Il dottor Antonio/VI
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CAPITOLO VI.
Piccole occupazioni.
— «Ho mille domande da farvi,» disse Lucy quando Antonio si presentò di nuovo la mattina seguente.
— «Davvero?» rispose lietamente l’Italiano; «benissimo, eccomi pronto. Prima sarete stanca di domandare, che io di rispondere. Ma volete dirmi innanzi tutto come state, e permettermi di sentirvi il polso?»
Soddisfatte, come di dovere, le inchieste del medico:
— «Adesso,» disse Lucy, «per incominciare, lasciate che vi dica come io desideri dare un po’ di danaro a Prospero. Quanto gli ho a mandare?»
— «Lasciatemi pensare,» disse Antonio raccogliendosi, «Supponendo che Prospero non possa lavorare per una quindicina di giorni, — ed è probabilissimo; ora quindici giorni di lavoro, a trenta soldi il giorno, che è la sua paga ordinaria, fanno ventidue lire e mezza. Se gliene mandate venticinque, ce n’è d’avanzo per procurargli un po’ di migliore nutrimento durante la sua convalescenza.»
Lucy ordinò alla Hutchins che le portasse la sua borsa. Osserviamo una volta per tutte, che la Hutchins stava sempre alla mano durante le visite dell’Italiano, o lavorando a lato della padroncina, o ad un tavolino nella sua camera rimpetto alla porta, che stava aperta fra le due camere. Lucy porse un po’ di danaro al dottore.
— «Cinquanta franchi!» diss’egli: «questa è il doppio della somma da me nominata.»
— «I venticinque franchi di più,» osservò Lucy, «serviranno a pagare il medico di Prospero e le medicine.»
— «Prospero non ha medico, nè medicine da pagare. Io sono il medico del paese, e il paese mi paga per le cure dei poveri.»
— «Chi lo provvede dunque di medicine?»
— «Io stesso. Ne ho in abbondanza, e sono anche troppo contento di sbrigarmene. Un dono maggiore di ciò che è assolutamente necessario, servirebbe solo a incoraggiar l’ozio, e farebbe male in vece di bene.»
— «Questo è proprio quel che dice sempre papà,» rispose Lucy. «Per questa volta non insisterò per fare a mio modo, dottor Antonio; purchè promettiate dirmi se mai Prospero avesse bisogno di maggior ajuto; o se mai veniste a sapere di qualche altro bisognoso.»
— «In verità, non mi credo obbligato di farvi una promessa di questa sorta,» disse Antonio con un sorriso che addolcì le parole. «Se vi si lasciasse fare, non passerebbe molto che mi guastereste la gente povera, ma indipendente di questo paese. Sono di già finite le vostre domande?»
— «Appena incominciate. Ditemi ora perchè portaste jeri a visitarmi quell’odioso medico inglese?»
— «Odioso! perchè mai odioso?» domandò Antonio alla sua volta in tuon di maraviglia.
— «Odioso, perchè è così dolce e pieno di unzione. Odio la gente melliflua. Non voglio altro medico che voi. Così non avete bisogno di portare alcuno a visitarmi.»
— «Grazie della preferenza, la quale, se ben mi appongo, debbo alle mie maniere poco cerimoniose. Non c’è pericolo che il dottore Yorke mi faccia concorrenza; a quest’ora se ne sta quietamente in casa a Nizza.»
— «Spero dunque che se ne starà là. Ma che venne a fare anche sol per una volta?» disse Lucy risolutamente.
— «Venne a mia richiesta, come vi ho detto. Ritornando a Nizza, si dette la circostanza che mi venne a visitare; e fui lietissimo di poterlo consultare sul vostro piede. Siccome questo consulto non si potea avere senza che lo esaminasse, perciò lo portai da voi. Lasciando da parte il peso che ha per me la sua opinione, pensai che se le nostre idee in questo caso coincidessero, come speravo, il suo parere avrebbe dato al mio un’autorità maggiore verso sir John.»
— «Perchè?» domando Lucy ostinata come un fanciullo.
— «A me par cosa naturalissima, se non pare a voi, che un Inglese debba aver maggior fiducia in un medico inglese che in un forastiero.»
— «Vi siete dunque trovato discorde con papà?»
— «Discorde! no. Non essendo sir John un medico, non era da aspettarsi che riguardasse certi punti sotto lo stesso aspetto di me: — ecco tutto.»
— «E, di grazia,» insistè Lucy, «quali erano questi punti?»
— «Mi fate un severo esame, a quel che vedo,» disse ridendo il dottor Antonio.
— «Sì, ve lo faccio,» riprese a dire Lucy, gravemente; «ma non per vana curiosità, come potrei dire che voi pensate. Non conosco esattamente cosa mi faccia sospettare che vi è un malinteso fra voi e papà, a proposito di me; ma io lo sospetto.» Ed ella guardò in faccia ad Antonio: «e mi bisogna saper tutto su ciò, affinchè possa far il possibile per torlo via.»
— «Voi siete veramente buona, ma ora non ci è occasione di mediazione nessuna. Grazie a quest’odioso dottor Yorke,» diss’egli sorridendo, «si è fatto intendere a sir John la necessità di protrarre in questo povero luogo la sua dimora, più di quello ch’ei non si fosse aspettato, o non avesse desiderato. Ora conoscete il punto sul quale eravamo discordi.»
— «Ah! ecco perchè papà stava così tacito e pensieroso tutta la sera scorsa. Potrò io partirmi di qui alla fine di questo mese?»
— «Temo di no.»
— «Quale contrarietà!» esclamò Lucy.
— «Siete dunque anche voi così ansiosa di lasciare l’Italia?»
— «Oh! no. Pensava solo per papà. Potremo partire almeno da oggi a un mese?»
— «Sì, lo credo, fra un mese circa.»
— «Un mese, temo, sembrerà lunghissimo a papà. Sta qui uggito, nojato, senza neppur un cavallo per far una corsa; egli che era solito fare ogni mattina la sua cavalcata. C’è in questi contorni nessun cavallo da sella da noleggiare?»
— «Nemmen per ombra.»
— «Che disgrazia!» esclamò di nuovo Lucy. «E quando potrò levarmi di letto?»
— «Mi spiace non poter rispondere a questa domanda. Meglio è metterla ad referendum, come dicono nella Dieta Svizzera.»
— «Sine die, volete dire,» osservò Lucy, «il vostro latino può essere classico, ma poco piacevole.»
— «Non potete fare uno sforzo, e immaginarvi per un po’ di tempo di essere senza piedi affatto?» disse Antonio gravemente. Lucy aveva una gran voglia di ridere, ma disse invece: che era una vergogna, una vera sciocchezza, e che non aveva mai in vita sua veduto un medico così poco compiacente. Lucy, benchè avesse quasi vent’anni, aveva conservato molto della freschezza, della grazia, e fin de’ modi capricciosi dell’infanzia.
— «Vi assicuro,» disse l’Italiano in risposta a questa tirata, «che non vi terrò in letto neppur un’ora di più di quel che sia indispensabile.»
— «Obbligatissima a voi,» disse Lucy con dispetto.
Il Dottore non fiatò.
— «Sapete voi, dottor Antonio,» continuò Lucy dopo un istante, «che mi sa mill’anni di levarmi per rivedere quella collinetta aprica soleggiata, che ci stava proprio di faccia quando ribaltammo? Mi piacerebbe vederla con quiete, non di passaggio a galoppo serrato.»
— «Volete dire il Capo di Bordighera?» disse Antonio.
— «Sì, lo suppongo. Io m’era mezzo addormentata, quando papà, chiamando il postiglione, mi ridestò; e aprendo gli occhi, vidi alla sfuggita qualche cosa di sì verde, di sì fresco, di sì bello: solo un’occhiata, ma raccogliente tante amabili cose, la cui memoria mi insegue quasi la visione di un paese fatato.»
— «Non lasciate troppo la briglia alla fantasia,» fu la risposta, «o perderete il godimento della realtà.»
— «Che intendete dire?»
— «Dico che la realtà, mia cara signorina, quand’anche sia così incantevole, rade volte può andar di pari passo colle promesse della fantasia.»
— «Io non m’intendo troppo degl’incanti dell’immaginazione,» disse Lucy; «ma so la realtà essere spesso spiacevole.»
— «Come quando uno è obbligato a stare in letto,» disse il Dottore insidiosamente.
— «Proprio così. Ma ditemi, di grazia, me le immaginai, o le vidi realmente alcune grandi palme sulla collina di Bordighera?
— «Le vedeste. Bordighera è famosa per le sue palme.»
Lucy avendo esaurita apparentemente la sua provvista di domande, Antonio stava per licenziarsi, quando ella lo trattenne, dicendo: — «Anche una domanda, e poi potete andarvene; ed è intorno a Speranza. Ella mi interessa tanto, talvolta pare tanto infelice. Sapete che abbia?»
— «Speranza ha i suoi dispiaceri anch’ella,» disse Antonio; «è una storia semplice, ma commovente, che perderebbe tutto il suo effetto se fosse raccontata da me. Ho piacere che sentiate tanto amore per questa giovinetta. C’è molta nobiltà primitiva nel suo naturale. Non isdegnate di far la sua conoscenza, e provatevi a guadagnarne la fiducia. Il mondo morale, cara signora, è proprio come il fisico. Basta soltanto abbassar gli occhi per trovar nelle umili sfere molte cose degne di nota e di simpatia.»
Il Dottore osservò, non senza qualche stupore, che da quel giorno miss Davenne non si lamentò più di dovere stare a letto, nè fece neppur mai cenno della possibilità di levarsi.
Il giorno dopo fu permesso a Lucy di leggere con moderazione, e il dottor Antonio le portò un volume di Shakspeare, e i Promessi Sposi di Manzoni. Dopo uno o due giorni, le fu permesso di sedersi in letto. Secondo l’ordine del Dottore, il letto fu rimosso dall’angolo e portato vicino alla finestra; la quale, siccome l’osteria stava su di un’altura, dominava un’estesa veduta del Mediterraneo.
— «Avete dimorato mai vicino al mare?» domandò il Dottore.
— «Mai. Quando mi mandarono a Brighton per i bagni di mare, il medico mi proibì di stare in alcuna casa vicino alla riva.»
— «Tanto meglio,» rispose Antonio; «il nostro mare avrà dunque per voi tutto l’incanto della novità. È una veduta sempre nuova, un libro che non stanca mai. Vi darà occupazione continua, e sarà materia di maraviglia la cangiante ricchezza dei suoi colori variati dal puro bianco di neve fino al nero-cupo dell’inchiostro. Poi domandategli il segreto dei suoi mille suoni, dal mormorio basso e lamentevole che somiglia tanto a un sospiro o ad un bacio, fino al rombo tonante che fa tremar la terra. Tutti i poeti hanno cantato il mare, ma nessuno con maggior forza del re ebreo.» E prendendo una Bibbia inglese, che stava sul tavolino vicino a Lucy, vi cercò i Salmi, e lesse questi versetti: «Quei che vanno sul mare in navi, e commerciano sulle grandi acque, veggono le opere del Signore, e le maraviglie sue nell’abisso. Poichè egli comanda, e soffia il vento tempestoso, che ne solleva i flutti. Essi salgono al cielo, e ridiscendono nell’inferno; essi su e giù ravvolgonsi, e barcollano come uomo ebro, e perdon lo spirito.» — Non c’è l’eguale, miss Davenne, per semplicità, verità e grandezza.»
Lucy guardò, e lo ascoltò in modo come non aveva mai certamente ascoltato, nè guardato altri per lo innanzi. Poi disse: — «Che stranezza! pare che conosciate bene la Bibbia!»
— «E vi fa meraviglia?»
— «Sì, credevo che i cattolici romani non leggessero mai la Bibbia.»
— «Questo è errore comune dei protestanti. Se conosceste le cerimonie della nostra Chiesa, sapreste che una porzione delle Scritture ne forma la parte principale; e che son lette e cantate ogni dì nelle nostre chiese, mattina e sera; in latino, è vero, ma se ne trova una traduzione in tutti i nostri libri di devozione. Infatti la Bibbia tradotta in italiano è a disposizione di tutti i lettori; a due condizioni sole: primo, che sia la traduzione delle Scritture chiamata comunemente la Volgata, comparata o completata da san Gerolamo; e secondo, che il testo latino sia stampato a lato dell’italiano. Se la Bibbia non è tanto generalmente diffusa in Italia, come potrebbe desiderarsi, credo dipenda in parte da mancanza d’istruzione popolare, e principalmente dal poco incoraggiamento dato dal clero a quella lettura. Tuttavia posso assicurarvi che molti fra le classi educate, in Italia, conoscono profondamente la Bibbia, e la leggono sia nelle traduzioni permesse, sia nelle proibite.»
Lucy gli fu grata, e gustò del pari la lettura dei libri e la contemplazione del mare, come egli aveva sperato. Dette persino al Dottore una piena e vivida descrizione di una carica di cavalleria, nella quale le onde furiosamente battentisi, e rompendosi le une contro le altre, e avanzandosi e indietreggiando come cavalli infuriati, erano le attrici. Ma a grado a grado il mare e la lettura perdettero entrambi per lei il loro potere di attrazione; e Antonio, che vegliava sulla malata con una sollecitudine che aveva alcunchè di materno, si accorse che era tempo di trovarle qualche nuova occupazione. Prima propose, che ella a lui leggesse un capitolo di Manzoni ogni giorno; poi la assicurò ch’egli si sarebbe perfezionato nella pronunzia, se ella avesse potuto sopportare che le leggesse una o due scene di Shakspeare. Nacquero da queste letture di tratto in tratto delle risatine, suonanti come campanelli d’argento, ch’erano tanto dolci all’orecchio di Antonio; e nelle quali, benchè a spese della sua ineffabile pronunzia, egli univasi sì cordialmente.
Le sue visite erano allora frequentissime; — egli si presentava tre o quattro volte al giorno; in realtà, ogni momento libero dal suo officio lo passava al letto della bella malata. E rade volte veniva a mani vuote, ma portava quasi sempre seco qualcosa che credesse poterla divertire, o interessarla. Da principio fu un album di vedute e costumi della Sicilia; una piccola collezione di medaglie antiche; alcune mostre di lava — tutta la sua picciola provvisione di rarità. Esaurita questa, era un fiore, una pianta rara, un insetto singolare, uno scarabeo coperto di un’armatura di getto, una gran locusta con una testa simile a quella del cavallo, una farfalla con ali d’oro e d’argento; o uno di quei bruchi pelosi, color canario, con regolari strisce nere attorno al corpo. Le ore passavano inavvertite, mentre il Dottore le spiegava in chiari e brevi sensi le loro abitudini e particolarità, fino gli usi di molti di essi. — «Questa piccola creatura, di cui tanto ammirate la splendida corazza verde,» diceva, per esempio, «credo che tristamente cadrà dalla vostra stima, quando ne saprete il nome e l’uso che si fa di essa. Non indovinate ora che cosa è?»
— «No,» rispose Lucy. «Non credo di averne mai veduta alcuna finora, almeno non ci ho mai badato.»
— «Questa è un individuo del genere cantaride, o mosca di Spagna, colla quale si fanno i vessicanti. Ed è un perfido animalino; perchè appena lo toccate, spande un odor nauseante e fa il morto. Non è una maraviglia che ogni essere vivente, per quanto piccolo e brutto sia, abbia il suo special fine, e sia provvisto di qualche mezzo di difesa? Ora guardate quest’animaluccio che ha tante gambe e gira così agilmente intorno a sè, e vedete che si rotola come una palla. È la sua difesa contro il pericolo imminente. — Questo lento e disgraziato insettuccio, che appena vi degnate di osservare di giorno chiaro, oso asserire che ha spesso attratto la vostra ammirazione nelle passeggiate serali.»
— «È dunque questo la luccioletta?» domando Lucy.
— «Sì; anche essa fa il morto quando corre pericolo di essere presa, benchè sia estremamente tenace della vita. Una volta feci uno sperimento con una di esse. Prima sopportò la prigionia di una settimana sotto il cristallo, e poi la dimora di tre ore in fondo di un vaso pieno di acqua; e nonostante ne uscì viva: sì che credetti di lasciarla in libertà.»
Riuscì il dottore Antonio perfettamente nel suo intento di far meno lunghe e men gravi a Lucy le sue ore di confinazione a letto. Ella non era mai stanca di far domande; alle quali Antonio rispondeva con un brio che faceva grande onore alla sua pazienza d’istruttore.
Un giorno, appunto dopo una conversazione come questa, Lucy si appoggiava indietro quasi raccolta in profondo pensiero, che il dottore Antonio col suo profondo silenzio parea rispettasse. A che pensava Lucy? o pur aveva ella alcun pensiero? No, ella si godeva proprio uno di quei momenti, ne’ quali il sentimento della vita è una felicità: quando il cielo azzurro, il mare increspato, l’aria dolce, tutto par più azzurro, più splendido, più dolce, di quel che mai non sia apparso per lo innanzi. Gli occhi del dottor Antonio, dal mare sul quale si eran fissati, si volsero svagatamente e si fermarono sul contegno pensieroso della sua compagna. Ancora un momento, ed ella lo guardò: «Vi ho forse stancata?» domandò egli.
— «Ah, no!» disse Lucy in un modo veramente rassicurante. Fra domanda e risposta, la brezza vespertina sopraggiunse ondeggiante, carica dei ricchi profumi degli alberi di arancio e di limone che crescevano nel campicello sotto la finestra. «Che odor delizioso!» esclamò Lucy.
— «Delizioso davvero,» fece eco Antonio: «siete amante dei fiori?»
— «Oh, amantissima,» diss’ella. «Ne aveva una infinità a Davenne, ma niuno di odore per metà così grato come questo delle piante del giardino laggiù.»
— «Se fossi una signorina,» disse Antonio, «son sicuro che un giardino sarebbe il principale mio divertimento.»
— «Pensate così perchè siete uomo,» disse Lucy; «non sapete niente in fatto di signorine; non avete idea di quanto si fa ad esse apprendere — perchè si accorgano poi, come ho fatto io,» aggiunse con lieve rossore, «che non sanno niente.»
— «Quanto a questo,» rispose Antonio ridendo, «sono sicuro che molti giovinotti possono dire altrettanto per conto proprio.»
Vi fu un altro momento di silenzio, poi Lucy tornò al punto da cui era partita: — «M’immagino sempre» disse ella, «che i fiori d’arancio la sera odorino di più.»
— «Non è immaginazione,» rispose il Dottore; «l’arancio e tutti i fiori di forte odore esalano realmente maggior profumo verso il cader del giorno e durante le prime ore dopo il tramonto. Ve ne sono anche, come il gelsomino delle Indie, che, inodoro di giorno, dà odore soavissimo la notte.»
— «Dunque cosa è che dà odore ai fiori? lo sapete voi?»
— «Ve lo mostrerò domani,» diss’egli, «questa sera è troppo tardi? — mi rallegro assai,» proseguì gentilmente, «dell’interesse che mettete in questi argomenti. È cosa buona per ajutarvi a passare questa nojosa confinazione. È incredibile, n’è vero, quale ricca miniera di osservazioni e di maraviglie possiamo trovare, volendo, presso a noi, in un insetto, in una pianta, e perfino in un fil d’erba?»
Lucy si fece rossa in faccia, mentre l’Italiano parlava; e stendendogli la mano, disse: «Quanto vi sono obbligata!» Antonio rise di cuore della strana idea, e disse un addio in gran fretta. Lasciata a sè, Lucy guardò lungamente il mare, le cui tremule linee distanti, illuminate, negli ultimi minuti della visita di Antonio, dall’aurea luce del cielo, rapidamente svanivano nei morenti raggi dell’orizzonte, e mentre così guardava, pareva ascoltasse come se l’inarticolato linguaggio di quell’immensa creazione — dolce come un sospiro — quella sera rispondesse alle tacite domande del suo cuore. Cielo, mare e giardino avevano perduto ogni colore, movimento e forma; pure Lucy continuava a guardare nelle tenebre.
— «Lucy, mia carina, perchè,» esclamò sir John aprendo la porta con un lume in mano, «così al bujo, e sola?»
— «Sì, papà, dopo partito il dottor Antonio, mandai la povera Hutchins a fare una passeggiata.»
Sir John si accostò vicino al letto pur col lume in mano:
— «Vedete, Lucy, mi sono quasi incapricciato di questa strana forma di lucerna. La donna di casa ha detto a John che si possono avere in Genova di argento. Ne voglio alcune per riportarle a casa con noi.» — E sir John mostrò a Lucy l’oggetto della sua ammirazione, uno dei lumi comunemente usati in Italia: — un globo di bronzo per l’olio, con tre becchi, di un piede molto sottile, che passando per il centro era terminato in cima da un manico, di sotto al quale pendeva la catena collo spegnitojo e una spilla per attizzare il lucignolo.
— «È proprio bello, papà.» Gli occhi di sir John si diressero alla faccia di sua figlia, mentre ella rivolgevasi verso la lampada, ed esclamò: «Che bell’aspetto avete questa sera, Lucy! Oggi non vi ho sentito tossire.»
— «Oh! la mia tosse mi ha lasciata per questi due ultimi giorni,» rispose Lucy: «l’aria di questo luogo mi fa tanto bene.»
— «Penso che sì,» osservò il padre compiacendosi; «tuttavia non s’ha a prender troppo anche di una buona cosa,» aggiunse chiudendo la finestra.
La mattina seguente il dottor Antonio portò a Lucy un ramoscello di fiori d’arancio, con i suoi puri bianchi calici nascosti fra le lucide foglie di un verde-cupo. — «Ecco che vi presento,» diss’egli, «cosa che può ben dirsi la corona delle nostre rive.»
— «La bella cosina!» disse Lucy indirizzandosi al fiore ch’ella prendeva in mano. Poi aspirandone soddisfatta l’odore: «ditemi ora da dove viene questa fragranza?»
Antonio distaccò dal fiore uno dei suoi grossi petali bianchi, e facendoglielo tenere fra lei e la luce: — «Vedete voi quelle puntine trasparenti nel suo tessuto?» domandò egli.
— «Sì.»
— «Or dunque» aggiunse, «ecco da dove viene la fragranza. Ciascuna di queste diafane macchiuzze è una diminutiva bottiglia d’odore; contiene una particella dell’olio di essenza che profuma il fiore, come voi potreste profumare la vostra guardaroba con una capsuletta di essenza di rose.»
— «Quale maraviglia!» esclamò la giovinetta con diletto: «quanto sono contenta di saperlo!»
Egli allora tagliato un pezzettino di buccia d’arancio le mostrò ch’era pieno di piccoli vasellini d’olio della stessa sorta. — «È proprio così,» disse Lucy; «ma tutti i fiori odorosi sono allo stesso modo?»
— «Sì, ed anche molte foglie verdi. Quelle del mirto, per esempio, hanno ricettacoli della stessa sorta.»
— «Io ho pensato sempre,» disse Lucy, «che l’odore stesse in questi fiocchetti di polvere;» e segnò le antere.
— «Essi servono ad un uso affatto diverso,» rispose egli: e le disse i nomi e gli usi delle diverse parti di un fiore.
— «Non mi ricorderò certo di tutto questo!» osservava Lucy con una mesta scossa di capo.
— «Ve lo scriverò, se realmente lo desiderate rammentarlo,» disse Antonio.
— «Oh sì, dottor Antonio; fatelo, e vi ripeterò domani la mia lezione.» La vivacità di aspetto della bella parlatrice fece dire a lui: «Voi avete disposizione per la botanica, vedete.»
— «Botanica!» sclamò Lucy; oh, no! non posso soffrire nemmeno il nome di botanica con le sue difficili parole scientifiche; ma mi piace sentirvi discorrer di fiori.»
— «Bene,» disse Antonio sorridendo; «ci occuperemo di fiori, e solo de’ vostri fiori prediletti. Suppongo che non avrete difficoltà, portandovene io alcuni più rari del solito, a leggere ciò che ne dicono i libri; perchè, vi avverto, le mie cognizioni su questa materia non si estendono molto innanzi.»
— «Abbastanza però per dirmi quel che desidero sapere,» disse Lucy. «Ma se vi stancate d’insegnarmi, allora penso che mi sarà necessario qualcuno de’ vostri terribili libri scientifici.»
Da quel giorno in poi i fiori divennero l’occupazione favorita di miss Davenne; e i più utili ausiliarii di Antonio nella sua gentile impresa. Le riuscivano dilettevoli quelle lunghe conversazioni, nelle quali egli le spiegava il misterioso procedere della natura, e la sapientissima distribuzione delle qualità accordate ai vegetali per rapporto alle creature animali; la somiglianza e la dissomiglianza esistente fra i due regni, e il vincolo che li congiunge in un gran tutto.
Avvenne ora che Antonio si presentò la sera durante una pioggia violenta. — «Guardate,» diss’egli spingendo il letto di Lucy più presso alla finestra, affinchè potesse dare un’occhiata agli alberi che stavano all’estremità opposta del giardino; «guardate che banchetto per gli alberi e le piante! come le foglie stan ritte e bevono ogni goccia che cade!»
— «Quale singolarità,» disse Lucy, «sentirvi a parlare di piante come se fossero esseri viventi, respiranti, bevitori, e — che altro? — fors’anco mangiatori;» ed ella rideva.
— «Perchè no,» osservò Antonio con uno di que’ suoi cheti sorrisi mezzo sarcastici. «Pare che fra tutti i fiori che adornan la terra, desideriate ritener esclusivamente per le signorine il privilegio di mangiar ostriche e distrugger beefsteaks. Permettete vi dica, che alcuni de’ vostri rivali del giardino, consumano ora solido cibo.»
— «Oh, dottor Antonio!» esclamò sorridendo, «che intendete dire con ciò?»
— «Parlo sul serio,» diss’egli. «La Dionea, comunemente chiamata Venere, piglia-mosche, ha foglie armate di piccole spine capillari. Quando un insetto tocca la foglia, la foglia si chiude stringendo le sue filamenta insieme come dita chiuse, tien ferma la sua preda, nè si apre finchè l’insetto non sia sparito. Più ancora; si è provato lo sperimento di nutrire la Dionea con pezzettini di carne cruda.»
— «Carne cruda!» ripetè la signorina con disgusto.
— «Sì, davvero, carne cruda! e le foglie si chiusero allo stesso modo, e quando si riaprirono la carne era sparita — divorata.»
— «Orrida Dionea!» sclamò Lucy. «Non ne voglio più tenere in giardino. Un fiore mangiar carne cruda! Potrebbe nello stesso tempo esser cannibale.»
Da principio il dottor Antonio non si era proposto lo scopo d’istruire, ma solo di provvedere la giovane malata, inchiodata in letto, di que’ piccoli divertimenti che ella poteva intendere e gustare. Ma la rapidità di lei nel capire le spiegazioni, e la facilità dell’apprenderle, riuscirono tuttavia a tirarlo più in là di quello che avesse pensato; e alla fine si trovò condotto a darle regolarmente lezioni di botanica, e spesso a scrivere un ristretto delle fatte conversazioni per l’allievo riconoscente. In questo modo Lucy divenne presto padrona di una piccola provvista di cognizioni botaniche, acquistate senza sforzo e quasi senza accorgersene. E quando il Dottore le pose innanzi un di que’ libri dalla forma scientifica, poco addietro tanto odiati, ella trovò che gran parte del suo contenuto le era di già famigliare; e quando le disse di provarsi a classificare ora una, ora un’altra pianta da sè stessa, e ci riuscì di fatto, sarebbe stato difficile il dire se fosse in lei maggiore il piacere o la maraviglia. E Lucy riguardava il suo istruttore come un luminare di scienza, e probabilmente lo credette il più sapiente uomo del mondo.
Una mattina, Lucy, con infinita maraviglia sentì qualcuno a cantare al suono della chitarra nella camera della Hutchins. — Dev’essere il dottor Antonio, non può esser altri:» «Bravo!» esclamò; «non vorrà il misterioso trovatore mostrare il viso?»
— «Ora, miss Davenne,» disse Antonio entrando in camera con la chitarra sospesa a traverso le spalle — «voi più non crederete che manchi di cortesia.» Ella si mostrava molto maravigliata. «Oh! non lo negate; voi sapete che in ogni sera passata avete aspettato una serenata. Sarebbe stato troppo gran male, che in Italia una signorina non avesse incontrato banditi, o avuto serenata. Avete dunque avuto la serenata; e di giorno chiaro per di più, ciò che rende la cosa più piccante.»
— «Confessate, dottor Antonio, che credete le signorine gran pazzerelle,» disse Lucy ridendo.
— «Perchè ciò?» disse ridendo anch’egli.
— «Perchè supponete che si aspettino sempre qualche sciocchezza o qualche stravaganza, come se fossero gran che differenti da voi.»
— «Nemmen per ombra. Non vi son forse di fatto banditi e serenate, e non è forse naturale nella gioventù l’amore delle avventure? Per parte mia, quand’era all’età vostra, avrei pagato non so che cosa per qualunque caso commovente, in terra o in mare; e i romanzi della signora Radcliffe sono un nonnulla a petto di quelli che mi creavo nella fantasia.»
— «Come! voi che parete così serio!»
— «Sì, proprio, io stesso, così tranquillo come sono. Ma intanto non dite nulla del mio canto?»
— «Giusta, stava per dirvi quanto mi sia riuscito grato; è così semplice e pieno di affetto.»
— «È vero, è una delle mie favorite arie siciliane. Oggi son venuto coll’intenzione d’insegnarla a voi.»
— «Ma io non posso suonar la chitarra.»
— «Ma voi potete imparare, non vi è circostanza miglior di questa. Siete disposta a prender ora la vostra prima lezione?»
Lucy era tutta impaziente d’incominciare. Antonio le insegnò a tener lo strumento, e il moto delle dita di una mano sui tasti, e dell’altra sulle corde. Dopo la lezione, a richiesta di Lucy, terminò la canzone che aveva soltanto incominciato prima; ed era una bella canzone, che le piacque assai.