Il Fiore delle Perle/18. Una notte terribile
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Capitolo XVIII
Una notte terribile
La fanfaronata di Pandaras, tale almeno la credevano gli assediati, non aveva avuto altro seguito, non avendo i pirati, durante quella seconda giornata, tentato nessun nuovo assalto.
Pareva anzi che scoraggiati da quei due insuccessi avessero abbandonata definitivamente la pericolosa impresa che era costata loro una dozzina di uomini, non essendosi più mostrati nè sulla lingua di terra, nè sul margine del bosco.
Anzi Pram-Li, che era salito sulle spalle di Hong per abbracciare maggior orizzonte, non era riuscito a scorgerne alcuno in nessuna direzione.
Rassicurati dall’assenza di quei furfanti, alla notte si coricarono tranquillamente fra le canne, sperando di dormire saporitamente fino al loro quarto di guardia, essendo costretti a vegliare per turno ma solamente per tener lontani quei dannati rettili.
Accesi vari fuochi, come avevano fatto la notte precedente si addormentarono d’un sonno profondo sotto la guardia di Pram-Li a cui spettava di turno il primo quarto.
Il bravo malese, dopo d’aver percorso due o tre volte le rive dell’isolotto per assicurarsi che anche i sauriani si erano risoluti ad andarsene a dormire, si sedette di fronte alla lingua di terra, a breve distanza da uno dei fuochi, in attesa che Sheu-Kin lo surrogasse. Vegliava da un paio d’ore, con gli occhi semichiusi pel sonno che suo malgrado lo invadeva, quando con sua viva sorpresa udì dietro di sè dei sibili improvvisi, quindi vide spengersi bruscamente i fuochi che ardevano presso le rive.
Stupito ed inquieto per quel caso assolutamente inesplicabile, s’alzò rapidamente colla carabina in mano, girando intorno gli sguardi, ma nulla scorse.
— Chi ha fatto ciò? — si chiese. — È impossibile che si siano spenti senza una causa e tutti nell’istesso momento!... Che siano stati i coccodrilli?... Quei mostri non sono mai stati furbi; tuttavia andiamo a vedere. —
Scese la riva per visitare i canneti, e ad un tratto mise i piedi in acqua, mentre poco prima là non ve n’era una sola goccia.
Doppiamente inquieto, tornò precipitosamente indietro e svegliò Hong, scuotendolo replicatamente.
— Ancora i pirati?... — domandò il chinese, stropicciandosi energicamente gli occhi.
— No, — rispose Pram-Li, — ma succedono certe cose che per me sono inesplicabili.
— Vuoi dire?...
— Che tutti i fuochi si sono spenti.
— Le canne si saranno consumate.
— No, sono stati spenti dall’acqua.
— Dall’acqua?... Il cielo è stellato!...
— Eppure l’isolotto sta per venire inondato. Tutti i canneti sono già immersi.
— Per Fo e Confucio!... — esclamò Hong, alzandosi rapidamente. — Corriamo il pericolo di venire affogati come topi in trappola?... Sheu-Kin, Than-Kiù, in piedi!... —
Tutti, curiosi di trovare la spiegazione di quel fenomeno, s’avanzarono verso le rive, e fatti pochi passi dovettero arrestarsi, perchè più innanzi vi era l’acqua.
L’isolotto che poche ore prima aveva una circonferenza di un centinaio di metri, ora era molto se ne misurava cinquanta.
— È una vera inondazione!... — esclamò Hong, la cui fronte si annuvolava. — Per poco che continui, tutto l’isolotto sarà sott’acqua.
— E la penisola è già scomparsa!... — esclamò Sheu-Kin, che aveva girati gli sguardi da quella parte. — Non si vedono che le canne.
— Una bella fortuna, se si fossero trovati colà i pirati e quel furfante di Pandaras, — osservò Pram-Li.
— Da cosa può derivare questo improvviso innalzamento delle acque? — chiese Than-Kiù. — Non ne è caduta una sola goccia dal cielo.
— Che sia un tiro di Pandaras?... — mormorò Hong. — La sua minaccia sta forse effettuandosi?... Mi ricordo bene le sue parole: «Vi farò mangiare dai coccodrilli!...» —
Un brivido d’orrore percorse le membra dei suoi compagni a quella riflessione.
— Cosa vuoi dire, Hong? — chiese Than-Kiù, impallidendo.
— Pensa che cosa accadrebbe se l’inondazione continuasse, — disse il chinese. — Chi impedirebbe allora ai coccodrilli di gettarsi su di noi e di farci a brani?...
— E come vuoi che Pandaras possa far salire il livello della laguna?...
— Io non lo so, ma se questo bacino si trovasse presso il Bacat o in vicinanza di qualche lago...
— Continua.
— Ammettendo che il fiume o quel lago fossero più alti di questo bacino, aprendo un canale si aumenterebbe considerevolmente il volume di queste acque.
— Supponi tu adunque che presso questa laguna scorra il fiume?...
— Lo sospetto.
— Occorrerebbe del tempo per aprire un canale.
— I pirati sono scomparsi da stamane e quaranta o cinquanta uomini, in dodici o quattordici ore, possono fare molto lavoro.
— Tu mi spaventi, Hong.
— E nemmeno io sono tranquillo, Than-Kiù. Guarda, fanciulla: l’acqua si avanza sempre, lentamente sì, ma inesorabilmente. —
Hong diceva il vero. L’acqua saliva a poco a poco coprendo sempre più le canne, minacciando d’invadere tutto quel brano di terra, il solo forse che ancora rimaneva visibile, fra i tanti isolotti ed i banchi che si trovavano nella laguna.
Che cosa era accaduto?... A quale causa si poteva attribuire quella brusca inondazione che minacciava di inghiottire i poveri assediati?... Era stata tagliata qualche diga d’un lago molto più vasto e più elevato? Era probabile, poichè durante quei due giorni il cielo si era mantenuto costantemente sgombro di nubi e nessuna goccia d’acqua era caduta.
Intanto la situazione dei chinesi e del malese diventava sempre più tremenda, disperata. L’acqua s’avanzava sempre, gorgogliando sordamente fra i canneti ed in mezzo ad essa s’avanzavano pure le orde dei famelici coccodrilli.
Hong, Than-Kiù ed i loro compagni, in preda ad un vero terrore, ad un’angoscia inesprimibile, si erano ritirati sul punto più alto dell’isolotto, una gobba di terreno larga appena due metri, e di lì guardavano, cogli occhi smarriti, le acque avanzarsi.
Invano scrutavano le tenebre che li avvolgevano, sperando di vedere qualche albero, qualche rottame su cui salvarsi, invano tendevano gli orecchi sperando di raccogliere il rumore di un paio di remi o qualche voce umana.
Nulla appariva su quei flutti diventati color dell’inchiostro, nè alcun grido echeggiava nello spazio. Vedevano invece gli schifosi rettili avanzarsi in cerchio minaccioso, colle enormi mascelle aperte e udivano i colpi furiosi delle loro formidabili code.
— Hong, — disse Than-Kiù, la cui voce, forse per la prima volta, tremava. — Io ho paura!...
— Coraggio, mia povera amica, — rispose Hong. — Abbiamo ancora la carabina e ci difenderemo.
— Ma l’acqua sale sempre.
— Ti metterò sulle mie spalle. Io sono alto e tu sarai l’ultima a morire, se è scritto che noi dobbiamo qui tutti cadere. Amici, badate a non perdere i kampilang e non risparmiate i colpi, quando non potremo più far uso delle armi da fuoco. Chissà, forse fra poco l’equilibrio si sarà stabilito fra le acque della laguna e quelle del lago o del fiume e potremo sfuggire alla orribile morte a cui ci hanno condannati. —
Hong, anima forte e coraggiosa, non disperava ancora e si preparava a sostenere gagliardamente lo spaventevole assalto dei rettili ed al pari di lui si preparavano a vendere cara la vita Sheu-Kin e Pram-Li.
Si erano disposti in modo da formare un triangolo, nel cui centro avevano collocato Than-Kiù per meglio difenderla e per impedire che le acque, le quali non erano più calme, scendendo rapidamente verso il sud, la trascinassero via.
I coccodrilli non si trovavano ormai che a pochi passi da quel piccolo gruppo di animosi. Erano almeno trenta, quasi tutti grandi assai e digrignavano i denti e battevano le mascelle come se già pregustassero la carne degli sventurati.
— Finchè le nostre munizioni sono asciutte, apriamo il fuoco, — disse Hong. — Scaricate le armi nelle gole aperte di quegli schifosi sauriani. —
Un rettile mostruoso, il più forte ed il più ardito, impaziente di assaporare la preda, si staccò dai compagni e con un balzo improvviso cercò di lanciarsi su quel brano di terra, che l’acqua rapidamente copriva.
Hong e Pram-Li, che avevano già armate le carabine, fecero fuoco simultaneamente nelle mascelle aperte del mostro. Questi, colpito a morte, avendo inghiottito d’un sol colpo le palle, gli stoppacci ed il fumo, s’alzò più di mezzo fuori dalle acque contorcendosi come un immane serpente, vibrò un terribile colpo di coda sollevando una vera ondata, poi calò a picco come una scialuppa sventrata.
I suoi compagni, per nulla spaventati, invece di diventare più prudenti, restrinsero il cerchio ed un altro mosse arditamente all’assalto, ma Than-Kiù e Sheu-Kin lo mandarono a raggiungere il primo colle mascelle fracassate.
La terribile lotta era cominciata. I disgraziati, raggruppati sulla punta estrema dell’isolotto, stretti dorso contro dorso per resistere alla corrente ed immersi sino alle anche, si difendevano con disperata energia.
I lampi si succedevano ai lampi rompendo le tenebre ed illuminando l’orda famelica e le detonazioni rombavano incessantemente sulla deserta laguna.
Era uno spettacolo orribile, spaventevole, la vista di quei tre uomini e della valorosa giovanetta, circondati da quei mostruosi sauriani, che si precipitavano all’assalto di quel brano di terra, per banchettare colle carni dei difensori, mentre l’acqua saliva implacabile con sordi muggiti, gorgogliando sinistramente.
I rettili stringevano sempre le file e resi feroci per le perdite subite, replicavano gli attacchi con crescente violenza, avvicinandosi tanto da gettare in viso ai difensori i loro aliti caldi e fetenti. Guai per Hong e per i suoi compagni se quei bruti, invece di ostinarsi a mostrare le mascelle, si fossero voltati per far uso delle loro possenti code. Pochi colpi sarebbero bastati per spazzare via l’intero gruppo.
La lotta continuava. Hong, Than-Kiù ed i due loro fedeli compagni, facevano fuoco a bruciapelo, senza posa, fracassando e lacerando le mascelle e le gole degli assalitori. Quando si vedevano troppo stretti tempestavano quei corpi rugosi e corazzati con colpi di kampilang.
Ad un tratto Sheu-Kin e Pram-Li mandarono un grido di disperazione. L’acqua aveva raggiunte le loro cinture e le munizioni, già bagnate, non potevano più servire.
Hong si sentì imperlare la fronte d’un freddo sudore e gettò su Than-Kiù uno sguardo angoscioso.
— Siamo tutti condannati a morire? — si chiese con voce alterata.
Si curvò verso la fanciulla e dopo d’averle sfiorata la fronte con un rapido bacio, la sollevò e se la pose sulle spalle, dicendole:
— Tu sarai l’ultima a morire. —
Poi prese le sue munizioni che erano ancora asciutte e gliele porse, aggiungendo:
— Continua il fuoco, Than-Kiù. Noi lavoreremo coi kampilang. —
Allora si vide una scena ancora più terribile: quei tre uomini, che già credevano di essere votati alla morte, ma che non volevano cadere invendicati, si difendevano disperatamente a colpi di sciabola, immersi già fino alle reni, e sopra di loro l’intrepida fanciulla fulminava i feroci sauriani a colpi di carabina.
La corrente investiva quei gagliardi cercando di trascinarli via da quell’ultimo brano di terra e gorgogliava attorno a loro e spumeggiava, sollevata dai formidabili colpi di coda dei mostri, ma i due chinesi ed il malese resistevano con sovrumana energia e, or di punta ed or di taglio, tempestavano colpi in tutte le direzioni sulle scaglie ossee degli assalitori.
Hong, la cui forza erculea pareva che si fosse triplicata, ad ogni colpo fendeva una mandibola e metteva un nemico fuori di combattimento. Saldo come la rupe che lo sorreggeva, mentre con una mano teneva stretta Than-Kiù, con l’altra percuoteva con crescente furore, urlando:
— Forza, amici!... Tenetevi uniti!... Se dobbiamo morire, vendiamo cara la vita!... Fuoco su quel rettile, Than-Kiù!... Non temere!... Non ti abbandono!... —
Quella lotta omerica durava da cinque minuti, quando Sheu-Kin mandò un grido di gioia suprema.
— Hong!... Than-Kiù!... L’acqua si è arrestata!... Non ci annegheremo più!...
— Non t’inganni?... — chiese Hong.
— No, no!... — gridò Pram-Li. — L’acqua scema!...
— Per Fo e Confucio!... — esclamò il fiero chinese, respirando. — Comincio a credere che non finiremo nel ventre dei sauriani!... Un ultimo sforzo, amici!... Se possiamo resistere cinque minuti, forse saremo salvi!... —
Sheu-Kin ed il malese avevano affermato il vero: l’acqua, dopo d’aver raggiunto la massima altezza, aveva cominciato ad abbassarsi coll’eguale rapidità che aveva impiegata nell’alzarsi.
In pochi istanti era scemata di parecchi centimetri, quando già quei disgraziati si credevano ormai in procinto di affogare.
Per maggior fortuna i coccodrilli, già decimati dai kampilang degli uomini e dai colpi di carabina di Than-Kiù, non osavano più avanzarsi collo slancio di prima, forse anche in causa della scarsità d’acqua che li obbligava ad arrampicarsi sulla gobba dell’isolotto.
La speranza cominciava a rinascere in tutti i cuori. Il pericolo peggiore ormai era passato; per poco che continuasse la diminuzione dell’acqua, potevano considerarsi salvi.
Animati da quel pensiero raddoppiarono i loro sforzi, gettandosi arditamente sui sauriani e finirono col costringerli alla fuga.
La punta estrema dell’isolotto cominciava allora ad apparire e più oltre si vedevano spuntare le cime delle canne che prima erano state tutte coperte. Anche le piante acquatiche della lingua di terra mostravano i loro ciuffi di foglie.
— Se è stato quel brigante di Pandaras ad aprire qualche canale od a rompere qualche diga per farci divorare dai coccodrilli, non sarà certo soddisfatto della sua infame opera, — disse Hong, deponendo a terra Than-Kiù. — Può vantarsi d’averci fatto passare un’ora d’angoscia, ma siamo ancora vivi ed in grado di fargli pagar cara la sua vendetta.
— Speri d’incontrarlo, Hong? — chiese la giovanetta.
— Io non lo so, tuttavia il cuore mi dice che fra me e lui tutto non è ancora finito.
— Forse ci crederà morti e divorati, ed avrà già abbandonato questi paraggi.
— Senza prima aver visitato l’isolotto?... Hum!... Io lo dubito.
— Non potrebbe più avvicinarsi, essendo la lingua di terra rimasta sott’acqua.
— Ha le canoe, Than-Kiù.
— Saremo adunque costretti a subire un altro assalto?... Come faremo noi, che abbiamo quasi tutte le munizioni bagnate?
— Non lo aspetteremo qui, stai tranquilla.
— Vuoi abbandonare questo isolotto?...
— E me lo chiedi?... Non abbiamo intorno a noi che pochi passi di terra, appena sufficienti per muoverci ed abbiamo perduto tutte le nostre provviste. Come vedi bisogna sloggiare al più presto per non morire di fame o finire davvero nel ventre dei sauriani.
— Ed in qual modo?... — domandarono ad una voce Sheu-Kin e Pram-Li.
— Vuoi traversare a nuoto la laguna? — chiese Than-Kiù.
— No, non avendo nessuna voglia di lasciare le mie gambe in bocca ai sauriani.
— Allora spiegati: tu vuoi farci morire d’impazienza, carnefice.
— Hai osservato, fanciulla, come i coccodrilli da noi uccisi l’altro giorno, dopo qualche tempo siano tornati a galla?
— È vero, e cosa vuoi concludere?
— Che ho trovato il mezzo per costruire un galleggiante che ci permetterà di lasciare questo dannato isolotto. Ehi, Pram-Li, vedi quel coccodrillo che galleggia col ventre in aria, in mezzo a quei canneti?
— Lo vedo.
— Va’ a prenderlo e rimorchialo qui, e tu Sheu-Kin impadronisciti di quello che si è arenato laggiù, mentre io spingerò qui quei due che la corrente trascina verso di noi. —
Il malese ed il chinese, senza chiedere maggiori spiegazioni, si cacciarono in acqua e poco dopo i due cadaveri dei rettili giacevano presso l’isolotto, mentre Hong aveva spinto i due altri.
— Ora mi occorrono delle canne, — disse il chinese. — Più tardi speriamo di rimorchiare qui altri due o tre cadaveri e ne avremo abbastanza per costruire il mio galleggiante. —
I suoi compagni, che avevano già indovinato di cosa si trattava e che erano abilissimi nuotatori, tornarono a cacciarsi in acqua ed in pochi minuti accumularono su quel minuscolo isolotto venti o venticinque bambù, lunghi cinque o sei metri e grossi come il braccio d’un uomo.
— Mi bastano — disse Hong, che in quel frattempo aveva tagliato le bretelle delle carabine in sottili e solide strisce. — Aiutatemi, amici, premendomi di lasciare questo isolotto prima che spunti l’alba, onde non farci prendere, se a quel dannato Pandaras saltasse il ticchio di spingersi fin qui. Avete compresa la mia idea?
— Sì, — risposero tutti. — Si tratta di costruire una specie di zattera.
— Precisamente.
— Spiegami però a che cosa ci potranno servire i cadaveri dei coccodrilli, — chiese Than-Kiù.
— Non l’hai indovinato?
— No, Hong.
— Ci serviranno per tenere a galla la zattera. Come puoi immaginarti, questi bambù non potrebbero sostenerci tutti e quattro.
— Era quello che pensavo.
— E noi, per impedire che cedano sotto il nostro peso, li cingeremo di vesciche piene d’aria.
— Adoperando le budella dei coccodrilli?...
— Sì, Than-Kiù.
— Splendida idea, Hong! Mi stupisce come non ti sia venuta prima.
— Non avevo pensato ai sauriani. Mettiamoci al lavoro prima che possano giungere Pandaras ed i suoi pescicani di acqua dolce. —
Non era cosa facile costruire un galleggiante con quell’oscurità e colla vicinanza dei rettili, pure si misero tutti animosamente all’opera.
Mentre Than-Kiù vigilava per tenere lontani quei pericolosi avversari che non avevano ancora abbandonato le acque dell’isolotto, Hong e Sheu-Kin colle canne costruivano la zattera ed il malese sventrava i coccodrilli per levare loro gli intestini, vuotarli e poi gonfiarli.
Mancavano ancora due ore allo spuntare dell’alba quando la zattera era già costruita e circondata da un bel numero di budella e di grandi vesciche, gonfiate al punto da correre il pericolo di scoppiare.
Quell’apparecchio misurava solamente cinque metri di lunghezza su quattro di larghezza ed era leggerissimo, forse pericoloso per intraprendere la traversata di questa laguna abitata da tanti sauriani, ma poteva però sorreggere benissimo i quattro fuggiaschi.
— Imbarchiamoci, — disse Hong, il quale pareva soddisfatto del suo lavoro. — Vi raccomando di vegliare attentamente onde i coccodrilli non si avvicinino, potendo con un solo colpo di coda distruggere la nostra zattera.
— Le mie munizioni sono asciutte, — disse Than-Kiù. — Dividiamole, così potremo far fuoco tutti.
— E dove andremo? — chiese Sheu-Kin.
— Ci lasceremo trasportare dalla corrente, — rispose Hong. — Scende verso il sud, quindi ci allontanerà da Pandaras e dai suoi uomini.
— Andiamo, — disse il malese. — Ne ho abbastanza della laguna e vorrei essere già ben lontano da questo isolotto. —
Than-Kiù ed i suoi compagni s’imbarcarono ed il galleggiante, trasportato dalla corrente, prese il largo, ondeggiando lievemente da babordo a tribordo.