Il Mercante di Venezia/Atto quarto
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ATTO QUARTO
SCENA I.
Venezia. — Un tribunale.
Entrano il Doge e i Magnifici; Antonio, Bassanio, Graziano, Salarino, Salanio ed altri.
Dog. Antonio è qui?
Ant. Così piaccia a Vostra Grazia.
Dog. Me ne duole per te. Tu hai a fare con un avversario inflessibile come il marmo, con uno sciagurato incapace di pietà, nel cui cuore non sta dramma di misericordia.
Ant. So che Vostra Grazia volle assumersi molti fastidi per cercar di moderare il rigore suo; ma poichè egli rimane inesorabile, nè vi è alcun mezzo che valga a sottrarmi al suo abbonimento, io opporrò la mia pazienza al suo cruccio, e sono pieno di coraggio per soffrire.
Dog. Andate e fate entrare l’ebreo.
Salar. Ei sta alla porta e viene oltre, signore.
(entra Shylock)
Dog. Fategli posto e lasciatelo venire dinanzi a noi. — Shylock, tutti pensano, ed io ancora, che tu non vorrai condurre che fin presso al suo ultimo termine la tua strana malizia, e che allora la clemenza tua e la tua pietà sorpasseranno la efferatezza che ora mostri; onde, invece di esiger la pena dell’obbligazione, vorrai non solo ristartene, ma rimettere eziandio a questa povero mercante una metà del suo debito, gettando uno sguardo di compassione sulle sue sventure. Esse sono tali che commuoverebbero una rupe e farebbero piangere i Turchi e i Tartari, le di cui alme feroci non conobbero mai le dolcezze della beneficenza. Aspettiamo da te una risposta favorevole, ebreo.
Shy. Ho partecipate le mie risoluzioni a Vostra Grazia, ed ho giurato pel santo giorno del sabbato di ottenere piena soddisfazione. Se voi me la rifiutate, possa tale ingiustizia ricadere sulla libertà della vostra Repubblica! Mi chiederete forse perchè mi piaccia più di prendere una libbra di carne corrotta, che tremila ducati? A questo non saprei altro rispondere se non che è un pensier mio, e questa ancora parmi una risposta. Se un topo mi rode la casa non posso io dare dieci mila ducati per avvelenarlo? Non è questa una risposta? Sonvi alcuni che non amano di vedere un maiale di latte colla gola aperta; altri che infuriano scorgendo un gatto; altri anche che al suono nasale della cornamusa non possono ritenere l’urina. Tale è la forza della simpatia e dell’antipatia che influiscono sovranamente sui piaceri e sulle ambascie degli uomini. Torno alla mia risposta. Nel medesimo modo che non vi è alcuna ragione perchè taluno non possa tollerare un maiale colla gola aperta, tal altro un gatto, animale innocente e necessario, tal altro una cornamusa che si enfia, essendo tutti costretti di cedere a un impulso così invincibile come è quello dell’offendere allorchè si è ricevuta un’offesa; nel modo stesso non posso, ne vuo’ dare altre ragioni per la continuazione di un piato sì oneroso per me, che una certa avversione, un odio intimo che provo verso Antonio. Siete pago della mia risposta?
Bas. Questa non è una risposta, uomo insensibile, che valga ad iscusare la tua crudeltà.
Shy. Non assunsi di dare una risposta che piacesse.
Bas. Forsechè tutti gli uomini uccidono quello che non amano?
Shy. Si può odiare senza desiderare la morte dell’oggetto odiato?
Bas. Ogni offesa non ingenera odio.
Shy. Vorresti che un serpente ti pungesse due volte?
Ant. Riflettete, ve ne prego, che parlate ad un ebreo; tanto varrebbe che andaste sulla riva per dire al mare di abbassare l’altezza de’ suoi flutti; o chiedeste al lupo perchè ha fatto belar l’armento dopo divorati gli agnelli; o voleste che i pini delle montagne non iscuotessero le loro cime fragorosamente, allorchè sono investiti dagli uragani. Verreste a termine dell’impresa più difficile prima che ammollire (perocchè qual cosa v’ha di più duro?) il cuor di un ebreo. Cessate di fargli vane offerte, ve ne supplico, non tentate alcun mezzo; e senza indugi, ch’io subisca il mio giudizio e s’abbia costui quel che dimanda.
Bas. Invece di tremila ducati eccone sei mila.
Shy. Se ognuno di questi sei mila ducati fosse diviso in sei parti, ed ogni parte fosse un ducato, non li prenderei; voglio soddisfazione.
Dog. Come spererai tu di essere perdonato se non perdoni?
Shy. Qual giudizio dovrei io temere se non faccio male ad alcuno? Voi avete qui un gran numero di schiavi che impiegate come giumenti, cani o muli nelle opere più vili, perchè li avete comprati. Vi dirò io: «rendete loro la libertà, fate loro sposare le figlie vostre; perchè sudano essi sotto i gravi pesi? Date loro letti molli come i vostri. I loro palati siano leniti da vivande eguali a quelle che voi mangiate». Voi a ciò mi rispondereste, che quegli schiavi son vostri. Io vi dico del pari che la libbra di carne che da lui esigo mi appartiene; l’ho pagata molto caro, e la voglio. Se voi non fate ragione alla mia richiesta, onta alle vostre leggi. Non vi sarà più forza nei decreti del Senato di Venezia. — Aspetto che mi rendiate giustizia. Parlate, l’otterrò io?
Dog. Il mio potere mi autorizza a differire la decisione fino all’arrivo di Belario, dotto giureconsulto che feci chiamare e che giungerà oggi.
Salar. Signore, sta alla porta un messaggiere arrivato da poco da Padova con lettere del dottore.
Dog. Dateci coteste lettere e chiamate il messaggiere.
Bas. Spera, Antonio; abbi coraggio. L’ebreo avrà la mia carne; il mio sangue, le mie ossa ed ogni altra mia cosa, prima che tu versi una sola goccia del tuo sangue.
Ant. Sto fra l’armento come pecora lebbrosa sacrata a morte. Il frutto più debole cade primo; lasciatemi del pari subire la mia sorte. Non avete nulla di meglio a fare, Bassanio, che vivere e comporre il mio epitaffio. (entra Nerissa vestita da scrivano di avvocato)
Dog. Venite voi da Padova per parte di Belario?
Ner. Sì, mio signore, e Belario saluta Vostra Grazia. (dandogli una lettera)
Bas. Perchè aguzzi tu il tuo coltello con tanto ardore?
Shy. Per tagliare quello che mi deve questo fallito.
Graz. Oh duro ebreo! non è sul cuoio, ma sull’anima che aguzzi il tuo coltello; non vi è arma, neppur quella del carnefice, che sia più acuta dell’odio tuo. Le preghiere non possono esse commuoverti?
Shy. Non hai bastante spirito per farne di tali.
Graz. Possa tu andar dannato in inferno, cane inesorabile! La giustizia sia tassata d’empietà per averti lasciato in vita! Tu mi hai quasi fatto vacillare nella mia fede: e sono stato in procinto di abbracciare l’opinione di Pitagora e di credere con lui, che gli spiriti degli animali passino nei corpi umani; la tua anima da mastino albergava in un lupo ucciso pe’ suoi omicidii, e quell’anima perversa allorchè tu stavi nel ventre dell’immonda tua madre passò nel tuo seno. I tuoi desiderii son quelli di un mostro feroce, e al par di lui tu non sei avido che di sangue.
Shy. Finchè non cancellerai la firma dell’obbligazione che posseggo non farai che stancare i tuoi polmoni invano. Calma il tuo spirito, mio giovine, nol profondere inutilmente. Aspetto giustizia.
Dog. Questa lettera di Belario raccomanda alla nostra Corte un giovine e dotto giureconsulto. Dov’è?
Ner. Sta di fuori aspettando per sapere se volete riceverlo.
Dog. Con tutto il cuore: tre o quattro di voi vadano ad incontrarlo, e lo preghino di venire al suo posto. Intanto io vi metterò a parte tutti, signori, della lettera di Belario.
(Lo scrivano legge) «Vostra Grazia saprà che al ricevere della sua lettera io mi trovai infermo: e nel medesimo istante in cui giunse il vostro messaggiere, un giovane dottore di Roma, chiamato Baldassare, arrivò da me. L’ho istruito de’ particolari del processo pendente fra l’ebreo e il mercante Antonio. Noi abbiamo consultato insieme molti libri: ed egli ha il parer mio. La scienza ch’esso possiede e che io non saprei abbastanza lodare, vi aggiungerà un nuovo peso; a mia istanza appagherà in vece mia l’inchiesta di Vostra Altezza. Vi supplico in grazia perchè la sua troppa giovinezza non gli tolga la stima o il rispetto che merita, perocchè non vidi mai corpo sì giovine unito a testa sì matura. Lo raccomando alla vostra bontà, e son sicuro che quando lo conoscerete, gli renderete giustizia».
Dog. Voi udite quello che scrive quel dotto; ed ecco, penso, l’avvocato. (entra Porzia vestita da avvocato) Datemi la vostra mano: venite voi per parte del vecchio Belario?
Por. Sì, signore.
Dog. Siete il ben giunto: assidetevi. Conoscete il litigio che assorbe l’attenzione di questo consesso?
Por. Sono istruito di tutta la causa. Qual è il mercante e qual è l’ebreo?
Dog. Antonio e Shylock, avvicinatevi.
Por. È il nome vostro Shylock?
Shy. Shylock è il mio nome.
Por. Il processo che avete iniziato è stranissimo. Nullameno l’avete condotto in modo che le leggi di Venezia non possono interromperlo. — Voi correte rischio di essere sua vittima; non è così? (ad Ant.)
Ant. Sì; così ei dice.
Por. Riconoscete voi l’obbligazione?
Ant. La riconosco.
Por. Convien dunque che l’ebreo sia misericordioso.
Shy. Chi potrebbe costringermi ad esserlo? Ditemelo.
Por. Il carattere della compassione è di non esser forzata; essa si spande come la dolce pioggia del cielo e produce una doppia felicità: la felicità di quegli che dà e di colui che riceve. È nel potere, il poter maggiore: e si addice al monarca sul trono meglio assai del suo diadema. Il suo scettro mostra la forza della sua autorità temporale; è l’attributo della venerazione e della maestà; ma la clemenza è al di sopra del potere congiunto allo scettro; ed ha il suo trono nel cuore dei re. La misericordia è una delle doti di Dio, e le potenze della terra si ravvicinano tanto più a Dio, quanto più sanno unire la clemenza alla giustizia. Onde, ebreo, sebbene la giustizia sia il fondamento del piato che muovi, pensa che seguendo solo il rigore della giustizia, alcuno di noi non potrebbe sperar salute: noi preghiamo per ottenere clemenza, e questa medesima prece c’insegna ad essere pii cogli altri. Io mi allungai sopra questo soggetto a fine di temperare il tuo rigore, nel quale, se perseveri, sarà forza al Senato di emanare un decreto contro questo mercante.
Shy. Le mie azioni ricadano sulla mia testa! Reclamo la legge, e vuo’ che s’adempiano le clausole del patto.
Por. Non può egli pagarti?
Bas. Sì, gli offro qui davanti a quest’assemblea il doppio della sua somma. Se non basta m’obbligo a pagargli dieci volte la somma stessa, sotto pena di perdere le mani, la testa e il cuore. Se tanto non vale a soddisfarlo, è manifesto che è la malvagità che opprime l’innocenza, e vi scongiuro di far piegare la legge sotto la vostra autorità. Commettete una lieve ingiustizia per fare una giustizia grande; rigettate la dimanda di questo demonio crudele.
Por. Non vi è autorità a Venezia che possa mutare un decreto sancito. Un tale esempio varrebbe ad introdurre mille abusi nello Stato. Ciò non può essere.
Shy. È un Daniele venuto per giudicarne! Sì, un Daniele! Oh giovine e savio giudice, come io ti onoro!
Por. Ve ne prego, lasciatemi vedere il vostro contratto.
Shy. Esso è qui, reverendo dottore: eccolo.
Por. Shylock, ti si offre tre volte la tua somma.
Shy. Un giuramento, un giuramento, ho fatto un giuramento dinanzi al Cielo! debbo io divenire spergiuro nell’anima mia! No, per tutta Venezia!
Por. L’indugio fatale è spirato, e l’ebreo ha diritto di esigere una libbra di carne tagliata vicino al cuore del mercante. Lasciati commuovere; prendi il triplo della somma, e permetti ch’io stracci la polizza.
Shy. Sì, quando sarà pagata secondo il suo tenore. E’ sembra che voi siate un giudice integro, e che conosciate la legge: voi avete giudiziosamente esposto il caso; ond’io vi supplico in nome di questa legge di cui siete, un degno appoggio, di procedere alla sentenza. Giuro sulla mia anima che lingua d’uomo non perverrà mai a farmi mutare: e aspetto che si adempia il contratto.
Ant. Io pure supplico l’assemblea di profferire la sua sentenza.
Por. Ebbene, conviene che prepariate il vostro seno a ricevere il suo coltello.
Shy. Oh nobile giudice! Oh eccellente giovine!
Por. Perocchè l’intento e lo scopo della legge son qui manifesti; e forz’è che le condizioni della cedola si adempiano.
Shy. È giusto, è giusto: oh buono e savio giudice! Quanto più vecchio sei che nol rassembri!
Por. Scopriti dunque il seno. (ad Ant.)
Shy. Sì, il seno; la polizza lo dice, non è vero, nobile giudice? Vicino al suo cuore; son le vere parole.
Por. Appunto; avete qui le bilancie per pesar la carne?
Shy. Le ho.
Por. Convien che abbiate ancora qualche chirurgo a vostre spese per fasciargli la piaga, per tema ch’ei non perda il sangue tanto da morirne.
Shy. È ciò espresso nel patto?
Por. No, ma non vale. Sarebbe bene che lo faceste per carità.
Shy. Non son del vostro avviso, non essendo ciò espresso nel patto.
Por. Avvicinatevi, mercante; avete qualche cosa da dire?
Ant. Poche cose: son pronto e armato di coraggio. Datemi la vostra mano, Bassanio. Addio, non vi affliggete dell’estremità a cui son ridotto: perocchè in ciò la fortuna si mostra più mite che non suole. Ella ha sempre costume di lasciare gli sfortunati sopravvivere ai loro beni per vedere con occhi infossati, e fronte piena di rughe, una vecchiezza di miserie: e me libera invece dai languori di quello spaventoso stato. — Parlate di me alla vostra nobile sposa: raccontatele questi avvenimenti che han causata la morte di Antonio; ditele quant’io vi amava; dipingetemi morente con coraggio, e finito il vostro racconto giudichi ella se Bassanio ebbe un amico. Non vi pentite della cagione che vi fa perdere l’amico vostro, com’ei non si pente di dover riempiere il debito che per cagion vostra ha contratto; perocchè se l’ebreo immerge troppo profondamente il suo coltello io lo pagherò con tutto il mio cuore.
Bas. Antonio, io ho sposato una donna che mi è più cara della vita; ma la mia vita, la mia donna e tutto il mondo non mi sarebbero così preziosi come i vostri giorni. Acconsentirei a perder tutto, sì, ad immolar tutto a questo demonio, per riscattarvi.
Por. Vostra moglie non vi ringrazierebbe molto di questa offerta, se l’udisse.
Graz. Io pure ho una donna che amo, e nondimeno vorrei ch’ella fosse in Cielo, onde intercedere appresso a qualche potenza, per mutare il cuore a questo dannato ebreo.
Ner. Fate bene a dir ciò lontano da lei; senza di questo il vostro voto potrebbe turbar la pace domestica.
Shy. (a parte) Ecco cosa sono gli sposi cristiani: ho una figlia che avrei piuttosto accoppiata con un rampollo della stirpe di Barabba che con uno di costoro! — Signori, noi gettiamo il tempo: si pronunzi la sentenza.
Por. Una libbra di carne di questo mercante, è tua; la Corte te la dà, e la legge te l’aggiudica.
Shy. Integrissimo giovane.
Por. E tal carne devi tagliar dal suo seno, come la legge vuole, e la Corte concede.
Shy. Sapientissimo giudice! Nobile è la sentenza. — Su via, apparecchiati.
Por. Fermati anche un poco; vi è qualch’altra cosa. — Questa obbligazione non ti concede una stilla di sangue; le parole dicono espressamente una libbra di carne. Prendi quel che ti è dovuto; prendi la tua libbra di carne; ma se tagliandola versi una sola goccia di sangue cristiano, le leggi di Venezia vogliono la confisca delle tue terre e dei tuoi beni, a profitto della Repubblica.
Graz. Oh integro giudice! Vedi, giudeo, quanto dotto è questo giudice.
Shy. È tale la legge?
Por. Tu stesso la leggerai. Poichè vuoi che ti si renda pronta giustizia, ne avrai più che non desideri.
Graz. Oh dotto giudice! Bada, ebreo, alla dottrina di questo sapiente!
Shy. In tal caso accetto l’offerta: mi si paghi tre volte la somma che debbo avere, e si rimetta in libertà il cristiano.
Bas. Ecco il danaro.
Por. Fermatevi! l’ebreo deve ottenere piena giustizia: non vi affrettate. Le condizioni della cedola debbono essere esattamente riempite.
Graz. Oh giudeo! Qual retto giudice, qual giudice istrutto!
Por. Onde preparati a tagliar la carne senza versare il sangue: e a tagliarne nè più nè meno di una libbra. Se più o meno ne prendi, quand’anche non fosse che la ventesima parte di uno scrupolo; se solo la bilancia si piega per la differenza di un capello, tu muori, e tutte le tue terre sono del fisco.
Graz. Un secondo Daniele, un Daniele, ebreo! Ora, infedele, ti ho preso.
Por. Perchè si arresta il giudeo? Prendi quel che ti è dovuto.
Shy. Datemi la mia somma, e me ne vo.
Bas. L’ho qui pronta per te; eccola.
Por. Ei l’ha rifiutata in presenza della Corte: e gli si renderà pura e semplice giustizia secondo il tenore del suo patto.
Graz. È un Daniele, dico io, è un altro Daniele! Ti ringrazio, giudeo, d’avermi insegnate queste parole.
Shy. Come! Non avrò neppure la mia somma?
Por. Non avrai che quello che esigevi nell’obbligazione; e lo puoi prendere a tuo pericolo, ebreo.
Shy. Lascio al diavolo la cura di ricompensarvi; non perderò altro tempo.
Por. Fermati; la legge vanta diritti sopra di te. Sta scritta negli statuti di Venezia, che allorchè uno straniero attenta con vie dirette, o indirette alla vita di un cittadino, la metà de’ suoi beni diviene di questo, l’altra metà entra negli scrigni dello Stato; e il Doge solo può fargli grazia, quali che si siano tutti gli altri voti. Tu versi in simile caso; è manifesto che tu ti sei adoperato direttamente e indirettamente alla perdita di Antonio, onde incorresti nelle pene comminate, e non puoi ottenere mercede che dalla clemenza del nostro principe.
Graz. Chiedi che ti sia concesso di appenderti da te; e avvegnachè i tuoi beni appartengono alla Repubblica e non ti rimane di che comprare una corda, sarai appiccato a spese dello Stato.
Dog. Perchè tu vegga qual’e la differenza dei nostri cuori, non aspetterò che mi chiedi la vita per accordartela. Quanto ai tuoi beni, sebbene appartengano ad Antonio ed allo Stato, non ti si imporrà che una lieve ammenda, se ti conformi al tutto di buon grado.
Por. Sì, per lo Stato, ma non per Antonio.
Shy. Prendetemi dunque anche la vita. Non è questo un perdonare: voi mi togliete la mia famiglia, allorchè mi togliete la sua sussistenza. Voi mi togliete la vita quando mi private dei mezzi di alimentarla.
Por. Che cosa gli concede la vostra pietà, Antonio?
Graz. Una corda gratis; e null’altro, in nome di Dio!
Ant. Chiederò al Doge e alla Corte, che gli si lasci la metà dei suoi beni senza esigere ammenda. Soddisfatto sono, purchè ei mi dia modo di disporre dell’altra metà, per renderla, alla sua morte, al giovine che ha rapita sua figlia. Tutto ciò con due condizioni: la prima che per meritar questo favore ei si farà cristiano tosto; l’altra che farà una donazione in presenza di questa assemblea, mercè la quale tutto quello che gli appartiene passerà dopo la sua morte al suo genero Lorenzo, ed alla figlia sua.
Dog. Egli accetterà, o revoco il perdono che ho concesso.
Por. Sei contento, ebreo? Che rispondi?
Shy. Sono contento.
Por. Scrivano, stendi l’atto della donazione.
Shy. Ve ne prego, lasciatemi escire; non istò bene. Steso che sia l’atto, mandatemelo a casa che lo sottoscriverò.
Dog. Vattene, ma attendi al patto.
Graz. Tu avrai due padrini al tuo battesimo: ma s’io fossi stato giudice ne avresti avuti dieci di più per condurti al patibolo, anzichè ai sacri fonti. (esce Shy.)
Dog. Signore, vi supplico di venirne a pranzo con me.
Por. Prego Vostra Grazia di scusarmi; ma convien che vada questa notte a Padova, e che parta tosto.
Dog. Mi duole che non abbiate tempo. — Antonio, onorate questo gentiluomo, a cui par mi abbiate grandi obbligazioni. (esce coi Magnifici e il seguito)
Bas. Degnissimo gentiluomo, voi avete oggi strappato colla vostra saviezza il mio amico e me a gravi tormenti. È di gran cuore che paghiamo i vostri servigi coi tre mila ducati ch’erano dovuti all’ebreo.
Ant. E rimarremo sempre vostri debitori; noi vi consacriamo la nostra affezione e i nostri servigi.
Por. Si è abbastanza pagati, allorchè si è contenti; io lo sono d’avervi ricompro, e in questo piacere trovo la mia ricompensa; la mia anima non fu mai venale. Vi prego soltanto di riconoscermi allorchè ci avverrà d’incontrarci. Siate felice! Io mi accomiato da voi.
Bas. Signore, convien ch’io insista di più; ricevete qualche memoria nostra come un tributo, e non come un salario. Concedetemi due cose, ve ne prego, non le negate, e perdonatemi.
Por. Mi fate tanta istanza, che mi arrendo. Datemi i vostri guanti, li porterò in memoria di voi: e per segnale di vostra amicizia prenderò ancora quest’anello. Non ritirate dunque la mano: non prenderò nulla di più: e per amore cotesto non mi negherete.
Bas. Questo anello, buon signore..... oimè! è un nonnulla e arrossirei di offerirvelo.
Por. Non vuo’ altro che quell’anello, e ho gran desiderio di averlo.
Bas. Esso ha in sè un prezzo ben superiore al valor suo. Vi farò cercare il più bell’anello di Venezia, e ve ne darò, ma questo, perdonatemi, nol posso.
Por. Veggo, signore, che siete liberale in offerte: voi mi insegnate prima a dimandare, e m’insegnate ora come va risposto a chi domanda.
Bas. Buon signore, quest’anello mi fu dato da mia moglie, e quando ella il pose al mio dito mi fece giurare di non mai staccarlo da me.
Por. Tale scusa libera molti uomini dalla fatica di dover donare. A meno che vostra moglie non sia demente, allorch’ella saprà quanto ho meritato quest’anello, essa non vi farà un delitto di avermelo dato. — Bene, la pace sia con voi. (esce con Ner.)
Ant. Signor Bassanio, dategli quell’anello; i suoi servigi, la mia amicizia bilancino il comando di vostra moglie.
Bas. Va, Graziano, corri, cerca di raggiungerlo, dagli l’anello e conducilo se puoi da Antonio. Va, sii sollecito (Graz. esce). Andiamocene anche noi intanto, e dimani appena aggiorni corriamo a Belmont. Vieni, Antonio. (escono)
SCENA II.
La stessa. — Una strada.
Entrano Porzia e Nerissa.
Por. Chiedi dov’è la casa dell’ebreo, e dagli, quest’atto da firmare. Noi partiremo stasera, e giungeremo un giorno prima dei nostri mariti. Questa donazione piacerà a Lorenzo. (entra Graziano)
Graz. Siate il ben trovato, signore. Bassanio, dopo più maturo esame, vi manda quest’anello, e vi supplica di tenergli compagnia a desinare.
Por. Non posso. Lo ringrazio dell’anello, e vi prego di dirgli che l’accetto di cuore. — Insegnate adesso, se non vi dispiace, al mio giovine la casa del vecchio Shylock.
Graz. Di buon grado.
Ner. Signore, vorrei parlare con voi — (a Por.) Vuo’ cercare di aver io pure da mio marito la gemma che gli feci giurare di conservar sempre.
Por. Ci riescirai, te ne assicuro. Essi poi ne giureranno che hanno dati i loro anelli ad uomini come loro; ma noi li smentiremo, e proveremo ad essi il contrario. Su via, affrettati; tu sai dove ti aspetterò.
Ner. Venite, buon signore; volete indicarmi la casa che cerco? (escono)