I Nibelunghi (1889)/Avventura Quindicesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Quindicesima
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Avventura Quindicesima

In che modo Sifrido fu tradito


     Alla quarta mattina, ecco, fûr visti
A corte cavalcar trentadue prodi,
E noto intanto si rendea che sfida
Era cotesta al nobile signore,
5Gunthèr possente. Al menzognero annunzio
Crebbe a le donne un fiero duolo. I messi
Ebbero vènia allor per ch’ei del sire
Venissero al cospetto, e là diceano
Ch’egli eran gente di Liudgero, cui
10Di Sifrido la destra un dì già vinse
E trasse poscia come ostaggio in quella

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Terra di re Gunthero. Il suo saluto
Fe’ il prence ai messi e cenno anche di assidersi,
Ma un d’essi rispondea: Deh! ci lasciate,
15Sire, in piedi restar, fin che per noi
Dicasi motto che per voi n’è ingiunto.
Questo sappiate che di molte madri
Nemici i figli avete voi. Liudgero
E Liudegasto l’amicizia omai
20Disdiconvi, chè molto, a questi giorni,
E grave duol lor cagionaste. Ei vonno
Con lor squadre venirne in questa terra.
Contro a voi cavalcando. — Incominciava
Gunthèr, poi che ciò seppe, a corrucciarsi.
     25Fu indetto allor che i falsi messaggieri
Fosser tratti agli alberghi. Oh! di qual guisa
Sifrido, o chi altri mai, potea guardarsi
Da questo ch’elli ordìan? Ma tutto poi
Si volse in grave duol de’ rei medesmi!
     30Segretamente con gli amici suoi
Consigliavasi ’l re, nè gli lasciava
Hàgene di Tronèga alcun riposo;

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E ben che molti, fidi al re, ritrarsi
Volessero da tanto, il reo consiglio
35Hàgene abbandonar non volle mai.
     E un dì Sifrido a consigliarsi accolti
Li ritrovò, sì che principio a chiedere
Fece l’eroe di Niderlànd: Oh! il sire
E questi amici suoi, deh! perchè vanno
40Di tal guisa crucciosi? A vendicarlo,
Se alcun gli fece alcuna cosa, aita
Io sempre gli darò. — Doglia ho nel core
Per cagion grave, disse re Gunthero.
Me disfidato e Liudgero e Liudgasto
45Hanno, e venirne apertamente ei vonno
Alla mia terra cavalcando. — In questo,
Disse quel prode ardimentoso e fiero,
Di Sifrido la man, per l’onor vostro,
Daravvi aita con ardor. Chè a quelli
50Eroi nemici quanto feci in pria
Anche farò. Lor campi e lor castella,
Pria che di là mi torni, in fiera guisa
Diserterò. Pegno vi sia di tanto
Questo mio capo. Ma restarvi intanto

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55Al vostro ostello co’ gagliardi vostri
V’è d’uopo, e ch’io, co’ prodi miei che ho meco,
Parta in arcion, mi concedete. Quanto
Io volentier servigio presti a voi,
Vo’ addimostrarvi. Incoglierà sventura,
60Ciò sappiate, per me a chi v’è nemico.
     Oh! caro annunzio a me! come se lieto
Di tant’aita veramente ei fosse,
Re Gunthero gridò. L’uom disleale
Giù s’inchinò con falso core, e intanto
65Prence Sifrido questo aggiunse: Voi
Ben lieve cura di cotesto abbiate.
     Così quelli ordinâr co’ lor sergenti
Il lor vïaggio, e fean di cotal guisa
Perchè Sifrido co’ guerrieri suoi
70Questo intanto vedesse. E d’apprestarsi
Fe’ cenno allor di Niderlànd ai prodi,
E ratto di Sifrido i valorosi
Guerreschi arnesi dimandâr. Deh! voi,
Padre mio Sigemundo, eroe Sifrido
75Incominciò, qui rimanete. Ancora,

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Se Iddio fortuna ci darà, verremo
In brev’ora tornando in fino al Reno.
Or voi, daccanto al re, qui vi restate
Con molta gioia. — Le bandiere avvinsero
80Qual se in punto d’andarne. E v’eran molti
Di re Gunthero che di ciò che accadde,
Nulla invero sapean. Molti famigli
Veder là si potean appo Sifrido,
Quali a’ destrieri lor corazze ed elmi
85Avvincean forte. A partir da la terra
Molti gagliardi cavalieri apprestansi.
     Hàgene di Tronèga ove Kriemhilde
Rinvenne, si recò, pregò che vènia
Ella dèsse al partir. Già da la terra
90Egli andarne dovean. Bene m’accadde,
Kriemhilde si dicea, per ch’io tal sposo
M’acquistai già, che ardisce a’ miei diletti
Portar soccorso, come a’ cari miei
Suol far Sifrido, signor mio. — Per questo,
95La regina soggiunse, anima altera
Assumere poss’io. Ma voi frattanto
Pensatevi a cotesto, Hàgene amico,

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Diletto a me d’assai, ch’io volentieri
A voi servigio prestai sempre e ch’io
100Astio giammai non ebbi a voi. Per tanto
Lasciate ancor che del mio caro sposo
Io diletto mi prenda; e s’io pur feci
Cosa a Brünhilde, egli non dee di questo
Portar la pena. Oh! di cotesto assai,
105La nobil donna aggiunse ancora, ebb’io
Pentimento dipoi! Questa persona
Forte Sifrido mi picchiò. Per ch’io
Così parlai, si dols’egli nell’alma,
E quel gagliardo valoroso e ardito
110Grave l’offesa vendicò. — Deh! voi
Riconciliate1 a questi di ben tosto,
Hàgen dicea, sarete! Or voi, Kriemhilde,
Amabil donna, in che poss’io giovarvi
Pel vostro sposo, a me chiarir dovete.
115Io volentier farò tal cosa, o donna;
Meglio che a voi far non potrei cotesto
Ad altri mai. — La nobil donna disse:

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     Senz’affanno sarei che altri potesse
Toglier la vita a lui ne le battaglie,
120Quand’egli mai dell’ardor suo la foga
Secondar non volesse. Allor sarìa
Sempre sicuro l’uom gagliardo e prode.
     Hàgene disse allor: Poi che temenza,
O donna, avete voi che altri vi possa
125Ferir lo sposo, fate almen ch’io sappia
Per quali accorgimenti io sì potrei
E guardarlo ed assistere, chè sempre,
Per custodirlo, andando e ritornando
Vo’ cavalcargli presso. — E quella disse:
     130Tu se’ congiunto a me, son io pur anco
Una de’ tuoi. Però, con molta fede,
Io t’accomando il mio diletto sposo,
Perchè tu guardi a me con molta cura
L’uom che m’è caro. — E disse cose intanto
135Che meglio era lasciar. Lo sposo mio
È ardimentoso, ella dicea, gagliardo
Pur anco assai. Quand’ei, vicino al monte,
Il dragone colpì, l’uom generoso
E chiaro assai bagnavasi in quel sangue,

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140E da quel dì, ne le battaglie sue,
Nessun’arma il ferisce.2 Eppur son io
In gran temenza quand’ei sta fra l’armi
E da la mano degli eroi continui
Volan gli strali, ch’io mi perda allora
145L’uom che m’è caro. Deh! qual doglia grave
Ebb’io sovente per Sifrido! Intanto,
Con fiducioso cor, diletto amico,
Poi che tu serbi a me questa tua fede,
Io ti dirò dove potrìa qualcuno
150L’uom diletto ferirmi. E già cotesto
Intender ti farò; ciò per fidanza
Da me si fa. Come pertanto scorse
Da le ferite del trafitto drago
Il caldo sangue e il prode ardimentoso
155In quello si bagnò, caddegli un’ampia
Foglia di tiglio assai fra le due scapule,
Al medio punto. Là potrìa qualcuno
Ferirlo, e m’è per ciò grave l’angoscia.

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     Hàgene disse di Tronèga: A lui
160Sopra le vesti piccola una croce
Cucite voi. Chiaro per ciò mi fia
Dove guardarlo mi sia d’uopo, allora
Che nell’assalto noi saremo. — E intanto
Credeasi quella di far salvo il prode,
165E ciò si fea per la sua morte sola.
     Sulle vesti di lui, disse Kriemhilde,
Io cucirò, con poca seta, appena
Visibile una croce. E là, o guerriero,
Dovrà la destra tua di me lo sposo
170Guardar nell’ora che accadrà la pugna,
Ratto ch’egli starà de’ suoi nemici
Ne la battaglia a fronte. — Oh! dolce mia
Donna, rispose, i’ ben farò cotesto!
     Fede colei si avea che al suo diletto
175Giovamento era tale, e in ciò tradito
Iva lo sposo di Kriemhilde. Prese
Commiato Hàgene allor. Di là partìa
Lieto e contento, e a’ compagni del sire3

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Crebbe però gioioso spirto. Credo
180Che maggior tradimento unqua non fece
Un cavalier, come d’Hàgene allora
Tradimento venìa, da che regina
Kriemhilde si affidava alla sua fede.
     All’altro dì, gioiosamente assai
185Prence Sifrido con suoi mille prodi
Cavalcando partìa. Credea l’offesa
Dovess’ei vendicar dei fidi amici,
Ed Hàgen sì daccanto gli si fece
In cavalcar, che ne mirò le vesti.
190Come scoverse il convenuto segno,
Nascostamente due de’ suoi, che dissero
Altra novella, egli invïò. «Doversi
(Fu detto) in pace rimaner la terra
Di re Gunthero, averli a ciò invïati
195Liudgero presso al re.» — Deh! quanto in mala
Voglia tornossi principe Sifrido
Senza che vendicata egli l’offesa
Degli amici si avesse! A gran fatica
Di Gunthero le genti indi il ritrassero,
200Ed ei ne venne al re. L’ospite regio

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A render grazie fe’ principio allora:
     Or vi compensi Iddio, Sifrido amico,
Di vostro buon voler! Perchè di tanto
Voi volentieri fate ciò ch’io prego,
205Vi servirò per sempre in quella guisa
Che a ragione vi debbo. Io mi confido,
Fra tanti amici miei, in voi soltanto.
Ma poiché dell’andar fra l’armi in giostra
Or liberi siam noi, cinghiali ed orsi
210Io cavalcando vo’ cacciar, com’io
Soglio sovente, in Waskenwàld. — Cotesto
Hàgene consigliò, l’uom tristo e infido.
     A tutti ospiti miei questo frattanto
Dicasi, che partir di gran mattino
215Vogliamo noi s’appresti chi ha desìo
Di cacciar meco; e se qualcun qui brama
Con le donne restarsi alla mia corte,
Cotesto ancor mi sarà grato. — Allora
Che ite a la caccia voi, con regale atto
220Disse prence Sifrido, io volentieri
Vi seguirò. Prestatemi un bracchiero
E alquanti cani, ed io con voi nel bosco

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Cavalcherò. — Nulla bramate voi
Fuor che solo un bracchier? subitamente
225Dissegli ’l re. Quattro darovvi, allora
Che il vogliate, a cui son ben conosciuti
La foresta e i sentieri in che ne vanno
Le belve attorno. Ei non vorran che lungi
Dal loco in che s’adunan cacciatori,
230Errando andiate voi. — Il nobil sire
Appo la donna sua ne andava allora,
E intanto al suo signore Hàgen già detto
Ebbe di quale accorgimento vincere
L’uom gagliardo ei volea. Deh! che giammai
235Tradimento maggiore altri non fece!



Note

  1. Cioè Brünhilde e Kriemhilde.
  2. Per questo drago, ucciso da Sifrido, vedi l’Avventura Terza e l’Introduzione al Poema.
  3. Il re Gunthero.