Il Fiore delle Perle/17. Una difesa disperata
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Capitolo XVII
Una difesa disperata
Quelle detonazioni, come aveva sospettato Hong, non avevano avuto altro scopo che di far accorrere gli uomini che erano comparsi sul margine del bosco; infatti pochi momenti dopo i due drappelli ne formavano uno solo, numeroso assai e abbastanza bene armato.
Quei trenta uomini, senza perder tempo, s’avanzarono sulla lingua di terra in fila indiana per non esporsi troppo alle scariche dei loro ex-prigionieri e procurando sempre di tenersi seminascosti dietro ai canneti.
Non si poteva più dubitare delle loro intenzioni: miravano a prendere d’assalto l’isolotto.
Hong e Than-Kiù, che si erano coricati uno a fianco dell’altra, dietro ad una piega del suolo, interamente nascosti dalle canne, videro subito che solamente otto uomini erano armati di fucili.
— Bah!... — disse il chinese, alzando le spalle. — Se quei pesci-cani credono di sloggiarci con quei pochi moschettoni, s’ingannano di molto. Le nostre carabine, che dovevano essere le migliori armi che possedesse Pandaras, hanno doppia portata e li terremo facilmente lontani.
— Aspetterai che siano giunti sulla riva del canale, per aprire il fuoco?...
— Sarebbe un’imprudenza, Than-Kiù. Ormai sanno che noi siamo nascosti qui.
— Eppure non devono averci scorti.
— È vero, ma siamo stati traditi.
— Traditi!... E da chi, Hong?...
— Dai due orsi. I pirati non saranno stati così stupidi da credere che quei due animali si siano suicidati da loro.
— È vero... È stata un’imprudenza lasciare colà i due cadaveri.
— Ci avrebbero scoperti egualmente, Than-Kiù. Eccoli!... Sono a trecento metri!... Possiamo provare le nostre carabine e far loro comprendere che siamo degli avversari temibili. —
Il chinese, che un tempo era stato il miglior tiratore della cavalleria manciura, si accomodò fra le canne, puntò con tutta calma la carabina appoggiandosi sul gomito sinistro e, con estrema attenzione, mirò a lungo il capo fila che si trovava a circa trecento metri.
Il colpo partì e quel povero diavolo cadde fulminato rotolando nella laguna, trovandosi in quel momento sul margine della lingua di terra, intento ad osservare l’isola.
Alcuni coccodrilli che si trovavano a breve distanza, nascosti su di un banco coperto di canne, balzarono su quella preda inaspettata ed in pochi secondi la fecero a pezzi, non lasciando sull’acqua che un cerchio di sangue.
— Bel colpo!... — esclamarono Pram-Li e Sheu-Kin che si trovavano dietro a Hong.
— Un colpo che li renderà prudenti, — disse Than-Kiù.
I pirati, spaventati dalla precisione di quella scarica eseguita ad una distanza così ragguardevole, si erano lasciati cadere a terra, nascondendosi fra le canne.
Pochi istanti dopo, coloro che erano armati di fucili, fecero pure una scarica, ma i loro moschettoni dovevano avere una portata ben limitata, non essendo giunto alcun proiettile sull’isolotto.
— Vogliono sprecare la polvere inutilmente, — disse Hong, ironicamente. — Se credete di spaventarci con quel fracasso, v’ingannate. —
Così non la pensavano però i pirati. Sia che credessero in buonafede o di essere a tiro o di spaventare i loro prigionieri, continuavano le scariche facendo un baccano assordante e assolutamente inoffensivo.
— Bravi!... Sparate, sparate ancora!... — diceva Hong, ridendo. — Quando non avrete più polvere o crederete di averci bucherellati come crivelli, vi faremo assaggiare il nostro piombo. —
Quel fuoco indiavolato durò un quarto d’ora, poi i pirati, non ricevendo risposta e forse convinti di aver uccisi i fuggiaschi, ricominciarono ad avanzare, con una certa prudenza però che si poteva anche chiamare paura.
Hong e Than-Kiù li lasciarono avvicinare di altri cento passi, poi puntarono le carabine, premendo loro di tenersi fuori di tiro dei moschettoni.
Le due detonazioni echeggiarono a così breve distanza l’una dall’altra, da formarne quasi una sola. I due pirati più vicini batterono l’aria colle mani, piroettarono su loro stessi, poi caddero l’uno sull’altro.
Era troppo per quei selvaggi. Invasi da un superstizioso terrore, girarono precipitosamente sui talloni e fuggirono a tutte gambe, salutati da due altri colpi sparati dal malese e da Sheu-Kin.
Quella fuga vertiginosa non cessò se non quando i pirati si trovarono all’estremità opposta della lingua di terra, presso il margine della foresta.
— Buon viaggio!... — gridò Hong, balzando in piedi. — Credo che per oggi ne abbiano abbastanza.
— Che non tornino più?... — chiese la giovanetta.
— Non oserei affermarlo. Se fra i caduti vi fosse stato Pandaras, si potrebbe sperare tanta fortuna, ma il briccone non si sarà ancora svegliato e sarà con lui che dovremo fare i conti.
— È vero, — disse Than-Kiù. — Quando li guiderà il loro capo, non fuggiranno più dopo i primi colpi.
— Se quel furfante si lascerà vedere, tutti i nostri colpi saranno per lui.
— Spingerà i suoi uomini e si terrà lontano, Hong. Sa che siamo audaci e di te ha una paura incredibile.
— Ho piacere che mi tema, — disse il chinese. — Avrà meno coraggio nell’assalirci. —
Poi volgendosi verso il malese, continuò:
— Ehi, Pram-Li!... Tu che sei così valente nell’arrostire gli zamponi d’orso, puoi preparare la colazione e tu, Sheu-Kin, vieni con me e andiamo a prendere i cadaveri dei due animali. Quella carne può diventare preziosa, per gente che è forse costretta a sostenere un assedio. —
Non più inquietati dai pirati che si erano ritirati nel bosco forse in attesa che Pandaras ed i compagni del praho si svegliassero, i chinesi ed il malese poterono ricuperare i due orsi, fare colazione e riprendere quindi il sonno, vegliando per turno, avendo da sorvegliare i coccodrilli.
Quella prima giornata trascorse tranquilla, non però senza allarmi e senza colpi di fucile, essendo i sauriani diventati straordinariamente importuni.
Si erano raccolti in gran numero attorno all’isolotto, e quei feroci divoratori di carne umana avevano più volte tentato d’invadere le rive e di cacciarsi nei canneti, per poi piombare di sorpresa sugli accampati; ma erano stati ricacciati in acqua assai malconci e qualcuno aveva pagato colla vita la sua audacia.
Quando le tenebre calarono, per tema d’una sorpresa notturna, i chinesi ed il malese raddoppiarono la vigilanza, montando di guardia due per volta ed accendendo numerosi fuochi attorno all’isolotto.
Sentivano per istinto che i pirati non avrebbero mancato di approfittare dell’oscurità per avvicinarsi. Era già trascorsa l’intera notte e l’alba stava per spuntare, quando Hong, che vigilava dinanzi alle lingua di terra, credette di scorgere alcune ombre umane agitarsi fra i canneti.
— I pirati prendono posizione, — mormorò, con inquietudine. — Se hanno osato spingersi così innanzi, è segno che hanno ricevuto dei rinforzi e che Pandaras è con loro. —
S’avvicinò a Than-Kiù che guardava le rive dell’isolotto per impedire ai coccodrilli di avvicinarsi e le chiese:
— Li vedi?...
— I pirati?...
— Sì.
— È da alcuni minuti che mi sono accorta del loro avvicinarsi, vedendo i coccodrilli dirigersi verso la lingua di terra.
— Temo che vi sia Pandaras con loro.
— Deve essersi svegliato fino da ieri.
— Chiamiamo i compagni e prepariamoci a difendere strenuamente il canale. Ah!... Se potessi valermi dei coccodrilli!...
— In qual modo?...
— Credo di aver trovato. —
Svegliò Pram-Li e Sheu-Kin e fece tagliare quattro grosse canne lunghe tre metri e che unì ad una estremità con un pezzo di pelle d’orso strettamente legata, poi disse al chinese ed al malese:
— Seguitemi portando un orso e tu, fanciulla, fa’ fuoco sui coccodrilli che cercano di assalirci.
Si mise sulle spalle le canne e scese nel canale, tastando il fondo con la punta del kampilang.
Essendo l’acqua alta appena un metro, non correva il pericolo di venire assalito dai coccodrilli di sorpresa e di avere le gambe mozzate, potendoli scorgere in tempo, però si teneva in guardia e al pari di lui si tenevano Pram-Li e Sheu-Kin.
Giunto in mezzo al canale aprì i quattro bambù e piantò nel fondo fangoso le estremità, impiegando tutta la sua forza per cacciarle ben dentro; poi sulla cima, la quale sporgeva ancora due metri e mezzo, fece legare il cadavere dell’orso.
— Finchè le canne resistono, nessun pirata passerà, — diss’egli. — Ed ora, amici, in ritirata di corsa, prima di ricevere qualche palla nel dorso. —
Abbandonarono precipitosamente il canale e si rifugiarono sull’isolotto, guardando curiosamente ciò che stava per accadere.
Non erano trascorsi cinque minuti, che già sette o otto sauriani, attirati dall’odore della carne fresca, ronzavano presso il canale, senza staccare gli occhi dall’orso che faceva la figura d’un appiccato sull’acqua.
Dapprima si accontentarono di guardarlo ben bene, sospettando forse qualche tranello, ben presto però la gola vinse la paura e cominciarono ad affollarsi sul bassofondo, spalancando le loro enormi mascelle irte di denti formidabili.
— La preda li tenta, — disse Hong, ridendo. — Hai compresa la mia astuzia, Than-Kiù?...
— Sì, — rispose la giovanetta. — Tutti quei coccodrilli impediranno ai pirati di attraversare il canale e di approdare qui.
— Perfettamente, — rispose il chinese — e siccome la preda è troppo alta per quei rettili, ci vorrà del tempo prima che riescano a farla cadere o che i loro cervelli ottusi comprendano che pochi colpi di coda sarebbero sufficienti per abbattere i bambù.
— Ed i pirati?... Cosa fanno adunque?... Che dormano?...
— Mi pare che si preparino invece a moschettarci, — rispose Pram-Li. — Se si fossero accorti un po’ prima della nostra discesa nel canale, non avrei dato un pizzico di betel per la nostra pelle.
— Taci!... — disse Hong.
Una voce era echeggiata sulla riva opposta, fra i fitti canneti della lingua di terra.
— Che i chinesi mi ascoltino!... — aveva gridato un uomo.
Quattro esclamazioni uscirono dalle labbra degli assediati:
— La voce di Pandaras!...
— Sì, è lui!...
— I coccodrilli lo divorino intero!...
— Il birbante si è svegliato!...
Hong si slanciò verso la riva e, dopo di avere armata la carabina, gridò:
— Sei tu, capo?... Bada di non mostrare un pezzetto grande come un orecchio, perchè io ti ammazzerò!...
— Che i chinesi mi ascoltino!... — ripetè Pandaras.
— Parla.
— Intimo loro di rendermi la fanciulla dai capelli neri o li farò scorticare come i babirussa.
— Grazie dell’avviso, — rispose Hong, ironicamente. — Desideri altro?...
— Sì, le mie carabine che sono le migliori che posseggo.
— E poi?... Vuoi anche la nostra testa?...
— Lo dirà il Sultano di Butan.
— Ebbene, siccome noi non ci fidiamo del tuo sultano, t’invitiamo a venire a prendere la fanciulla dai capelli neri e le tue carabine.
— Voglio la mia futura moglie!... — urlò Pandaras, con furore.
— La tua futura moglie ha rinunciato al suo futuro marito e m’incarica di dirti che sei una canaglia, appena degna di venire mangiata dai coccodrilli, — rispose Hong.
— Vi ucciderò tutti!...
— La porta è aperta, anzi non vi è nemmeno, puoi quindi entrare per venire a torcerci il collo; ti prevengo però di non farti vedere, perchè la mia prima palla sarà per te, pezzo di briccone!... —
La risposta che ricevette Hong consistette in quattro colpi di fucile, che ottennero il solo risultato di troncare alcuni bambù.
Il chinese che aveva veduto di dove erano partiti e che scorgeva ancora il fumo ondeggiare sulle canne, puntò rapidamente la carabina e fece fuoco. Un grido acuto lo avvertì del buon esito della sua palla.
— Ecco la risposta, amico Pandaras — gridò, raggiungendo i compagni che si tenevano nascosti dietro una piega del suolo. — Se desideri altri di questi ninnoli, ne abbiamo un buon numero. —
Poi gettandosi a terra, a fianco di Than-Kiù, aggiunse:
— Attenti a impedire il guado; se giungono qui per noi sarà finita. Pandaras ci farà scorticare come le scimmie. —
Cominciava a sorgere il sole quando i pirati, che si erano radunati presso l’estremità della penisola, cominciarono a mettersi in moto per forzare il guado.
Erano una cinquantina, ma non disponevano che di sei fucili e di qualche pistolone, dei veri catenacci di ben poco valore.
Mentre i moschettieri aprivano il fuoco, gli altri scesero animosamente la riva con i bolos ed i kampilang in pugno per attraversare di corsa il canale. Il loro assalto fu bruscamente arrestato dai coccodrilli.
Una ventina di giganteschi rettili aveva invaso il bassofondo, per disputarsi l’orso che dondolava sulla cima dei bambù. Quei mostri, furiosi per non poter giungere ad addentare la preda che si trovava troppo in alto, si accavallavano confusamente e sfogavano la loro delusione con tremendi colpi di coda che schizzavano sprazzi d’acqua e di fango in tutte le direzioni.
Vedendo apparire i pirati, si volsero da quella parte con l’intenzione di rifarsi sulla carne succolenta degli uomini, costringendoli così a battere precipitosamente in ritirata, malgrado gli urli rabbiosi di Pandaras, il quale tuttavia si teneva prudentemente indietro.
Ma il colmo fu quando cominciarono a tuonare le carabine degli assediati.
Quattro uomini caddero un dietro l’altro, poi altri tre, con grande soddisfazione dei coccodrilli.
Gli altri, spaventati da simile accoglienza e dalla precisione di quei tiri, si ritrassero cercando di salvarsi nei canneti. Nondimeno le palle di Hong e dei suoi compagni li raggiunsero anche colà.
Alla quarta scarica parve che i pirati ed anche lo stesso Pandaras ne avessero abbastanza, perchè furono veduti fuggire disordinatamente sulla lingua di terra onde cercare un rifugio più sicuro nel bosco.
Prima che essi scomparissero, si udì Pandaras urlare con voce minacciosa:
— Vi farò mangiare dai coccodrilli!...
— Ed io ti fracasserò il cranio se ritorni, — rispose Hong, con voce tuonante. — Così non aspirerai più alla mano della fanciulla dai capelli neri!... —