I solitari dell'Oceano/30. Il mare del Corallo

30. Il mare del Corallo

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CAPITOLO XXX.

Il mare del Corallo.


La Groninga era una splendida fregata olandese appartenente al dipartimento marittimo di Batavia, destinata a purgare i mari della Malesia e della Papuasia dai pirati, ancora numerosi in quell’epoca e non del tutto scomparsi anche oggidì.

Obbligata a lunghe e pericolose crociere, il governo neerlandese l’aveva poderosamente armata con ventiquattro pezzi e due grossi cannoni da caccia ed equipaggiata con trecento uomini scelti, fra cui cento fucilieri, eccellente truppa da sbarco, che aveva già fatte le sue prove sulle selvagge coste del Borneo e della Nuova Guinea.

Ne aveva affidato il comando al capitano Wan Praat, uno dei più reputati uomini di mare della flotta, un uomo di forme erculee, dotato d’energia e d’un sangue freddo ammirabile, incanutito fra il fumo delle artiglierie.

Ioao e Sao-King, appena giunti a bordo, erano stati ricevuti dal comandante, il quale li aveva subito condotti nella sua cabina, ansioso di conoscere le loro importanti comunicazioni.

Ioao che se non conosceva una parola d’olandese, parlava invece assai correntemente l’inglese, lingua famigliare al capitano, si era affrettato a narrare le lunghe vicende dell’Alcione, dal momento in cui aveva lasciata la China fino agli ultimi e drammatici avvenimenti.

Il signor Wan Praat lo aveva ascoltato in silenzio, senza [p. 209 modifica] S’incamminavano lentamente verso il mare trascinando penosamente il loro enorme guscio. (Cap. XXIX). [p. 211 modifica]perdere una sillaba, ma corrugando di frequente la fronte e torcendosi nervosamente il suo lungo pizzo brizzolato.

Quando Ioao ebbe finito, gli stese la mano, dicendogli con un benevole sorriso:

— Signor de Ferreira, voi siete un coraggioso e vi ammiro sinceramente come ammiro pure il vostro compagno e vi ringrazio delle informazioni che mi avete fornite sul rifugio di quei bricconi.

Per me è una vera fortuna avervi salvato, perchè finalmente quei miserabili avranno la loro punizione, e gli equipaggi del Tescer e della Schelda saranno vendicati.

— Di quali equipaggi intendete parlare, comandante? — chiese Ioao, stupito.

— Sono tre mesi che io corro sulle tracce di quei pirati, cercando tenacemente il loro rifugio e senza essere mai riuscito a trovarlo.

Essi hanno assalito le due navi che vi ho nominato, trucidandone gli equipaggi e molte altre appartenenti a diverse nazioni, ed era per vendicare i miei compatrioti che io incrociavo in questi mari.

— Conoscevate dunque l’esistenza di quei banditi?

— Sì, signor de Ferreira, — disse il comandante. — Ne ero stato informato dal governo inglese e poi da un marinaio del Tescer sfuggito miracolosamente alla morte, dopo essere rimasto nascosto quattro giorni nella cala della sua nave.

Ah! Ora sappiamo che quei miserabili si sono annidati a Mera! Vivaddio andremo ad assalirli e vedremo se potranno sfuggire al fuoco delle mie artiglierie.

— Voi vi siete dimenticato, comandante, che mio fratello ed il signor Vargas sono nelle mani di quei bricconi.

— Non temete per loro; la mia nave è una delle più rapide veliere e raggiungerà l’Alcione prima che abbia attraversato il mare del Corallo.

Un legno privo dei suoi alberi più importanti non può fare molto cammino e tenere in iscacco la mia Groninga.

Signor de Ferreira andate a riposarvi in una cabina che ho fatto già allestire per voi e per questo vostro bravo chinese, mentre io faccio salpare le ancore e spiegare le vele.

Giacchè il tempo accenna a calmarsi, approfittiamone. —

Chiamò un marinaio che vegliava nel quadro e indicandogli Ioao e Sao-King, aggiunse:

— Conducete questi signori nella cabina loro assegnata e servite una colazione abbondante. Sono miei ospiti. —

Ciò detto salì in coperta impartendo alcuni ordini ai suoi ufficiali.

Non era trascorsa ancora mezz’ora che la Groninga, colle vele basse spiegate al vento, lasciava l’ancoraggio, filando fra la costa orientale della Nuova Caledonia e quella occidentale di Bulabea.

La burrasca si era un po’ calmata, però le onde si mantenevano [p. 212 modifica]ancora altissime e irrompevano nel canale con impeto straordinario, quantunque il vento fosse molto diminuito.

La Groninga però non era una nave da inquietarsi per quei cavalloni.

Se il vento contrario l’aveva prima costretta a cercare un rifugio nel canale onde evitare di venire spinta contro le scogliere, ora poteva muovere sicura verso la punta estrema della Nuova Caledonia, avendolo in favore.

La traversata del canale fu compiuta felicemente non ostante i furiosi cavalloni i quali assalivano la nave a prora, facendole subire un doppio movimento di rollìo e di boccheggio, quindi la Groninga dopo essersi spinta verso il settentrione per qualche diecina di miglia, piegò verso l’ovest, entrando a gonfie vele nel Mar del Corallo.

Tutti gli sguardi dell’equipaggio s’erano volti verso occidente, colla speranza, molto vaga però, di scorgere l’Alcione.

Il mare invece appariva deserto fino agli estremi confini dell’orizzonte: solamente le onde, sempre grosse, lo percorrevano muggendo e rimuggendo.

— Sarà assai lontano a quest’ora, — disse Sao-King a Ioao.

Essi dopo una lauta colazione erano risaliti in coperta, rinunciando al riposo.

— Molto, Sao-King? — chiese il giovane.

— Il vento soffiava forte dall’ovest e lo avrà spinto molto innanzi, signor Ioao.

— Ma lo ritroveremo.

— Oh, non ne dubitate; questa fregata marcia bene e non si lascerà battere da quel povero Alcione così mutilato.

— Eppure io temo quell’incontro.

— E perchè, signor Ioao?

— Strong, vedendosi alle strette, può uccidere mio fratello ed il signor Vargas per sbarazzarsi di due pericolosi accusatori. E poi può aver sospettato di noi.

— Strong non ci ha veduti staccare i salvagente e avrà creduto in buona fede che l’ondata ci abbia portati via.

D’altronde questo comandante agirà con prudenza. Mi pare un uomo da non lasciarsi giuocare da quei bricconi.

Confidiamo in lui e aspettiamo che l’incontro avvenga.

La Groninga, quantunque molto tribolata dai cavalloni, filava splendidamente inoltrandosi nel Mare del Corallo.

Il comandante aveva deciso di muovere direttamente verso lo stretto di Torres, senza perdere tempo a cercare l’Alcione. Sicuro di giungervi molto prima, si era proposto di attenderlo colà, ignorando se Strong si fosse tenuto più a settentrione della sua rotta o più a mezzodì.

Tuttavia aveva comandata una rigorosa sorveglianza, mandando [p. 213 modifica]dei gabbieri sulle coffe con dei potenti cannocchiali, onde l’Alcione non sfuggisse prima di essere stato segnalato.

Tre giorni dopo aver lasciata la punta settentrionale della Nuova Caledonia, la Groninga che procedeva con una velocità di sette ad otto nodi all’ora, avvistava l’isola di Mellish, piccola terra perduta quasi in mezzo al Mare del Corallo, ma senza aver raggiunto l’Alcione.

Probabilmente Strong aveva obbligato l’ufficiale argentino a rimontare molto al nord per tenersi lontano dalle coste orientali dell’Australia, che sono talvolta visitate da navi da guerra.

Il signor Wan Praat però non s’inquietava. Era certo ormai d’aver guadagnato un notevole vantaggio sulla nave avversaria anzi d’averla già superata nella sua rotta.

— L’aspetteremo nello stretto di Torres, — aveva risposto a Ioao. — Per di là dovrà passare, se Strong vorrà raggiungere il suo rifugio.

Il sesto giorno la Groninga, favorita da buone brezze, passava presso il banco di Oiana, costituito da bassifondi e da rocce corallifere assai pericolose, quindi risaliva verso il nord-ovest, puntando direttamente verso il capo York che forma la punta più settentrionale del continente australiano.

Quell’ultima traversata fu compiuta con una velocità straordinaria e con fortuna, poichè l’undicesimo giorno il capo York appariva all’orizzonte, delineandosi nettamente sul cielo allora purissimo.

La Groninga si trovava, potevasi dire, nelle acque battute dai compagni di Strong, poichè lo stretto di Torres non era che a poche leghe.

Il capitano Wan Praat, assicuratosi che nessuna nave appariva, fece imbrogliare parte delle vele, caricare i cannoni, distribuire all’equipaggio le armi e diede il comando di avanzarsi colle dovute precauzioni essendo quei paraggi pericolosissimi per le moltitudine delle scogliere le quali aumentano incessantemente sotto l’incessante e sorprendente lavoro degli zoofiti.

Lo stretto di Torres, è uno dei passaggi più difficili che esistano e molte sono state le navi che si sono fracassate su quelle rocce ed arenate su quei bassifondi.

Esso è lungo solamente trentaquattro leghe, eppure presenta degli ostacoli quasi insormontabili per i legni a vela.

Luigi Paz de Torres, compagno di Quiros lo scopritore delle Nuove Ebridi, fu il primo ad attraversarlo nel 1606 ma ne lasciò tale descrizione da invogliare ben pochi a ritentare la prova, anche in causa della ferocia degl’isolani e dei costieri, sicchè per lunga pezza rimase quasi ignorato e di nessuna utilità.

Tutto quel braccio di mare che bagna contemporaneamente la punta più settentrionale del continente australiano e le coste meridionali della Papuasia, è ingombro d’isole e d’isolotti, quasi tutti piccoli, non avendo i più vasti più di quattro o cinque miglia d’estensione. [p. 214 modifica]

I selvaggi che le abitano sono di statura quasi atletica e ben fatti, di carnagione nera, colla fronte larga, il naso grosso e non ischiacciato come quello dei negri, coi capelli crespi che tingono di rosso e sono antropofagi.

Già più volte hanno assalito le navi che si sono arrischiate ad approdare nelle loro terre e molti sono stati i marinai mangiati da loro. Fino dal 1793 si erano segnalati per la loro ferocia, trucidando barbaramente, a colpi di mazza, parte degli equipaggi del Chesterfiend e dell’Hormazier che si erano ancorate fra le isole Warmwax e Mua.

La Groninga superato il capo York, si era messa ad incrociare attraverso lo stretto, in modo da poter scorgere qualsiasi nave che si fosse arrischiata attraverso a quei banchi e da sorvegliare da lontano i paraggi delle isole del Principe di Galles, rifugio dei pirati.

Il comandante era più che certo, al pari di Sao-King e di Ioao, i quali conoscevano ormai troppo bene la velocità dell’Alcione, che la nave non fosse ancora giunta dinanzi al canale.

Incrociando in quel luogo era quindi sicuro di catturarla prima che giungesse in vista di Mera.

— Abbiate pazienza, — aveva detto a Ioao, il quale era tutt’altro che tranquillo. — L’Alcione non passerà di qui senza il mio permesso.

Tuttavia trascorsero tre lunghi giorni senza che alcun veliero si mostrasse nè verso occidente nè verso oriente.

Già una vaga inquietudine cominciava a far trepidare tutti, temendo che l’Alcione non avesse potuto resistere all’uragano che aveva sconvolto il mare del Corallo, quando la notte del quarto, fra le undici e la mezzanotte, un gabbiere che si era issato fino sul contropappafico per imbrogliare quella vela, mandò un grido:

— Fanale sottovento!

Il comandante che non si era ancora ritirato nel quadro, e stava discutendo con Ioao e Sao-King, udendo quel grido aveva subito ordinato:

— Pronti a virare!... Gli artiglieri a posto di combattimento!

Poi mentre l’equipaggio si disponeva ai bracci delle vele e i migliori cannonieri accorrevano ai loro pezzi, si inerpicò fino alla coffa dell’albero maestro, invitando Ioao e Sao-King a seguirlo.

Verso il nord, ad una distanza che fu calcolata di tre o quattro miglia, si vedeva un punto luminoso, a luce verde, spiccare vivamente fra la profonda oscurità e muoversi velocemente.

— È una nave che corre con vento in poppa e che cerca d’imboccare lo stretto, — disse il comandante. — Sarà l’Alcione o qualche vascello proveniente dalle coste orientali dell’Australia diretto nei mari della Sonda? Qui sta la questione.

Qual è la vostra opinione, Sao-King?

— Mi pare che quella nave cammini troppo velocemente per essere l’Alcione, — rispose il chinese. [p. 215 modifica]

— Ha il vento in favore.

— La nostra povera nave era molto mutilata, comandante.

— Sia pure, tuttavia non commetterò l’imprudenza di lasciarla fuggire, quantunque noi abbiamo, per nostra disgrazia, il vento contrario.

Correremo per ora bordate finchè spunterà l’alba. Ah!... Toh! Un altro punto luminoso!

— Dove? — chiesero vivamente Sao-King e Ioao.

— Segue la medesima via tenuta dalla prima nave! —

Infatti verso l’est, un altro fanale, pure verde, era comparso e s’avanzava verso lo stretto.

— Che cosa dite, amici miei? — chiese il comandante che pareva assai imbarazzato.

— Ho notata una cosa, signore – rispose Sao-King, dopo qualche istante.

— Parlate.

— Che il secondo fanale s’avanza più lentamente del primo.

— E che cosa volete concludere?

— Che il primo appartiene ad una tranquilla nave in rotta per le isole della Sonda ed il secondo all’Alcione.

— Sicchè voi mi consigliereste?...

— Di dare la caccia all’ultimo.

— E tale era anche la mia intenzione, — rispose il comandante. — Lasciamo per ora la prima nave e diamo addosso all’ultima.

Scese in coperta e diede il comando di virare di bordo onde seguire parallelamente il secondo fanale il quale s’avanzava sempre lentamente, quantunque, come abbiamo detto, la sua nave avesse il vento favorevolissimo.

Tutti i marinai erano risaliti in coperta, preparandosi pel combattimento.

Si caricavano i pezzi, si portavano in coperta granate e si distribuivano le carabine. Quei preparativi bellicosi invece di rassicurare Sao-King, lo spaventarono.

— Comandante, — disse. — I pirati, vedendosi assalire da una nave da guerra, non uccideranno il signor de Ferreira e Vargas?

— Non avrebbero nulla da guadagnare nè l’oseranno.

— La disperazione è cattiva consigliera e vedendosi perduti potrebbero prima trucidare mio fratello ed il suo compagno, — disse Ioao.

— Non abbiate questo timore, mio giovane amico, — rispose il comandante, con un sorriso. — Noi sorprenderemo gli avoltoi dello stretto di Torres.

Guardate, ho già fatto ammainare la fiamma della maistra che segnala le navi da guerra, ritirare i pezzi delle batterie e chiudere i sabordi.

Quando sarà giunto il momento della lotta, sulla nostra tolda [p. 216 modifica]non rimarranno che una ventina d’uomini, l’equipaggio appena sufficiente per manovrare una nave del nostro tonnellaggio.

— E Strong, ingannato dall’apparenza tranquilla della Groninga, si lascerà avvicinare senza sospetto, — disse Sao-King.

— Comandante, — disse Ioao, con voce commossa. — Se voi mi rendete mio fratello, come potrò sdebitarmi verso di voi?

— Mio giovane amico, — rispose l’olandese, stringendogli la mano. — Indicandomi il luogo dove gli avoltoi dello stretto di Torres hanno il loro covo, voi mi avete reso un servizio ben maggiore di quello che io farò per voi.

E poi, qualunque comandante d’una nave da guerra avrebbe fatto altrettanto. Forse che noi non siamo qui per proteggere gli onesti naviganti?

Eh!... Pare che la nave si sia accorta della nostra presenza. Ha cambiato rotta e si dirige verso il nord.

— E l’altra è già scomparsa dietro il capo York, — disse Sao-King.

— Lasciamola correre; a noi non interessa che l’Alcione. —

Fece modificare la rotta, poi diede ordine ai venti marinai scelti pel governo della nave, di spogliarsi delle loro divise onde meglio ingannare i pirati, quindi scese nel quadro per indossare un abito borghese.

Intanto la nave che supponevano fosse l’Alcione, si sforzava di guadagnare lo stretto, correndo delle lunghe bordate.

Dopo essersi diretta verso il nord, colla speranza forse d’ingannare l’equipaggio della Groninga sulla sua vera direzione, era ritornata verso l’ovest, muovendo definitivamente verso lo stretto.

La Groninga che aveva ormai il vento pure in favore, avendo oltrepassata la punta d’York, la seguiva costantemente alla distanza d’un miglio.

Anch’essa aveva replicatamente cambiata rotta, pur mascherando la sua manovra per non destare sospetti in Strong.

Alle quattro del mattino con un’ultima bordata aveva guadagnato un altro mezzo miglio, accostando la nave sospetta.

Cominciava allora ad albeggiare. Il comandante, Sao-King, e Ioao erano nuovamente saliti sulla coffa dell’albero maestro in attesa che le tenebre si dileguassero.

Una viva ansietà si leggeva sui loro volti e Ioao si comprimeva il cuore come se avesse voluto frenarne i battiti precipitosi.

Ad un tratto un urlo di gioia sfuggì dalle labbra di Sao-King:

— L’Alcione! —

Il primo raggio di sole era allora sorto, rifrangendosi sulla tranquilla superficie del mare e dileguando, quasi di colpo, le tenebre.

La nave che la Groninga inseguiva, era proprio l’Alcione, che si avanzava verso lo stretto correndo piccole bordate, non avendo più la brezza in favore.

Pareva che la povera nave avesse sofferto assai anche nella [p. 217 modifica]seconda tempesta, avendo parte delle murate sfondate ed era anche priva dell’asta del bompresso.

La Groninga le muoveva incontro senza però mostrare l’intenzione di tagliarle la via. Anzi aveva messa la prora verso il nord nord-est, come se avesse voluto puntare verso il lontano arcipelago delle Lusiadi.

Questa manovra doveva ingannare interamente Strong, sulla vera rotta della fregata.

Infatti il briccone, credendo in buona fede d’aver dinanzi un tranquillo veliero mercantile, non aveva modificata la sua direzione e continuava le sue bordate per raggiungere il capo York, allora vicinissimo.

Già le due navi si trovavano a quattro o cinquecento metri, quando il comandante Wan Praat, che era risalito in coperta, con una manovra fulminea lanciò la Groninga addosso all’Alcione, tagliandole il passo.

Quasi nel medesimo tempo i babordi si riaprivano smascherando i pezzi delle batterie e l’equipaggio saliva in coperta colle carabine in pugno, preparandosi per l’abbordaggio.

Subito uno dei due cannoni da caccia del cassero sparava un colpo in bianco, intimando in tal modo all’Alcione di mettersi in panna e di mostrare i suoi colori.

Quella manovra era stata compiuta così rapidamente, che la nave si trovava già addosso all’Alcione prima ancora che i pirati, stupiti, avessero avuto il tempo di organizzare la menoma resistenza.

Il capitano Wan Praat aveva imboccato il portavoce, gridando con voce tuonante:

— Al primo colpo di fucile che parte, vi calo a fondo con una bordata!... Arrendetevi!... —

Alcuni marinai avevano gettati i parabordi fuori dalle murate onde nell’urto i fianchi della fregata non si guastassero, mentre i fucilieri erano balzati sul cassero e sul castello di prora, puntando le carabine verso l’Alcione.

Strong, pallido come un morto, erasi precipitato verso la murata di babordo, mentre i suoi uomini, spaventati, si erano rifugiati precipitosamente sul cassero, dietro i due piccoli pezzi d’artiglieria.

— Chi siete voi e che cosa volete da me? — chiese il bandito. — Noi siamo tranquilli naviganti in rotta per lo stretto di Torres. —

La Groninga aveva allora imbrogliato il suo bompresso fra le sartie di trinchetto dell’Alcione ed i suoi uomini avevano gettato i grappini d’arrembaggio, in modo da unire le due navi.

Il capitano Wan Praat, colla sciabola nella destra ed una pistola nella sinistra si era slanciato sulla tolda dell’Alcione seguìto da suoi quattro ufficiali e da venti fucilieri.

— Arrendetevi! — gridò a Strong. — Ogni resistenza sarebbe inutile. [p. 218 modifica]

— Signore! — balbettò il pirata. — Che cosa significa questa brutale aggressione?

— Che è suonata l’ora della vostra punizione, mastro Strong, — disse il capitano.

— Come sapete il mio nome? — urlò il bandito, digrignando i denti.

— E so molte altre cose ancora sul vostro conto. Dove sono il signor de Ferreira ed il signor Vargas?

— Sangue dell’inferno!... Compagni, fuoco su questi uomini e uccidete quei due briganti che ci hanno traditi!

— Il primo che si muove è uomo morto! — gridò il capitano con voce minacciosa.

I pirati vedendosi ormai perduti, non ignorando la sorte che li attendeva arrendendosi, puntarono i fucili e fecero una scarica contro i fucilieri, gettandone quattro sulla tolda più o meno gravemente feriti.

— Fuoco! — aveva gridato a sua volta il capitano, mentre si slanciava su Strong, puntandogli al petto la punta della spada.

I marinai avevano pure risposto con una scarica terribile, fulminando i banditi.

Uno solo, l’uomo biondo che aveva condotti Sao-King e Ioao nella caverna, per una miracolosa combinazione era sfuggito a quella grandine di palle e con un salto improvviso si era precipitato in mare scomparendo sotto i flutti.

Mentre i marinai constatavano la morte dei banditi i cui corpi erano stati crivellati da più di venti proiettili, Sao-King e Ioao, che fino allora si erano tenuti celati dietro la murata della Groninga, balzarono sulla tolda dell’Alcione.

— Miserabile! — gridò Ioao. — Dov’è mio fratello?

— Morte e dannazione! — urlò Strong, indietreggiando vivamente. — Voi! Prendete!

Colla rapidità del lampo aveva levata dalla cintura una pistola, dirigendo la canna verso il giovane.

Il capitano che lo sorvegliava attentamente, con un colpo di spada fece deviare l’arma, sicchè la palla si perdette contro la murata.

Subito Sao-King si era scagliato sul bandito, afferrandolo strettamente pel collo e gettandolo sulla tolda.

Prima che il pirata avesse potuto alzarsi, tre o quattro marinai lo avevano solidamente legato, impedendogli di reagire.

— Canaglie! — urlò il miserabile, con furore.

— Mastro Strong, siete preso, — disse il comandante della Groninga. — È inutile che vi guastiate il sangue. Diteci invece dove avete nascosto il signor de Ferreira ed il signor Vargas.

— Ah! Sì! Cercateveli! La istoria non è ancora finita e anche appiccandomi sarò vendicato. —

Ioao era diventato pallido. [p. 219 modifica]

— Strong! — esclamò. — Che cosa volete dire con queste parole?

— Vi dico di cercare vostro fratello e l’ufficiale argentino, — rispose il bandito, sogghignando.

— Miserabile! Tu li hai uccisi! — singhiozzò il povero giovane.

— No, non li ho uccisi.

— Dove sono allora? — gridò Sao-King. — Parla o ti strangolo.

— Che mi uccidi prima o dopo non m’importa molto, — disse Strong. — Se vuoi, fallo pure; già so che non sfuggirò alla morte. —

Il capitano intervenne.

— Conducete questo pirata a bordo della mia nave, — disse ai suoi marinai, — e noi procediamo a una visita minuziosa.

Mentre un drappello armato trascinava via il bandito, il signor Wan Praat, seguìto da Ioao, da Sao-King e da alcuni marinai che si erano muniti di fanali, cominciò ad ispezionare la nave, il quadro, la camera dell’equipaggio, il frapponte, la stiva e perfino la cala, facendo rimuovere tutte le casse e le botti. Nulla, assolutamente nulla: Cyrillo e Vargas erano misteriosamente scomparsi.

— Sono stati uccisi! — esclamò Ioao, con voce strozzata. — Quei miserabili si erano forse accorti delle nostre intenzioni e si sono vendicati.

— Non precipitiamo le cose, giovanotto, — disse il comandante. — Forse sono ancora vivi.

— Ma se qui non ci sono? — disse Sao-King, profondamente commosso pel dolore di Ioao.

— Possono essere stati sbarcati su qualche costa.

— E dove? — chiese Ioao, a cui quelle parole avevano dato un lampo di speranza.

— Strong ce lo dirà; venite, andremo ad interrogarlo.

— E se si ostinasse a non parlare?

— Ve lo costringeremo, — rispose il comandante.