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nemmeno il nome di botanica con le sue difficili parole scientifiche; ma mi piace sentirvi discorrer di fiori.»

— «Bene,» disse Antonio sorridendo; «ci occuperemo di fiori, e solo de’ vostri fiori prediletti. Suppongo che non avrete difficoltà, portandovene io alcuni più rari del solito, a leggere ciò che ne dicono i libri; perchè, vi avverto, le mie cognizioni su questa materia non si estendono molto innanzi.»

— «Abbastanza però per dirmi quel che desidero sapere,» disse Lucy. «Ma se vi stancate d’insegnarmi, allora penso che mi sarà necessario qualcuno de’ vostri terribili libri scientifici.»

Da quel giorno in poi i fiori divennero l’occupazione favorita di miss Davenne; e i più utili ausiliarii di Antonio nella sua gentile impresa. Le riuscivano dilettevoli quelle lunghe conversazioni, nelle quali egli le spiegava il misterioso procedere della natura, e la sapientissima distribuzione delle qualità accordate ai vegetali per rapporto alle creature animali; la somiglianza e la dissomiglianza esistente fra i due regni, e il vincolo che li congiunge in un gran tutto.

Avvenne ora che Antonio si presentò la sera durante una pioggia violenta. — «Guardate,» diss’egli spingendo il letto di Lucy più presso alla finestra, affinchè potesse dare un’occhiata agli alberi che stavano all’estremità opposta del giardino; «guardate che banchetto per gli alberi e le piante! come le foglie stan ritte e bevono ogni goccia che cade!»

— «Quale singolarità,» disse Lucy, «sentirvi a parlare di piante come se fossero esseri viventi, respiranti, bevitori, e — che altro? — fors’anco mangiatori;» ed ella rideva.

— «Perchè no,» osservò Antonio con uno di que’ suoi cheti sorrisi mezzo sarcastici. «Pare che fra tutti i fiori che adornan la terra, desideriate ritener esclusivamente per le signorine il privilegio di mangiar ostriche e distrugger beefsteaks. Permettete vi dica, che alcuni de’ vostri rivali del giardino, consumano ora solido cibo.»

— «Oh, dottor Antonio!» esclamò sorridendo, «che intendete dire con ciò?»

— «Parlo sul serio,» diss’egli. «La Dionea, comunemente chiamata Venere, piglia-mosche, ha foglie armate di piccole spine capillari. Quando un insetto tocca la foglia, la foglia si chiude stringendo le sue filamenta insieme come dita chiuse, tien ferma la sua preda, nè si apre finchè l’insetto non sia sparito. Più ancora; si è provato lo sperimento di nutrire la Dionea con pezzettini di carne cruda.»