Dramma

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La croce d'oro Quello che è stato è stato

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Dramma.

I.

Nelle ultime settimane di quaresima, sebbene tutti gli uomini fossero in paese per il precetto pasquale e per le cerimonie sacre, ma appunto perchè essendo tempo di penitenza nessuno osava ubbriacarsi, la Rivendita della bella Ilaria rimaneva deserta.

Ilaria stessa si sarebbe fatta scrupolo del contrario: eppure stava ferma in attesa, al solito posto, nera e rigida come una vedova, seduta davanti al grande camino la cui fiamma dava all’ambiente, col suo chiarore rossastro, un colore d’antica taverna. Del resto ella stava lì tutto il giorno; solo alla notte si ritirava nella camera attigua, per dormire: e nessuno conosceva la camera attigua. Tutti gli uomini che frequentavano la bettola conoscevano però l’angolo del camino al quale s’accostavano per scaldarsit=2 [p. 178 modifica] le mani ruvide, o per prendere con le dita una brage e accender la pipa, o meglio ancora per tentare di far la corte a Ilaria. Ma se la brage si lasciava prendere, Ilaria era più intoccabile della brage. Taciturna, non rispondeva neppure alle proposte degli uomini; solo li guardava coi grandi occhi verdognoli foschi nel viso pallido chiuso da un panno nero quadrato allacciato sotto il mento da una catenella d’argento; li guardava triste e minacciosa, poi accennava loro l’anta del camino. Sull’anta nera del camino c’erano, segnate con la punta d’un temperino, dodici tacche: dodici anni da che suo marito scontava la pena per aver ucciso un uomo che si vantava di esser l’amante di lei.

Era giusto in quei giorni, verso Pasqua, che ella incideva il segno sul camino; e leggendo stentatamente il libro della Settimana Santa accomunava la sua passione con quella di Cristo: sì, erano state settimane terribili, poi tre giorni di morte, durante il dibattimento e la condanna del marito; poi anche lei s’era svegliata; ma la pietra del suo sepolcro non s’era più mossa.

La vita ferveva intorno a lei, nelle grida, [p. 179 modifica] nella gioia, nelle sbornie e nelle collere violente degli uomini che la circondavano: lei taceva, come morta, ferma al suo posto, in fondo alla taverna dalla cui porta sempre spalancata si vedava solo una linea bianca di stradale chiusa da un ciglione erboso, sopra il quale, sullo sfondo desolato del cielo, passavano di continuo, lenti col muso per terra, cavalli e buoi al pascolo. A volte il silenzio e l’immobilità intorno le davano l’impressione che tutto, il mondo lontano grave della pena di suo marito, il mondo vicino grave della pena di lei, tutto fosse un sogno, un sepolcro quieto. Eppure, in fondo, sotto questa morte apparente ella non faceva altro che aspettare. Un giorno, dunque, verso la fine di quaresima, mentre lei dormicchiava col libro fra le mani, un uomo, un adolescente quasi, alto, pieghevole come una donna, guardò dalla porta, sporgendosi diffidente come uno che fugge un pericolo e cerca un rifugio.

Ilaria spalancò gli occhi, ma credette di continuare a sognare. L’uomo entrò, curvandosi sotto la porta tanto era alto, e andò a sedersi al tavolo in fondo accanto alle botti violacee: non domandò nulla: mise i [p. 180 modifica] gomiti sul tavolo, il viso bruno fra le mani bianche e cominciò a fissare Ilaria sorridendole ma anche irridendola con gli occhi neri scintillanti fra le dita. Anche lei lo guardava, e la catenella le tremava sotto il mento per la commozione. Finalmente si alzò e andò davanti al tavolo.

— Che cosa comanda, don Mattia?

— Dammi vino d’Oliena, se ce l’hai.

Mentre egli beveva, ella ritornò al suo posto e rattizzò il fuoco. Il cuore le batteva: le sembrava d’indovinare perchè l’uomo era venuto e aspettava ch’egli parlasse.

Infatti, eccitato dal vino, fu lui il primo a parlare.

— Ebbene, Ilaria, che pensi? Già lo so. Tu credi che mi abbiano mandato mia moglie e mia suocera. Tu pensi che loro sieno andate a confessarsi, e che il confessore abbia detto loro: ebbene, perdonate, donne, esaudite il desiderio di quella disgraziata: firmate la domanda di grazia per suo marito. Sì, Ilaria, il prete è venuto da noi, un giorno, e portò la tua ambasciata, e disse: Ilaria è certa di ottenere la grazia per suo marito se la domanda è firmata dalla vedova e dalla fi[p. 181 modifica]glia della vittima. Sì, forse è così, forse davvero si può ottenere. Ebbene, tu credi che quelle donne acconsentano?

Ilaria s’era voltata tutta d’un pezzo sul suo sgabello, rigida, con gli occhi grandi supplichevoli pieni d’una luce ardente. L’uomo sorrideva, crudele, coi denti violacei per il vino denso bevuto.

— Sì, va e prova a passar loro accanto; ti strangolano. Lo sai cosa dice mia suocera? Che eri tu a provocare il morto: tu, bella, perchè lui era ricco e un uomo ricco, sebbene anziano e ammogliato, fa sempre gola a un’ostessa.... se non altro perchè le serve di richiamo nella sua osteria.

Mentr’egli parlava le pupille di Ilaria si dilatavano come per un dolore fisico: non rispose: tornò a volgersi verso il camino e si piegò, sebbene non rattizzasse più il fuoco. La sua folle speranza era dunque caduta: i suoi nemici non perdonavano, ed a lei non importava null’altro, nel mondo. Lasciò quindi che l’uomo, sempre più ubbriaco, parlasse.

La calunnia, l’odio, la minaccia dei suoi nemici, neppure la curiosità di sapere perchè don Mattia, dopo due anni di matrimonio du[p. 182 modifica]rante i quali per ordine della moglie e della suocera non aveva mai più rimesso piede nell’osteria, tornasse d’un tratto e si divertisse a tormentarla, nulla più la scuoteva.

D’altronde, dopo aver con frasi vaghe ricordato gli anni in cui da piccolo nobile spiantato frequentava l’osteria con gli amici perchè non sapeva dove andare, egli tacque, e solo il lieve rumore del vino versato dall’alto della bottiglia nel bicchiere, ruppe di tratto in tratto il silenzio. E il silenzio era tale che si sentiva un bambino fischiare in lontananza, dietro il ciglione, e pareva che il mondo finisse lì, nella linea dei cespugli di ruta grigia confusi con le chiare nubi di marzo.

Ilaria aveva quasi paura a voltarsi. Aveva di nuovo l’impressione d’un sogno. Leggeva ma capiva meno che mai le parole del libro. Finalmente qualcuno arrivò: era un pastore, un ubbriacone impenitente, che s’era comunicato poche ore prima, ma non riusciva a ripartirsene senza aver visitato Ilaria.

Anche lui parve spaventarsi alla vista di don Mattia: entrò in punta di piedi e si piegò sui calcagni davanti al fuoco, volgendo il viso a Ilaria e ammiccando. [p. 183 modifica]

— Adesso, eh, m’uccidano, quando quelle donne lo sanno!

Ilaria lo guardò senza parlare.

— Morranno di bile, si spaccheranno, con la loro superbia, come melagrane mature.

Silenzio di Ilaria.

— Che egli è qui, per far loro dispetto. Ha litigato, con la suocera e con la moglie: tutti lo sanno. Ha litigato, perchè lo tengono chiuso nel pugno come un loro servo.... Si capisce: loro son ricche; lui vive alle loro spalle.

Il pastore parlava sottovoce; Ilaria si volse per vedere se don Mattia ascoltava. Don Mattia, col viso fra le mani, gli occhi chiusi, dormiva. La pace tragica dell’uomo che s’è vendicato e dopo la vendetta si riposa, gli stirava i lineamenti fini ma gli dava anche un aspetto cadaverico. Ilaria, che lo aveva conosciuto bambino, orfano, abbandonato in mani di parenti poveri, che lo aveva poi veduto adolescente ozioso, e d’un tratto ricco e schiavo, lo guardò un attimo con pietà; poi tornò a volgersi verso il fuoco e il suo viso si rifece duro, fermo. [p. 184 modifica]

II.

La frequenza di don Mattia cominciò presto a preoccuparla. Egli era sempre lì e parlava male della suocera con gli antichi amici ed anche coi clienti più grossolani. Passata la Pasqua, specialmente il sabato sera e la domenica la bettola era piena di gente.

Egli era sempre lì, anche di mattina, e qualche donna curiosa passava apposta nello stradone per guardare dentro la bettola.

Un giorno il prete andò a trovare Ilaria.

— Lo sai che è uno scandalo. Tutto il paese dice che sei stata tu ad attirare Mattia, che lo hai mandato a chiamare e lo tieni qui e lo ubbriachi perchè quelle donne non hanno firmato la domanda. Ebbene, cosa pensi, Ilaria? Tu non sei stata a confessarti.

Ilaria stringeva i denti per non imprecare; la catenella le tremava sotto il mento convulso.

— Ilaria, — disse il prete, battendole be[p. 185 modifica]nevolmente la mano sulle ginocchia, — lo sappiamo che non è vero: io, tu e lui, lo sappiamo, e forse anche qualche altra persona che lo afferma pur sapendo di mentire. Ebbene, tu lo sai: non importa la verità, importa l’apparenza. Manda via Mattia; ch’egli torni a casa, che la smetta coi dispetti: egli è innamorato di sua moglie e viene qui per stordirsi.

Ilaria gli domandò:

— L’hanno mandata quelle donne?

— Sì, — confessò il prete.

— E allora senta: dica loro che mi diano la firma sulla domanda ed io mi impegno a cacciar via don Mattia dalla bettola.

Le trattative durarono parecchi giorni: finalmente il prete portò la carta firmata.

Giusto quella sera Mattia s’indugiava nella bettola, bevendo e giocando; era preoccupato, però, e anche quando gli altri se ne furono andati rimase là pallido e stravolto come quel giorno della sua prima visita.

Era tardi: la luna grande sorgeva fra i cespugli del ciglione e pareva guardasse sogghignando dentro la bettola. Ilaria si alzò e si appoggiò con le mani al tavolo. [p. 186 modifica]

— Don Mattia, io le vorrei chiedere una carità: se ne vada e non torni più: la gente mormora e dice che son io ad attirarla qui. Io spero che mio marito torni presto. Se ne vada: abbia pietà di me.

— È mia suocera che ti calunnia, lo so, — disse l’uomo. — Meglio.

— Come, meglio? Che male faccio io a Lei, don Mattia, perchè Lei permetta che mi si calunni?

— Tu non mi fai male: è lei, impiccata sia, che mi fa male. Ma ho giurato di farla morire di crepacuore e così sarà!

— Don Mattia! È Lei il malvagio! Lei è un ozioso e un vizioso.

— Oh, oh, — egli disse sorpreso del coraggio di lei: poi si mise a ridere. — So che ti hanno firmato la domanda, per cacciarmi via. Ma la firma di mia moglie non è valida senza la mia. Ebbene, per farti vedere che non sono un malvagio come tu dici, ebbene, firmo. Dammi la carta.

Ilaria gliela diede: mentre guardava la carta egli disse:

— Sì, tuo marito ha scontato metà della pena, ha sempre avuto buona condotta e pro[p. 187 modifica]babilmente otterrà la grazia. Era ubbriaco, quando commise il delitto, era tanto giovine; e tu anche eri giovine, Ilaria, quanti anni avevi?

— Venti, don Mattia, — ella disse ponendogli davanti il calamaio; ma con sorpresa prima e con terrore poi vide che l’uomo si metteva in tasca la domanda senza firmarla.

— Ebbene, tu hai ragione, Ilaria: se egli torna può uccidermi. È forse questo che vuole mia suocera.

Allora Ilaria si strinse la testa fra le mani, sotto il manto nero; le parve d’impazzire: cadde in ginocchio, gridò, tese le braccia convulse.

— Mi dia la carta! Mi dia la carta!

Egli andò a chiudere la porta; tornò al suo posto mentr’ella si alzava appoggiandosi al tavolo, e le disse con tristezza:

— Senti, Ilaria, senti; non gridare, volgiti, non aver paura. Ti restituirò la domanda, anzi la spedirò io e la raccomanderò a chi può. Te lo giuro sul Cristo. Volgiti, guardami. Io posso farti violenza e non voglio. Guardami: non vedi che sono un disgraziato peggio di te? [p. 188 modifica]

— Ma che cosa vuole da me? — gridò lei, volgendosi a guardarlo.

— Vieni qui accanto e te lo dirò.

Ed ella piano piano come affascinata fece il giro del tavolo, si piegò su di lui e si lasciò baciare piangendo.


III.

Ma passò un anno prima che egli tenesse il giuramento. La carta gli restava in saccoccia. Ilaria avrebbe potuto rubargliela e spedirla: e non lo faceva. Sulle prime per scrupolo di coscienza: non voleva servirsi delle firme poichè non solo mancava alla promessa fatta per ottenerle, ma legava a sè l’uomo col vincolo del peccato. Il prete era tornato da lei: ella chinava la testa e rispondeva:

— Che posso far io?

Un anno dopo verso Pasqua fece la tredicesima tacca sull’anta del camino, poi trasalì come per una rivelazione improvvisa. Si accorse che aspettava sempre; ma adesso aveva paura che il tempo passasse. [p. 189 modifica]

Un giorno Mattia sedette al tavolo, pallido e stravolto come la prima sera che Ilaria lo aveva baciato.

— Sai che mia suocera muore? Sono i crepacuori che le ho dato io che l’uccidono.

Ilaria non rispose: lo sapeva.

— Fra giorni, forse domani stesso, appena lei sarà morta, io diventerò il capo della famiglia. Bisogna ch’io non venga più qui: bisogna che io ritorni in me, che mi ricordi di essere un uomo, un cristiano. Anche mia moglie è sofferente, ed è buona con me, adesso, sembra un’altra. Ilaria, bisogna essere buoni, nel mondo, altrimenti tutto si sconta.

Lei non rispose: lo sapeva.

— Ilaria, — egli disse piano, curvandosi a guardare da vicino le macchie di vino sul tavolo, — spedirò la domanda di grazia e un deputato parlerà al ministro. Sei contenta?

Ella si piegò livida stringendosi la testa fra le mani sotto il manto come quella volta.

— Ah, Mattia! Miserabile! Adesso lo fai, adesso?

Ma egli era insensibile: pareva dormisse come quel primo giorno ch’era andato da lei ad ubbriacarsi. [p. 190 modifica]

— Mattia, io non posso staccarmi da te, adesso. Mattia, egli ti ucciderà se torna!

— Non importa: se mi ucciderà vuol dire che devo scontare il peccato.

— Mattia, dammi la carta! La manderò io.

Ella tendeva le braccia convulse, supplichevole come quella sera. Ma egli sollevò rapido gli occhi e sorrise fugacemente, coi denti crudeli: poi riabbassò la testa.

— Ilaria, l’ho già mandata io.