140E da quel dì, ne le battaglie sue,
Nessun’arma il ferisce.1 Eppur son io
In gran temenza quand’ei sta fra l’armi
E da la mano degli eroi continui
Volan gli strali, ch’io mi perda allora 145L’uom che m’è caro. Deh! qual doglia grave
Ebb’io sovente per Sifrido! Intanto,
Con fiducioso cor, diletto amico,
Poi che tu serbi a me questa tua fede,
Io ti dirò dove potrìa qualcuno 150L’uom diletto ferirmi. E già cotesto
Intender ti farò; ciò per fidanza
Da me si fa. Come pertanto scorse
Da le ferite del trafitto drago
Il caldo sangue e il prode ardimentoso 155In quello si bagnò, caddegli un’ampia
Foglia di tiglio assai fra le due scapule,
Al medio punto. Là potrìa qualcuno
Ferirlo, e m’è per ciò grave l’angoscia.