, chi è la sposa?
Floro. Fra poco lo saprai.
Crocco. Oh questa è bella!
Io vuò, s’ho da sposarla,
Conoscerla, vederla e contemplarla.
Floro. Bella o brutta che sia,
Pensa a’ due mille scudi e a tutto il resto7
Che sposandola avrai, se non sei stolto.
Crocco. Andiamola a sposar, che ho già risolto.
Floro. Segui a dir che sei Floro.
Crocco. 9Eh, lo dirò.
Floro. Sposala, e non temer.
Crocco. La sposerò.
Veramente alla moda,
Un uomo di bon cor sempre si loda. (parte
SCENA IX.
Crocco solo.
La moglie bella ed i due mille scudi
Andranno in fumo, e in premio dell’inganno,
Due mille bastonate mi daranno.
Ma si puoi arrischiare,
Per un sì buon boccone,
Di offerire le spalle ad un bastone.
Vi son tanti maritati,
Che son belli e bastonati,
Senza nulla guadagnar.
So che basta il (atto mio;
Vuò provarmi d’esser io
Bastonato per mangiar. (parte
SCENA X.
Sala.
Cleante e Lindora, poi Crocco.
E sposarvi dovrà. Con un inganno
Penso ridurlo, e risparmiar la forza.
Itene in quella stanza. Ivi soffrite
Per poco rimaner sola all’oscuro:
Floro vi sposerà, ve l’assicuro.
Lindora. Grazie a vostra bontà; s’egli mi sposa,
Sia di voi per comando o per consiglio,
Vi prometto donarvi il primo figlio. (entra nella camera
Crocco. Servo, eccellenza.
Cleante. Chi sei?
Crocco. Floro son io, per obbedirla.
Cleante. Quello sei che Lesbina
In consorte desia?
Crocco. Così si dice.
(Se Lesbina è la sposa, io son (elice).
Cleante. Va tosto in quella stanza,
Ivi la troverai,
E all’oscuro, se vuoi, la sposerai.
Crocco. Vado, signor; di lume io non mi curo.
Ci possiamo8 sposar anche all’oscuro. (parte
SCENA XI.
Cleante, poi Roberto, poi Lesbina.
Le (emmine a tradir.
Roberto. Principe, è questo
Il (oglio in cui Ferrante
A me cede Rosmira.
Cleante. Osservo in questo
I caratteri stessi (tira fuori la caria acuta da Lindora
Simili a quei di Floro,
Con 9 quai promise di sposar Lindora.
Ah, comincio a temere
Che il principe Ferrante
Sia veramente estinto,
E che un qualche impostor tal siasi finto.
Lesbina. Olà, con sua licenza. (passeggia con aria
Cleante. Che fai, Lesbina?
Lesbina. Anch’io son eccellenza.
Lesbina. Il principe Ferrante,
Giacchè la principessa l’ha scartato,
Per non star senza moglie, m’ha sposato.
Cleante. Va, che sei pazza.
Lesbina. Ecco da lui soscritto
Un foglio bello e buono;
Vedete se di lui la sposa sono.10
Cleante. Che miro! Il terzo foglio
Ecco soscritto dalla mano istessa.
Ah, l’indegno confessa
Con queste sue scritture
La finzione, l’inganno e l’imposture.
Eccolo, che sen viene.
SCENA ULTIMA
Floro e detti; poi tutti.
Cleante. Ditemi, avete voi
Questo foglio soscritto?
Floro. Signor sì.
Cleante. E questo?
Floro. Questo ancora.
Cleante. E quest’altro?
Floro. Non so.
Questo mi par di no.
Cleante. Mentitor, il carattere è lo stesso.
Siete convinto adesso,
E confessar dovrete,
Che siete un impostor, che Floro siete.
Floro. Vi domando perdono,
Io non sono impostor, Floro non sono.
Floro. Il principe Roberto
Questo foglio ha firmato,
Ed in questo ha giurato,
Ch’egli in qualunque impegno
Difendermi saprà dal vostro sdegno.
Roberto. Il patto adempio, e a voi, Cleante, io chiedo
La vita in don di Floro,
In premio d’aver egli
Cessa in tempo Rosmira, e non averci
Qual era in suo poter, resi infelici.
Abbia il vostro perdono,
Abbia Lesbina in dono,
Abbia da me, se stringo il mio tesoro,
Il premio non vulgar di gemme e d’oro.
Cleante. Prence, non merta lode
Un delitto premiar, premiar la frode.
Roberto. Ho promesso, ho giurato, e chiedo a voi
Grazia, o signor, per i delitti suoi.
(escono Rosmira e Dorinda
Rosmira. | a due | Grazia, grazia a voi chiediamo. | |
Dorinda. | Noi a Floro perdoniamo. |
Floro. Grazia, grazia, padron mio. (a Cleante
Roberto. Grazia, grazia, per pietà.
Cleante. Grazia, grazia.
Tutti.
Evviva, evviva,
Che la grazia è fatta già. (escono Lindora e Crocco
Lindora. Son tradita, assassinata.
Crocco. Eccellenza, io l’ho sposata.
Cleante. Non sei Floro?
Crocco. Crocco io sono.
nota Guibert e Zatta: Volga?•
Floro. | a due | Grazia, grazia. | |
Crocco. |
Tutti.
Grazia, grazia, evviva, evviva,
Che la grazia è fatta già
Floro. Crocco. Roberto. Cleante. |
a quattro | Quattro sposi e quattro spose Qggj alfin congiunse Amore. |
Rosmira. Dorinda. Lesbina. |
a tre | E contento il nostro core Oggi alfin giubilerà. |
E tacer mi converrà.
Tutti.
Grazia, grazia, evviva, evviva,
Che la grazia è fatta già.
Fine del Dramma.
Note
- ↑ Questi versi del Tasso nella Gerusalemme, c. XVIII, str. 2, ricordò spesso il Goldoni: v. vol. XXVI, p. 65.
- ↑ Forse quest’aria, soppressa nell’ed. Zatta, non è del Goldoni.
- ↑ Anche quest’aria, soppressa nell’ed. Zatta, non appartiene forse al G.
- ↑ Zatta: gabbiate.
- ↑ Ed. Guibert e Orgeas di Torino: Quegli occhi sì neri; Zatta: Quegli occhietti sì neri.
- ↑ Zatta: Valgono.
- ↑ Nelle edd. Guibert - Orgeas e Zatta è stampato solo: Pensa a’ due mille scudi..
- ↑ Edd. Fenzo e Tevernin: potiamo.
- ↑ Zatta: Co'.
- ↑ Zatta: un.