I Nibelunghi (1889)/Avventura Quattordicesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Quattordicesima
Avventura Tredicesima Avventura Quindicesima

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Avventura quattordicesima

In che modo le regine fecero contesa


     Un dì, prima del vespro, alto levossi
Un fragor quale accadde per alquanti
Prodi nel regio ostello. Armeggiamenti
Di cavalieri ei fean, di sollazzarsi
5Nella speranza, ed a mirarli corsero
Uomini molti assai e donne ancora.
     Anche là si assidean le due possenti
Regine insieme, ad ambo i lor guerrieri
Pensando, degni di gran lode, e alfine
10Kriemhilde bella così disse: Un uomo

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Le rispondea. Se niun vivesse in terra,
Lui sol togliendo e te, potriano allora
Essergli i regni sottomessi. Intanto
Che re Gunthero vive, in niuna guisa
15Può cotesto accader. — Disse Kriemhilde:
     Vedi tu com’ei sta, dinanzi a’ prodi
Com’egli vien da gran signore in quella
Guisa che fa dinanzi a l’altre stelle
Bianca la luna? Ora degg’io, con molta
20Ragione inver, portarne alto concetto.
     Per quanto ei sia leggiadro, rispondea
Donna Brünhilde allor, per quanto bello
E valoroso, innanzi a lui pur sempre
Lasciar tu dêi Gunthèr guerriero, il tuo
25Nobil fratello. Intendi tu ch’ei puote
Ir veramente a tutti i prenci innanzi.
     Ma Kriemhilde dicea: Tanto gli è degno
Sifrido mio, che non senza ragione
Io fei sue laudi. In molte cose assai
30È grande l’onor suo. Credi, Brünhilde;
A Gunthero egli è ugual. — Deh! che non dêi
Intendermi così, Kriemhilde mia,

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Ho io cotal, che in mano sua dovrìano
Star questi regni tutti. — Oh! come dunque
35Accader ciò potrìa? donna Brünhilde
In mala parte, chè la mia parola
Non pronunciai senza ragione. Allora
Che in pria li vidi1 e volontà del sire
Piegossi all’amor mio, d’ambo cotesto
40Io bene intesi asseverar. E quando
Di cavalier con bel costume vinse
Gunthero l’amor mio, Sifrido istesso
Affermava del prence esser vassallo.
Perciò vassallo anche l’estimo, ratto
45Che ciò intesi da lui asseverarmi.
     Kriemhilde bella così disse allora:
Male adunque m’accadde! Oh! come oprato
Avrìan dunque così li miei fratelli
Nobili e illustri, perch’io donna fossi
50D’uom ch’è vassallo? Deh! Brünhilde mia,
Amicamente di questo i’ ti priego
Che per me sola e per atto cortese

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Questo sermon tu lasci. — E non poss’io
Lasciarlo mai, la regal donna disse.
55A che dovrei di tanti cavalieri
Aver difetto, d’essi, che a’ servigi
Sottomessi mi son con quel gagliardo?2
     A concepirne gran disdegno assai
La leggiadra Kriemhilde incominciava:
     60E difetto di lui aver t’è forza,
Chè alcun servigio in alcun tempo mai
Appo a te non farà! Egli è più illustre
Di Gunthèr fratel mio, l’uom grande e nobile.
Risparmiar mi dêi tu questo che intesi
65Da te soltanto; e meraviglia sempre
Ancor mi prende, se, poi ch’egli è tuo
Vassallo e poi che tanto su noi due
Hai tu poter, sì a lungo abbia Sifrido
Il suo tributo ch’ei ti dee, tardato.
70Io con ragione assai la tua superbia
Risparmiar mi vorrei. — Deh! che soverchio

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T’innalzi tu, la regal donna disse.
Or io cotesto ben vedrò se tale
Alla persona tua onor si rende
75Quale alla mia tributan altri. — Assai
Ambe le donne ebber sdegnoso il core.
     Donna Kriemhilde così disse allora:
Cotesto esser potrà. Da che parlasti
Qual d’un vassallo del mio sposo, appunto
80Oggi dovranno d’ambo i re le genti
Cotesto giudicar, s’io l’ardimento
D’entrarmi in chiesa avrò dinanzi a donna
Sposa di re. Oggi veder tu dêi
Ch’io mi son donna libera ed illustre,
85Che molto e più d’assai che non è il tuo,
È il mio sposo valente; e per cotesto
Non vo’ ch’altri mi oltraggi. E tu vedrai,
Oggi stesso vedrai, come ne vada
In corte, innanzi di Borgogna ai prodi,
90Questa ch’è tua vassalla. Assai più illustre
Io vo’ mostrarmi di qualunque donna
Regale altri vedea, che mai corona
Qui un dì recasse. — Fra le donne invero

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Grande un odio e d’assai levossi allora.
     95Ma Brünhilde dicea: Se mia vassalla
Esser non brami, separarti è d’uopo
Con le tue donne da’ famigli miei
Ratto che al monastero andremo noi.
     Davver! che ciò farassi! rispondea
100Kriemhilde allor. — La donna di Sifrido,
Or voi, ancelle mie, così soggiunse,
Vestitevi! Restar la mia persona
Senza scorno qui dee. Ciò voi dovete
Chiaro mostrar, quando recar vi piaccia
105Vesti pompose. Volentier Brünhilde
Brami così smentir ciò che affermava.
     Agevolmente consigliar poteasi
Questo a le ancelle. Ricercâr le vesti
Pompose, e tosto matrone e fanciulle
110Ne fûro adorne. Venne allor la nobile
Donna del sire co’ famigli suoi,
Ma la persona di Kriemhilde bella
Era pur anco adorna assai con tante
Ancelle sue, quarantatre, che al Reno
115Ella condusse. Elle recavan panni

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Lievi di seta oprati già in Arabia.
Così venìan l’inclite donne intanto
Al monastero, e da la casa innanzi
Gli uomini tutti di Sifrido accolti
120Aspettavan Kriemhilde. Ebbe la gente
Meraviglia di ciò, perchè avvenisse
Che le regine si vedean di tale
Guisa disgiunte, che non ivan presso
L’una dell’altra come in pria. — Da questo
125A molti valorosi incolse poi
Sventura orrenda. — Stavasi dinanzi
Là dalla chiesa di Gunthèr la donna,
E molti cavalieri ebbero intanto
Sollazzo e gioia per femmine vaghe
130Che accoglier là dovean. Donna Kriemhilde
Giugneva allor con sua pomposa schiera.
     Quante recaron mai splendide vesti
Figlie di cavalieri incliti e illustri,
Eran, dinanzi a quelle ancelle sue,
135Com’aura lieve, cosa lieve; ed ella
Era così di assai pregiate cose
E ricca e adorna, che di trenta regi

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Le spose non potrìan tanto mostrare
Quanto mostrò Kriemhilde allor. Se alcuno
140Bramar questo dovea, mirar le vesti,
Anche affermar potea che unqua più ricche
Vesti e pompose ei non mirò di quelle
Che di Kriemhilde avean le donne. Speme
Se pel duol di Brünhilde in lei non era,
145La fiera donna ciò lasciato avrìa.
     Dinanzi al vasto monastero insieme
Ambe venner le donne, e la regina,
Per odio grande, fieramente indisse
Di starsi cheta a Krïemhilde: Certo!
150Non dee giammai dinanzi a regal donna
La vassalla passar! — Rispose allora
Donna Kriemhilde (e n’era il cor sdegnoso):
     Se tacer tu potevi, era il tuo meglio.
Or danno festi a tua bella persona
155Per te medesma! Come adunque sposa
Esser potrìa di re la concubina
D’ogn’uomo? — E chi di’ tu la concubina?
Del re disse la donna. — Io questo dico,
Kriemhilde rispondea. Quel tuo bel corpo

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160Ebbe Sifrido in pria, l’uom che m’è caro,
Nè fu già il mio fratei ch’ebbesi primo
La tua verginità. Dove n’andaro
I superbi tuoi sensi? E fu davvero
Un mal giuoco quel tuo! Come soffristi,
165Poi ch’è vassallo a te, che l’amor tuo
Sifrido avesse? — E aggiunse: Io però intendo
Che senza ogni ragion di ciò ti lagni.3
     Davver! Brünhilde rispondea, che questo
A Gunthèr io dirò! — Deh! che men cale?
170La tua superbia t’ingannò; tentasti
Di trarmi a te servir con tue parole,
E ciò mi fia, veracemente il sappi,
Sempiterno dolor. Non più inchinevole
Ad amarti son io, nè a darti fede.
     180Pianse Brünhilde allor, nè s’indugiava
Là Kriemhilde più a lungo. Ella, dinanzi
Alla donna regal, con le sue ancelle
Al monastero entrò. Deh! che levossi

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Odio immane fra lor. Ne fûr dolenti
185E lagrimosi poi molt’occhi fulgidi.
     Per quanto a Dio là si compiesse il rito
E la gente cantasse, alla regina
Lungo soverchio parve il tempo. Affranta
Era d’assai la sua persona e l’alma
190Afflitta e mesta, e ne dovetter poi
Molti eroi valorosi e di gran core
Portar la pena. Con le donne sue,
Andò Brünhilde al monastero innanzi
Ad aspettar. Pensava: Ora più assai
195Intender cose mi farà Kriemhilde,
Perchè mai, con favella ardita e fiera,
Me di tanto accusò. S’ella ne ha vanto,
Ne va la vita di Sifrido. — Ed ecco
Ora venirne con alquanti prodi
200La nobile Kriemhilde; e a lei si volse
Donna Brünhilde in questi detti: Voi
Qui v’arrestate. Concubina osaste
Appellarmi, e però fate ch’io ’l vegga.
A me grave dolor, tanto sappiate,
205Pel dir vostro toccò. — Rispose allora

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Donna Kriemhilde: Anche potreste il passo
Cedermi innanzi, e farò chiaro il vero
Per questo anello d’or ch’io reco al dito.
Mel porse un giorno il mio diletto sposo
210Dopo la notte che appo voi si giacque.
     Davver! che giorno più funesto e reo
Brünhilde mai non visse! — Eppur soggiunse:
     Questo anel prezioso e in fulgid’oro
Tolto invero mi fu, lunga stagione
215Mi si tenne per mala opra nascosto;
Or’io giungo a veder chi mel rapìa.
     Così venìan le donne in gran corruccio,
E Kriemhilde dicea: Donna che ruba,
Io giammai non sarò. Meglio dovevi
220Tu serbarne silenzio, ove l’onore
Stato caro ti fosse. Io vo’ mostrarti
Che non mentii, con questo cinto istesso
Ch’ho a’ fianchi attorno. E fu davver l’amante
Di te Sifrido mio. — Ella recava
225Quel cinto che di Ninive con seta
Era intessuto in prezïose gemme,

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Chè leggiadro era inver. Come ciò vide,
A pianger cominciò donna Brünhilde;
Oh sì! questo dovean Gunthero e gli altri
230Gagliardi tutti di Borgogna intendere!
     La regina gridò: Fate che venga
Del Reno il prence qui. Vogl’io che intenda
Di qual foggia mi fe’ la sua sorella
Indegno oltraggio. Apertamente disse
235Ch’io di Sifrido fui la donna un giorno.
     Giugneva il re co’ suoi gagliardi. Vide
La sua diletta lagrimar. Deh! quanto
Amicamente ei le parlò! Mi dite,
Donna diletta, chi vi fea cotesto.
     240Al suo prence ella disse: Io corrucciosa,
E n’ho ben donde, qui mi sto. Di tutto
L’onor mio di gran cor la tua sirocchia
Me volle defraudar. Perciò dinanzi
L’accuso qui. Che l’uom di lei, Sifrido,
245Ebbemi concubina, ella già disse.
     Male questo ella fea, così rispose
Prence Gunthero. — Ma Brünhilde: Un mio
Cinto ch’io già perdetti, e l’anel mio

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Fulgido qui recò. Deh! che d’assai
250Mi fa rancura ch’io nascessi un giorno,
Se da tanta vergogna, o signor mio,
Non mi difendi tu. Sarà che allora
Io per sempre a te serva. — A noi ne venga
Sifrido qui per ciò, disse Gunthero.
255S’egli di tanto si vantava, a noi
Intender faccia, o questo a noi smentisca,
Di Niderlànd il sire. — Ecco! a l’istante
Indetto fu che là venisse il prode,
A Kriemhilde sì caro. Allor che scorse
260Prence Sifrido le crucciate donne,
Poi che nulla sapea, disse repente:
     A che piangon le donne? Io volentieri
Apprenderei cotesto. Ovver, per quale
Cagione il signor mio qui m’appellava?
     265Re Gunthero dicea: Grave dolore
È qui per me. La donna mia, Brünhilde,
Noto fecemi qui che ti vantasti
D’averne un dì la leggiadra persona
Goduta per amor. Disse cotesto
270La sposa tua, donna Kriemhilde. — Allora

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Disse prence Sifrido: E se tal cosa
Ella dicea, n’avrà, pria che da tanto
Io mi ritragga, e cruccio e duol. Ma innanzi
A tutti i prodi tuoi, col mio più grande
275Giuramento vogl’io chiaro mostrarti
Ch’io di cotesto nulla dissi mai.
     Del Reno il prence così disse: A noi
Tu fa veder cotesto. E se tu avanzi
Il giuramento e il giurar tuo s’avvera,
280Libero e sciolto d’ogni falsa accusa
Ti lascierò. — Fu ingiunto allor che in cerchio
Di Borgogna gli eroi si radunassero,
Superbi e fieri; e già stendea la mano
Sifrido ardimentoso al giuramento,
285Quando il nobile re così parlava:
     Vostra grande innocenza, ecco, ben nota
Per tal via mi si fa. Libero e sciolto
Io lascierovvi che giammai tal cosa
Si facesse da voi quale di voi
290La mia sorella afferma. — Oh! s’ebbe gaudio,
Sifrido rispondea, perch’ella il core
Di Brünhilde affliggea, la donna mia,

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Ciò veramente a me sarìa dolore
Senza misura! — I buoni cavalieri
295Guardavansi l’un l’altro. E si dovrìa,
Dicea Sifrido valoroso intanto,
Questo a donne imparar perchè lasciassero
Lor parole oltraggiose. Alto divieto
Fanne, Gunthero, alla tua donna, ch’io
300Alla mia donna il farò ancora. E invero
D’atti sì tristi i’ mi vergogno assai.
     Fûr separate, al cessar di que’ detti,
Le vaghe donne, ma d’assai crucciavasi
Brünhilde, e sì dovean pietade averne
305Di Gunthero gli amici. Ecco! venìa
Hàgene di Tronèga. Ei s’accostava
Alla signora sua, chiedea che mai
Avvenuto le fosse, or che piangente
Ei la rinvenne. E gli narrava aperto
310Il tristo caso ella medesma. Allora
Hàgen promise che n’avrìa la pena
L’uom di Kriemhilde, o ch’egli stesso mai
Non avrìa gioia in sempiterno. Venne
A quel sermone Ortwin pur anco e venne

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315Gernòt, e già gli eroi4 si consigliavano
Sul morir di Sifrido. Anche sen venne
D’Ute nobile il figlio, Giselhero.
Ei, come udì parole, in questa guisa,
Con fedel core ed innocente, disse:
     320Voi, buoni cavalieri, oh! perchè mai
Fate cotesto? E non merta Sifrido
Odio sì grande inver, perch’ei ne deggia
Perder la vita. E son leggiere assai
Le cose onde fra lor donne s’adirano.
     325E dovrem noi bastardi, Hàgen dicea,
Allevar dunque? E sarìa grande onore
Che avrìano in ciò perfetti cavalieri!
Ma poi che troppo si vantò colui
Per la diletta mia signora, morte
330Io vo’ piuttosto, se di lui la vita
Non ne va in ciò. — Disse il re stesso: Nulla
Sifrido fece a noi che anche non fosse
Cosa buona ed onrata, e dee pur l’uomo

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Lasciarlo in vita. A me, deh! che varrebbe
335Se odiassi il prode? Egli era a noi fedele
E questo ei fea per volontà devota.
     E Ortwin da Metze valoroso: Oh! mai,
Disse, mai non potrà la sua gran forza
Recargli aita. E se il mio re acconsente,
340Ogni gran mal farò a Sifrido. — A lui
L’amistà disdicean senza ragione
I gagliardi così. Ma niuno in questo
Pensiero seguitò, fuor che ad ogni ora
A Gunthero possente Hàgen consiglio
345Ripetendo venìa, che se giacesse
Spento Sifrido, sottomesse a lui
Molte sarìan terre di prenci. Allora
A corrucciarsi incominciava il prode.5
     Cotesto intanto abbandonâr. Fûr visti
350A’ lor giochi guerreschi i valorosi,
E là, dinanzi al monastero, oh! quante
Aste forti d’eroi ruppersi intanto,
Sotto agli occhi di lei, donna a Sifrido,

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E fin dentro a le sale. Oh! ma d’assai
355Gli uomini di Gunthero andâr crucciosi!
     Disse il re: La mortale ira lasciate.
Nacque Sifrido a noi per nostra gloria
E per l’onore. Anche in tremenda guisa
L’uom prodigioso è forte. E s’ei di tanto
360Avrà scïenza, niuno a lui di contro
Di restarsi ardirà. — Non ei saprallo,
Hàgen rispose. In gran silenzio voi
Statevi intanto, ed io m’affido in tale
Acconcia guisa di guidar secreta
365L’impresa mia, che di Brünhilde il pianto
Cagion di duolo gli sarà. Davvero!
Che d’Hàgen sempre nimistà egli avrassi.
     Come avvenir potrìa cotesto? disse
Prence Gunthero. — E quei dicea: Vogl’io
370Farlo intendere a voi. Apertamente
L’alleanza a disdir, farem che vengano
In nostra terra a noi stranieri messi,
Cui nessun qui conosce. Innanzi ai vostri
Ospiti dite voi che voi con tanti
375Vostri guerrieri, per far guerra, lungi

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Andrete tosto. Fatto ciò, Sifrido
V’offre l’aita sua, ed ei ne perde
Ratto la vita. Intendere vogl’io
Di ciò modo e ragion del valoroso
380Dalla sposa medesma. — E seguitava
Il nobil sire male in suo consiglio
Hàgen vassallo. A ordir, pria che nessuno
Conscio ne fosse, l’alto tradimento
I cavalieri eletti incominciaro,
385E avvenne sì che molti eroi, di due
Donne per vano querelar, perderonsi.



Note

  1. Sifrido e Gunthero.
  2. Sifrido.
  3. Dell’essere stata chiamata concubina.
  4. Hagen e Gunthero che avevano seguíto Brünhilde; vedi più sotto.
  5. Gunthero.