I Nibelunghi (1889)/Avventura Diciottesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Diciottesima
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Avventura Diciottesima

In che modo Sigemundo ritornò al suo paese


     Di Kriemhilde lo suocero sen venne
Là ’ve incontrolla. Ei disse a la regina:
     Noi torneremo in nostra terra. Credo
Che ospiti disamati qui siam noi
5Presso al Reno. Venite, o donna assai
Cara, Kriemhilde, al mio paese. Un core
Sleal poi che ci rese in questa terra
Orbi del vostro inclito sposo, a voi
Portar la pena anche non tocca. E voglio
10Per quella vita del mio dolce figlio
Esser fedele a voi. Su ciò v’è d’uopo
Andar di dubbio sciolta. E la possanza
Tutta avrete pur anco, o donna mia,

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Qual vi diè già Sifrido, ardita spada,
15La corona e la terra a noi soggette;
E volentieri serviranno a voi
Gli uomini di Sifrido. — Ingiunto allora
Fu a’ famigliari ch’ei partir doveano,
E grande si fe’ un correre d’assai
20A’ palafreni, chè dolor per quelli
Era abitar presso i nemici forti
E truculenti. A donne ed a fanciulle
Anche fu indetto di cercar lor vesti
Per vïaggiar. Poi che di là partirsi
25Volea re Sigemundo, incominciaro
Donna Kriemhilde a supplicar li suoi
Congiunti, al fianco della madre sua
Per ch’ella si restasse. E rispondea
L’inclita donna: Egli avverrà cotesto
30Difficilmente assai! Quello, per cui
A me povera donna incolse tanto
Aspro dolor, come potrei con questi
Occhi sempre veder? — Dolce mia suora,
Disse Gislhero giovinetto, accanto
35Alla tua madre rimaner tu dêi

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Per la tua fede. E non t’è d’uopo a quelli
Che t’han fatto dolor, l’anima tua
Han conturbata, dimandar servigi.
Di mia ricchezza vivrai tu. — Cotesto
40Avvenir non potrà, disse colei
Al cavaliero. S’io veder dovessi
Hàgene ancora, mi morrei d’affanno.
    Dolce sorella mia, sciolta di tanto
Io ti farò. Presso al fratello tuo,
45Giselhero, tu resta. Io de la morte
Dell’uomo tuo vo’ consolarti. — E quella,
Poverella di Dio, così rispose:
Di Kriemhilde è cotesto alto bisogno!
     Poichè, con tal bontà, sì la pregava
50Il giovinetto, Ute e Gernòt e quelli
Suoi congiunti fedeli incominciaro
A supplicar. Ch’ella restasse ancora,
Pregavan essi; e niun congiunto invero
Di Sifrido tra i prodi ella si avea.
     55Gernòt così dicea: Tutti là sono
Stranieri a voi, nè tanto vive alcuno,
Anche se forte, che non giaccia estinto.

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Pensate a ciò, sorella cara, e il vostro
Animo consolate. Appo gli amici
60Restatevi, e cotesto fia per voi
Benefizio verace. — Ella a Gislhero,
Che restarsi volea, promise allora.
     Di Sigemundo agli uomini i destrieri
Già sono addotti, chè partirsi ei vônno
65De’ Nibelunghi per la terra; ancora
De’ cavalieri vanno ammonticchiate
Su le some le vesti. Innanzi venne
Là da Kriemhilde principe Sigmundo
E così le parlò: Presso a’ cavalli
70Di Sifrido la gente aspetta voi!
Noi di qui partirem, chè assai di mala
Voglia presso i Burgundi io fo dimora.
     Disse donna Kriemhilde: A me consigliano
Gli amici miei, quelli che ho qui fedeli,
75Ch’io con essi qui resti. Io, nella terra
De’ Nibelunghi, non ho alcun congiunto.
     Dolor fu questo per Sigmundo, allora
Che ciò scorse in Kriemhilde. Oh! non lasciate
Che altri ciò dica, disse il nobil prence.

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80Dinanzi a’ miei congiunti il dïadema
Con tal possanza quale usaste in pria,
Voi porterete in capo, e già non vuolsi
Che, se qui noi l’eroe perdemmo, a voi
Tocchi averne la pena. Anche pel vostro
85Picciolo infante ritornar con noi
Piacciavi, quale non potete, o donna,
Orfanello lasciar. Come cresciuto
Sarà quel figlio vostro, egli dell’alma
Conforto vi darà. Fino a quel giorno
90Molti guerrieri serviranno a voi,
Arditi e buoni. — Principe Sigmundo,
Ella dicea, di qui partir non deggio.
Io qui mi resterò, qualunque cosa
Avvenir possa, appo i congiunti miei,
95Che a piangere così daranmi aita.1

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     A’ buoni cavalieri incominciava
Cotesto annunzio a dispiacer. Diceano
Ei tutti insieme: Or sì, che possiam noi
Questo affermar che ci accadde rancura
100Di tutt’altre più grave, or che restarvi
Qui disïate coi nemici nostri.
Nessun gucrrier per tanto affanno mai
Di re alle corti vïaggiò! — Partirvi,
A Dio fidati e senza affanno o cura,
105Voi sì potete. Buona scorta intanto
Di qui vi si darà fino alla terra
Di Sigemundo, e sì farò che altrui
Ben vi protegga. Accomandato a voi,
Per vostra grazia, o nobili guerrieri,
110È il mio caro bambino. — Allor che udiro
Ch’ella andar non volea, piansero tutti

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Gli uomini di Sigmundo. Oh! Sigemundo
Con qual giusto dolor si separava
Da regina Kriemhilde! Angoscia vera
115Nota allor gli si fe’. Deh! sciagurata
Festa! gridò l’inclito sire. Mai
Non accade in tripudi o passatempi,
Quanto ei accadde, a principe od a’ suoi
Regi cognati! Appo i Burgundi alcuno
120Mai più non mi vedrà. — Dissero allora
Apertamente di Sifrido i prodi:
     A questa terra avverarsi potrìa
Il vïaggio per noi, tosto che il reo
Veramente ritrovisi per noi
125Che il sire ci uccidea. Fra’ lor congiunti,
Forti nemici avranno i tristi e assai!
     Baciò Kriemhilde Sigemundo. Oh! quanto
Pietosamente ei favellò, restarsi
Poi ch’essa volle, ed ei ciò vide ancora
130Veracemente! A casa, egli dicea,
In nostra terra, cavalcando andremo,
Senza conforto. Qui soltanto in pria
Ogni mia doglia mi fu nota. — Andaro

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Da Worms al Reno senza scorta. Andarne
135Sicuri elli potean dell’alme loro,
Anche sorpresi in un nemico assalto,
Chè bastava de’ forti Nibelunghi
A difender la mano. Ei da nessuno
Prendean commiato, e furon visti intanto
140Venir con molto affetto a Sigemundo
E Gernòt e Gislhero. Il danno suo
Era dolor per essi, e questi eroi,
Magnanimi e cortesi, apertamente
Il mostravan da l’intimo. Con dolce
145Atto dicea prence Gernòt: Iddio
Ben sa dal ciel che colpa non ebb’io
Di Sifrido alla morte, ove ridirmi
Udito avessi chi nemico gli era.
Per giustizia degg’io piangerlo intanto.
     150A’ vïandanti buona scorta diede
Gislhero giovinetto. Ei dalla terra,
Con molta cura, principe Sigmundo
Co’ suoi guerrieri, a casa, in Niderlande,
Condusse. Oh! quanto pochi il vecchio sire
155Là trovò de’ congiunti allegri e lieti!

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     Ciò che allora accadea dirvi non posso.
A Worms pianger s’udia Kriemhilde afflitta,
Ad ogni istante, e niun poteale il core
E l’alma confortar, se ciò non fea
160Prence Gislhero. Buono, e a lei fedele
Ei si serbò. Brünhilde bella in sua
Oltracotanza, stava assisa, e allora
Che Kriemhilde piangeva, erale questa
Ignota cosa. A quella anche da lei
165Più non fu data sua fidanza buona,
Ma dolor, che le andò fin dentro al core,
Donna Kriemhilde poi le cagionava.



Note

  1. Nota il Bartsch a questo punto che il credere che le lagrime date dai congiunti ai morti siano assai più valevoli di quelle degli estranei, è una prova del saldo affetto di famiglia nella coscienza degli antichi Tedeschi. — Noi osserviamo che ciò andrà benissimo per i Tedeschi, ma dalla gente che ha sensi umani, come può approvarsi che Kriemhilde dica di non avere in Niderland alcun congiunto, mentre vi ha un figlio, che essa dimentica molto facilmente? — Vedi l’Introduzione al Poema.